Anno IV – Numero 564
AVVISO
Ordine
1. Campagna
antinfluenzale 20142015
2. Crisi occupazionale:
Istituito un fondo di
solidarietà per i colleghi
iscritti all’ albo in stato
di disoccupazione
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
3. Più produttivi con il
caffè: agli italiani piace
fare pausa
4. Hai perso le chiavi?
Chiudi gli occhi per
ricordarti dove le hai
messe
Prevenzione e
Salute
5. Dieta più efficace se
personalizzata:
tre le categorie di
«mangiatori»
6. Lenti a contatto
fastidiose? Colpa di
lacrime «poco grasse»
Curiosità e Salute
7. Il bacon come
medicina: tre casi che
la pancetta è in grado di
curare
Venerdì 23 Gennaio 2015, S. Armando, Ramona
Proverbio di oggi………..
Vivere annascuso d’o Pataterno
IL BACON COME MEDICINA: TRE CASI CHE
LA PANCETTA È IN GRADO DI CURARE
Diversi studi sottolineano le proprietà benefiche del salume
affumicato più famoso del mondo, in grado di contrastare
emorragia nasale, scabbia e miasi foruncolosa
In tutto il mondo il bacon è famoso per essere una pietanza
gustosa, ma "proibita" per il suo elevato contenuto di
grassi. Eppure, una serie di studi scientifici hanno
dimostrato che la pancetta affumicata può essere
utilizzata come "medicina", estremamente efficace in tre
casi particolari: emorragia nasale, scabbia e miasi
foruncolosa. A patto, però, che non venga ingerita, ma
applicata sulle zone interessate.
I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sul database PubMed.
Stop al sangue dal naso - Di fronte a un caso di intensa emorragia nasale,
alcuni "intrepidi" chirurghi di Stanford, negli Usa, hanno fornito al paziente un
tampone fatto di bacon, ottenendo ottimi risultati. A quanto pare l'elevato
contenuto di sale presente nel salume induce la dilatazione dei vasi sanguigni e
la conseguente riduzione del flusso ematico in uscita.
Rimedio contro alcuni parassiti - La miasi foruncolosa è una malattia
cutanea causata dallo sviluppo di larve di insetto sotto la pelle, che provocano
la formazione di noduli molto dolorosi e a volte anche la distruzione dei
tessuti. Il trattamento dell'infezione consiste nella rimozione delle larve
mediante delle pinzette. Applicando il bacon sulla pelle malata, i parassiti
vengono attirati in superficie, consentendo una rimozione più veloce.
Addio scabbia - Secondo diverse fonti, il bacon è stato spesso utilizzato in
passato nella preparazione di creme e rimedi contro la scabbia, un'infezione
della pelle estremamente contagiosa che provoca molto prurito.
Uno studio ha messo a confronto l'applicazione cutanea del grasso derivato
dalla pancetta con quella della crema regolarmente in commercio.
Il trattamento al bacon è efficace nell'88% dei casi contro il 100% da parte del
farmaco; il primo è 238 volte meno costoso del secondo. (Salute, Tgcom24)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 564
PREVENZIONE E SALUTE
DIETA PIÙ EFFICACE SE PERSONALIZZATA:
TRE LE CATEGORIE DI «MANGIATORI»
Ci sono i “gaudentiâ€, i “costantemente affamati†e i “mangiatori emotiviâ€: testato
un regime alimentare peculiare per ciascun gruppo
In questo periodo ancora post-natalizio molti sono convinti di avere esagerato
con cibo e brindisi e pensano quindi che sia opportuno mettersi a dieta.
Sì, ma quale? Ne esistono centinaia, si va da quella del limone a quella del
minestrone, dall’ipoproteica a quella bilanciata e via via ci si ritrova circondati
senza sapere che pesci, o meglio che dieta, pigliare.
Una possibile indicazione arriva da un recente studio che pone l’accento sulle
caratteristiche che generalmente portano le persone al sovrappeso e individua nella personalizzazione
della dieta la chiave di volta per eliminare i chili di troppo.
Che tipo di mangiatore sei? : I ricercatori hanno sottoposto 75 persone a dieta a ripetuti esami e a
un monitoraggio domestico per tre mesi.
I partecipanti sono stati divisi in tre distinte categorie:
1. i “gaudentiâ€, coloro che una volta che iniziano a mangiare non riescono più a smettere,
2. i “costantemente affamatiâ€
3. i “mangiatori emotiviâ€, cioè le persone che tentano di contrastare stress e ansia con il cibo.
Mangiatori “gaudentiâ€: il problema è legato alla lentezza con la quale si presenta il senso di sazietà .
Nelle persone che rientrano in questa categoria si hanno livelli molto bassi di quegli ormoni intestinali
che vengono rilasciati nel momento in cui il cibo raggiunge l’intestino, avviando così un processo che
determina il senso di sazietà .
Mangiatori“costantemente affamati: la ragione della cattiva condotta alimentare va ricercata nella
genetica. Spesso sono attratti da cibi grassi o ricchi di zuccheri e la loro fame continua è causata da una
cattiva conduzione degli stimoli della fame.
Mangiatori emotivi: cercano tramite l’alimentazione di compensare lo stress o l’ansia, gratificandosi
con snack e bibite.
La dieta adatta per ciascun gruppo: Una volta assegnata a ognuno dei volontari la propria
categoria di appartenenza, gli scienziati sono passati a mettere a punto una dieta specifica per ognuno
dei tre gruppi.
Ai gaudenti è stata suggerita una dieta iperproteica e ipoglucidica a base di pesce, pollo, riso basmati,
lenticchie, cereali e grano. Tutti alimenti che stimolano la produzione di ormoni intestinali e accelerano
il sopraggiungere del senso di sazietà .
Per i costantemente affamati è stato scelto un regime alimentare che non imponga la dieta per sette
giorni su sette. E’ infatti sufficiente che per due giorni alla settimana limitino l’apporto a 800 calorie e
che si attengano a un’alimentazione normale e sana per i restanti cinque giorni. L’idea è che grazie allo
shock ipocalorico dei due giorni di quasi digiuno i grassi corporei vengano bruciati più velocemente.
Infine ai mangiatori emotivi è stato suggerita, oltre a un’alimentazione corretta, la partecipazione a
gruppi di supporto sia online che nella vita reale e a una terapia cognitivo-comportamentale per
imparare a gestire i pensieri e i comportamenti associati all’alimentazione.
Perdita di peso: L’obiettivo dei ricercatori era che tutti i partecipanti arrivassero a perdere il 5% della
propria massa corporea e i risultati registrati dopo i tre mesi di dieta sono stati addirittura superiori,
attestandosi sull’8% di massa corporea smaltita, con un calo complessivo di 654 Kg. Coloro che hanno
avuto maggiori difficoltà ad attenersi al regime più indicato sono stati i costantemente affamati,
mentre i gaudenti sono quelli che hanno perso più chili.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 564
Per chi fosse interessato a conoscere la propria categoria di appartenenza è disponibile su Bbc un
breve e semplice questionario per scoprirla.
Il parere dell’esperto: «La dieta dovrebbe sempre essere personalizzata»
Secondo Andrea Ghiselli, ricercatore del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura,
«si tratta di uno studio interessante, ma parte da una considerazione sbagliata: la dieta è un atto
medico, non un foglietto che si scarica da internet, pertanto nel concetto stesso di dieta c’è il fatto che
sia personalizzata. Non esiste una dieta non personalizzata. Mi pare fin troppo ovvio che una dieta
debba essere ritagliata sui gusti, sui fabbisogni e sui ritmi della persona».
Ghiselli insiste invece sul valore aggiunto dello studio che è più sul piano psicologico che fisiologico:
«Lo studio in realtà non parla di ritagliare una dieta su ogni persona, ma si focalizza sull’approccio
migliore per tre differenti tipi di obesi: coloro che non si saziano, coloro che hanno desiderio costante
e coloro che mangiano per ansia. Ciò che è discutibile è che questi tre gruppi debbano avere un
diverso cibo, mentre è auspicabile che abbiano un diverso approccio (psico)terapeutico».
Infine, è importante per qualsiasi persona attenersi scrupolosamente alle indicazioni riportate in
conclusione dell’articolo:
 mangiare lentamente,
 scegliere cibi più liquidi che aumentano il senso di sazietà (come le zuppe),
 fare sempre colazione poiché segna il ritmo sazietà /digiuno
 evitare l’eccesso di stanchezza che è cattiva consigliera e porta spesso ad aumentare il desiderio
di cibi poco salutari. (Salute, Corriere)
SCIENZA E SALUTE
PIÙ PRODUTTIVI CON IL CAFFÈ:
AGLI ITALIANI PIACE FARE PAUSA
Secondo i lavoratori ci sono pochi dubbi: bastano 5 minuti
di distrazione per ricaricarsi
Prendersi una pausa nel bel mezzo del lavoro non è controproducente,
anzi, per la grande maggioranza degli italiani è un momento
imprescindibile che contribuisce ad aumentare la produttività lavorativa.
A svelarlo è un sondaggio condotto sul web da Openjobmetis.
L'83% degli oltre 1.000 votanti ha risposto affermativamente alla
domanda “Far pausa sul lavoro: è importante?â€.
 Al 50% degli intervistati bastano solo 5 minuti, il tempo di un
caffè,
 l'8% vorrebbe potersi distrarre “con un’attività più ricreativa in uno spazio dedicatoâ€.
 il 17% degli intervistati preferisce non prendersi pause per “non perder tempo†e concludere
prima il lavoro, ritenendo che concedersi un attimo di relax non sia fondamentale né
tantomeno produttivo.
A sostenere questa ipotesi sarebbero anche diversi datori di lavoro, almeno stando alla sensazione
riportata dal 25% dei partecipanti al sondaggio, secondo cui il loro “capo†non riconoscerebbe
abbastanza il valore della pausa.
A sostegno dell'opinione della maggior parte dei lavoratori ci sono però vere e proprie ricerche
scientifiche. Secondo uno studio della New York University “tutte le piccole pause che si riescono a
prendere nel corso dell'attività lavorativa o di studio, favoriscono l'apprendimento e la memorizzazione
di ciò che si è appena incamerato nel cervelloâ€.
Se per verificarlo bastano davvero 5 minuti vale la pena per chiunque di provare per credere.
(Salute, Il Sole 24ore)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 564
SCIENZA E SALUTE
HAI PERSO LE CHIAVI? CHIUDI GLI OCCHI PER
RICORDARTI DOVE LE HAI MESSE
Ricercatori dell’università del Surrey hanno dimostrato come il gesto di chiudere
gli occhi aiuterebbe il cervello a ricordare immagini, audio e particolari appena
osservati
Concentrarsi sul ripescare un’immagine visuale o una
informazione vocale dalla memoria, è un’operazione che
riesce maggiormente se viene svolta a occhi chiusi.
Lo dimostra un nuovo studio psicologico, che viene in aiuto
per esempio a chi svolge indagini di polizia e lavora insieme
ai potenziali testimoni di un crimine, o banalmente potrebbe
aiutare l’uomo comune alla ricerca di oggetti perduti di cui
non si ricorda più la posizione (per esempio le chiavi di casa)
o dati che improvvisamente sembrano essere spariti dalla
propria memoria, come il PIN della propria carta bancaria.
Il campione alla prova con i particolari di un film
Lo studio svolto da un gruppo di psicologi dell’università britannica del Surrey ha messo alla prova un
gruppo di 178 persone, facendo vedere loro due film diversi, il primo muto, composto da sole
immagini in movimento, il secondo invece con il sonoro attivato.
Nel primo film si vedeva un ladro travestito da idraulico entrare in azione in un appartamento
derubandone la padrona.
Il gruppo di persone che l’hanno visto, a fine proiezione è stato invitato a chiudere gli occhi e a
concentrarsi ricordando le immagini e rispondendo a una serie di quesiti su alcuni particolari del film,
come per esempio cosa vi era scritto sul camioncino del ladro.
Nel secondo film invece, un episodio tratto da una serie tv trasmessa dalla Bbc, veniva raccontato un
crimine ai danni di una signora anziana, questa volta con dialoghi e audio attivato.
Al campione sottoposto al test veniva chiesto ancora una volta di rispondere a occhi chiusi a una serie
di quesiti, incluse anche domande sulle frasi pronunciate dai protagonisti dell’episodio.
Concentrati a occhi chiusi per ricordare meglio
I risultati raccolti dagli psicologi hanno dimostrato come la concentrazione e il richiamare determinati
particolari siano azioni più semplici se gli occhi vengono chiusi, escludendo dunque fattori di
disturbo esterni che potrebbero compromettere la concentrazione e il focalizzarsi su quanto
richiesto.
Perché alle stesse domande poste a un campione di persone a occhi aperti è stato risposto
correttamente nel 48% dei casi, mentre quando le persone intervistate venivano invitate a isolare la
vista e gli elementi esterni chiudendo gli occhi, questa percentuale saliva al 71%.
Il rapporto di fiducia che aiuta a ritenere maggiori informazioni
La ricerca, utile nella vita comune ma pensata soprattutto per migliorare le tecniche di intervista dei
testimoni oculari di crimini, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Legal and Criminology Psychology.
I ricercatori hanno inoltre dimostrato come, oltre agli occhi chiusi, anche il legame creato con
l’investigatore prima dell’intervista sia un fattore che può aiutare maggiormente a ricordare.
La percentuale di risposte esatte infatti aumentava anche nel caso in cui si fosse instaurato un
rapporto di conoscenza e di fiducia tra intervistato e intervistatore.
(Salute, Corriere)
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Anno IV – Numero 564
PREVENZIONE E SALUTE
LENTI A CONTATTO FASTIDIOSE?
COLPA DI LACRIME «POCO GRASSE»
Una modifica nella composizione lipidica del film lacrimale sarebbe associata ai
fastidi nel portare le lenti. Allo studio un collirio spray a base di liposomi
Chi porta le lenti a contatto lo sa bene: soprattutto dopo anni
di utilizzo quotidiano, quando si indossano per ore e ore è
molto probabile iniziare a provare fastidi consistenti.
Tipicamente, si sentono gli occhi asciutti, come se fossero pieni
di polvere, e l’unico desiderio è togliere le lenti quanto prima.
La colpa potrebbe essere di una modificazione della
composizione lipidica del film lacrimale, stando ai risultati di
una ricerca pubblicata su Optometry and Vision Science
condotta su un gruppo di portatori di lenti a contatto morbide.
Alterazioni delle lacrime. I ricercatori hanno analizzato a
fondo le lacrime di dieci soggetti che non provavano fastidi e
dieci che invece lamentavano disturbi.
Il film lacrimale che nutre e protegge l’occhio è composto da tre strati, uno più interno mucoso, uno
intermedio acquoso e uno esterno, lipidico: Fiona Stapleton, dell’università del Nuovo Galles del Sud di
Sydney, si è concentrata sulla parte più superficiale, composta da sostanze lipidiche e cerose che
costituiscono un’importante barriera per evitare l’evaporazione delle lacrime e per mantenerne la
stabilità .
I risultati delle analisi hanno mostrato chiare differenze fra i portatori di lenti a contatto che provano
disagi e quelli che le indossano senza problemi:
nei primi, infatti, dopo qualche ora con le lenti lo strato lacrimale superficiale si degrada,
«perdendo» grassi.
Anche la tendenza dell’occhio a seccarsi è risultata diversa: nei soggetti con fastidi dopo aver ribattuto
le palpebre bastano 4,5 secondi perché sulla superficie dell’occhio si formino punti «aridi», contro i 9
secondi necessari per arrivare allo stesso livello nei portatori di lenti che non hanno malesseri.
Un collirio spray a base di grassi. Il passo successivo della Stapleton è stato valutare gli effetti di
un collirio spray a base di liposomi, sostanze grasse che perciò dovrebbero ripristinare almeno in parte
un film lacrimale ottimale e quindi alleviare i fastidi.
Lo spray, spruzzato sulle ciglia, in effetti ha accresciuto la stabilità delle lacrime e anche la
concentrazione di un enzima, la fosfolipasi, coinvolto nel metabolismo lipidico.
«Grazie al collirio nei pazienti con malessere dovuto alle lenti a contatto il tempo per arrivare ad avere
l’occhio secco è aumentato.
Inoltre, rispetto a una soluzione placebo lo spray ha consentito di allungare il periodo di comfort con
lenti fino a sei ore. Il collirio è perciò utile in chi ha un’eccessiva secchezza oculare dovuta alle lenti».
Il prodotto è sperimentale, ma i primi test sono molto incoraggianti e le prove stanno proseguendo; se
si confermerà in grado di mantenere sufficientemente idratati gli occhi preservando la corretta
composizione lipidica del film lacrimale potrà essere una buona opzione per chi prova disturbi usando
le lenti. Succede a tanti, ed è «il motivo principale per cui vengono abbandonate le lenti a contatto
nonostante l’indubbia comodità di visione. Riuscire a impedirlo con un semplice collirio spray che
ripristini un buon film lacrimale sarebbe perciò un ottimo risultato». (salute, Corriere)