Anno II – Numero 103 AVVISO Ordine Farmacisti Napoli: segui le attività dell’Ordine oltre che sul sito Istituzionale anche su Facebook Notizie in Rilievo • Scienza e Salute 1. Dieta proteica? Solo se i reni lavorano bene. Patologie e Farmaci Martedì 29 Gennaio 2013, S. Costanzo, S. Cesario ORDINE FARMACISTI NAPOLI: SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK Segui le attività dell’Ordine oltre che sul sito istituzionale www.ordinefarmacistinapoli.it anche su www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli Ci aiuterai a rendere l’Ordine ancora più vicino alle Tue aspettative e al servizio dell’intera Categoria. DIETA PROTEICA? SOLO SE I RENI LAVORANO BENE La dieta proteica è uno dei mezzi più rapidi per perdere peso, ma spesso viene sconsigliata perché appesantisce il fegato. In realtà questo regime alimentare, molto sfruttato dalle persone in sovrappeso o obese per dimagrire, non è adatto se i pazienti hanno una malattia renale cronica. I filtri del nostro corpo, i reni appunto, possono essere sovraccaricati di lavoro con questo regime e se non sono in ottime condizioni potrebbero avere problemi. Stili di vita e Salute Lo sostiene una ricerca durante cui sono state analizzate 11 mila persone in Nei luoghi pubblici fioccano i divieti. Luce sovrappeso. Dai dati è emerso che di questi, più della metà ha cercato di sul vapore elettronico mettersi a dieta. L’8% di 5.500 persone ha scelto di utilizzare integratori per Mangiare in piatti di perdere peso, mentre il 92 percento ha optato per una dieta proteica. plastica può far venire i calcoli renali In media, l’alimentazione mediterranea propone circa 1 gr. di proteine al giorno per peso corporeo (es. se un ragazzo pesa 80 chili può consumare Nutrizione e Salute massimo 80 gr. di proteine). La dieta proteica di solito propone il doppio di questo quantitativo, peccato che coloro che hanno una malattia renale Mirtilli e fragole : la dolce via per tenere dovrebbero consumarne 0,6 gr. di proteine per Kg di peso corporeo.
lontani gli attacchi di Ma c’è di più. Non pensiate di rifarvi con integratori o farmaci per dimagrire. cuore Questi prodotti potrebbero danneggiare ulteriormente la vostra situazione clinica. Inoltre, stando alla ricerca, le diete a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto di proteine alla lunga potrebbero dare problemi anche al colon. È meglio quindi seguire la dieta mediterranea, facendo attenzione ai suggerimenti del medico in caso di particolari malattie. 2. Vitiligine, dalla dermoabrasione alla piperina 3. 4. 5. Sito web Istituzionale: Istituzionale: E-Mail: Social -Seguici Seguici su Facebook, Facebook Diventa Fan della nostra pagina www.ordine farmacistinapoli.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 103 PATOLOGIE E FARMACI VITILIGINE, DALLA DERMOABRASIONE ALLA PIPERINA Nessuna cura, tante cure. Per 1 milione di persone in Italia, l'1% circa della popolazione nel resto del mondo è caccia continua alla cura per la vitiligine. Caccia che molto spesso parte da Internet. È sul web, che si diffonde ormai la gran parte delle notizie, delle speranze e delle leggende che fioriscono intorno a questa patologia. Un problema che oltre ai risvolti estetici, rappresenta un pensiero fisso, un duro colpo per la qualità della vita. È ormai noto “il ruolo patogenetico di un meccanismo autoimmune o, in senso lato, infiammatorio – dice M. Picardo, dir., di Fisiopatologia Cutanea e Centro di Metabolomica dell'Ist. Dermatologico San Gallicano di Roma nel determinare la comparsa delle lesioni”. Ma il “trigger”, l'innesco della reazione che scatena la vitiligine e dunque il vero bersaglio di una terapia definitiva ancora non si trova. “Ma è molto probabile che alla base di tutto il processo ci sia un difetto intrinseco dei melanociti, le cellule cutanee deputate a fornire il pigmento cutaneo”. LE NOVITÀ - Tra le prospettive terapeutiche più innovative si fa strada l'uso degli analoghi del melanocyte stimulating hormon (MSH), un fattore che viene prodotto dall’epidermide e che ha un ruolo fisiologico nell’induzione della pigmentazione. Al momento è in corso un trial multicentrico internazionale sulla valutazione dell’efficacia di un analogo dell’ MSH. IL PUNTO SULLA DERMOABRASIONE – Ultimamente la ricerca applicata sta puntando molto sull’approccio terapeutico “chirurgico” della vitiligine. È il caso della dermoabrasione, un pratica che consente di “levigare” la pelle nell'area depigmentata, preparando la strada per l'applicazione di melanociti o di foglietti di epidermide pigmentata “coltivati” in laboratorio. Una tecnica che non va bene per tutti. “La dermoabrasione viene utilizzata, al momento in modo sperimentale, da alcuni gruppi in associazione a terapie topiche come il 5 fluoro uracile – per trattare aree, come ad es. le mani, particolarmente resistenti ai trattamenti comuni”. I risultati sono incoraggianti, ma anche in questo caso la corretta selezione dei pazienti è fondamentale. Per es., “i candidati con maggiore probabilità di un risultati positivi sono soggetti con malattia stabile da diverso tempo, assenza del fenomeno di Koebner, modesta superficie corporea interessata per evitare al possibile riattivazione della patologia anche in sede di trapianto”. Tra le “proposte” che si trovano in Rete, quella che attrae l'attenzione dei pazienti è costituita dalla piperina, molecola estratta dal pepe nero, che sembra avere delle proprietà utili a invertire il processo di depigmentazione. “Al momento non ci sono però studi clinici controllati che ne dimostrino l’efficacia. IL GOLD STANDARD - Al momento la fototerapia resta ancora la tecnica più efficace. “La nuova visione è, però, di considerarla nell'ambito di una terapia combinata o sequenziale in cui in tempi diversi e successivi si mira a intervenire sulle diverse componenti della malattia: infiammazione, difetto di proliferazione, migrazione in maniera più specifica”. “Risultati migliori si possono ottenere in alcuni casi abbinando alla fototerapia alcuni topici, come i corticosteroidi o gli immunomodulatori o antiossidanti per via sistemica”. Nuove evoluzioni della fototerapia sono l’utilizzo di strumenti che permettono l’irradiazione di parti limitate o l’uso del laser ad eccimeri. “In ambedue i casi si ha una energia di emissione dei raggi UVB maggiore rispetto alle cabine o i pannelli tradizionali e si riesce a intervenire sulla zona interessata diminuendo la iperpigmentazione della cute normale, evitando una marcata differenza cromatica tra la cute sana e quella interessata dalla vitiligine”. (C. Colasanto) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 103 NEI LUOGHI PUBBLICI FIOCCANO I DIVIETI. LUCE SUL «VAPORE ELETTRONICO» “Signore, qui non si può svapare”. Vita dura per gli e-smokers. Il successo della sigaretta elettronica si sta ritorcendo contro i pionieri del fumo digitale. Troppe e-cig in circolazione e svapatori dell'ultima ora che entusiasticamente vorrebbero adoperare il cilindro hi-tech in ogni dove. Peccato che le nuvole di fumo non siano il massimo della compagnia per chi vuol godersi il cinema, figurarsi al ristorante, e che facciano irritare chi il fumo non lo digerisce proprio, che sia di “bionda” o di e-cig. FIOCCANO I DIVIETI - Lo stop, di norma, è negli stessi luoghi pubblici in cui vige il divieto anti-fumo della legge Sirchia. Il p.m. R. Guariniello, che sta portando avanti un'inchiesta sulla pericolosità del'e-fumo, ha formulato la sua proposta al Min. della Salute: all'art. 51 della L. 3 del 2003 sul divieto di fumo non si cita espressamente il fumo di tabacco. Quindi il divieto vale per tutte le sostanze. Trenitalia e Alitalia si adeguano: niente e-sigarette su treni e aerei. MA L'E-VAPORE FARÀ MALE? - È uno dei grandi dubbi che circondano il dibattito sulla sigaretta elettronica, il fenomeno del momento. Posto che il fumatore elettronico risparmia ai propri bronchi e polmoni almeno 4.000 sostanze, di cui un'ottantina cancerogene, mancano ancora conferme scientifiche sulla sicurezza del vapore emesso dai dispositivi elettronici. Sotto esame anche le ricariche, il vero vantaggio economico per gli svapatori: permettono di risparmiare più di 100 euro al mese per chi fuma un pacchetto al giorno. Questione non da poco, capire se anche quello della sigaretta elettronica è "fumo passivo" per le autorità sanitarie. "qui il problema è un altro: meglio la sigaretta e le malattie correlate o qualcosa che a confronto libera dai pericoli?". EMISSIONI A CONFRONTO - Uno studio tedesco indipendente ha voluto vederci chiaro per capire cosa accade quando si innesca la reazione fisica che produce l'aerosol di vapore aromatizzato, con o senza nicotina. Gli esperti hanno raccolto dati sui composti organici volatili (VOC) in un ambiente chiuso, confrontando quello che accade alle emissioni delle e-cig e a quelle di una sigaretta "old style". L'analisi ha messo in evidenza una bella differenza tra e-cig e “bionda” tradizionale. "In generale, le emissioni di composti e particelle ultrafini quando si fuma una sigaretta elettronica sono state inferiori rispetto alle emissioni equivalenti di una sigaretta normale”. “Nella e-sigaretta le sostanze vaporizzate creano un aerosol di particelle ultrafini, che diventano ancora più sottili quando vengono inalate nei polmoni”. Ma queste particelle si disperdono più velocemente dei gas “derivanti dai processi di combustione delle particelle solide” delle bionde normali. Questo inquinamento “rimane nell'aria circostante per un tempo considerevole". NIENTE FORMALDEIDE -Buone notizie per gli svapatori arrivano anche dall'esame sulla formaldeide, una sostanza che al di sopra di certe concentrazioni (0,1 parti per milione) è irritante per mucose e vie respiratorie e a lungo andare può provocare il cancro. Gli scienziati non sono riusciti a trovarne tracce nel vapore delle e-cig, mentre era presente nelle “bionde” classiche. Il glicole propilenico, il vero protagonista della e-cig - fa vapore e dà il colpo in gola, l'hit - è presente negli sbuffi emessi sia dai fumatori elettronici che da quelli delle bionde normali. I "fumi" del glicole propilenico possono essere irritanti se troppo abbondanti per alcuni. Ma il glicole propilenico è un ingrediente anche del tabacco ed è uno degli additivi delle classiche sigarette. Sulla tossicità di questa sostanza gli esperti non si pronunciano, ma auspicano che i produttori delle sostanze vaporizzate siano più chiari e precisi nel fornire le spiegazioni necessarie. “Se è vero che la sigaretta elettronica contribuisce meno all'inquinamento degli ambienti chiusi rispetto alle sigarette di tabacco, non è priva di emissioni. Sembra ragionevole supporre che le persone siano esposte al vapore rilasciato e quindi la 'vaporizzazione passiva' è possibile”. (C. Colasanto) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 103 STILI DI VITA E SALUTE MANGIARE IN PIATTI DI PLASTICA PUÒ FAR VENIRE I CALCOLI RENALI Dovendo consumare cibi caldi, come la minestra, è meglio utilizzare stoviglie in ceramica. La plastica pare rilasci delle sostanze che possono favorire lo sviluppo di calcoli renali. A chi mangia fuori casa, che sia per lavoro o in occasione di pic-nic, può capitare di utilizzare i piatti di plastica, perché più comodi o perché non vi è alternativa. Tuttavia, alla comodità, può affiancarsi la pericolosità per la salute – specie se il cibo consumato è caldo. STUDIO: condotto dai ricercatori di Taiwan ha messo in evidenza come utilizzare stoviglie in melamina (o melammina) per consumare piatti caldi possa aumentare in modo significativo il rischio di sviluppare i calcoli renali. Il dottor Chia-Fang Wu, e colleghi del Kaohsiung Medical University di Taiwan, hanno studiato gli effetti della melamina riscaldata su due differenti gruppi di persone. I partecipanti dovevano consumare della minestra calda in PIATTI DI PLASTICA o in PIATTI DI CERAMICA, a seconda del gruppo di appartenenza. Prima del pasto, e ogni due ore per 12 ore dopo questo, ai partecipanti sono stati prelevati dei campioni di urina. Tre settimane dopo il primo esperimento, i volontari sono stati invitati a consumare lo stesso tipo di zuppa, ma invertendo tra i gruppi il tipo di recipiente usato, ossia chi aveva mangiato la prima volta nel piatto di melamina, ora avrebbe utilizzato quello di ceramica, e viceversa. Dopo questa seconda fase dello studio, sono di nuovo stati prelevati i campioni di urina. Che sono poi stati sottoposti alla stessa trafila di esami. I RISULTATI dello studio, pubblicati sulla rivista JAMA Internal Medicine, hanno mostrato che i livelli di melammina nelle urine dei partecipanti, 12 ore dopo che avevano assunto la minestra nei piatti di plastica, erano in media 8,35 microgrammi. I livelli di melammina nei soggetti che avevano utilizzato i piatti di ceramica erano invece circa 1,3 microgrammi – una decisa differenza. «Le stoviglie di melammina – spiega il dottor Chia-Fang Wu nel comunicato KMU – possono rilasciare grandi quantità di melammina quando siano utilizzate per servire i cibi ad alta temperatura». Tuttavia, come scoperto dagli autori, non solo le temperature più elevate possono favorire la contaminazione degli alimenti da parte della melamina, ma anche i cibi acidi. Infine, la quantità di rilascio di melamina dipende anche dalla qualità delle stoviglie e, come emerso dallo studio, anche in base alla marca del prodotto. A scanso di equivoci, e per tutelare la propria salute, i ricercatori consigliano di servire il cibo caldo in stoviglie di ceramica, evitando l’uso di piatti di plastica in queste occasioni. Sebbene non sia ancora chiaro l’effetto che l’assorbimento di melamina possa avere sulla salute in generale, precedenti studi avevano suggerito che esposizioni ripetute, anche a basso dosaggio, di melamina aumentano il rischio di calcoli renali in bambini e adulti. Studi sulla tossicità della melamina condotti su modello animale, poi, hanno indicato che l’ingestione di questa sostanza può causare la formazione di calcoli renali, causare danni ai reni e perfino provocare il cancro. (JAMA Internal Medicine) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 103 NUTRIZIONE E SALUTE MIRTILLI E FRAGOLE: LA DOLCE VIA PER TENERE LONTANO GLI ATTACCHI DI CUORE Mangiare tre porzioni di mirtilli o fragole alla settimana protegge il cuore delle donne dall’infarto. Lo studio. Proteggere la salute del cuore e tenere lontano attacchi cardiaci e infarto può essere anche dolce: dolce come i mirtilli e le fragole che, se consumati almeno tre volte a settimana, riducono significativamente i rischi cardiovascolari nelle donne. La “deliziosa” notizia giunge da un team di ricercatori statunitensi e britannici – rispettivamente dell’Harvard School of Public Health di Boston e dell’Università di East Anglia. STUDIO: I ricercatori hanno condotto un largo studio prospettico che ha visto il coinvolgimento di 93.600 donne di età compresa tra i 25 e i 42 anni, i cui risultati sono stati pubblicati su Circulation. Le partecipanti facevano parte del Nurses’ Health Study II e sono state seguite per ben 18 anni. OBIETTIVO: Il dr Eric Rimm e la drssa Aedin Cassidy, hanno voluto appurare gli effetti del consumo di frutti di bosco sulla salute cardiovascolare delle donne. La scelta dei mirtilli e delle fragole, rispetto ad altri tipi di frutti di bosco, è stata dettata dalla constatazione che questi due tipi sono quelli più consumati negli Usa. Durante il periodo di follow-up si sono verificati 405 infarti tra le partecipanti. Tuttavia, i dati raccolti dagli scienziati hanno permesso di stabilire che per le donne che avevano consumato in maggior misura mirtilli e fragole nella loro dieta avevano una riduzione del 32% del rischio d’infarto. Un vantaggio che si mostrava evidente rispetto alle donne che mangiavano i frutti di bosco una sola volta al mese o anche meno, e anche rispetto alle donne che seguivano comunque una dieta ricca di frutta e verdura in genere. «Le sostanze naturalmente presenti nella verdura e frutta di colore rosso/blu possono ridurre il rischio di un attacco di cuore del 32% nelle donne giovani e di mezza età», sottolinea la dottoressa Cassidy dell’Univ. di East Anglia. «Mirtilli e fragole contengono alti livelli di composti che hanno benefici cardiovascolari», aggiunge il dottor Rimm. L’idea primaria degli autori è che come per altri tipi di FRUTTA E VERDURA DI COLORE ROSSO/BLU – quali uva, more, lamponi, ribes nero, prugne, ciliegie, melanzane e altri vegetali – mirtilli e fragole contengano buoni livelli di sostanze antiossidanti come i FLAVONOIDI. Di questi, una specifica sottoclasse che prende il nome di “antociani”, può favorire la dilatazione delle arterie, contrastare l’accumulo di placca, nonché offrire altri benefici al livello cardiovascolare. Sebbene lo studio sia osservazionale, fanno notare i ricercatori, assumere più frutta e verdura di questo genere può avere effetti significativi sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Insomma, è proprio un buon modo per fare prevenzione, no? (Salute Rep. - Circulation)