Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno IV – Numero 617 AVVISO Ordine 1. Progetto “Un Farmaco per Tutti”; raccolta di farmaci non scaduti 2. ORDINE:Istituito un sussidio per i Colleghi Iscritti all’ALBO in Stato di Disoccupazione 3. Ordine: quota sociale Notizie in Rilievo Scienza e Salute 4. Scoperto il batterio responsabile del cattivo odore delle ascelle 5. Cisti alla mano: operarsi non serve a nulla? 6. Allarme pesticidi in frutta e verdura: riducono la fertilità maschile 7. Prevenzione e Salute 8. Protegge i reni chi abbonda con frutta e verdura, poca carne e salumi 9. Laser-terapia per la cura della piorrea (paradontosi) Mercoledì 04 Aprile 2015, S. Alberto, Dionigi, Walter Proverbio di oggi……….. 'O pparlà chiaro è fatto pe' ll' amice Tra amici si deve parlare con chiarezza SCOPERTO IL BATTERIO RESPONSABILE DEL CATTIVO ODORE DELLE ASCELLE Scoperto il responsabile del cattivo odore che emaniamo dalle ascelle quando siamo sudati: si tratta del batterio Staphylococcus hominis, presente tra i vari microorganismi (o microbioma) che popolano le nostro ascelle. A rendere "irrespirabili" le molecole che produciamo naturalmente con il sudore sono i tioli, composti organosolforosi che i batteri secernono quando ingeriscono il nostro sudore, e che hanno un odore simile a quello dello zolfo, delle cipolle o della carne. I ricercatori hanno studiato il gene che codifica le proteine responsabili della loro produzione. Prima hanno preso i batteri che si trovano sotto l'ascella, e poi hanno aggiunto molecole inodore presenti nel sudore umano. «Le molecole inodore escono dall'ascella - e interagiscono con il microbioma attivo, scomponendosi dentro i batteri». Si è così visto che tra tutti i batteri dell'ascella, lo Staphylococcus hominis è il "colpevole" del cattivo odore. I deodoranti attualmente in commercio riescono a evitare, per un pò, di far sudare, mascherando l'odore con altre fragranze o eliminando parte dell'odore facendo fuori tutti i batteri. Ma i ricercatori inglesi ora stanno pensando ad un deodorante che impedisca ai batteri dell'ascella di produrre tioli, anzichè semplicemente eliminare tutti i batteri. «Non ha senso eliminarli tutti - Come abbiamo imparato dagli antibiotici, meglio progettare qualcosa con un approccio più sensibile». (Salute, Il Mattino) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 617 PREVENZIONE E SALUTE CISTI ALLA MANO: OPERARSI NON SERVE A NULLA? Non è affatto raro che una cisti tendinea asportata ricompaia con una recidiva. Le terapie per trattare il problema Ho una cisti al polso della sinistra che mi tormenta da un anno: è all'interno, sembra poggiare sui tendini. A qualche mese dalla comparsa, la cisti si era quasi riassorbita e non me ne sono curato più di tanto. Ora però è riapparsa (a giugno) e mi fa male, soprattutto di notte. Mi è sempre più difficile tenere l'orologio sul polso. Un amico medico, ora in pensione, mi ha detto che queste cisti ai tendini della mano sono note come «tomba della chirurgia», perché l'intervento spesso è inutile: la cisti si ripresenta a distanza di mesi o anni. COME SI CURA, ALLORA? E A QUALE SPECIALISTA BISOGNA RIVOLGERSI? Risponde D. Smarrelli, dir. Unità Chir. della mano, Osp. Humanitas Gavazzeni, BG Purtroppo è vero: non è affatto raro che una cisti tendinea asportata ricompaia poi con una recidiva. Ma ci sono diverse altre soluzioni prima di un intervento, che comunque va eseguito da un chirurgo esperto perché l'asportazione deve essere accurata e il più radicale possibile, ma allo stesso tempo non deve lesionare le delicate strutture anatomiche vicine alla cisti (arterie, tendini, strutture vascolari e nervose). Procediamo con ordine. Innanzitutto, per avere una diagnosi certa (e appurare che si tratti di una cisti) deve fare un'ecografia, esame di solito sufficiente a fugare ogni dubbio, per poi rivolgersi preferibilmente a un chirurgo della mano, che durante la visita saprà valutare la sua situazione e proporle la terapia più indicata nel suo caso. È piuttosto normale quello che le è capitato: le cisti non di rado "vanno e vengono", sul polso o in altre sedi del corpo, talvolta cambiando dimensioni e sintomi (a volte non creano disturbo). La loro origine resta tuttora incerta, ma siamo invece sicuri del fatto che vadano trattate solo se provocano dolore o difficoltà funzionali oppure un disagio estetico. VENIAMO ORA ALLE POSSIBILI CURE. A seconda della sintomatologia, ovvero valutando il dolore (che può essere presente anche a riposo, o soprattutto quando si muove il polso e le dita, e può dare anche una sensazione di fastidio al polso e alle dita che limita la completa funzionalità del polso e della mano) e il deficit funzionale o estetico che causano, le cisti possono essere soltanto monitorate, associando eventuali trattamenti palliativi come l'uso di un tutore a scopo antalgico. Oppure possono venire trattate in modo conservativo (ovvero con un tentativo di aspirazione e infiltrazione, che purtroppo di solito dà scarsi risultati); o ancora possono essere asportate chirurgicamente. Spesso le cisti con un decorso altalenante e scarsi disturbi possono essere monitorate, per poi prendere decisioni di cura se aumentano di dimensioni, fanno male e limitano la funzionalità. In genere, come primo passo terapeutico si prova ad aspirare la cisti e nel contempo iniettare del cortisone: una procedura veloce, poco dolorosa, eseguibile in ambulatorio, ma che ha un limite perché non garantisce la soluzione. Infine c'è l'asportazione chirurgica, che va preferibilmente eseguita in day hospital e sotto anestesia (locoregionale se le cisti sono al polso, locale o tronculare se alle dita). L'intervento (salvo rari casi) non è lungo né complicato e permette una ripresa funzionale piuttosto precoce. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 617 PROTEGGE I RENI CHI ABBONDA CON FRUTTA E VERDURA, POCA CARNE E SALUMI Anche i consumi di formaggi, pesce e uova andrebbero moderati, prediligendo le fonti vegetali di proteine, come i legumi Frutta e verdura fanno bene ai reni, soprattutto a quelli che non funzionano più a dovere: uno studio pubblicato sul Journal of the American Society of Nephrologyha di recente ha dimostrato che una dieta che privilegi i vegetali è l’ideale per chi soffre di una malattia renale cronica, mentre se si esagera con la carne il rischio di insufficienza renale e dialisi può addirittura triplicare. I dati arrivano da un’indagine in cui sono stati seguiti, per quasi 14 anni, poco meno di 1500 pazienti con una patologia renale cronica. Rischio dialisi triplicato con troppa carne: I risultati appaiono chiari: un elevato consumo di cibi acidi, per lo più carne e derivati, si associa a una più rapida progressione verso l’insufficienza renale e la dialisi. Il rischio addirittura triplica rispetto a quello registrato nei pazienti che invece portano in tavola soprattutto cibi poco acidi, come la frutta e la verdura. «Il “carico di acidi” provenienti dalla dieta è strettamente connesso alla velocità di progressione della malattia. Da tempo si pensa che a una maggior quantità di cibi acidi sia associato un peggioramento della funzionalità renale, tanto che alcuni studi hanno mostrato come integratori alcalini, che hanno un’azione contraria, possano rallentare il danno. Questi nostri nuovi dati non fanno che confermare i sospetti che già avevamo». Come lavorano i reni: Un carico acido maggiore, infatti, fa sì che i reni, per mantenere l’equilibrio del pH dell’organismo, aumentino l’escrezione degli acidi attraverso “adattamenti” della funzione che possono essere nocivi, soprattutto quando questi organi sono già “sotto sforzo” e non lavorano a dovere per colpa di una malattia cronica. In Italia circa due milioni e mezzo - tre milioni di persone soffrono di una nefropatia cronica, con una riduzione della funzionalità renale più o meno consistente: purtroppo molti non ne sono consapevoli, ma se non si interviene per tempo, la perdita della capacità dei reni di filtrare il sangue depurandolo da scorie e sali minerali in eccesso può essere completa, fino a una vera e propria insufficienza renale. A tavola, però, come confermano i dati raccolti oltreoceano, chi già ha una malattia cronica in atto può fare molto per rallentare i danni: ridurre la carne è un primo passo, non solo per diminuire il carico acido, ma anche per contenere la quantità di proteine, visto che un eccesso proteico, come già si sa da tempo, tende ad affaticare troppo i reni. Attenzione in genere alle proteine animali: Meglio, perciò, limitare la carne, ma anche i salumi, i formaggi, il pesce, le uova, prediligendo le fonti vegetali di proteine, come i legumi. Nei pazienti con malattia renale avanzata può essere inoltre consigliabile optare per cibi a-proteici, ovvero pane, pasta, riso, biscotti, che siano prodotti con farine speciali senza proteine. Anche fosforo, potassio e sodio devono essere tenuti sotto controllo dai pazienti con problemi renali: i reni affaticati sono meno capaci di eliminare questi minerali dal sangue, con il rischio che si accumulino, provocando ad es. aritmie cardiache. Per abbassare il consumo di fosforo occorre dare la preferenza, ancora una volta, a frutta e verdura fresche, limitando invece i cibi che sono ricchi di questo elemento, come il pesce, i formaggi (soprattutto quelli stagionati), il tuorlo d’uovo, il lievito di birra, la frutta secca. Per contenere i livelli di potassio meglio moderare il consumo di frutta secca e disidratata; via libera invece a olio, miele, frutta fresca. Il sodio, infine, si riduce dando un taglio non solo al sale da cucina, ma anche diminuendo l’uso di dadi per il brodo, insaccati, snack e cibi in salamoia o in scatola. (salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 617 SCIENZA E SALUTE ALLARME PESTICIDI IN FRUTTA E VERDURA: RIDUCONO LA FERTILITÀ MASCHILE Per la prima volta uno studio, condotto ad Harvard, dimostra una relazione diretta fra alimenti contaminati e qualità degli spermatozoi. La ricerca, su un campione ridotto di 150 uomini, ha rilevato che il rischio dipende anche dal tipo e dalla quantità di prodotti che si mangiano. Piselli, fagioli e cipolle più 'sicuri' di peperoni, spinaci, mele e pere. Gli esperti: lavare a fondo e togliere la buccia I pesticidi presenti sulla frutta e la verdura provocano effetti sulla fertilità maschile. Ora, per la prima volta, i danni sono stati valutati non su persone esposte per ragioni professionali o sull'ambiente, ma su comuni consumatori. Prima di assumere le verdure è dunque bene lavarle più volte con molta cura e sbucciare sempre la frutta. Lo raccomandano gli studiosi del Dipartimento di nutrizione ed epidemiologia della Harvard T. H Chan school of public health di Boston che hanno condotto un'indagine su un campione di 155 uomini con problemi di fertilità, dai 18 ai 55 anni di età. Dallo studio, risulta che il danno è correlato alla quantità e al tipo di frutta e verdura consumate, perché ci sono quelle che ne contengono di più e quelle che ne contengono solo tracce. Negli Stati Uniti, il dipartimento dell'agricoltura pubblica annualmente delle tabelle riassuntive sul contenuto di pesticidi di frutta e verdura ed è a queste tabelle ufficiali che hanno fatto riferimento gli studiosi per l'indagine. Il campione è stato seguito per 18 mesi durante i quali ogni soggetto ha compilato dei questionari dettagliati su cosa e quanto mangiava, oltre ad essere sottoposto a periodiche analisi del liquido seminale. Comparando la quantità e il tipo di frutta e verdura consumate e i relativi tassi di pesticidi con le analisi degli spermatozoi, i ricercatori hanno scoperto che chi assumeva più di una porzione e mezza al giorno di frutta e verdura con elevati livelli di pesticidi aveva il 49% di spermatozoi in meno, ovvero 86 milioni contro i 171 milioni di chi invece ne consumava meno di mezza porzione al giorno e sceglieva quelle con poche sostanze chimiche. In chi mangiava frutta e verdura con alti livelli di pesticidi è risultato compromesso anche lo sviluppo normale degli spermatozoi con una percentuale del 32% in più rispetto agli altri. Quali sono i cibi più a rischio e quelli invece più sicuri? "Quelli che contengono meno pesticidi sono i piselli, i fagioli, il pompelmo e la cipolla. Livelli elevati di residui invece sono stati riscontrati nei peperoni, negli spinaci, nelle fragole, nelle mele e nelle pere. "Si tratta di una indagine preliminare fatta su un piccolo campione, ma per la prima volta abbiamo dimostrato che esiste una relazione fra pesticidi e qualità del seme - spiega Jorge Chavarro. I nostri risultati non devono scoraggiare il consumo di frutta e verdura, ma riteniamo che sia necessario adottare più strategie per combattere l'uso dei pesticidi, scegliendo prodotti organici e vietando le coltivazioni che usano grandi quantità di sostanze chimiche". Commenta Elena Vicini, della sezione di istologia ed embriologia e ricercatrice specializzata in biologia della riproduzione alla Sapienza di Roma: "La ricerca è stata condotta su un campione piccolo e andrebbe estesa a una popolazione più vasta e senza problemi di sterilità per capire quanto i pesticidi incidano sulla qualità degli spermatozoi. Il risultato è comunque molto importante. La frutta e la verdura proteggono la fertilità maschile perché sono ricche di antiossidanti e non bisogna rinunciarci. Si deve però avere maggiore consapevolezza nella scelta di alimenti non trattati rivolgendosi soprattutto a coltivatori di fiducia. E ricordandosi di lavare sempre a fondo la verdura e sbucciare la frutta". (Salute, La Repubblica) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 617 PREVENZIONE E SALUTE Laser-terapia per la cura della piorrea (paradontosi) La terapia laser rappresenta un metodo altamente innovativo che consente, nella maggior parte dei casi, di eliminare la causa della paradontosi (piorrea). “Questa patologia è caratterizzata dalla progressiva distruzione dell’osso di sostegno dei denti da parte dei batteri, che agiscono indisturbati sotto il livello gengivale. Grazie all’azione del raggio laser è possibile disinfettare totalmente i tessuti contaminati, così da ottenere una zona libera da agenti patogeni e consentire una perfetta guarigione”. In questo modo si può arrestare l’avanzamento della patologia in maniera mirata e minimamente invasiva, senza dover ricorrere a manovre chirurgiche. Il trattamento laser costituisce una nuova tecnologia in grado di fronteggiare la malattia con maggior efficacia rispetto al metodo tradizionale, eliminando completamente la causa. La mobilità dei denti è sintomo di piorrea in fase evolutiva ed è indispensabile fare una diagnosi precoce in modo da poter scegliere la terapia opportuna. Anche in questo caso la terapia laser può aiutare a rendere più stabili i denti, arrestando il processo di distruzione dell’osso. Vediamo insieme al dr M. Malvini di chiarire gli aspetti di questo laser. Per la terapia laser serve l’anestesia? Nella maggior parte dei casi la terapia laser non necessita di alcun tipo di anestesia in quanto agisce mediante un fascio luminoso, ad una determinata lunghezza d’onda, che colpisce i tessuti infetti, senza arrecare dolore. Che vantaggi da il laser? i vantaggi e i benefici del laser sono molteplici. Per prima cosa i trattamenti vengono eseguiti in totale assenza di dolore in quanto la fonte luminosa non provoca danni ai tessuti sani. Questa terapia è inoltre “selettiva”, ovvero va a colpire esclusivamente le zone malate, salvaguardando i tessuti sani. Si tratta quindi di una tecnica mininvasiva che lascia inalterate le strutture che non sono state coinvolte dall’attacco dei batteri, anche se adiacenti alla zona da trattare. Un altro vantaggio che ci dà il laser è quello di essere tra i più potenti battericidi esistenti e quindi non lascia scampo ai microorganismi che aggrediscono l’osso di sostegno dei denti. La terapia laser serve anche per curare le carie? Si, grazie all’intervento “laser-assistito” possiamo agire sulle carie in maniera mirata, restando più conservativi possibile nei confronti dei tessuti dentali sani. Ne risulta quindi che la porzione di dente da rimuovere è minima, limitata esclusivamente a quel volume di dente colpito dalle carie stesse. Oltre a questo vantaggio, il fascio laser agisce in profondità, stimolando le naturali difese del dente che potrà così in parte ri-mineralizzarsi, riacquistando resistenza. Si può praticare lo sbiancamento dentale con il laser? E’ possibile eseguire lo sbiancamento dei denti con l’ausilio del laser riducendo il tempo di esposizione e quindi il tempo delle sedute, che divengono in questo modo più sopportabili da parte del paziente. E’ possibile curare la sensibilità dentinale? In molti casi si può eliminare definitivamente la dolorosa sensibilità che si avverte durante lo spazzolamento dei denti oppure quando questi ultimi vanno a contatto con cibi o bevande fredde. L’azione del laser abbinato ad un’apposita sostanza minerale mira a occludere i tubuli dentinali esposti, ovvero quelle terminazioni nervose scoperte, responsabili delle scosse dolorose che si avvertono quando i denti si trovano a contatto di sostanze a bassa temperatura. Tramite laser-terapia possiamo oggi ottenere ciò che un tempo si conseguiva con operazioni più complesse e invasive. In definitiva il laser costituisce uno strumento utile per ottimizzare i risultati di qualsiasi procedura, garantendo al paziente di essere trattato con la massima attenzione mediante un dispositivo affidabile, di ultima generazione. (Salute, Tgcom24) PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 617 Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli La Bacheca ORDINE: “UN FARMACO PER TUTTI” L’Ordine in collaborazione con Federfarma Napoli, con la curia arcivescovile di Napoli e con il patrocinio della Regione Campania, ha organizzato l’iniziativa benefica “Un Farmaco per Tutti”. Il progetto ha come finalità il riutilizzo di farmaci non ancora scaduti e correttamente conservati donati da cittadini e raccolti nelle farmacie che aderiranno al progetto. Il tutto per finalità umanitarie ed assistenza socio-sanitaria. I farmaci raccolti all’interno delle farmacie resesi disponibili saranno poi smistati ai vari enti assistenziali che hanno aderito all’iniziativa. ORDINE:Istituito un Sussidio per i Colleghi Iscritti all’ALBO in Stato di Disoccupazione Il Consiglio dell’Ordine al fine di offrire un sostegno economico agli iscritti all’Albo che si trovino in stato di disoccupazione involontaria e in difficoltà economica, ha approvato nel Consiglio del 19 Novembre 2014 uno specifico “Fondo di solidarietà” messo a bilancio nel 2015. Il Regolamento, consultabile sul sito istituzionale dell’Ordine, prevede per l’anno 2015 l’erogazione di un sussidio nella misura massima di euro 150,00 pro capite in favore degli iscritti all’Albo che si trovano da almeno 12 mesi inoccupati e che versano in difficoltà economiche. Nel regolamento pubblicato sul sito sono chiariti  i requisiti per la partecipazione,  l’importo del fondo di solidarietà  le modalità di partecipazione. L’istanza potrà essere presentata nel periodo: 01 giugno al 30 settembre di ogni anno, corredata da: 1.Domanda di accesso al Sussidio, in carta libera (v. allegato - sito istituzionale) ORDINE: QUOTA SOCIALE Si Comunica che in questo periodo, Equitalia Sud SpA, Agente della riscossione dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli, sta recapitando l’avviso di pagamento relativo alla Tassa di iscrizione per l’anno 2015, di euro 150,00. Tutti i Colleghi che non avessero ancora ricevuto tale avviso, possono rivolgersi direttamente agli Uffici dell’Ordine o inviare una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. per conoscere le modalità di pagamento. Si ricorda che il mancato adempimento, fa venir meno il requisito per mantenere l’iscrizione all’Albo Professionale.

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