Anno II – Numero 145 AVVISO 1. I farmacisti napoletani incontrano i farmacisti Europei: Praga Notizie in Rilievo Stili di vita e Salute 2. Chirurgia plastica intima. Trend in aumento del 24% solo nel 2012. Prevenzione e Salute 3. Quando la ceretta è dolorosa Scienza e Salute 4. Perché con l’età cresce il rischio d’ammalarsi di tumore Alimenti e Salute 5. Con più frutta e verdura migliora anche l’umore Mercoledì 27 Marzo 2013, S. Augusto I farmacisti Napoletani incontrano i Farmacisti Europei: PRAGA Oggi più che mai è necessario che la Categoria dei farmacisti entri in contatto con Colleghi Europei per sviluppare una rete di relazioni internazionali tali da dare alla figura del Farmacista un ruolo sempre più Europeo. Seguiranno Stoccolma, S. Pietroburgo e Lisbona. MODALITÀ DI PRENOTAZIONE Si può prenotare andando sulla Home page del sito istituz. dell’Ordine nella sez. EVENTI o nella sez. ECM In caso di difficoltà contattare gli uffici dell’Ordine. TERMINE PRENOTAZIONE: Martedì 9 Aprile p.v. IN BASILICATA UN DEFIBRILLATORE IN OGNI COMUNE La Basilicata sarà una delle prime regioni in Italia a dotare tutti i comuni di un defibrillatore. Il progetto e' partito con un primo stock di 37 apparecchi, a cui se ne aggiungeranno altri 90 (131 sono in totale i municipi lucani) cosi' da attivare una rete capillare in grado intervenire in pochi minuti su tutto il territorio. La regione ha stanziato anche le risorse per la formazione di circa 1500 volontari che dovranno essere in grado di effettuare le prime manovre rianimatorie. Il modello seguito e' stato quello gia' sperimentato per la Protezione civile, che ha dato buoni risultati in termini di efficienza ed affidabilità. La struttura organizzativa coinvolge direttamente i comuni e le conferenze dei sindaci delle aree programma, ovvero dei futuri Distretti di comunità. (Sn) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 145 STILI DI VITA E SALUTE CHIRURGIA PLASTICA INTIMA. TREND IN AUMENTO DEL 24% SOLO NEL 2012 Secondo l’Acipe si tratta di uno degli ambiti che negli ultimi anni ha avuto una crescita maggiore, pur rimanendo un intervento di nicchia. Il monito degli esperti: “Ricorrere al bisturi per migliorare l'estetica dei genitali è una possibilità che deve essere valutata con moltissima attenzione”. Ringiovanire anche "lì". La ricerca della perfezione estetica in una donna non riguarda più solo corpo e viso, ma anche le parti intime. Secondo i dati dell'Associazione italiana di chirurgia plastica estetica (Aicpe), si tratta di uno degli ambiti che negli ultimi anni ha avuto una crescita maggiore: solo nel 2012 sono aumentati di quasi il 24% rispetto al 2011, pur rimanendo un intervento di nicchia. Nel registrare questo trend, l'Associazione ha lanciato un monito: "Ricorrere al bisturi per migliorare l'estetica dei genitali è una possibilità che deve essere valutata con moltissima attenzione - ha detto Giovanni Botti, presidente di Aicpe - è necessario ponderare bene la possibilità di operarsi; l'intervento non deve essere affrontato con superficialità o solo perché è una 'moda'". Importante è rivolgersi solo a chirurghi plastici esperti in questo tipo di interventi, in quanto si tratta di zone molto delicate, che richiedono un'accurata valutazione delle richieste delle pazienti e delle anomalie da correggere. "Ci vuole non solo esperienza, ma anche cautela nella programmazione degli interventi e precisione nei dettagli durante l'esecuzione. Negli ultimi due anni sono purtroppo aumentati i casi di pazienti già sottoposte a interventi che lamentano risultati scadenti, complicazioni e danni spesso difficilmente riparabili", ha affermato G.Bernabei, chirurgo plastico presidente dell'Associazione Europea di Ringiovanimento e Chirurgia Plastica Estetica Genitale (Arpleg). Trattandosi di zone intime, viene da chiedersi da dove nasca la necessità di sottoporsi a un intervento chirurgico. "I motivi principali derivano da una sorta di imbarazzo in alcune situazioni intime o quando si indossano certi tipi di costume da bagno - ha affermato Botti - la percezione di ciò che è normale deriva molte volte da quello che è di moda. E la moda oggi sembra richiedere la depilazione totale, situazione che rende più esposto - e visibile - ciò che di solito è nascosto. Depilare in modo totale o quasi le parti intime ha portato a porre attenzione sugli aspetti estetici del pube femminile, quindi a porre alcune richieste ad un chirurgo plastico". Secondo il presidente di Aicpe però "operarsi solo perché è di moda o per compiacere il partner è del tutto sconsigliato". "Di solito alla base ci sono motivazioni psicologiche in alcuni casi accompagnate da un fastidio fisico. I problemi che possono derivare però da un intervento non correttamente eseguito in una zona così delicata sono però reali e anche seri", ha spiegato Botti. GLI INTERVENTI PIÙ COMUNI: le richieste riguardano principalmente interventi di: labioplastica, ovvero per ridurre le piccole labbra (a volte anche le grandi); vaginoplastica, per restringere la vagina, e iniezioni di acido ialuronico o grasso per ridare tono a grandi labbra che abbiano perso volume e turgore. "L'aspetto delle piccole labbra vaginali naturalmente varia da donna a donna - ha spiegato Bernabei in molti casi le piccole labbra di grandi dimensioni o asimmetriche sono congenite, in altri i cambiamenti del loro aspetto si manifestano dopo i parti o nel corso degli anni. Alcune donne richiedono un intervento di labioplastica esclusivamente per ragioni estetiche, ritenendo erroneamente che le piccole labbra corte siano un segno di giovinezza, altre lamentano disagi o irritazioni che si possono risolvere riducendo le piccole labbra". PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 145 L'intervento più comune tra le pazienti che hanno partorito è la vaginoplastica, il ringiovanimento vaginale che normalmente è richiesto per risolvere i sintomi legati al rilassamento perineale e del canale vaginale posteriore e per migliorare la funzione e l'attività sessuale. I ringiovanimenti vulvari hanno lo scopo di migliorare l'aspetto esterno dei genitali femminili per renderli più gradevoli, aumentando l'autostima della donna. Si esegue anche la liposcultura del mons pubis e delle grandi labbra, tramite tecniche di lipoaspirazione e tecniche di innesto di grasso autologo. Richiesta normalmente dalle giovani donne legate alle culture che esigono la verginità della donna (quindi ragioni di tipo sociale o religioso) è invece l'imenoplastica per la ricostruzione dell'imene. (Fonte: Farmacista online) PREVENZIONE E SALUTE QUANDO LA CERETTA È DOLOROSA (E PERICOLOSA PER LA SALUTE) La moda della depilazione integrale delle parti intime ha aumentato i ricoveri in ospedale per tagli e infezioni Che la ceretta brasiliana (ovvero, l’epilazione intima a strappo, integrale o parziale) sia dolorosa è un dato di fatto che ogni donna impara sulla propria pelle quando decide di sottoporsi alla "tortura estetica" inventata alla fine degli anni '80 dalle J. Sisters (sette sorelle brasiliane che aprirono il loro innovativo salone di bellezza a New York). Ma ora uno studio dell'UCSF (University of California, San Francisco), pubblicato sul Journal of Urology, ha scoperto che è anche pericolosa al punto da spedirvi in ospedale con tagli e infezioni di vario genere. A confermarlo, il crescente numero di ricoveri femminili registrati negli ospedali Usa e che è addirittura quintuplicato negli ultimi anni proprio a causa della dilagante ossessione per il pube glabro. MODE - Vero, come sottolinea il dottor Benjamin Breyer, che ha condotto la ricerca su un campione complessivo di 142.144 adulti, «quasi il 70% dei ricoveri ospedalieri registrati fra il 2002 e il 2010 e legati a problemi genito-urinari ha riguardato gli uomini». In particolare, quelli di età compresa fra i 18 e i 28 anni, infortunatisi prevalentemente mentre facevano sport, mentre gli anziani tendono a farsi male in maniera accidentale, durante le attività quotidiane. «Ma le donne costrette a ricorrere al medico lamentando tagli e infezioni anche gravi sono in netto aumento», spiega ancora Breyer. E la causa – continua la ricerca - è da imputare tanto alle tecniche di epilazione estreme (come appunto la ceretta integrale, in auge sia fra le giovanissime che fra le donne più mature), quanto al fenomeno degli vajazzles (ovvero, cristalli e glitter applicati nella zona bikini). In entrambi i casi, sarebbe meglio evitare il fai-da-te e affidarsi piuttosto a una mano esperta, così da ridurre al minimo il rischio-incidente, ma spesso si sceglie la prima soluzione anche per un problema di costi, con il risultato di ritrovarsi con l’inguine sanguinante e il lavoro non eseguito a regola d’arte. DOLORE - Quanto invece al dolore, che sia auto-inflitto o causato da una seduta professionale cambia poco: la ceretta integrale fa male sempre e comunque, a dispetto dei tradizionali consigli (ovvero, arrivare alla depilazione totale per gradi; esfoliare la zona da trattare almeno 24 ore prima; non bere alcolici o caffè che sensibilizzano la cute e non fissare la depilazione nei giorni precedenti il ciclo). Non a caso, negli States le donne che vogliono estirpare ogni minima traccia di pelo dalle loro parti intime non si fanno problemi a ricorrere a strategie "no-pain" decisamente estreme, come antidolorifici specifici per la depilazione o lozioni anestetiche locali (da assumere o spalmare prima di stendersi sul lettino dell’estetista), mentre in Italia si preferisce sopportare stoicamente il dolore. Del resto, lo dicevano anche le nostre nonne che «se bella vuoi apparire, un po’ devi soffrire». Ma ne vale davvero la pena? (Fonte: S. Marchetti, Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 145 SCIENZA E SALUTE Perché con l'ETÀ Cresce il Rischio d’Ammalarsi di Tumore? Dagli Usa una nuova ipotesi incolpa l’invecchiamento dei tessuti invece delle mutazioni genetiche. E in Italia parte un piano d’azione contro le discriminazioni sugli anziani Che i tumori siano legati all’invecchiamento, visto che si manifestano molto più spesso nelle persone anziane che in quelle giovani, è cosa evidente. Ciò che è meno chiaro è il motivo: perché con l’età cresce il pericolo d’ammalarsi di cancro? Uno studio della Univ. of Colorado Cancer School of Medicine, pubb. sulla rivista Oncogene, fornisce una nuova risposta alla domanda: non per l’accumulo di mutazioni come supposto finora, ma perché i tessuti anziani reagiscono diversamente alle mutazioni e hanno un metabolismo tale da facilitare il tumore. LA NUOVA IPOTESI - «Fin da quanto smettiamo di crescere nella tarda adolescenza abbiamo già sviluppato larga parte delle mutazioni genetiche che accumuleremo nel corso della vita, ma siamo sani. Ciò significa che anche i tessuti sani sono già ricchi di mutazioni oncogene, oppure dovremmo diagnosticare la maggior parte dei tumori già dai 20 anni in poi. Invece - le variazioni del Dna sono molto più frequenti che i casi di cancro associati ad esse. Quindi, c’è qualcos’altro che “s’inceppa” man mano che il nostro organismo invecchia: è il meccanismo che usiamo per lottare contro il tumore che con l’età si deteriora. Per questo da giovani, nonostante le mutazioni siano presenti, non ci si ammala, mentre le neoplasie di vario genere si fanno più numerose con la vecchiaia». Insomma, sono le caratteristiche dei tessuti in età avanzata a promuovere una maggiore incidenza del cancro nei pazienti anziani: nei giovani cellule sane e tessuti sani riescono a contrastare le mutazioni oncogene, ma quando i tessuti invecchiano finiscono per «perdere colpi» e le mutazioni potrebbero aiutare le cellule cancerose ad adattarsi nell’organismo (a proliferare, favorendo lo sviluppo del tumore). GLI ANZIANI NON RICEVONO LE CURE MIGLIORI - In Italia, quasi la metà dei circa 420mila nuovi casi di cancro diagnosticati ogni anno riguarda persone con più di 70 anni. «Solo due ultrasettantenni su 10 ricevono però i trattamenti oncologici migliori, mentre nella popolazione sotto i 50 anni sono otto su 10 – spiega F. Cognetti, dir. del Dip. di Oncologia medica al Regina Elena di Roma. L’accesso alle cure diventa più difficile con l’avanzare degli anni. Sette over 70 su dieci scoprono la malattia in fase avanzata, quando non possono più beneficiare delle terapie». La diversità di trattamento tra adulti di mezza età (55-69 anni) e anziani (over 70), hanno detto gli esperti, era già presente e consistente all’inizio anni '90 quando il problema è stato affrontato per la prima volta da parte di oncologi e geriatri. Nonostante ciò, la differenza in sopravvivenza e lo svantaggio prognostico, invece di ridursi, sono aumentati nelle ultime due decadi, soprattutto in Italia. Se nel biennio 19901992 una donna anziana con cancro al seno aveva il 40% di rischio di morire in più rispetto a una di mezza età, nel 2005-2007 questo svantaggio è salito e l’anziana ha più del doppio di probabilità di morte. Ma oggi un 70enne sano ha un’aspettativa di vita di 18 anni se uomo e di 21 se donna. MANCANO LE SPERIMENTAZIONI - Il 39% degli italiani (quasi 900mila persone) che convive con una precedente diagnosi di tumore ha un’età compresa tra 60 e 74 anni e il 34% più di 75. Si calcola che un anziano abbia un rischio di morire di cancro 18 volte più alto di una persona più giovane negli uomini e 13 volte più alto nelle donne. Ma oggi sono pochi gli studi clinici condotti con farmaci antitumorali negli anziani. «Le sperimentazioni – conclude U. Tirelli, - sono condotte normalmente nei maschi, giovaniadulti, con una sola patologia. La realtà clinica è invece molto spesso costituita da donne, anziane, con numerose patologie. In particolare per i farmaci biologici, che sono oggi utilizzati specialmente nel trattamento di tumori molto frequenti come quelli della mammella, del polmone e del colon-retto, non c’ è esperienza clinica adeguata condotta negli anziani, che invece, in alcuni casi, potrebbero ottenere risultati addirittura migliori rispetto ai più giovani». (Fonte: Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 145 ALIMENTI E SALUTE Con più FRUTTA e VERDURA MIGLIORA anche l'UMORE Le delizie di orti e frutteti non sarebbero solo un toccasana per la salute, ma avrebbero effetti positivi sullo stato d'animo Una mela a colazione, una bella insalata mista a pranzo, a merenda una banana e un po’ di broccoli a cena; ecco come potrebbe essere, secondo alcuni ricercatori, il menù della felicità. Bando alle semplificazioni, la conclusione di uno studio neozelandese dell’Univ. di Otago, pubb. sul British Journal of Health Psychology, sarebbe che mangiare più frutta e verdura avrebbe un quotidiano effetto positivo sull’umore. LO STUDIO - L’indagine guidata da T. Connor, psicologa a Otago, si basa sui dati riguardanti 281 persone intorno ai vent’anni. Per tre settimane a ciascun partecipante allo studio è stato chiesto di riferire giornalmente le proprie abitudini alimentari e di definire il proprio stato d’animo, scegliendo tra nove aggettivi positivi e nove negativi. «Quando gli intervistati mangiavano più frutta e verdura -, riportavano, a fine giornata, di sentirsi più calmi, felici e pieni di energia rispetto al solito». Questo è il dato, ma è uno stato d’animo positivo a spingere verso una dieta più sana e ricca in vegetali o sono arance, spinaci & Co. ad avere un effetto benefico sull’umore? Secondo i ricercatori, il fatto che un maggior consumo di frutta e verdura fosse correlato a un miglioramento dell’umore anche nella giornata successiva deporrebbe a favore della seconda ipotesi. Nessuna variazione rispetto alla norma in termini emotivi veniva registrata quando, durante la giornata, consumavano più quantità del solito di biscotti, torte, patatine o altri cibi meno sani. GIORNO PER GIORNO - La salute dipende anche da ciò che si mangia e se un’alimentazione salutista è stata ampiamente correlata con un maggior benessere fisico, dalla protezione cardiovascolare all’attività antitumorale esercitate da certi cibi, nuovi recenti studi hanno legato ciò che si mette nel piatto anche alla salute mentale. Gli acidi grassi omega 3, contenuti principalmente in pesce e noci, aiuterebbero ad es. a tener lontana la depressione e chi aderisce alla dieta mediterranea sembrerebbe avere meno probabilità di altri di andare incontro a deperimento cognitivo con l’età. Lo scorso ottobre poi, uno studio dell’Univ. di Warwick, dopo aver analizzato i dati di 80mila cittadini inglesi, ha riscontrato che un maggior consumo di frutta e verdura coincideva con un più elevato senso di soddisfazione e benessere. «Il nostro studio - mostra però che un’alimentazione ricca di vegetali può avere un effetto benefico sull’umore non solo a lungo termine, ma anche giorno per giorno, influendo sulle emozioni positive degli individui quotidianamente». QUANTO E PERCHÉ - Al di là dei riconosciuti meriti di una dieta sana sulla salute in generale, dovranno essere fatti studi più approfonditi per confermare la tesi di Connor e colleghi. In particolare si dovrà indagare se siano gli antiossidanti, di cui frutta e verdura abbondano, o altre sostanze ad avere un ruolo nell’influenzare l’umore. Occorrerà tener presenti anche gli aspetti psicologici della questione: sapere che mangiando sano si fa del bene a se stessi tiene alto il morale e chi vede la vita con più ottimismo sarebbe più propenso a comportamenti salutari. Ma se l’ipotesi fosse confermata, per essere più felici quanto bisognerebbe mangiare di questi preziosi cibi? Gli esperti affermano che le 5 porzioni giornaliere, non bastano, ne occorrerebbero circa 7 o 8, intendendo per porzione mezzo piatto di verdura o mezza tazza di frutta, circa 80 g. Traguardo non poi così difficile ma raggiunto da pochi, solo il 14% degli americani infatti conquista le 5 porzioni quotidiane e solo 1/10 dei britannici è così virtuoso da arrivare a sette. In Italia, complici forse la buona disponibilità di materie prime e la tradizione mediterranea, secondo i dati 2012, in media si superano di poco i raccomandati 400 g di frutta e verdura al giorno. Buon risultato, ma con un piccolo sforzo si potrebbe fare di meglio, anche per qualche sorriso in più. (C. Gaviraghi, Corriere)