Anno II – Numero 131 AVVISO 1. farmaDAY in formato iBooks Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. E’ la serotonina a frenare il corpo quando è stanco 3. Gravidanza e piedi piatti, avere un bimbo fa aumentare la taglia delle scarpe 4. Cura con staminali per bambino di 26 mesi”ma quelle decise dal giudice non vanno bene” Psicologia e Salute 5. Per il sesso, dopo il parto ci vogliono 6 settimane per ricominciare Prevenzione e Salute 6. Se volete ingannare l’appetito ingannate gli occhi. Patologie e Salute 7. Come si riconosce l’appendicite? 8. Mia figlia ha una temperatura spesso oltre i 37°C (eppure sta bene) Curiosità 9. Anosmia Giovedì 04 Marzo 2013, S. Adriano E' LA SEROTONINA A FRENARE IL CORPO QUANDO È STANCO Quando il corpo e' sottoposto a un eccessivo stress fisico, come quello provocato da un'intesa ginnastica, entra in azione il cervello che segnala attraverso la sensazione di stanchezza che e' arrivato il momento di riposarsi. Una segnalazione, questa, che il cervello invia grazie all'azione della serotonina. L'ormone del 'buon umore' si e' infatti dimostrato cruciale non solo nell'offrire energia, ma anche nel determinare quando e' necessario fermarsi perchè si sta abusando troppo delle proprie forze. A dimostrarlo e' una nuova ricerca dell'Univ. di Copenaghen pubb. su Pnas. L'indagine ha rilevato che è il cervello a frenare il corpo, comunicandogli che è troppo stanco per continuare. Un affaticamento di matrice cerebrale che viene definito "fatica centrale". I ricercatori hanno dimostrato che a determinare "l'ingerenza" del cervello sulla durata delle attività fisiche è un surplus di serotonina. Il neurotrasmettitore, quindi, è fondamentale non solo nel fornire al corpo la giusta forza per esercitarsi e muoversi ma anche nel comunicare che è arrivato il momento di riposarsi. In pratica, la serotonina nel cervello ha la duplice funzione di acceleratore e freno delle attività. ANOSMIA L'anosmia è la mancanza o la perdita dell'olfatto. Può essere totale o parziale, solo per alcuni odori, permanente o transitoria, può essere unilaterale o bilaterale, congenita o acquisita. L’a. congenita è legata ad anomalie di sviluppo delle vie e dei centri nervosi dell’olfatto, per esempio nel caso di un difetto genetico che determina la mancanza di una proteina essenziale allo sviluppo delle terminazioni nervose necessarie alla trasmissione dello stimolo odoroso. L’anosmia può derivare anche da un’alterazione dovuta a traumi o malattie neurodegenerative come il Parkinson o l'Alzheimer. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 131 PSICOLOGIA E SALUTE PER IL SESSO, DOPO IL PARTO CI VOGLIONO 6 SETTIMANE PER RICOMINCIARE Ancora un mese e mezzo. Dopo il parto le donne tornando ad avere rapporti sessuali completi con il partner dopo sei settimane. Circa una su due, il 41%, in un campione di 1.507 neomamme alla prima gravidanza, aspetta fino a tanto per riprendere il sesso vaginale, secondo quanto ha scoperto uno studio del Murdoch Childrens Research Institute in Australia. La ricerca pubb. su BJOG: An International Journal of Obstetrics and Gynaecology ha esaminato l'attività sessuale di mamme “debuttanti”, al primo figlio, individuando le differenze in base al tipo di parto, naturale o cesareo, il trauma perineale, cioè se le donne erano state sottoposte al taglio chirurgico del perineo o a una lacerazione poi suturata, fattori che ovviamente hanno una decisiva influenza fisica e psicologica sull'intesa sessuale. All'atto pratico, dopo sei settimane dal parto il: 41% delle donne ha ripreso l'attività sessuale completa, 65% dopo otto settimane, 78% dopo dodici settimane. 15% deve aspettare ben sei mesi per ricominciare a fare sesso 6% di donne che aspetta più di sei mesi per un nuovo rapporto sessuale. Anche l'età della neomamma è una variabile importante, le donne tra 18 e 24 sono più veloci nel recupero, rispetto alle mamme più attempate. Un fattore discriminante è la tipologia di parto: le donne che hanno avuto un cesareo, una episiotomia o una lacerazione suturata hanno una probabilità più lenta di ritrovare l'intimità precedente al parto, tra il 35% e il 42% dopo sei settimane, mentre le donne che hanno partorito naturalmente senza conseguenze sul perineo che riprendono entro il mese e mezzo ad avere rapporti sessuali sono ben 6 su 10. (Salute sole 24) GRAVIDANZA E PIEDI PIATTI, AVERE UN BIMBO FA AUMENTARE LA TAGLIA DELLE SCARPE La gravidanza può modificare permanentemente le dimensioni e la forma dei piedi, facendoli diventare piatti. A dimostrare quanto già sospettato da molte donne è uno studio dell'Univ. dell'Iowa (Iowa City, Usa) pubb. sull'American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation, è probabile che alla base di questo fenomeno ci siano l'aumento di peso e la minore elasticità delle articolazioni durante la gestazione. STUDIO: ha coinvolto 49 donne incinte. “Abbiamo misurato i piedi delle donne all'inizio della loro gravidanza e cinque mesi dopo il parto – ha raccontato Neil Seigal, docente di Ortopedia e riabilitazione all'Univ. dell'Iowa. Abbiamo scoperto che la gravidanza porta davvero a cambiamenti permanenti nei piedi”. Nel 6070% dei casi, infatti, i piedi delle donne incinte diventano più lunghi e più larghi perché l'altezza della tipica inarcatura della loro pianta e la sua rigidità diminuiscono significativamente. La conseguente diminuzione dell'arco plantare porta ad un allungamento del piede variabile tra i 2 e i 10 mm, un cambiamento che si realizza soprattutto durante la prima gravidanza, mentre dopo altri eventuali parti la situazione può rimanere inalterata e non peggiorare ulteriormente. “Sappiamo che le donne, soprattutto quelle che hanno avuto figli, sono sproporzionatamente affette da disturbi muscoloscheletrici. E' possibile che questi cambiamenti del piede che si realizzano durante la gravidanza possano aiutare a spiegare perché, rispetto agli uomini, le donne sono esposte ad un maggior rischio di dolore o artrite a piedi, ginocchia, anche e colonna vertebrale”. (Salute sole 24) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 131 PREVENZIONE E SALUTE Se volete INGANNARE L'APPETITO INGANNATE gli OCCHI Suggerimenti (scientifici) per mangiare meno: anche alcune caratteristiche visibili dei cibi aiutano a non eccedere Per evitare eccessi a tavola, fare bocconi piccoli è una strategia davvero utile. Insomma ingannare l’occhio, serve a ingannare l’appetito. Le conferme arrivano da due studi. Nel primo, pubb. su Perception, alcuni ricercatori dell’Univ. di Clemson, South Carolina (USA) hanno chiesto a circa 40 studenti di stimare il peso di una gelatina dolce, di 160 gr, tagliata in 9 pezzi o in 16. Quando il n. di pezzi era maggiore, risultava maggiore anche la quantità stimata (241 gr contro 200). In un altro studio pubb. su Plos One, ricercatori della Wageningen Univ. hanno proposto a una cinquantina di giovani una zuppa, fornita in giornate diverse con modalità differenti (obbligo di sorbirla a sorsi piccoli, grandi oppure "liberi") e in condizioni diverse (concentrati sul cibo o distratti da un film). Se la zuppa era assunta a piccoli sorsi, il consumo era del 30% inferiore rispetto alle altre due modalità. AUTOREGOLAZIONE - Da notare che, anche in presenza di un fattore di distrazione come la visione di un film, che porta in genere a mangiare di più, il consumo di cibo risultava comunque minore se i bocconi erano piccoli. Diversi studi suggeriscono però che anche altre caratteristiche visibili dei cibi possano influire sui consumi, per es., la forma o la consistenza degli alimenti. «Queste ricerche sono molto interessanti perché dimostrano non soltanto quanto la vista sia fondamentale nella capacità di regolarsi a tavola, ma quanto lo siano anche altre informazioni sensoriali, come quelle che derivano dalla masticazione, attraverso le quali facciamo esperienza del mondo. Conoscere questi aspetti può servirci, non certo per misurare in modo ossessivo le quantità di cibo, ma per acquisire una maggiore consapevolezza di noi stessi, che ci aiuti a essere sempre "presenti" in ciò che facciamo. Una chiave per sviluppare meccanismi di autoregolazione anche in campo alimentare». MIA FIGLIA HA UNA TEMPERATURA SPESSO OLTRE I 37° (EPPURE STA BENE) Ci sono bambini che in condizioni normali hanno una temperatura superiore a quella ritenuta «standard» Qual è la temperatura corporea che può essere considerata normale nei bambini? Faccio questa domanda perché la mia bambina, di tre anni, ha spesso una temperatura che supera i 37 gradi, di solito oscilla tra i 37,2 - 37,5 gradi. E questo anche quando è in buone condizioni di salute e senza apparenti problemi. Non so se devo preoccuparmi e se è necessario sottoporre la bambina a visite. Che cosa mi consigliate? Mio marito dice che esagero con le mie ansie, chi ha ragione dei due? Risponde Gianni Bona, dir. del Dip. Salute donna e bambino, Azienda Osp. Univ. Maggiore di Novara. Viene considerata nella norma una temperatura corporea ascellare inferiore ai 37°-37,2° e una temperatura rettale inferiore ai 37,6-38°C. Come vede si tratta di una variazione non indifferente e lei nella sua lettera non precisa come misura la temperatura alla sua bambina. Detto questo, va precisato che la temperatura corporea varia da persona a persona e alcuni bambini possono avere, in condizioni normali, una temperatura superiore ai valori sopra riportati. In una stessa persona, inoltre, la temperatura varia nel corso della giornata, con un minimo nelle prime ore del mattino e un massimo nel tardo pomeriggio e può aumentare, nel lattante, dopo i pasti o in seguito a sforzi (pianto prolungato) o in conseguenza dell’ambiente e non è solo la temperatura esterna alta a poter indurre modifiche ma anche un bagno caldo e un eccesso di indumenti coprenti. Comunque per poter fare una diagnosi occorre considerare le condizioni generali del bambino, valutare se ha un corretto accrescimento e chiedere consiglio al proprio pediatra per eseguire accertamenti in base al quadro clinico e alla temperatura corporea rilevata. (Salute Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 131 PATOLOGIE E SALUTE COME SI RICONOSCE L'APPENDICITE? Il male in genere aumenta con il tempo e peggiora con tosse, starnuti, respiri profondi o se si fa pressione sull'addome In caso di dolore addominale persistente, soprattutto se ci sono anche nausea, vomito, febbre, alterazioni della funzione intestinale (diarrea o stitichezza), meglio chiamare subito il medico perché potrebbe trattarsi di un'appendicite acuta. «L'appendice è un piccola tasca dell'intestino cieco che può infiammarsi dando luogo all'appendicite - spiega V. Papa, dell'Unità di chirurgia del Policlinico Gemelli, Univ. Cattolica, di Roma. In genere la causa è un'ostruzione da parte di materiale ingerito o, nella prima infanzia, di tessuto linfatico in risposta a infezioni, per es. mononucleosi, morbillo, gastroenteriti, infezioni respiratorie». QUALI SONO I SINTOMI CARATTERISTICI? «Il principale campanello d'allarme è un dolore nella regione dello stomaco che, nell'arco di 12-24 ore, si localizza nella parte inferiore destra dell'addome (fossa iliaca destra), sede dell'appendice. Nella maggior parte dei casi il dolore inizia all'improvviso e in modo lieve, per farsi poi sempre più intenso. Peggiora con la tosse, con gli starnuti, con i respiri profondi o se si esercita una pressione sull'addome. Spesso, infine, è accompagnato da nausea, vomito e febbre, mancanza di appetito e possono essere presenti anche stitichezza o diarrea. Questo tipo di situazione si riscontra in circa l'80% dei casi, le altre volte i sintomi possono essere più sfumati e il dolore può apparire anche in altre sedi, per esempio essere spostato in alto o a sinistra, perché dipende dalla sede dell' appendice e dalla sua estensione che possono variare da persona a persona». CHE COSA BISOGNA FARE? «Se con il passare delle ore il dolore non accenna a diminuire, neanche a digiuno o dopo l'evacuazione, è meglio rivolgersi al medico molto tempestivamente per scongiurare che l'appendice infiammata possa rompersi e che il materiale in essa contenuto si riversi nell'addome provocando una peritonite (infiammazione della membrana che riveste all’interno la cavità addominale). La peritonite generalizzata è la complicanza più grave dell'appendicite e, se non trattata in tempo, può risultare letale. COME SI FA ESEGUE UNA DIAGNOSI CERTA? «Oltre alla valutazione dei sintomi si può ricorrere a manovre specifiche, all’ecografia, a un prelievo di sangue, nonché, nei casi dubbi, a una tomografia assiale computerizzata (TAC). QUALI SONO LE TERAPIE? «In genere, il trattamento risolutivo è chirurgico e prevede l'asportazione dell'appendice: può essere eseguito con una piccola incisione di 2-3 cm in fossa iliaca destra (tecnica aperta) o in laparoscopia. Negli ultimi anni questo secondo approccio meno invasivo ha preso sempre più piede, perché consente un decorso post-operatorio meno doloroso e più rapido, con, fra l’altro, migliori risultati estetici». (Salute Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 131 SCIENZA E SALUTE CURA CON STAMINALI PER BAMBINO DI 26 MESI «MA QUELLE DECISE DAL GIUDICE NON VANNO BENE» Il piccolo è affetto dal morbo di Krabbe. La famiglia chiede di curarlo a Brescia: «Le cellule usate a Monza non sono adatte» Cure a base di cellule staminali per un bimbo di due anni affetto dal morbo di Krabbe, o leucodistrofia a cellule globoidi, una rara e grave malattia neurodegenerativa che provoca la perdita della guaina di mielina che riveste le fibre nervose. Ma non presso gli Ospedali Civili di Brescia e con l'ormai celebre Stamina Foundation, come richiesto dalla famiglia, bensì all'ospedale di Monza, dove però «le cellule utilizzate non sono adatte, perché possono essere applicate solo dopo un trapianto di midollo, che il piccolo non ha mai subìto e, come ammesso dallo stesso ospedale, hanno scarsa vitalità». A raccontare la vicenda di F., un bambino di 24 mesi anni di Fano (Pesaro), è il nonno, Felice Massaro. «A seguito di una prima ordinanza del 6 febbraio in cui si dava il via libera al trattamento con metodo Stamina - ricorda -, mio genero si è recato pochi giorni fa a Brescia per il prelievo delle cellule che avrebbero dovute essere re-infuse nel bambino». Poi però le cose cambiano e «il giudice del lavoro di Pesaro impone oggi che le cure siano eseguite a Monza». CELLULE DISTRUTTE? - Il rischio ora, teme il nonno del piccolo, «è che vengano distrutte le cellule estratte e destinate a mio nipote. Ma questo sarebbe un reato penale». Il bimbo, aggiunge il nonno, «ha perso nel giro di una settimana l'uso delle gambe, in un'altra settimana quello delle braccia e la mobilità del collo. Ha pochi mesi di vita ma noi siamo convinti ad andare avanti per le vie legali presentando ricorso. Questo perché i risultati ottenuti dagli altri piccoli pazienti dimostrano come il metodo Stamina sia l'unico efficace». I GENITORI: «DEVONO ASCOLTARCI» - Il giudice del lavoro di Pesaro M. Paganelli ha deciso che il piccolo paziente può essere curato in una delle 13 Cell-Factory italiane autorizzate dall'Aifa per il trattamento con staminali adulte. «Una terapia completamente inefficace», secondo i genitori del bambino. Padre e madre sono andati in tribunale a Pesaro con il piccolo F. in braccio, per parlare con il giudice. E la madre non voleva saperne di tornare a casa: «Devono ascoltarci». Giorno dopo giorno il bambino peggiora, e non riesce quasi più a muoversi: tanto più terribile dato che fino a pochi mesi fa era un bimbo sano, con una vita normale. «MALATTIA CHE NON LASCIA SCAMPO» - «Fino ai primi di novembre - spiega il padre - era un bambino normalissimo, allegro e pieno di vita, e insieme a suo fratello gemello ci riempiva di gioia. Improvvisamente ha smesso di camminare. Gli abbiamo fatto fare una visita neurologica, e poi lo abbiamo portato all'ist. Meyer di Firenze. L'ospedale fiorentino e in seguito il Besta di Milano ci hanno liquidato sostenendo che non esiste alcun tipo di cura o trattamento per mio figlio: la sua malattia non lascia scampo, in pochi mesi porta allo stato vegetativo e quindi alla morte. Siamo venuti a conoscenza delle terapie con metodo Stamina - prosegue il padre del bambino - e abbiamo fatto ricorso al giudice del lavoro, in base all'art. 700, per ottenere la somministrazione di cure compassionevoli». Il 6 febbraio il giudice ha ordinato agli Ospedali di Brescia di prendere in carico il minore per sottoporlo a infusione di cellule staminali: dopo l'ordinanza il padre si era sottoposto a carotaggio negli Osp. Riuniti di Brescia, che applicano i protocolli Stamina (ritenuti pericolosi dall'Aifa e dall'Ist. Sup. S.). «Speravo - ha detto che mio figlio avrebbe fatto le prime infusioni entro aprile. Invece è arrivata la doccia fredda di una sentenza che obbliga a seguire terapie sicuramente inefficaci». (Sugg. da L. de Cicco, Salute Corriere)