Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno IV – Numero 566 AVVISO Ordine 1. Crisi occupazionale: Istituito un fondo di solidarietà per i colleghi iscritti all’ albo in stato di disoccupazione Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Gonfiore a gambe e braccia addio, grazie al linfonodo «sentinella» 3. Mai più dolore, presto la carie si curerà senza trapano Prevenzione e Salute 4. Tumore e trombosi: le cause e le terapie per scongiurare il problema 5. Poco iodio: tiroide a rischio effetti collaterali per mamme e bambini 6. Masticare gomma aiuta a combattere la carie: meglio del filo interdentale Curiosità e Salute 7. Colori "simbolo" e le loro incredibili storie Martedì 27 Gennaio 2015, S. Angela Merici, Elvira Proverbio di oggi……….. 'O pietto forte vence 'a mala sciorta Il coraggio vince la sfortuna COLORI "SIMBOLO" E LE LORO INCREDIBILI STORIE Perché le palline da tennis sono gialle? Da quando il camice dei medici è bianco, e quello dei chirurghi, verde? E chi ha deciso che le celebrità dovessero calcare un tappeto rosso? Posate lo sguardo sulla scrivania: di che colore sono le vostre matite? Se si tratta di lapis, probabilmente gialle. Il camice dei chirurghi non potrà che essere verde, mentre il tappeto da stendere per un ingresso trionfale è rosso per antonomasia. Se ci pensate bene, siamo circondati da colori simbolici che indicano una particolare funzione: ma com'è che alcuni oggetti hanno assunto le loro, inconfondibili sfumature? Ecco alcune curiosità su 12 colori iconici. PERCHÉ IL CAMICE È BIANCO. I medici adottarono la loro inconfondibile divisa all'inizio del '900, per imprimere alla professione una svolta d'immagine. Prima di allora, si visitavano i pazienti in abiti "civili", ma la grande presenza di ciarlatani rendeva difficile distinguere i professionisti dagli impostori. Gradualmente il camice divenne simbolo di autorevolezza e pulizia. Anche se alcuni moderni ospedali lo stanno abbandonando perché - sostengono diffonde germi e mette a disagio i pazienti. E QUELLO DEI CHIRURGHI È VERDE? Intorno alla metà del 20esimo secolo, chirurghi e infermieri abbandonarono il camice bianco in favore di quello verde, più facile da pulire dalle macchie che inevitabilmente la professione comporta. Inoltre, il verde e l'azzurro sono i colori che più contrastano con quelli dell'interno del corpo umano: un aiuto in più per gli occhi di chi ci opera. (salute, Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 566 PREVENZIONE E SALUTE TUMORE E TROMBOSI: LE CAUSE E LE TERAPIE PER SCONGIURARE IL PROBLEMA Le cellule tumorali attivano la coagulazione del sangue, come gli interventi chirurgici o i farmaci chemioterapici. A ciò si aggiungono, non di rado, lunghi periodi a letto Prevenire la trombosi nelle persone a rischio e gestire al meglio i nuovi farmaci anticoagulanti orali disponibili per curarla. Questa patologia, che in Italia colpisce ogni anno circa tre milioni di individui. «E i numeri sono in crescita, — commenta Fabrizio Pane, dir. dell’Ematologia all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli — in particolare fra i malati di tumore e più in generale perché si tratta di disturbi che aumentano con l’avanzare dell’età e la nostra popolazione invecchia». A rischio soprattutto pazienti a letto o fermi : Le trombosi venose (oggi gli specialisti preferiscono parlare di «malattia tromboembolica venosa» o MTEV) dipendono da un’alterata attivazione della coagulazione che spesso complica patologie croniche e, com’è emerso chiaramente negli ultimi anni, soprattutto i tumori. «Il tromboembolismo venoso è la seconda causa di morte nei pazienti oncologici dopo il cancro stesso. Per questo la ricerca ha fatto molti sforzi per identificare i meccanismi che determinano le trombosi, ma anche e soprattutto le condizioni che ne riducono l’incidenza. La MTEV è una patologia potenzialmente fatale, ma prevenibile se conosciuta e riconosciuta». Sebbene sia più frequente nella popolazione anziana, nessuna età è “esclusa dal pericolo” perché i meccanismi che causano la trombosi sono legati più a condizioni acquisite e congenite piuttosto che al solo invecchiamento. In pratica, ci sono condizioni ben note che possono causare il problema ed esporre a rischi maggiori alcune categorie di persone, come i pazienti allettati per lunghi periodi, quelli con traumi importanti o sottoposti a chirurgia ortopedica, perché lo stare a lungo fermi impedisce alle gambe la loro funzione di pompa del sangue verso l’alto e la stasi può favorire la formazione di trombi. La predisposizione genetica influisce poco : La predisposizione genetica, invece, non ha grande influenza: solo pochissime alterazioni (tra cui la mutazione del Fattore V di Leiden e la protrombina mutata) sono responsabili di un incremento del rischio di MTEV. «Molti studi riguardano poi rapporti tra cancro e trombosi, un problema noto da decenni di cui però solo da poco si è determinata la frequenza. Riguarda i malati di neoplasie del sangue e di tumori solidi (in particolare gastroenterici o alla zona pelvica, come quelli di prostata e utero). Ora sappiamo che le cellule tumorali attivano la coagulazione del sangue e dunque finiscono per agevolare la formazione di trombi, e che lo stesso può accadere come effetto collaterale della chirurgia o di farmaci chemioterapici. A ciò si aggiungono, non di rado, lunghi periodi a letto». D’altro canto, per motivi legati al cancro e alle terapie, molti pazienti sono anche esposti al rischio opposto, quello di sviluppare emorragie. Che fare, dunque? «La cosa migliore per gestire la MTEV nei pazienti oncologici è la prevenzione con anticoagulanti — rispondono gli esperti —. Conoscendo il pericolo, possiamo monitorarlo o prevenirlo, valutando con attenzione la condizione generale del malato». (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 566 PREVENZIONE E SALUTE POCO IODIO: TIROIDE A RISCHIO EFFETTI COLLATERALI PER MAMME E BAMBINI L'alimentazione è la miglior terapia per tenere l'organo in salute. Via libera per tutti al sale iodato. Ma lo usano ancora in pochi Gli italiani non si curano della propria tiroide, soprattutto a tavola. E la privano o non la nutrono sufficientemente di iodio, incorrendo così in importanti patologie spesso sottovalutate. E’ quanto emerge da una indagine dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (Osnami), coordinata dall’Istituto Superiore di sanità che mette a rischio all’incirca il 10% di italiani di gozzo, una patologia piuttosto comune da deficit di minerale. LO IODIO – Di questa sostanza, la tiroide non può proprio farne a meno: essa è infatti la componente principale dei suoi ormoni ed è indispensabile per la crescita corretta non solo dell’organismo, ma anche per il buon funzionamento del metabolismo. Una necessità che diventa più impellente in particolari fasce di età, nei bambini ad esempio o nelle donne in dolce attesa dove il normale fabbisogno è raddoppiato. Tanto che per rispondere a queste esigenze ‘organiche’ i nuovi Livelli di Assunzione Raccomandati di nutrienti (Larn), revisionati nel 2012, hanno fissato l’introito giornaliero di iodio a:  150 microgrammi nell’adulto;  tra i 90 e i 120 microgrammi nel bambino  nell’adolescente, 250 microgrammi al giorno  in gravidanza, 250 microgrammi al giorno  durante l’allattamento, fino a 290 microgrammi. «Al di sotto di questi parametri soglia i rischi per la salute tiroidea, e non solo, aumentano. La mamma può andare incontro ad aborto e il bambino a deficit cognitivi». O più in generale al gozzo, appunto, che stando alle ultime stime colpisce ancora un italiano su 10 ed è causa di oltre 30.000 ricoveri all’anno. ALIMENTAZIONE – Invece, prevenire il problema si può: basta mangiare questo minerale. «Lo contengono soprattutto alimenti di origine animale – quali  pesci di mare,  molluschi e crostacei,  latte e uova. Una tazza di latte, ad es. al mattino a colazione, che sia fresco, intero, conservato o scremato può contribuire da solo al giusto apporto di iodio. Una indicazione che va tenuta presente soprattutto per l’alimentazione nei bambini a cui dopo lo svezzamento vanno somministrati fin da subito cibi ricchi di iodio o dalle mamme fumatrici, perché questa abitudine porta via iodio al latte materno. E nel neonato il nutrimento al seno è di norma la fonte unica per immagazzinare questa sostanza». Su tutti i cibi, poi, ci vuole un pizzico di sale: iodato, però, che contribuisce in parte ad aumentare il dosaggio quotidiano del minerale. (Salute, Fondazione Veronesi) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 566 SCIENZA E SALUTE GONFIORE A GAMBE E BRACCIA ADDIO, GRAZIE AL LINFONODO «SENTINELLA» La tecnica permette di sapere se il tumore si è diffuso ai linfonodi però senza asportarli tutti. Benefici per i pazienti e minori costi sanitari. Un intervento meno invasivo, minore possibilità di complicanze durante e dopo l’intervento, costi inferiori, ma con lo stesso risultato in termini di efficacia e sicurezza per le pazienti. La tecnica del «linfonodo sentinella», già ampiamente collaudata per i tumori del seno e i melanomi cutanei, è stata sperimenta con successo anche nelle donne con una neoplasia ginecologica. «Nell’ultimo decennio un’ampia esperienza scientifica ha evidenziato l’efficacia della tecnica d’identificazione del linfonodo sentinella nel trattamento del carcinoma endometriale e della cervice uterina in stadio iniziale» dice Rodolfo Milani, dir. della Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia all’Università di Milano Bicocca. Una sola «sentinella» che contiene molte informazioni : la strategia consiste nell’identificare il linfonodo, detto appunto «sentinella», dove possano eventualmente annidarsi le cellule tumorali provenienti dai tumori dell’utero (cervice o endometrio). In questo modo è possibile rimuovere solo il sentinella per ottenere le stesse informazioni, sull’eventuale proliferazione di cellule cancerose al di fuori della lesione asportata o dell’organo, che oggi si ottengono solo asportandoli tutti. Per i pazienti operati di melanoma e carcinoma mammario questa è già una strategia standard, che risparmia ai malati lo svuotamento ascellare (ovvero l’asportazione di tutti i linfonodi in quella sede), causa del fastidioso linfedema o braccio gonfio. «Allo stesso modo potremmo ridurre al minimo i disturbi associati alla linfoadenectomia pelvica e lomboaortica (ovvero l’asportazione di tutti i linfonodi nella zona della pelvi e nelle vicinanze della aorta) e in particolare lo sgradevole gonfiore degli arti inferiori. In un immediato futuro la linfoadenectomia potrebbe essere limitata ai pochi casi (15-20% circa) in cui la metodica del sentinella non dovesse essere fattibile oppure quando le indagini preoperatorie evidenziano un forte sospetto di localizzazioni metastatiche linfonodali». Tanti i vantaggi, per quasi 12mila italiane che si ammalano ogni anno Ogni anno in Italia sono quasi 8mila i nuovi casi di tumore dell’endometrio, più frequente dai 40 anni in su, e circa 3400 quelli di tumore della cervice, che colpisce generalmente donne più giovani. «Dall’inizio degli anni Duemila, molti gruppi ginecologici-oncologici internazionali (in primis americani, canadesi e francesi) - hanno portato a conclusione numerosi studi volti a dimostrare l’affidabilità dei linfonodi sentinella come indicatori della presenza diffusa della malattia a livello linfonodale. La metodica si è rivelata corretta e precisa in oltre il 90% dei casi». Inoltre, come riporta Giovanni Scambia, primario della divisione di Ginecologia Oncologica del Policlinico Gemelli di Roma: «Utilizzare questa nuova strategia porterebbe a una riduzione della complessità chirurgica e permetterebbe di affrontare la maggior parte dei casi per via laparoscopica (quindi senza taglio), riducendo ulteriormente la degenza e le complicanze a breve e lungo termine, migliorando così la qualità di vita delle pazienti. E abbassando anche i costi per il Servizio Sanitario, in considerazione del minor tasso di complicanze, dei minori costi ospedalieri e di sala operatoria, con minor numero di giorni di degenza». Per snellire i tempi ospedalieri e semplificare le procedure «abbiamo ora a disposizione anche una nuova tecnica: per identificare al meglio i linfonodi sentinella (di solito 2, uno per lato) si inietta un colorante naturale (indocianina verde) nella cervice della paziente, mentre è in sala operatoria dopo l’anestesia. Così riusciamo a essere più precisi e rapidi, con minori fastidi per le pazienti». (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 566 PREVENZIONE E SALUTE MASTICARE GOMMA AIUTA A COMBATTERE LA CARIE: MEGLIO DEL FILO INTERDENTALE Secondo una ricerca dell'Università di Groningen, nei Paesi Bassi, i chewing gum non zuccherati riescono a "intrappolare" fino a cento milioni di batteri Fare uso di chewing gum può prevenire la carie. Secondo una ricerca dell'Università di Groningen, nei Paesi Bassi, masticare un singolo pezzo di gomma per dieci minuti può intrappolare fino a cento milioni di batteri che minacciano la salute dei denti e circa il 10% della carica microbica nella saliva. Secondo lo studio si registrano risultati migliori di quelli ottenuti con il filo interdentale, a patto che la gomma da masticare non sia zuccherata. Altro che dentifrici e collutorio - I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Plos One e rivelano che la proprietà anti-microbica della gomma è più efficace nei primi trenta secondi di masticazione. Dopo questo lasso di tempo, infatti, diminuisce l'elasticità e l'adesività sui denti e, di conseguenza, la capacità di intrappolare un elevato numero di batteri. I test sono stati condotti su cinque studenti, con un "numero" noto di batteri nella bocca, che si sono offerti di masticare due tipologie differenti di chewing gum senza zuccheri aggiunti - per diversi periodi di tempo da trenta secondi a dieci minuti. Risultati: I ricercatori hanno scoperto che una masticazione di dieci minuti consente di "trasferire" sulla gomma circa cento milioni di microbi. Oltre questo limite temporale, nonostante venga smaltito un numero sempre crescente di batteri, si può incorrere nell'effetto opposto: alcuni microbi "passati" sul chewing gum potrebbero ritornare nel cavo orale. Occhio allo zucchero - Per ottenere simili risultati, però, è necessario masticare gomme prive di zucchero o di dolcificanti artificiali. Le "gum" dolci, infatti, rappresentano una vera manna dal cielo per i batteri, che avviano la fermentazione degli zuccheri indebolendo lo smalto dentale e le gengive. (salute, Tgcom24) Mai più dolore, presto la carie si curerà senza trapano Denti riparati grazie a una scossa elettrica a bassa intensità Presto la paura del dentista sarà solo un ricordo perché è stata messa a punto una nuova tecnica per curare la carie senza iniezioni, trapani e dolore. Si tratta di una piccola scossa di corrente elettrica che stimola il dente all'autoriparazione. Il metodo è stato messo a punto dai ricercatori del King's College London e sarà in commercio entro tre anni. Come funziona - Il procedimento è semplice. Le carie si formano quando i minerali naturali nello smalto scompaiono per erosione e il dente inizia a marcire. Questo nuovo metodo aumenta la capacità naturale del corpo di ripristinare questi minerali con quelli che si trovano nella saliva o nel fluoro. Il dentista dà una scossa a bassa intensità per spingere i minerali verso la carie. Il processo – chiamato Electrically Accelerated and Enhanced Remineralization – è completamente indolore e richiede lo stesso tempo delle attuali tecniche che prevedono l'impiego del trapano. (salute, Tgcom24)

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