Anno II – Numero 129 AVVISO 1. farmaDAY in formato iBooks Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Shampoo, detergente, crema: quali prodotti per l’igiene dei bambini? 3. Arriva il bisturi atomico che disintegra i tumori Prevenzione e Salute 4. Parental training, la risposta all’obesità che coinvolge la famiglia Patologie e Salute 5. USA: neonata guarita dall’HIV 6. I detective delle allergie Curiosità 7. I pericoli dei pasti veloci Lunedì 04 Marzo 2013, S. Adriano SHAMPOO, DETERGENTE, CREMA: quali prodotti per l’igiene dei BAMBINI? Le abitudini igieniche nell’ultimo secolo sono cambiate in modo radicale; la disponibilità di acqua calda a volontà, e di una gamma sempre più ricca e differenziata di prodotti per l’igiene e la cura della pelle e dei capelli ha reso le nostre consuetudini molto lontane da quelle del tempo dei nostri nonni che si accontentavano di un bagno una volta alla settimana con un pezzo di sapone di Marsiglia. Se una corretta igiene ha portato sicuramente dei vantaggi come la riduzione delle infezioni, un’igiene eccessiva ha portato anche qualche svantaggio dato che i lavaggi troppo frequenti danneggiano il biofilm protettivo della pelle, mentre profumi e fragranze piacevoli all’olfatto possono scatenare allergie in soggetti predisposti. NEONATI: è meglio usare solo l’acqua per l’igiene di tutti i giorni, una pasta all’ossido di zinco per la regione del pannolino, un ombrellone per la luce. LATTANTI: detergenti e shampo specifici per l’età si possono usare con parsimonia mentre i “solari”, meglio se specifici per l’età pediatrica, vanno usati in quantità appropriata e non sottodosati come è abitudine. BAMBINI IN ETÀ SCOLARE: si possono scegliere i prodotti di marche conosciute e controllate, acquistando i prodotti in esercizi commerciali di fiducia ed evitando prodotti di dubbia provenienza, anche se hanno un prezzo e una confezione accattivante, che possono presentare seri problemi di sicurezza e adulterazione. Il nostro ulteriore consiglio è semplicemente quello di scegliere la gamma pediatrica perché questa è solitamente la meglio controllata e la più povera di sostanze come profumanti e coloranti che sono tra i maggiori irritanti e allergizzanti. In Europa è obbligatorio l’elenco degli ingredienti sulla confezione per cui la lettura degli stessi da parte del medico o del farmacista ci può dire se è contenuta una sostanza che vogliamo evitare. Inoltre, se necessario, è anche indicata la P.A.O. che indica, in mesi, per quanto tempo il prodotto è sicuro dopo che è stato aperto, sempre che venga conservato correttamente. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 129 SCIENZA E SALUTE ARRIVA IL BISTURI ATOMICO CHE DISINTEGRA I TUMORI A Pavia un consorzio pubblico-privato per sperimentarlo. Lo Ieo lancia la cura in cinque giorni della prostata Un anello di 110 metri di circonferenza, diametro 22 metri. Protoni e ioni carbonio «corrono» lì dentro, accelerandosi fino a diventare un invisibile bisturi che taglia il Dna nelle cellule tumorali, uccidendole. Un bisturi atomico. L'anello si chiama sincrotrone, le particelle accelerate adroni. L'effetto è l'ADROTERAPIA. Da anni se ne parla, finalmente è arrivato il momento delle sperimentazioni. Prima sui tumori della base cranica, ora su quelli della prostata. Venti pazienti, non curabili altrimenti, sono gli apripista nell'unico centro in Italia, il Cnao (Centro nazionale di adroterapia oncologica) di Strada Campeggi 53 a Pavia. Tutto a carico del SSN, non serve nemmeno l'impegnativa. Il via libera del ministero della Salute è arrivato 3 settimane fa. Dall'anello, il fascio di super energia viene indirizzato in tre sale di cura. Il paziente non avverte nulla, mentre gli adroni «sbriciolano» il cuore delle cellule malate. Sedici sedute, nei casi più gravi. È una prima europea. Finora solo in Giappone, al Nirs di Chiba, sono stati trattati così un migliaio di pazienti. Tumore sotto controllo nel 75 per cento dei casi, contro il circa 50 per cento che, se va bene, si ha con le altre cure adottate nei casi non operabili e resistenti alla radioterapia. Al Cnao fanno capo il neurologico Besta, l'Istituto nazionale dei tumori, l'Istituto europeo di oncologia (Ieo), i Policlinici universitari di Milano e di Pavia. Roberto Orecchia, direttore della Radioterapia dello Ieo, ne è il direttore scientifico. Venerdì, con Umberto Veronesi, ha presentato le novità contro il tumore alla prostata. Ogni anno in Italia si registrano 25 mila nuovi casi di questo cancro. Dopo i 50 anni, colpisce un uomo su sedici. Nel nostro Paese è il primo come frequenza nei maschi. Non sempre la diagnosi è precoce, non sempre la cura è vincente, non sempre se ne esce indenni. Così nuove armi per combatterlo scendono in campo. Oltre alla chirurgia sempre meno invasiva, la radioterapia «intelligente» promette oggi (se la diagnosi sia precoce) guarigioni (95%) e minori effetti collaterali post-cura. Adesso a Pavia arriva anche l'adroterapia, nel caso la diagnosi sia tardiva, l'esame del Psa dia un risultato superiore a 20, il male sia uscito dalla ghiandola. Ioni carbonio più terapia ormonale. Una speranza in più quando le possibilità di successo sono minori. «L'adroterapia - utilizza protoni e nuclei atomici (chiamati ioni) soggetti alla forza detta "nucleare forte"». I vantaggi rispetto alle cure tradizionali? «Il rilascio di energia (e quindi la distruzione delle cellule) è selettivo ed efficace per colpire solo il tumore». Il danno è relativamente modesto quando il fascio di energia entra nel corpo del paziente, ma esplode dove si trova il cancro. «Con il vantaggio di minimizzare la distruzione dei tessuti sani, massimizzando quella dei tessuti malati». L'energia causa una grande quantità di rotture nel Dna delle cellule malate. Che non riesce ad autoripararsi, come fa di solito. L'altra novità, per ora allo Ieo, è la cura in cinque giorni invece che in otto settimane. Ancora Orecchia: «La radioterapia è importante in tutti i casi nei quali la chirurgia presenti difficoltà o possibili complicanze. Le nuove tecniche hanno reso i trattamenti più efficaci e talmente selettivi da non arrecare conseguenze ai tessuti sani». Una decina i pazienti già trattati con lo schema dei 5 giorni in una settimana. Niente di invasivo, nessun dolore, ambulatoriale. Effetti collaterali? Il 66% dei pazienti operati chirurgicamente perde poi l'efficienza sessuale. «Con la radioterapia robotica invece il 66 % la mantiene». (Salute Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 129 PREVENZIONE E SALUTE PARENTAL TRAINING, LA RISPOSTA ALL'OBESITÀ INFANTILE CHE COINVOLGE LA FAMIGLIA Un team di pediatri, diabetologi, dietisti, psicologi e trainer sportivi si prende cura del piccolo paziente e dei genitori Si chiama PARENTAL TRAINING ed è la risposta all’obesità infantile della Clinica pediatrica dell’Università di Milano Luigi Sacco. Un approccio nuovo per andare incontro a un problema che sta diventando una piaga sociale: «Nel nostro Paese un bambino su tre soffre di obesità e nel mondo il numero di quelli in sovrappeso sta superando quello di coloro che soffrono la fame. - commenta la dietista del reparto Alessandra Bosetti – Ciò dimostra che tutti gli approcci tradizionali sulla gestione del controllo del peso in età evolutiva sono stati fin’ora fallimentari». Per questo il Sacco, sotto la guida del dir. Prof. Gianvincenzo Zuccotti, ha creato un’equipe di specialisti che lavorano insieme seguendo il modello che arriva dai paesi anglosassoni. COME FUNZIONA - Ma in che cosa consiste il Parental Training? «Si basa sull’assunto che chi porta da noi un bambino con trenta o quaranta chili in più è certamente in difficoltà e solitamente è incapace di gestire il problema, da qui nasce l’idea di un training a tutto tondo per tutta la famiglia», prosegue Bosetti. Il team di specialisti, composto da un pediatra, un diabetologo, un dietista, uno psicologo e un trainer sportivo si prende carico di paziente e genitori. Il primo step avviene con il pediatra, che visita il piccolo e prescrive gli esami necessari, in seguito si passa dal dietista che realizza un inquadramento totale dell’alimentazione tipica del soggetto: «Lo facciamo attraverso un colloquio e un programma interattivo che contiene più di diecimila fotografie di piatti, ognuno in tre “taglie”: in questo modo riusciamo a capire non solo cosa mangia, ma anche quanto e come». Infine, nello stesso giorno, il piccolo e i genitori vengono ricevuti dallo psicologo. Ma non è finita, per un intero anno il paziente e la sua famiglia sono seguiti passo a passo, oltre che con esami e visite di controllo ogni tre o sei mesi, con un programma di attività ad hoc fatto di gruppi di sostegno psicologico e tre incontri all’anno di educazione alimentare e consumo consapevole: «A questi partecipano il bambino, i genitori e spesso i nonni. Si tratta di laboratori del gusto in cui insegniamo a preparare merende, sughi, piatti, a fare la spesa, il tutto in chiave ludica». ATTIVITA' FISICA - Infine a partire dalla prossima primavera il cerchio verrà chiuso con l’anello mancante, quello dell’attività fisica. «Con la collaborazione dei trainer di Stramilano e dell’unità di fisioterapia dell’ospedale una volta a settimana verranno organizzate delle lezioni di ginnastica cardiorespiratoria per i bambini con problemi di peso». Il Parental Training è destinato ai bambini con problemi di obesità ma anche a quelli affetti da diabete di tipo 1. Dopo due anni dall’inizio del progetto, che però, «senza la fase sportiva non era ancora completo - precisa la dietista - in un anno abbiamo raggiunto per tutti i pazienti il primo obiettivo di peso ragionevole prefissato. Perché la vera sfida è insegnare a bambini e famiglie il giusto approccio nei confronti della problematica, facendoli crescere in salute». Con un criterio non punitivo ma educativo. (Salute Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 129 PATOLOGIE E SALUTE USA, NEONATA GUARITA DALL’HIV Una bimba nata nello Stato americano Mississippi con il virus dell’Aids sembra essere guarita dopo le cure con un mix di medicine sin dalle prime ore dopo la nascita: lo hanno reso noto i ricercatori che hanno seguito il suo caso, che potrebbe aprire la strada alla cura di centinaia di migliaia di bimbi che ogni anno nascono affetti dall’Aids, soprattutto in Africa. Se confermato, il caso della bimba del Mississippi, che ora ha due anni e mezzo, sarà il secondo documentato di un paziente guarito dall’Aids, secondo quanto riportato dal New York Times: il primo è quello di un uomo adulto, Timothy Brown, noto come “il paziente di Berlino”, guarito nel 2007 dopo un trapianto di midollo osseo. La bimba, hanno riferito i medici, è stata curata con medicinali antiretrovirali sin da 30 ore dopo la sua nascita, una pratica inconsueta: «Per i pediatri si tratta del nostro Timothy Brown», ha spiegato la dottoressa Deborah Persaud, del John Hopkins Children’s Center, che ha redatto il rapporto sulla bimba e secondo cui si tratta della «prova di principio che possiamo curare l’Hiv se riusciamo a riprodurre questo caso». I ricercatori, comunque, esortano alla cautela, sottolineando che al momento si tratta «di un caso unico»: la pratica stabilita dall’OmS prevede che un bimbo nato da una mamma infetta dall’Hiv venga curato con una quantità limitata di antiretrovirali per quattro o sei settimane, sino a che il bimbo non risulti a sua volta positivo a un test, nel qual caso si aumentano le dosi; nel caso della bimba del Mississippi, quando la mamma è andata a partorire in un piccolo ospedale di campagna non sapeva di avere l’Hiv, e quando è risultata positiva al test, la bimba, che era nata da poco più di un giorno, è stata trasferita in un altro ospedale, dove le è stato immediatamente a sua volta praticato il test. Secondo la dottoressa Hannah Gay, che ha esaminato il risultato, la bimba era stata infettata quando era ancora nel grembo della madre, piuttosto che durante il parto, e poiché il livello di infezione era ancora basso, ha immediatamente prescritto alla bimba tre differenti farmaci come trattamento, e non come profilassi. I livelli del virus, sempre secondo il New York Times, si sono ridotti rapidamente, e dopo un mese non erano neanche più rilevabili. E ancora così sino a che la bimba non ha compiuto 18 mesi. Poi la madre ha smesso di farle fare i test per cinque mesi, ma quando ha ripreso, di nuovo sono risultati negativi. La dottoressa Guy ha quindi fatto sottoporre la bimba a una serie di test più raffinati, che hanno rilevato solo piccole tracce del virus integrate nel materiale genetico, che però non sono in grado di replicarsi. Secondo i medici, la decisione di intervenire con i farmaci sin da poche ore dopo la nascita ha impedito la formazione della cosiddetta “riserva virale” che ospita il virus, e dal momento che il virus non è stato più rilevato nel sangue della bimba, il trattamento è stato quindi sospeso: secondo i medici, «evidentemente la bimba è guarita». (ANSA) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 129 I “DETECTIVE” DELLE ALLERGIE Da zero a tre anni, attenzione soprattutto a latte e uova. Poi occhio anche a nocciole e arachidi. Per i bambini più grandicelli, come per gli negli adulti, il rischio può essere rappresentato da frutta, vegetali, nocciole, arachidi, pesce e frutti di mare. Sono questi gli alimenti che più frequentemente scatenano le allergie provocando la comparsa di macchioline sulla pelle, ma anche rinite, diarrea e mal di pancia. In presenza di questi sintomi, in genere, si pensa all’allergia. Ma non è così semplice capire se davvero il problema sia provocato da questa reazione anomala dell’organismo e se sia proprio un determinato alimento a scatenare i sintomi. «Prima di tutto bisogna capire se si tratta davvero di allergia alimentare e non piuttosto di un’intolleranza, che può dare fastidi simili, soprattutto a carico dell’apparato digerente» spiega P. Minale, dell’Unità Operativa di Allergologia all’Osp. S. Martino di Genova «alcune proteine contenute nei cibi che fanno parte della nostra alimentazione abituale possono provocare, in soggetti predisposti, una reazione allergica». ALLERGIA ALIMENTARE; i sintomi in genere insorgono subito dopo l’assunzione di uno o più alimenti, ma a volte può passare anche più tempo (da 2-3 min. a 30-120). L’allergia alimentare è più frequente nei primi anni di vita ed è associata soprattutto a latte e uova; interessa fino al 5% dei bambini, ma fortunatamente nella grande maggioranza dei casi intorno ai 5-6 anni scompare. INTOLLERANZA ALIMENTARE; al contrario, l’intolleranza alimentare provoca sintomi spesso simili a quelli delle allergie, che non sono però dovuti alla reazione del sistema immunitario, e variano in relazione alla quantità ingerita dell’alimento non tollerato. Sotto accusa, in questo caso, è soprattutto il latte. Tutto nasce dall’incapacità di digerire il lattosio, problema che si manifesta tanto nei più piccoli che negli adulti. Di recente scoperta è la sindrome da allergia sistemica da Nichel: questa sostanza, presente soprattutto nei vegetali, oltre a dare allergia da contatto può provocare meteorismo e problemi addominali. In tutti i casi, ciò che conta è scoprire al più presto la natura dell’allergia o dell’eventuale intolleranza. E non è sempre semplice. «La diagnosi è immediata solo quando compaiono sintomi gravi che portano a un controllo urgente dopo l’ingestione di un alimento» «ma basta che la reazione sia ritardata o i sintomi variabili e riconoscere l’origine dei problemi diventa estremamente difficile». TEST PER ALLERGIA: I test, in questo caso, ci sono e sono efficaci. A partire dal prick-test, che si pratica sull’avambraccio e mette direttamente in contatto con la sostanze potenzialmente allergizzanti grazie ad una “graffiata” che fa entrare l’estratto di allergene sotto la pelle. La reazione è rapidissima e dopo pochi minuti, se la pelle si arrossa, si può sospettare l’alimento “colpevole”. Con il patch test l’estratto allergenico dell’alimento viene invece appoggiato sulla pelle sana, tramite un cerotto, per 48 ore: anche in questo caso, se compare un arrossamento, significa che esiste una risposta anomala nei confronti di quel cibo. Tramite un prelievo di sangue si possono invece individuare le IgE specifiche, ovvero le immunoglobuline che, sbagliando, reagiscono nei confronti di un alimento in caso di allergia. Il test è abbastanza preciso, ma costoso, e può dare informazioni estremamente utili. PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 129 TEST PER INTOLLERANZA: Più complesso è invece riconoscere un’intolleranza alimentare. «Nel caso del lattosio esiste un esame, il Breath test specifico, che va fatto in centri specializzati e valuta nell’aria espirata i metaboliti, cioè i prodotti di scarto, non assorbiti». Se l’esame è positivo si consiglia l’assunzione di latte con ridotta concentrazione di lattosio, lo yogurt, che ne contiene di meno, o anche alcuni formaggi stagionati. Altra intolleranza,dovuta ad una reazione di auto-immunità, che può essere riconosciuta con esami mirati è la celiachia. Per molte altre presunte forme, legate a diete scorrette o a problemi gastrici o intestinali,la diagnosi deve essere basata su esami mirati. Un recente documento dell’Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri attacca l’effettiva scientificità e la riproducibilità di test che si stanno diffondendo proprio per la diagnosi di intolleranze varie, come il Vega test o la misurazione della forza muscolare come parametro di allergie alimentari. Il consiglio degli esperti, quindi, è chiaro: in caso di fastidi, meglio far riferimento al medico. Ricordando di fare particolare attenzione in caso di viaggi. Perché cambiando paese, mutano anche gli alimenti che aumentano il rischio di allergia. In Scandinavia, ad esempio, il nemico è soprattutto il pesce, negli Stati Uniti le arachidi, nei Paesi mediterranei i crostacei e i molluschi. In Italia, invece, il pericolo è rappresentato da frutta fresca e vegetali. (Salute XIX) I PERICOLI DEI PASTI VELOCI Più volte si è evidenziato come i “pasti veloci” o, comunque, il poco tempo che si dedica alla sana e buona alimentazione, possa apportare minimi vantaggi a breve termine (si parla solo di guadagni di tempo), se si rapportano alle pericolose controindicazioni che potrebbero svilupparsi a lungo andare, specialmente se tali comportamenti sono abitudinari. Ma quali sono effettivamente i rischi in tal senso? Certamente si possono scindere tre aspetti: uno prettamente nutrizionale, uno di natura fisiologica ed un altro sociale. Un piatto consumato in fretta, magari acquistato in un bar o in un fast food, è spesso sconosciuto sia dal punto di vista nutrizionale sia, talvolta, da quello igienico. Concentriamoci però sulla prima problematica. Molto spesso, senza accorgersene, ci si ritrova a consumare alimenti ipercalorici, in quanto essi possono contenere molti grassi di condimento, ma anche zuccheri semplici. Si pensi ad es. all’uso intenso di salse nei fast-food (si leggano gli ingredienti in tal senso). I grassi, inoltre, hanno uno scarso potere saziante, a fronte di un notevole contenuto calorico (chi direbbe che un cucchiaino di olio può contenere circa 40 KCal?). Generalmente i pasti consumati in fretta, inoltre, non sono associati ad una sufficiente masticazione e deglutizione: questo comporta un rallentamento della digestione (gli alimenti, essendo poco processati in bocca, richiedono un maggior lavoro gastrico) e ciò provoca sonnolenza e debolezza (da evitare durante il lavoro!). Inoltre l’approssimativa pre-digestione orale comporta un ingurgito eccessivo di aria, che provoca gonfiore addominale. Altri aspetti correlati sono inoltre il singhiozzo e la tosse. Dal punto di vista sociale occorre evidenziare che comportamenti di questo tipo sminuiscono il potere conviviale che è attribuito all’alimentazione, vista da sempre come un momento aggregativo o di incontro. Naturalmente si è perfettamente consci del fatto che comportamenti alimentari di questo tipo spesso non possono essere evitati: tuttavia si raccomanda di limitarli allo stretto necessario e di pensare che cinque min. in più dedicati a noi stessi possono migliorare il nostro lavoro e la nostra vita.