Anno IV – Numero 705
AVVISO
Ordine
1. ORDINE: Nota AIFA
2. ORDINE: Corso ECM
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
3. Le bugie hanno il
testosterone basso:
l'uomo è più onesto se i
livelli dell'ormone sono
alti
4. Tendine, il futuro della
riabilitazione è nelle
onde d’urto
Prevenzione e Salute
5. Cuore a rischio: me lo
dice un prelievo?
6. La sbronza?
Più hai bevuto e peggiori
sono i sintomi
Meteo Napoli
Mercoledì 9 Settembre
 Cielo Variabile
Minima: 20°C
Massima: 27°C
Umidità :
Mattina = 55%
Pomeriggio =35%
Giovedì 10 Settembre 2015, S. Nicola da Tol., Candida
Proverbio di oggi………..
Acqua ca nun scorre fa pantano e fète.
Acqua che ristagna si appantana e diviene maleodorante.
LE BUGIE HANNO IL TESTOSTERONE
BASSO: L'UOMO È PIÙ ONESTO SE I LIVELLI
DELL'ORMONE SONO ALTI
Le bugie hanno le gambe corte e...i livelli di testosterone basso.
Un gruppo di studiosi tedeschi dell'Università di
Bonn ha infatti scoperto che i livelli di
testosterone sono connessi a onestà e sincerità e
che, in particolare, i livelli di queste ultime
aumentano all'aumentare dell'ormone maschile.
Più testosterone uguale meno menzogne, sostiene quindi la ricerca
pubblicata sulle pagine di Plos One. Ormone steroide maschile secreto
dalle cellule interstiziali dei testicoli, il testosterone stimola lo sviluppo
degli organi maschili, è responsabile della comparsa dei caratteri sessuali
maschili secondari e favorisce la sintesi delle proteine nell'organismo.
Generalmente conosciuto come l'ormone dell'aggressività , il nuovo studio
svela ora sfumature sconosciute del testosterone che viene visto, per la
prima volta, come promotore dei comportamenti sociali positivi.
STUDIO: condotto su un gruppo di 91 adulti, 46 dei quali sottoposti a un
trattamento a base di testosterone in gel applicato sulla pelle: dalla ricerca
è emerso che gli uomini che avevano ricevuto dosi maggiori dell'ormone
hanno dimostrato una ridotta propensione a dire bugie e a mettere in
pratica comportamenti antisociali e maggiore onestà nei rapporti umani.
"Il nostro studio ha dimostrato che i soggetti con i livelli più alti di
testosterone avevano chiaramente mentito meno frequentemente dei
soggetti non trattati. Questo risultato contraddice chiaramente l'approccio
unidimensionale secondo cui il testosterone promuove esclusivamente
comportamenti antisociali". Che sia forse questo il motivo per cui
Pinocchio diceva le bugie? (Sole 24 ore)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 705
PREVENZIONE E SALUTE
CUORE A RISCHIO: ME LO DICE UN PRELIEVO?
Cuore a rischio: quando? Parola alla dottoressa Lidia Lidia Rota, responsabile del Centro
di prevenzione cardiovascolare di Humanitas.
“Ho fatto gli esami di recente e non avevo
niente. Perché adesso ho un infarto?“
Qua
nte volte sentiamo fare questa affermazione! E’ convinzione
comune che l’esame del sangue ci dica se stiamo bene oppure
no: non è così, il medico prescrive esami mirati a valutare se i
sintomi riferiti dal paziente o i segni che il medico stesso rileva
visitando il paziente fanno sospettare o diagnosticare la
malattia di un organo oppure no, e, se sì, quale malattia. Gli esami del sangue servono solo se
considerati insieme a una visita accurata da parte del medico e alla valutazione della sua storia
personale e famigliare (anamnesi).
Detto questo, ci sono alcuni esami che possono suggerire un aumento del rischio di infarto:
 un elevato livello di colesterolo “cattivo†LDL in più prelievi,
 così come un aumento della proteina C reattiva o dei fattori che indicano infiammazione, come il
fibrinogeno o la ferritina:
ma un test del sangue quantifica il vostro rischio di eventi cardiovascolari solo se viene considerato
nell’insieme dei fattori di rischio ormai ben noti: la pressione del sangue elevata, il fumo di sigaretta,
alti livelli di colesterolo, il diabete, il peso, la storia personale e famigliare.
COLESTEROLO
È un insieme di grassi che circolano nel sangue: se elevato, costituisce un
fattore di rischio per aterosclerosi, trombosi delle arterie, infarto, ictus
cerebrale. In test fornisce tre risultati:
ï‚· Colesterolo totale: sarebbe ideale un livello uguale o inferiore a 200 mg/dl.
 Colesterolo LDL (Low-Density Lipoprotein): è una parte del colesterolo totale, spesso definito
“colesterolo cattivoâ€. Se elevato per periodi prolungati si accumula sulle pareti delle arterie, le
infiamma e facilita la formazione di placche aterosclerotiche che ostacolano il normale scorrere
del sangue. Le placche si ingrossano quando i fattori della coagulazione le attaccano, nel
tentativo di guarire l’infiammazione sottostante, formando trombi, che possono rompersi
liberando emboli che causano ictus cerebrale o ischemia. Il colesterolo LDL non dovrebbe
superare 130 mg/dL, meglio ancora se rimane a livelli inferiori a 100 mg/dL.
 Colesterolo HDL (High-Density Lipoprotein): è una parte del colesterolo totale, spesso definito
“colesterolo buono†perché contribuisce a eliminare dalle arterie i depositi di colesterolo
cattivo. Il suo livello nel sangue dovrebbe essere uguale o superiore a 60 mg/dL: di solito è più
alto nelle donne.
ï‚· Trigliceridi: sono grassi che circolano nel sangue, come il colesterolo. Alti livelli di solito indicano
un eccessivo apporto di calorie (stiamo mangiando troppo e male?) o un consumo di calorie
insufficiente (siamo pigri?). Un livello elevato di trigliceridi in più prelievi indica aumento del
rischio di eventi cardiovascolari. Il livello ideale di trigliceridi è inferiore a 150 mg/dL, ma meglio
ancora sarebbe un livello inferiore a 100 mg/dL.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 705
E’ una proteina prodotta dal fegato: segnala che in qualche parte del
vostro corpo è in corso un processo infiammatorio, da trauma o da
infezione, ma non dice dove. E’ spesso alta in pazienti con aterosclerosi,
malattia con una grossa componente di infiammazione causata
dall’infiltrazione di grassi al di sotto dell’endotelio che fodera le pareti delle arterie. La proteina C
reattiva non fornisce da sola una valutazione del vostro rischio di eventi, ma considerata insieme ad
altri test fornisce un quadro complessivo della salute del vostro cuore e delle vostre arterie.
Più bassa è, meglio è:
ï‚· Rischio basso: meno di 1.0 mg/L
ï‚· Rischio medio: da 1.0 a 3.0 mg/L
ï‚· Rischio elevato: superiore a 3.0 mg/L
Le statine (farmaci che riducono il livello del colesterolo) sembra riducano anche i livelli di PCR: ma
non devono essere assunti per questo scopo.
E’ il fattore I (primo) della coagulazione: è fondamentale per formare il
FIBRINOGENO
coagulo e fermare le emorragie. Quando è elevato, attiva il sistema della
coagulazione del sangue portandolo a formare trombi nelle arterie di
qualunque organo, per lo più nelle coronarie (infarto) o nel cervello (ictus).
Hanno fibrinogeno elevato i fumatori e le donne che assumono terapie ormonali o sono in gravidanza,
e coloro che hanno in corso una processo infiammatorio.
Non esistono farmaci che riducano i livelli del fibrinogeno: si normalizza quando viene rimossa la causa
che ne ha provocato l’elevazione.
PROTEINA C
REATTIVA O PCR
È una frazione del colesterolo LDL, il suo livello è geneticamente
determinato e non sembra risentire dello stile di vita.
Alti livelli di questa proteina si correlano con aumento del rischio
di eventi cardiovascolari, ma non sappiamo di quale entità sia questo aumento.
Il test può essere utile in persone che hanno uno o più parenti consanguinei con eventi vascolari
precoci o con morte improvvisa apparentemente senza cause note.
Il test va eseguito nei casi in cui il colesterolo non risponde al trattamento con statine.
LIPOPROTEINA (ï¡) o Lp (ï¡)
Detto anche BNP (brain natriuretic peptide) o peptide di tipo B, è
una proteina prodotta dalle pareti dei vasi (endotelio) e dalla
mucosa che fodera l’interno del cuore (endocardio):
aiuta il corpo a eliminare i liquidi in eccesso, facilita il rilasciamento delle arterie e l’espulsione del
sodio attraverso l’urina.
Un cuore malato rilascia nel sangue alti livelli di BNP nel tentativo di migliorare la propria azione di
pompa, per esempio nello scompenso.
Livelli elevati di BNP si trovano in pazienti con angina pectoris e ischemia miocardica o dopo un infarto.
E’ un test utile per valutare il grado di scompenso del cuore, i suoi livelli normali variano in funzione
dell’età e sono diversi in uomini e donne.
E’ utile per capire se il “fiato corto†riferito dal paziente è causato dallo scompenso del cuore o da altre
cause, per esempio polmonari.
In pazienti che soffrono di scompenso il test viene eseguito periodicamente per valutare l’efficacia
della terapia medica.
Un livello elevato di BNP di per sé non serve per fare una diagnosi: il suo valore deve essere sempre
preso in considerazione nell’insieme del quadro clinico e degli altri test.
Non viene eseguito in pazienti che non abbiano sintomi sospetti per malattia del cuore.
(Salute, Humanitas)
PEPTIDE NATRIURETICO
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 705
TENDINE, IL FUTURO DELLA RIABILITAZIONE È NELLE
ONDE D’URTO
Onde d’urto: danno vita a ottimi risultati, eppure in Italia non hanno ancora preso del
tutto piede come strumento di riabilitazione per le patologie del tendine.
In altri Paesi come gli Stati Uniti, invece, sono già molto conosciute e
frequentemente utilizzate, soprattutto nel caso di infortuni dovuti a
traumi sportivi: sono le onde d’urto, una vera e propria terapia medica i
cui effetti più importanti sono l’azione antidolorifica e antinfiammatoria
da una parte, e un effetto trofico (cioè di nutrimento) dall’altra.
A parlarne è la dr.ssa M. Cristina d’Agostino, specialista ortopedico e
responsabile del Centro Terapia Onde d’Urto dell’Istituto Clinico
Humanitas di Rozzano (Milano): “Introdotte in Medicina nei primi anni novanta per la cura dei calcoli
renali, negli anni immediatamente successivi le onde d’urto hanno poi conquistato nuovi ed
interessanti campi di applicazione anche in ambito muscolo-scheletrico, fra cui un posto di rilievo è da
attribuire alle patologie del tendine. Si tratta di una terapia medica da considerarsi fra le innovazioni
del nuovo millennio, una possibile opzione quando anche altre terapie hanno fallitoâ€.
Onde d’urto: come funzionano in ambito muscolo-scheletrico?
“In ambito muscolo-scheletrico la terapia con onde d’urto non viene applicata, come potrebbe
intuitivamente sembrare dal nome, per rompere o frantumare le calcificazioni di tendini, legamenti e
strutture correlate, bensì per risolvere l’infiammazione e migliorare lo stato e la funzione dei tessuti
trattati. In altre parole, se in ambito urologico prevale il cosiddetto ‘modello meccanico’ per azione
diretta sui calcoli (che vengono frantumati), in ambito muscolo-scheletrico la funzione è di tipo
‘biologico’. L’energia meccanica che si trasmette con le onde d’urto, infatti, sollecita e stimola le
cellule dei tessuti (come una sorta di ‘idromassaggio’) a produrre sostanze e fattori biochimici con
effetto benefico sulle parti trattate.
Gli effetti più importanti sono l’azione antidolorifica e antinfiammatoria da una parte, e un effetto
trofico (cioè di nutrimento) dall’altra, innescando anche un miglioramento del tessutoâ€.
“Di tutti i possibili settori di applicazione delle onde d’urto in ambito non urologico, il trattamento
delle patologie tendinee costituisce attualmente la parte più rappresentativa del nostro lavoro –
continua la specialista – sia per il crescente numero di persone dedite all’attività sportiva, sia per il
fatto che talora molte patologie tendinee, magari trascurate in fase iniziale, sono effettivamente di
difficile risoluzione. In questi casi le onde d’urto possono rappresentare una valida opzione, prima di
pensare a una terapia di tipo chirurgico o comunque invasiva. E questo in virtù del fatto che uniscono
all’efficacia anche altre importanti caratteristiche: non sono invasive, sono ripetibili e, se
correttamente eseguite con strumentazione idonea, sono ben tollerate dal pazienteâ€.
Onde d’urto e riabilitazione, un’associazione fondamentale
Importante è però precisare che, specie in ambito di patologie tendinee, le onde d’urto da sole
possono non essere sufficienti per una guarigione rapida e duratura, se non associate alla
riabilitazione. “L’effetto immediato può anche essere di grande efficacia, ma se vogliamo mantenere la
salute del tendine a lungo termine è fondamentale associare un programma riabilitativo specifico. Solo
unendo alla stimolazione biofisica (onde d’urto) anche l’esercizio fisioterapico garantiamo al nostro
tendine il ritorno a uno stato di benessere duraturo. In una seconda fase, poi, per il ritorno all’attivitÃ
sportiva anche semplicemente amatoriale sarà opportuno rivalutare tipo e intensità di allenamento,
attrezzatura tecnica (prime fra tutte le calzature), terreno di gioco/allenamento e gesto atleticoâ€.
(salute, Humanitas)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 705
PREVENZIONE E SALUTE
LA SBRONZA?
PIÙ HAI BEVUTO E PEGGIORI SONO I SINTOMI
Inutili i rimedi come ingerire cibi solidi o inghiottire molta acqua. Gli effetti dell’alcol
sull’organismo sono gli stessi per tutti e aumentano in base alle quantità consumate
C’è chi beve dell’acqua e chi mangia
qualcosa prima di coricarsi:
tanti sono i trucchi cui ricorrere per
prevenire o contrastare i postumi di una
sbronza. Infatti, tra nausea, testa che
scoppia, stanchezza, sono molti i malesseri
che compaiono dopo aver alzato troppo il
gomito e che vanno sotto il nome di
hangover.
Qualcuno poi sostiene di esserne quasi
immune e di non soffrirne poi così tanto.
Eppure, due ricerche presentate sabato al congresso europeo di neuropsicofarmacologia ad
Amsterdam mostrano che l’hangover è inevitabile per tutti e si farà sentire qualunque cosa decidiamo
di ingurgitare per tamponare l’alcol.
«Le differenze individuali sia nella gravità del malessere sia nel tipo di sintomi che le persone
sperimentano durante i postumi di una sbronza sono notevoli» ha ammesso il professor Joris Verster,
docente di scienze farmaceutiche, farmacologia e psicofarmacologia all’Università di Utrecht in Olanda
e autore di entrambe le ricerche.
«Alcuni hanno mal di testa, altri la nausea oppure una semplice stanchezza. Per questo, non esiste una
definizione chiara di hangover».
E proprio per capirne di più sulla sindrome del post ubriacatura, i ricercatori hanno analizzato le
abitudini legate al consumo di alcol e ai suoi effetti di due gruppi di studenti, 789 canadesi e 826
olandesi.
Secondo precedenti ricerche, il 25%-30% dei bevitori dichiara di essere in un certo senso immune
dall’hangover. Eppure, lo studio condotto in Canada ha mostrato che quasi l’80% di costoro, in realtà ,
aveva basse concentrazioni di alcol nel sangue che non raggiungevano lo 0.10%(il valore limite legale
italiano del tasso di alcolemia è 0.5g/l).
Tant’è che nel gruppo dei forti bevitori, nessuno ha dichiarato di non accusare alcun malessere. Una
cosa è chiara, spiega il professore: «In generale abbiamo trovato una relazione alquanto diretta: più si
beve e più si soffrirà l’hangover».
Il secondo studio ha mostrato che l’eventuale consumo di cibo per prevenire gli effetti dei postumi
dell’ubriacatura non cambia più di tanto la severità dell’hangover.
Dalle risposte fornite dagli 826 studenti olandesi, non è emersa alcuna differenza significativa nel
malessere sperimentato tra il gruppo di chi era solito consumare cibi grassi o acqua la sera prima di
coricarsi per prevenire o l’indomani mattina per limitare i postumi della sbronza e chi invece non
ricorreva a questo stratagemma.
Ancora non è del tutto chiaro che cosa provochi questi disturbi: «Le ricerche hanno concluso che non
si tratta di semplice disidratazione, sappiamo che anche il sistema immunitario è coinvolto, ma
finché non scopriremo che cosa causa esattamente l’hangover non riusciremo a trovarvi un rimedio».
La soluzione, come si va ripetendo da sempre, è evitare di eccedere. (Salute, La Stampa)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 705
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli
La Bacheca
ORDINE: Nota Informativa AIFA
Modalità prescrittive e di dispensazione dei medicinali generici
Nota informativa importante
AIFA – Modalità prescrittive e di dispensazione dei medicinali generici
a base di pregabalin per il trattamento del dolore neuropatico.
si trasmette il comunicato dell’AIFA, pubblicato sul sito internet dell’Agenzia, concernente
alcune precisazioni sulle modalità prescrittive e di dispensazione dei medicinali generici a
base di pregabalin per il trattamento del dolore neuropatico.
In particolare si evidenzia che, in applicazione dei vincoli di copertura brevettuale per
l’indicazione “dolore neuropatico periferico e centrale†del medicinale Lyrica fino al 15 luglio 2017, i
medicinali generici a base di pregabalin non sono prescrivibili a carico del Servizio Sanitario
Nazionale per le indicazioni di cui alla NOTA AIFA n. 4 “Nevralgia post-erpetica correlabile
clinicamente e topograficamente ad infezione da herpes zoster; neuropatia associata a malattia
neoplastica; dolore post-ictus o da lesione midollare; polineuropatie, multineuropatie,
mononeuropatie dolorose, limitatamente ai pazienti nei quali l'impiego degli antidepressivi triciclici
(amitriptilina, clomipramina) e della carbamazepina sia controindicato o risulti inefficace. Principi
attivi:gabapentin, pregabalin. Neuropatia diabetica. Principi attivi: duloxetina, gabapentin, pregabalin.
Il medico potrà unicamente prescrivere a carico del SSN il farmaco “Lyricaâ€, a base di
pregabalin, per le indicazioni sopra riportate, coperte da valido brevetto,
e non il principio attivo PREGABALIN genericoâ€.
ORDINE: CORSO ECM
I corsi si terranno presso la sede dell’Ordine
Data
CF
IL DIABETE MELLITO DI TIPO II:
DALL’APPROPRIATEZZA ALLA SOSTENIBILITÀ
Venerdì 25 Settembre, ore 9.00
Argomento
7,5
L’evento è stato organizzato con il contributo
non condizionante di Takeda
I° Parte
Sabato 26 Settembre, ore 9.00
L’ELASTO COMPRESSIONE: IL PILASTRO
DELLA TERAPIA FLEBOLINFOLOGICA
5
II° Parte
Sabato 17 Ottobre, ore 9.00
L’ELASTO COMPRESSIONE: IL PILASTRO
DELLA TERAPIA FLEBOLINFOLOGICA
5