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Anno IV – Numero 759 Giovedì 26 Novembre 2015, S. Leonardo fr.   AVVISO       Ordine 1. ORDINE:Caduceo2015   Notizie in Rilievo  Scienza e Salute 2. Sarcome dei tessuti molli Prevenzione e Salute   3. Bruciore e tosse:acidi dallo stomaco 4. Alimentazione e tumori 5. Vino rosso e arachidi per la memoria   Meteo Napoli  Giovedì 26 Novembre   Cielo Nuvoloso Minima: 9°C   Massima: 11°C   Umidità:   Mattina = 89% Pomeriggio = 79%   Proverbio di oggi……….. ‘O cchiù doce d’a vita è ‘o ddurmì.  RUGHE SUL COLLO? TUTTA COLPA DELLA POSTURA DA SMARTPHONE E TABLET Il cosiddetto «tech neck» è un problema che colpisce soprattutto le donne tra i 18 e i 39 anni che guardano i dispositivi digitali fino a 150 volte al giorno Se  guardandosi  allo  specchio  ci  si  accorge  di  avere  il  collo  segnato  da  profonde  rughe,  l’indiziato  principale  dell’inestetismo  è  il  dispositivo  «hi  tech»  a  cui  siamo  più affezionati: lo smartphone o il  tablet. È infatti ‐ secondo lo studio  di  un  gruppo  di  dermatologi  ‐  il  costante  sguardo  allo  schermo,  spesso tenuto molto più in basso rispetto alla linea dello sguardo, a causare  queste rughe che colpiscono soprattutto le donne tra i 18 e i 39 anni.   Sono  le  «tecno‐dipendenti»,  che  leggono  e  controllano  i  dispositivi  in  piedi  fino a 150 volte al giorno, piegando la testa verso lo schermo.   Rilassamento cutaneo:  Una postura che, alla lunga, causa i segni sul collo.  Secondo  gli  esperti  questa  costante  flessione  porta  ad  un  rilassamento  cutaneo  nella  zona  del  collo,  le  guance  tendono  a  scendere  e  si  forma  una  piega sopra la linea delle clavicole:   una condizione che i dermatologi hanno ribattezzato «tech‐neck».   «Il  problema  delle  rughe  sul  collo,  legato  a  un  eccessivo  utilizzo  di  tablet  e  smartphone,  è  aumentato  negli  ultimi  10  anni  e  sta  diventando  insidioso  sopratutto per le donne giovani».    (Adn-Kronos Salute)    SITO WEB ISTITUZIONALE:     www.ordinefarmacistinapoli.it                        iBook Farmaday  E‐MAIL:                                  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.;            Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.    SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli  PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 SCIENZA E SALUTE QUALI TERAPIE PER IL SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI? QUANTO SI GUARISCE? Le differenze tra i vari sarcomi, la gravità, come curarsi e le probabilità di guarigione Hanno  da  poco  diagnosticato  a  mio  fratello,  che  ha  solo  27  anni,  un  sarcoma  sinoviale a una coscia. A casa siamo tutti terrorizzati, anche perché temiamo che  lui abbia a lungo trascurato il «bozzo».   Gli oncologi ora stanno facendo i controlli, prima di procedere all’operazione. Ci  hanno  spiegato  che  questo  è  un  tumore  raro,  «tipico»  dei  giovani  e  che  oggi  spesso non serve fare grandi interventi e che le probabilità di guarigione sono buone. Ma è vero? Peraltro,  non ci hanno detto se dovrà fare chemio o radioterapia. Ci sa dire qualcosa di più?   Risponde Armando Santoro, direttore del Cancer Center all’Istituto Humanitas di Milano e direttore  scientifico dell’Accademia nazionale di Medicina  Raro non significa incurabile. Almeno nel caso dei sarcomi dei tessuti molli, tumori che insorgono nel  tessuto connettivo dell’organismo: muscoli, cartilagini, vasi, tessuto adiposo. I sarcomi si manifestano  soprattutto  negli  arti  e  nel  tronco,  più  raramente  in  organi  quali  stomaco,  rene,  vescica,  utero,  mammella. Il sarcoma sinoviale è una delle oltre cinquanta varianti dei sarcomi dei tessuti molli.   Nella maggioranza dei casi i sarcomi non causano sintomi particolari fino a quando la massa, crescendo  di volume, provoca dolore o sintomi da compressione di organi o tessuti circostanti.   Una  corretta  diagnosi,  tramite  biopsia,  è  fondamentale  per  definire  l’esatta  tipologia  e  il  grado  di  aggressività della malattia.   Per  i  sarcomi  il  «gold  standard»  terapeutico  è  la  chirurgia,  molto  specialistica,  che  deve  ottenere  la  rimozione radicale del tumore con margini di resezione nel tessuto sano, preservando il più possibile le  funzionalità soprattutto negli arti.   Prima dell’intervento è indispensabile eseguire accurati controlli per verificare lo stadio della malattia:  Tac  e  Rmn  della  sede del  tumore  per  evidenziarne  la  diffusione  locale,  Tac  del  torace  e  addome  per  escludere  la  presenza  di  metastasi  (nel  polmone  in  caso  di  sarcomi  degli  arti,  nel  fegato  nelle  forme  addominali).   Radioterapia e chemioterapia integrano la chirurgia per una cura più radicale. Dopo l’intervento viene  effettuata  quasi  sempre  la  radioterapia  a  livello  locale, a  esclusione  di  forme  piccole,  superficiali  e a  scarsa  aggressività,  mentre  il  ruolo  della  chemioterapia  precauzionale  postoperatoria  ai  fini  della  riduzione del rischio di ricaduta non è ben definito, al di fuori di forme molto aggressive.   In casi particolari, con masse voluminose che infiltrano organi vicini, l’intervento viene preceduto da  un trattamento preoperatorio per ridurre la massa tumorale facilitandone la successiva asportazione.   Nelle  forme  metastatiche,  così  come  nelle  recidive  locali,  un  ulteriore  intervento  chirurgico,  se  radicale, permette la guarigione definitiva in circa un terzo dei casi.   In  alcune  forme  a  bassa  malignità,  quali  il  liposarcoma  retroperitoneale,  può  esservi  indicazione  a  ripetuti  interventi  di  asportazione  delle  recidive.  Nelle  forme  metastatiche  non  operabili,  invece,  l’approccio  è  esclusivamente  chemioterapico,  anche  se  ultimamente  è  stata  evidenziata  l’efficacia  di  nuovi farmaci biologici.   Come accade sempre (non solo in medicina), l’esperienza è fondamentale: sia per l’abilità dei chirurghi  che per le decisioni che si dovranno intraprendere.  Affidarsi a un centro di riferimento, che conosca  bene  questi  tumori  rari,  è  molto  importante.  Complessivamente  le  probabilità  di  guarigione,  soprattutto nelle forme degli arti, superano il 70% dei casi. Se non si ottiene una guarigione definitiva  le prospettive di sopravvivenza a lungo termine sono comunque buone. (Salute, Corriere)   PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 PREVENZIONE E SALUTE BRUCIORE E TOSSE: QUANDO GLI ACIDI RISALGONO DALLO STOMACO Oltre un terzo degli italiani soffre di reflusso gastroesofageo almeno una volta al mese. L'esperto Roberto Penagini, spiega come affrontarlo. Il  reflusso  gastroesofageo  è  un  disturbo  molto  frequente  nella  popolazione  e  anche  molto  fastidioso.  Roberto Penagini, professore associato di Gastroenterologia e responsabile del servizio di endoscopia  digestiva all'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano) spiega come affrontarlo con terapie mirate ma  anche facendo attenzione allo stile di vita.     La  malattia  da  reflusso  gastroesofageo  (Mrge)  è  un  problema  diffuso.  Oltre  un  terzo  degli  italiani  ne  soffre  almeno una volta al mese. Il disturbo si ha quando gli acidi  dallo  stomaco  risalgono  lungo  l’esofago,  bagnando,  infiammando e corrodendo alla lunga le sue pareti.   SINTOMI‐ Bruciore di stomaco o dietro lo sterno, acidità,  rigurgito,  senso  di  digestione  lenta  e  faticosa,  sono  i  sintomi tipici del reflusso gastrico esofageo. Quelli atipici,  che si manifestano nel 15% dei pazienti, sono tosse stizzosa, sensazione di un corpo estraneo in gola,  difficoltà a deglutire, eruttazioni, dolore al petto, disfonia e raucedine.    CAUSE‐ All’origine  sembra  esserci  un  difetto  nel  funzionamento  del  cardias,  la  valvola  che  separa  l’esofago dallo stomaco. Spesso è provocato dalla presenza di un’ernia iatale, ossia la risalita verso il  torace di parte dello stomaco attraverso lo iato (quel forame del diaframma attraverso cui l’esofago si  unisce allo stomaco).  DIAGNOSI‐ All’endoscopia, in grado di accertare solo i casi di malattia erosiva (più rara), si preferisce  un  test  che  prevede  la  somministrazione  per  due  settimane  di  farmaci  specifici,  gli  inibitori  della  pompa  protonica:  se  i  sintomi  scompaiono  la  diagnosi  è  confermata.  Altri  esami  diagnostici  a  disposizione sono, la pH impedenzometria, la manometria esofagea e l’esofagogastroduodenoscopia.  Quest’ultimo esame consiste in una sonda munita di telecamera che, inserita dalla bocca, consente al  medico  di  guardare  all’interno  di  esofago,  stomaco  e  duodeno,  rilevando  l’eventuale  presenza  di  lesioni dovute all’acido.  STILI DI VITA‐ Uno stile di vita corretto è in grado di ridurre la sintomatologia nel 20‐30% dei casi. Il  primo consiglio è di non sovraccaricare lo stomaco. Dunque l’ideale è fare cinque pasti al giorno, con  due  spuntini  frapposti  tra  colazione,  pranzo  e  cena,  per  evitare  il  consumo  di  porzioni  abbondanti,  cercando  di  mangiare  lentamente,  masticando  molto  i  cibi.  Da  ridurre  gli  alimenti  che  possono  peggiorare il reflusso gastroesofageo, come gli agrumi, i pomodori, i latticini, il cioccolato, gli alcolici, il  tè e il caffè.  Bisogna poi evitare subito dopo i pasti:   di mettersi a dormire;   di eseguire sforzi fisici;   di indossare vestiti e cinture troppo stretti.  È consigliabile invece dormire con la testata del letto rialzata (nei casi indicati dal medico).  TERAPIE‐ Nella grande maggioranza dei casi si ottengono buoni risultati con gli inibitori della pompa  protonica,  che  riducono  la  quantità  di  acido  nello  stomaco,  e  vanno  in  genere  assunti  per  lunghi  periodi, stabiliti dal medico. Nei rarissimi casi di mancata risposta ai farmaci, si rimodella la giunzione  gastroesofagea con un intervento per l’ernia iatale. (Ok, Salute e Benessere)  PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 PREVENZIONE E SALUTE CHI MANGIA BENE EVITA METÀ DEI TUMORI: POCA CARNE, MOLTE FIBRE Gli studi dimostrano da anni, in modo inequivocabile, la potenza di una dieta sana, povera di grassi animali e ricca di vegetali, nella prevenzione del cancro Ci sono voluti 50 anni per arrivare a capire che gli stili di vita, in primo luogo ciò che mettiamo nel  piatto,  sono  all’origine  di  oltre  la  metà  dei  tumori.  E  che  possiamo  fare  parecchio  per  limitare  le  probabilità  di  ammalarci:  molto  dipende  dalle  nostre  abitudini  alimentari,  da  fumo,  sovrappeso,  obesità e scarsa attività fisica.   I risultati degli studi vanno in una direzione inequivocabile  «L’idea  che  il  cibo  possa  influenzare  la  comparsa  delle  malattie non è certo nuova: è  presente  in  molte  medicine  tradizionali,  come  quella  cinese  o  indiana,  e  in  quella  medievale  occidentale  ‐  sottolineano  gli  esperti  dell’Associazione  Italiana  per  la Ricerca sul Cancro (Airc). Le  prime  ricerche  scientifiche  sono  state  accolte  inizialmente  con  scetticismo,  ma già sul finire degli anni 60  sono  partiti  studi  epidemiologici  che  coinvolgevano  ampi  numeri  di  persone.  Ci  sono  voluti  anni  per  avere  risultati  definitivi, arrivati solo in tempi recenti. Oggi però sappiamo che cosa è meglio mangiare e che cosa è  invece da evitare».  In mezzo secolo gli scienziati di tutto il mondo hanno utilizzato essenzialmente due strumenti:     le ricerche epidemiologiche, che valutano gli stili di vita e le eventuali malattie delle persone,  per stabilire se esistono relazioni significative tra alcune abitudini (come dieta e ginnastica) e lo  sviluppo di un tumore;    le  ricerche  molecolari,  che  indagano  sui  meccanismi  d’interazione  tra  il  cibo  e  i  geni,  le  proteine  e  le  altre  componenti  delle  cellule,  per  capire  se  alcune  sostanze  presenti  negli  alimenti possano favorire o proteggere dall’insorgenza di neoplasie.   Gli studi sul cancro al seno e al colon e il cibo  «Abbiamo appurato che esiste un legame tra alimentazione e cancro al colon e al seno.  In una dieta equilibrata i grassi saturi non devono superare il 10% delle calorie giornaliere e non c’è  alcun dubbio che una dieta ricca di grassi saturi e alimenti di origine animale (come carne, specie rossa,  latticini, burro) faccia salire il rischio di tumori mammari, specie di quelli ormono‐dipendenti».   Lo  ha  dimostrato  uno  studio  europeo,  che  ha  coinvolto  più  di  300  mila  donne  in  10  Paesi  europei,  seguite  per  oltre  11  anni,  durante  i  quali  10  mila  partecipanti  hanno  sviluppato  un  cancro  al  seno.  Gli esiti di un altro filone dello stesso progetto europeo, condotto su oltre 1300 pazienti con carcinoma  del colon retto e 1300 persone sane, provano poi che una dieta ricca di fibre (ovvero verdura, cereali  integrali, legumi, frutta) dimezza il rischio di sviluppare questo tumore.  PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 «Il motivo è ancora da chiarire. Forse in parte dipende da meccanismi ormonali come per il cancro al  seno,  ma  molto  probabilmente  i  benefici  delle  fibre  sono  dovuti  al  fatto  che  accelerano  il  transito  intestinale, diminuendo così il contatto fra le “scorie cancerogene” e i tessuti dell’organismo.   Inoltre, i cibi ricchi di fibre contengono spesso anche nutrienti antiossidanti, utile scudo anticancro».   Altri alimenti da limitare   Gli studi ci dicono inoltre che bisogna limitare il consumo di carboidrati ad alto indice glicemico (pane  bianco,  prodotti  da  forno,  riso  bianco,  bibite  zuccherate,  marmellate)  che  determinano  un  rapido  aumento  della  glicemia  e  dell’insulina,  stimolando  quei  fattori  di  crescita  che,  attraverso  complessi  meccanismi, finiscono per favorire l’insorgenza di diversi tumori, tra cui seno e colon.   Infine, si deve prestare attenzione al colesterolo:    quando è alto, aumenta di oltre il 60% il rischio di ammalarsi di carcinoma colon rettale.   «alti livelli di “colesterolo cattivo” (quello LDL) fanno salire le probabilità di quasi il 90%».   «Quindi,  ancora  una  volta  si  dimostra  che  è  importante  limitare  sulla  tavola  gli  alimenti  di  origine  animale  (carni,  burro,  formaggi,  latte  e  derivati),  che  fanno  salire  i  livelli  di  colesterolo,  peraltro  pericoloso nemico anche per le malattie cardiovascolari».  E  se  le  evidenze  finora  raccolte  riguardano  soprattutto  le  neoplasie  di  colon  e seno,  moltissimi  studi  sono  in  corso  per  appurare  le  «relazioni  pericolose»  sospettate  da  tempo  fra  dieta  e  tumori  del  polmone, dell’utero, dell’ovaio e di altre parti dell’apparato digerente. «Senza dimenticare che è stato  ampiamente  provato  come  anche  il  consumo  eccessivo  di  alcolici  e  superalcolici  faccia  aumentare  i  rischi di tumori di bocca, esofago, stomaco, colon, fegato e seno».  (Salute, Corriere) PREVENZIONE E SALUTE VINO ROSSO E ARACHIDI, L'APERITIVO CHE FA BENE ALLA MEMORIA Contengono un composto in grado di migliorare le prestazioni cognitive La  chiave  di  tutto  è  sempre  il  resveratrolo,  composto  dalle  proprietà  spesso  mitizzate,  a  volte  smentite, ma comunque sempre al centro della ricerca scientifica. Ampiamente propagandato per la  sua  presunta  capacità  di  prevenire  le  malattie  cardiache,  avrebbe  anche  effetti  positivi  sull'ippocampo, un'area del cervello fondamentale per memoria, apprendimento e umore.  I  risultati  del  loro  studio  mostrano  che  il  trattamento  con  il  resveratrolo,  contenuto  nella  buccia  dell'uva  nera,  e  quindi  nel  vino  rosso,  nelle  arachidi  e  in  alcuni  frutti  di  bosco,  ha  avuto  apparenti  benefici su apprendimento, memoria e umore di topi anziani. In particolare gli autori hanno osservato  che la neurogenesi, cioè la crescita e lo sviluppo di nuovi neuroni, più o meno raddoppiava nei topi ai  quali  era  stato  somministrato  il  composto  rispetto  a  quanto  osservato  nel  gruppo  di  controllo,  accompagnata  da una  migliore  circolazione  sanguigna  e  da un  più  basso  livello  di  infiammazione  cronica  nell'ippocampo.  "I  risultati  dello  studio  sono  impressionanti".  "Indicano  che  per  i  topi  del  gruppo di controllo che non avevano ricevuto il resveratrolo, la capacità di apprendimento spaziale è  stata in gran parte mantenuta, ma la capacità di creare nuove memorie spaziali era significativamente  diminuita tra i 22 e i 25 mesi di età.   Al  contrario,  sia  l'apprendimento  spaziale  sia  la  memoria  sono  migliorate  nei  topi  trattati  con  resveratrolo". Visto che anche negli uomini si registra un naturale declino cognitivo dopo la mezza età,  lo studio ha implicazioni interessanti e può per esempio far pensare alla possibilità di usare il composto  per  curare  la  perdita  di  memoria  negli  anziani  o  addirittura  aiutare  le  persone  colpite  da  malattie  neurodegenerative.   In sintesi la ricerca dimostra che una cura di resveratrolo nella tarda mezza età (vogliamo dire a partire  dai 55‐60 anni?) può aiutare a migliorare la memoria e l'umore nella vecchiaia. (salute, Panorama)  PAGINA 6   FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli La Bacheca ORDINE di NAPOLI: APRE IL CONVEGNO NAZIONALE dei FARMACISTI del GIAPPONE Kagoshima – Naples Sister Cities 55th Anniversary Symposium    PAGINA 7 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 MEDAGLIE ALLA PROFESSIONE E GIURAMENTO DI GALENO Martedì 08 Dicembre, ore 18.00, Teatro Auditorium Mediterraneo Mostra d’Oltremare PAGINA 8 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 MEDAGLIE ALLA PROFESSIONE E GIURAMENTO DI GALENO Martedì 08 Dicembre, ore 18,00 Teatro Auditorium Mediterraneo Mostra d’Oltremare   PAGINA 9 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 759 MEDAGLIE ALLA PROFESSIONE E GIURAMENTO DI GALENO Martedì 08 Dicembre, ore 18,00 Teatro Auditorium Mediterraneo Mostra d’Oltremare    

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