Anno II – Numero 117 AVVISO 1. Corsi ECM 2013: prenotazione online 2. Prenotazione Istanbul Notizie in Rilievo • Patologie e Salute 3. Cattivo umore prima del ciclo e in menopausa: le cause e i rimedi; 4. Calcoli alla cistifellea (o colecisti): sintomi e rimozione Bellezza e Salute 5. Quali sono i segni dell’allergia al nichel? Lunedì 18 Febbraio 2013, S. Simone vescovo I farmacisti Napoletani incontrano i Farmacisti Europei: prima tappa ISTANBUL Oggi più che mai è sempre necessario che la Categoria dei farmacisti entri in contatto con Colleghi Europei per sviluppare una rete di relazioni internazionali tali da dare alla figura del Farmacista un ruolo sempre più Europeo. Proprio per questo spirito il Consiglio dell’Ordine, nel rispetto del suo programma di sviluppo triennale presentato al momento dell’insediamento, organizza una serie di viaggi “culturali e relazionali” con il duplice obiettivo: creare momenti di coesione e occasioni di incontro con altri Colleghi per scambiare esperienze. Prima tappa ISTANBUL, (15-17 Marzo) seguiranno Praga, Stoccolma, S. Pietrburgo e Lisbona IL PROGRAMMA E LE MODALITÀ DI PRENOTAZIONE SONO DISPONIBILI SULLA HOME PAGE DEL SITO ISTITUZIONALE DELL’ORDINE NELLA SEZIONE EVENTI (www.ordinefarmacistinapoli.it) TERMINE ULTIMO PER LA PRENOTAZIONE 27 FEBBRAIO Prevenzione e Salute 6. In gravidanza meglio non restare troppo in piedi Domanda e Risposta 7. A cosa è dovuto l’odore di bagnato? A COSA È DOVUTO L’ODORE DI BAGNATO? Uno degli odori è provocato da un batterio che cresce in terreni umidi e le cui spore restano sospese in aria. Altri odori sono causati dagli oli essenziali contenuti nelle piante. Odori meno piacevoli sono causati, in città, da reazioni aromatiche che la pioggia acida innesca al contatto con rifiuti o sostanze chimiche depositatisi nel terreno. AVVISO Si informa che è possibile prenotare i Corsi ECM Gratuiti 2013 COME PRENOTARSI: 12- collegarsi sul sito dell’Ordine www.ordinefarmacistinapoli.it home page del sito dell’Ordine / sezione ECM / Prenotazioni SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 117 PATOLOGIE E SALUTE CATTIVO UMORE PRIMA DEL CICLO E IN MENOPAUSA: LE CAUSE E I RIMEDI Il cattivo umore nei giorni immediatamente precedenti il ciclo mestruale è uno dei sintomi caratteristici della cosiddetta sindrome premestruale che colpisce in generale almeno l’80% delle donne in età fertile, in modo più o meno grave, invalidante. E’ un luogo comune che si basa dunque sulla realtà quello di pensare alle donne “inacidite” e musone prima del ciclo mestruale. Certo è che mentre per alcune si tratta di un fenomeno lieve e passeggero, per altre (poche per fortuna) diventa un problema anche sociale: l’irascibilità arriva alle stelle e l’ansia non permette di affrontare al meglio la quotidianità. Sensazioni similari si hanno anche in menopausa, con sfumature diverse. Ma quali le cause e come rimediare? Le cause del cattivo umore premestruale ed in menopausa Le cause precise di questo peggioramento dell’umore in tali fasi della vita femminile non sono note fino in fondo. L’unica certezza è che un simile stravolgimento emotivo dipenda dalla fluttuazione degli ormoni: estrogeni e progesterone. Questi come noto, hanno un’azione diretta sulla serotonina e sulle endorfine, responsabili della sensazione di benessere: se il loro equilibrio salta, saltano anche i “nervi”. In menopausa (e nel periodo precedente, in cui il cattivo umore inizia a farsi sentire) in particolare tutto è aggravato dai correlati disturbi del sonno, che vanno anche ad incidere sulla qualità dei propri impegni quotidiani (infiniti quelli delle donne), che improvvisamente si fa fatica a portare avanti. Questo crea malinconia e quindi l’umore non è dei migliori. Non a caso anche la depressione ha un picco di incidenza in menopausa. I RIMEDI CONTRO IL CATTIVO UMORE IN MENOPAUSA E PRIMA DEL CICLO MESTRUALE Chiaramente in ambedue i casi, è importante parlarne con il proprio medico ginecologo, affinchè instauri la giusta terapia individuale. Nella maggior parte dei casi si tratterà di specifiche terapie ormonali, volte a limitare le fluttuazioni degli ormoni, ma esistono anche rimedi naturali altamente efficaci : è il caso degli integratori di magnesio, ma anche e soprattutto dell’agnocasto la cui azione fitoterapica sembra agire sulla dopamina e sul riequilibrio degli ormoni. E’ infatti considerato un naturale anti estrogenico e simil progestinico. IL CATTIVO UMORE FA ANCHE BENE? Secondo quanto individuato da alcuni studiosi australiani dell’ Università di New South Wales comunque, essere di cattivo umore non sarebbe sempre un male: ci si isola e si tende a rimuginare e dunque riflettere su tutto. Da qui, una migliore capacità di analisi e di gestione delle situazioni. Mah! Ci domandiamo a cosa si riferiscono con cattivo umore. Per noi rimuginare è sinonimo di vedere tutto nero, dunque di costruttivo ne può uscire ben poco. Ma gli esperti sono loro, quindi non contestiamo! (Pour Femme – Salute) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 117 BELLEZZA E SALUTE QUALI SONO I SEGNI DELL'ALLERGIA AL NICHEL? La reazione nel 20 per cento dei casi è «sistemica» e provoca orticaria e reazioni eczematose in tutto il corpo La più comune allergia da contatto nei Paesi industrializzati è quella al nichel: colpisce circa il 10% della popolazione, con punte fino al 20-25% nelle donne. «Quando la pelle viene a contatto con il nichel in alcuni individui prende il via una reazione, perché l'organismo riconosce questa sostanza come dannosa - spiega D. Schiavino, direttore del Servizio di allergologia del Policlinico Gemelli di Roma -. Il nichel viene captato dal sistema immunitario, che si attiva per produrre sostanze infiammatorie, le quali provocano una reazione locale eczematosa, con prurito, rossore e formazione di vescicole che, se grattate, possono infettarsi. Questa dermatite da contatto si verifica nella maggior parte dei soggetti allergici al nichel. In una minoranza l'allergia comporta anche sintomi sistemici, come orticaria ed eczema generalizzati e disturbi gastrointestinali. In questi casi di parla di allergia sistemica al nichel». Come si riconosce l’allergia al nichel? «L’eczema in aree corporee entrate in contatto con il nichel (l'es. più tipico è quello del lobo dell'orecchio a causa di orecchini contenti il metallo) suggerisce una possibile allergia da contatto, che può essere confermata da un patch test, che consiste nell'applicare sul dorso piccoli cerotti con una serie di sostanze potenzialmente implicate nell'allergia cutanea. A distanza di 48-72 ore si valuta la reazione: se c’è allergia al nichel la rimozione del cerottino contenente nichel lascia una piccola area di pelle infiammata. Se si sospetta un'allergia sistemica, oltre alla verifica di un patch test, occorre far seguire una dieta senza nichel (togliendo le principali fonti alimentari di nichel, come diversi ortaggi e alimenti cotti o conservati nel metallo) per un mese, valutare il beneficio e la ricomparsa dei sintomi dopo un test di provocazione orale al nichel». Quali le possibili cure? «In caso di allergia da contatto l'arma migliore è la prevenzione, cercando di evitare il contatto con oggetti che contengono il metallo, cosa più facile oggi che in passato grazie a una maggiore attenzione al problema, che ha indotto molte aziende a ridurre l'impiego del nichel nella fabbricazione di diversi prodotti o a utilizzare isolanti su gioielli, orologi, fibbie, ecc. Nei casi in cui comunque si entri accidentalmente in contatto con il metallo è possibile una terapia sintomatica per contrastare l'eczema. Nel caso, invece, si tratti di allergia sistemica è possibile eseguire un trattamento desensibilizzate che ha successo nel 70% dei soggetti. Questa terapia specifica va protratta per circa un anno e consiste nella somministrazione di piccole dosi di nichel 3 volte a settimana; dopo 3-4 mesi di trattamento si inizia una graduale reintroduzione dei cibi contenenti nichel, partendo da quelli a più basso contenuto (per esempio caffè, mele, carote, patate, vino rosso e birra) fino ad arrivare, quando possibile, a quelli con più alto contenuto, come nocciole, noci, margarina, liquirizia e cacao in polvere». (Salute Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 117 PATOLOGIE E SALUTE CALCOLI ALLA CISTIFELLEA (O COLECISTI): SINTOMI E RIMOZIONE La cistifellea (o colecisti) è un organo situato sotto il fegato, soggetto alla formazione di calcoli, proprio come i reni. Il motivo è legato alla sua funzione, che è quella di filtro del nostro sangue. Nella cistifellea (o colecisti), infatti, si conserva la bile, una sostanza liquida secreta dal fegato che serve per metabolizzare i grassi, e qualche volta la bile si solidifica, producendo dei piccoli sassolini in grado di ostruire i dotti biliari. Stiamo parlando dei calcoli, che nel caso della cistifellea in genere sono costituiti da colesterolo (80% dei casi), o da bilirubina e altre sostanze di scarto, e in questo caso si definiscono pigmentati perché a differenza degli altri sono di colore scuro. Si tratta di un problema diffuso, che colpisce maggiormente le donne perché la funzionalità epatica, così come quella della colecisti, è influenzata dagli ormoni e si ha una maggiore produzione di colesterolo. Vediamo quali sono i sintomi dei calcoli biliari localizzati a livello di cistifellea, e quando sia necessario arrivare alla rimozione dell’organo. Sintomi: I sintomi dei calcoli alla cistifellea sono dolori forti e continui localizzati nel quadrante superiore destro dell’addome, con riflesso alla schiena (nella zona tra le scapole). Quando compaiono i sintomi e perché? Il dolore è legato alla funzionalità della cistifellea, e quindi anche all’alimentazione. Infatti tipicamente il fastidio insorge dopo un pasto abbondante a base di cibi grassi, e può manifestarsi all’improvviso anche di notte. Il perché è presto detto: i calcoli, specialmente se grossi, possono ostruire i dotti biliari impedendo la fuoriuscita della bile e provocando quindi una infiammazione. In alcuni casi, quando i calcoli alla cistifellea sono minuscoli, simili a sabbia, non provocano disturbi e si dicono silenti. Vediamo quando bisogna preoccuparsi e intervenire. Quando preoccuparsi: Ecco i sintomi legati ai calcoli alla colecisti che ci devono far preoccupare e per i quali è indispensabile l’intervento del medico: • Dolore intenso che perdura per più di cinque ore • Febbre • Nausea e vomito • Feci chiare (sintomo di una mancata digestione dei grassi) Il medico potrebbe richiedere un ricovero e alcuni esami specifici, perché i calcoli della cistifellea possono creare infiammazioni potenzialmente gravi come la pancreatite (infiammazione del pancreas), o la colecistite acuta. Le cure :Le cure per i calcoli alla cistifellea sono di due tipi: chirurgica, con rimozione dell’organo, e non. Il primo caso è piuttosto comune e si considera necessario nel momento in cui le coliche dovessero presentarsi in modo frequente, cosa che avviene spesso quando vi sia anche familiarità al problema. Un intervento di rimozione della cistifellea si effettua in laparoscopia e non comporta particolari disagi, dato che basta un ricovero di una notte e qualche giorno di convalescenza. La cistifellea è un organo non indispensabile, per questo rimuoverlo non comporta alcuna compromissione della qualità della vita. In alcuni casi per i calcoli biliari alla colecisti si prescrivono farmaci per via orale che hanno lo scopo di permettere lo scioglimento dei sassolini. La cistifellea e le sua funzionalità, però si possono ripristinare anche con cure naturali, in primo luogo con una dieta ricca in calcio e fibre. Anche una moderata attività fisica aiuta moltissimo a prevenire la formazione dei calcoli, così come mantenere un peso corporeo costante, senza dimagrire o ingrassare troppo. PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 117 PREVENZIONE E SALUTE In gravidanza meglio non restare troppo in piedi Sulla crescita del feto influiscono negativamente gli straordinari e le lunghe ore in posizione eretta La legislazione italiana ci è arrivata fin dall’inizio degli anni Settanta, indicando tra i lavori vietati alle future mamme quelli che prevedono di rimanere in piedi per più della metà dell’orario di lavoro. Ma anche lavorare più di 40 ore la settimana influisce negativamente del feto. Al di là delle regole che l’esperienza ostetrica o il buon senso da solo potrebbero suggerire, lo studio condotto su 4.680 donne olandesi dai ricercatori dell’Univ. di Rotterdam e pubblicato su Occupational and Environmental Medicine ha il merito di aver analizzato nei dettagli quali aspetti delle diverse attività professionali possono compromettere la normale crescita del nascituro: non tanto lo sforzo fisico in generale, e neppure il sollevamento di pesi, quanto un orario di lavoro oltre le 40 ore settimanali e il fatto di dover stare a lungo in posizione eretta. LO STUDIO - La ricerca fa parte di uno studio che ha seguito fin dall’inizio della gravidanza una popolazione di donne che avevano concepito spontaneamente e portato regolarmente a termine la gravidanza tra il 2002 e il 2006. «A metà circa della gestazione abbiamo sottoposto a tutte le partecipanti un questionario riguardante il loro lavoro». «Quasi quattro su dieci, nella loro attività, hanno dichiarato di stare a lungo in piedi, e poco meno della metà di camminare molto durante l’orario di lavoro». Nel campione esaminato era decisamente inferiore (il 6%) la percentuale di coloro che si trovavano in condizioni di dover sollevare spesso dei pesi e ancora meno (il 4%) quella di chi era sottoposto a turni di notte. Come indicatore della crescita fetale è stata scelta la misura della circonferenza della testa del piccolo, monitorata per nove mesi con periodici controlli all’ecografia e poi verificata alla nascita. «Non abbiamo trovato un legame tra il fatto di svolgere un’attività che richiedeva uno sforzo fisico e il rischio di parto prematuro, di basso peso alla nascita o in relazione all’età gestazionale» dice l’autore, «nè questi fattori dipendevano dal fatto di lavorare a tempo pieno o part time o di aver smesso di farlo a 34 o 36 settimane di gestazione». RISULTATI: l’orario di lavoro non era però del tutto indifferente: le donne che facevano straordinari lavorando oltre 40 ore la settimana hanno dato infatti alla luce bambini più piccoli di quelle che stavano sotto le 25 ore, con una circonferenza cranica in media inferiore di 1 cm e fin quasi a due etti di peso alla nascita in meno. In quelle costrette a stare a lungo in piedi la differenza è stata altrettanto significativa, ma riguardava solo le dimensioni della testa, e non il peso. IL COMMENTO - nella casistica olandese sono parecchie, circa una donna su quattro, le donne che durante la gravidanza lavoravano fuori casa più di 40 ore settimanali. Poche invece quelle che dichiaravano di dover sollevare pesi o di fare turni di notte, che in Italia per legge sono proibiti fin dall’accertamento della gravidanza. La normativa italiana a tutela della maternità è avanzata, ma purtroppo non sempre rispettata, soprattutto da chi lavora in proprio o in nero. Anche queste donne dovrebbero cercare di salvaguardare se stesse e il loro bambino, evitando di lavorare troppo e prendendosi tempo per sdraiarsi e riposare un pò, consentendo così una migliore circolazione del sangue al feto. «Non è il lavoro in sé che nuoce, anzi, le donne impiegate fuori casa tendono in genere ad avere meno complicazioni in gravidanza rispetto alle casalinghe: l’importante però è prestare attenzione ai possibili fattori di rischio, come quelli emersi dallo studio». (R. Villa)