Anno II – Numero 152 Lunedì 8 Aprile 2013, Ss. Alberto, Dionigi, Walter CHE COSA
SUCCEDE
QUANDO
UN
FULMINE
COLPISCE
UN
AEREO?
AVVISO
1. I farmacisti napoletani incontrano i farmacisti Europei: Praga • Notizie
in
Rilievo Un fulmine ha colpito l'aereo del neopresidente francese Hollande, mentre era in volo per Berlino. Ma in aereo siamo al Scienza e
Salute
sicuro? 2. Corsa o camminata? 3. Elettromagnetismo, riscontrati effetti biologici 4. Scienziati giapponesi: rischio infarti per i calvi Recentemente
un
fulmine
ha
colpito
l'aereo
del
neopresidente
francese
Hollande,
mentre
era
in
volo
per
Berlino,
dove
avrebbe
dovuto
incontrare
il
cancelliere
tedesco
A.
Merkel.
L'aereo
è
rientrato
e
Hollande
è
ripartito
da
Parigi
alla
volta
di
Berlino
con
un
altro
aereo.
I
fulmini
colpiscono
regolarmente
ogni
aeroplano,
una
volta
l’anno
circa
(o
ogni
1000
ore
di
volo).
Ma
raramente
causano
incidenti.
Il
motivo
principale
è
che
gli
aeroplani
hanno
una
struttura
metallica,
cioè
conduttrice
di
elettricità:
la
corrente
scorre
sulla
superficie
della
fusoliera
e
non
raggiunge
l’interno,
proseguendo
la
sua
corsa
nel
vuoto.
Come
in
auto:
È
lo
stesso
motivo
per
cui
anche
un’automobile
fornisce
un
buon
riparo
in
caso
di
temporale.
Tuttavia
ciò
non
basta
a
offrire
assoluta
sicurezza
ai
passeggeri
dei
voli.
Incendi
in
volo:
L’8
dicembre
1962,
per
esempio,
un
fulmine
colpì
un
Boeing
707,
incendiando
il
deposito
di
carburante
e
causando
la
morte
di
81
passeggeri.
Oggi,
gli
aerei
statunitensi
ed
europei
hanno
un
sistema
di
protezione
che
previene
gli
incendi
al
serbatoio,
e
un
altro
sistema
per
proteggere
i
circuiti
elettronici
di
controllo.
Di
conseguenza,
gli
incidenti
sono
estremamente
rari.
L’ultimo
negli
Usa
è
proprio
quello
del
1962,
mentre
l’ultimo
in
Europa
risale
al
1981.
(Focus)
• Patologie
e
Salute 5. Artrite Reumatoide: potrebbero essere bassi livelli di testosterone • Prevenzione
e
Salute 6. Che fare se un neo dà prurito? • Alimentazione
e
Salute IL
RESPIRO
POTREBBE
ESSERE
USATO
PER
FARE
DIAGNOSI
MEDICHE
7. Scaccia il mal di primavera con la dieta anti-stanchezza Curiosità
8. Che cosa succede quando un fulmine colpisce un aereo? I
composti
presenti
nell'aria
da
noi
espirata,
prodotti
di
rifiuto
della
chimica
del
nostro
corpo,
sono
diversi
da
individuo
a
individuo,
come
le
impronte
digitali.
Una
caratteristica
che
li
rende
utili
per
fare
diagnosi
mediche,
come
avviene
con
il
sangue
e
le
urine,
come
spiega
uno
studio
dell'Istituto
federale
svizzero
di
tecnologia
di
Zurigo,
pubblicato
su
Plos
One.
Quello
che
va
valutato
è
se
i
contenuti
metabolici
dell'alito
variano
abbastanza
tra
le
persone
per
essere
diagnosticate.
(Sani
e
Belli).
SITO
WEB
ISTITUZIONALE:
www.ordinefarmacistinapoli.it
iBook
Farmaday
E-‐MAIL:
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PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
SCIENZA E SALUTE Anno II – Numero 152 CORSA
O
CAMMINATA?
Entrambe riducono i rischi cardiovascolari
Un
maxi
studio
ha
messo
a
confronto
oltre
33
mila
corridori
con
15
mila
«passeggiatori»
e
i
risultati
sono
simili
Camminare
come
correre:
entrambe
le
attività
abbassano
il
rischio
di
pressione
alta,
colesterolo
alto
e
diabete,
quindi
il
rischio
cardiovascolare.
E
più
si
cammina
o
si
corre
durante
la
settimana,
maggiori
sono
i
benefici
per
la
salute.
Lo
dimostra
uno
studio
condotto
al
NIH/National
Heart,
Lung,
and
Blood
Institute
americano
da
Paul
Williams
e
pubblicato
sulla
rivista
Arteriosclerosis,
Thrombosis
and
Vascular
Biology.
IL
CONFRONTO
-‐
Si
tratta
del
primo
studio
che
mette
a
confronto
gli
effetti
di
due
attività
molto
differenti
per
grado
di
intensità
(la
corsa
è
a
intensità
vigorosa,
mentre
la
camminata
ad
intensità
moderata),
ma
che
hanno
in
comune
il
fatto
di
coinvolgere
lo
stesso
gruppo
di
muscoli,
le
stesse
parti
del
corpo.
Gli
esperti
hanno
messo
a
confronto
due
gruppi
di
soggetti:
oltre
33
mila
dediti
alla
camminata
e
oltre
15
mila
runner.
È
emerso
che
a
parità
di
dispendio
calorico,
corsa
e
camminata
pari
sono
in
termini
di
riduzione
di
rischio
cardiovascolare,
diabete,
pressione
alta,
colesterolo
alto.
Insomma
come
dire
che
l’intensità
dell’esercizio
conta
poco,
ad
essere
dirimente,
almeno
sul
profilo
di
riduzione
del
rischio,
è
la
distanza
percorsa
con
l’uno
o
l’altro
sport.
Più
chilometri
si
«macinano»,
meglio
è.
I
DATI
-‐
Dunque
secondo
i
ricercatori
una
passeggiata
di
buon
passo
può
ridurre
il
rischio
di
pressione
alta,
colesterolo
alto
e
diabete,
tanto
quanto
lo
jogging
più
intenso.
«La
quantità
di
energia
spesa,
comparando
i
due
gruppi
di
atleti,
è
la
stessa.
Quindi
i
benefici
per
la
salute
sono
comparabili».
La
corsa
riduce
il
rischio
di
ipertensione
del
4,2%,
mentre
lo
jogging
del
7,2%.
Per
il
colesterolo
il
risultato
è
del
4,3%
e
7%,
rispettivamente.
Mentre
per
il
diabete
siamo
sugli
stessi
benefici,
12,1%
per
i
corridori
e
12,3%
per
i
camminatori.
Questi
ultimi,
infine,
hanno
una
maggiore
riduzione
delle
malattie
coronariche,
9,3%,
rispetto
a
chi
corre
(4,55%).
(Fonte:
Salute,
Corriere)
ELETTROMAGNETISMO,
RISCONTRATI
EFFETTI
BIOLOGICI
Uno studio su topi ha scoperto disturbi nel sonno, nella digestione e nella regolazione termica Per
la
prima
volta,
uno
studio
su
ratti,
ha
concluso
che
ci
sono
effetti
biologici
derivati
dalle
radiofrequenze.
Il
sonno,
la
regolazione
termica
e
la
digestione
risultano
turbate.
La
ricerca
è
stata
condotta
dal
francese
Institut
national
de
l'environnement
industriel
et
des
risques
(Ineris)
con
l'université
de
Picardie
Jules-‐Verne
e
pubblicato
su
Environnement
Science
and
Pollution
Research.
Lo
studio
-‐
Il
livello
di
esposizione
al
quale
sono
stati
sottoposti
i
ratti
corrisponde
a
quello
che
si
riscontra
in
prossimità
di
un'antenna.
Tredici
ratti
sono
stati
esposti
di
continuo
per
sei
settimane
a
onde
con
una
frequenza
di
900
Mhz
e
con
un'intensità
di
1
volt
per
metro.
Livelli
molto
più
deboli
di
quelli
legali.
I
risultati
ottenuti
in
questi
animali
sono
stati
raffrontati
con
quelli
di
un
gruppo
campione
di
undici
ratti.
I
ricercatori
hanno
osservato
che
i
ratti
che
erano
stati
esposti
alle
onde
elettromagnetiche
hanno
subito
delle
variazioni
metaboliche
e
del
ritmo
circadiano.
(Salute,
TGCom)
PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 152 PATOLOGIE E SALUTE ARTRITE
REUMATOIDE:
POTREBBERO
ESSERE
BASSI
LIVELLI
DI
TESTOSTERONE
Bassi livelli dell’ormone testosterone possono essere indicativi di un prossimo sviluppo dell’artrite reumatoide, la malattia infiammatoria cronica che rende difficile e doloroso riuscire a muoversi
L’artrite
reumatoide
resta
per
certi
versi
ancora
un
mistero
per
la
scienza.
E’
infatti
una
malattia
cosiddetta
a
“eziologia
sconosciuta”,
ossia
non
se
ne
conosce
ancora
la
causa.
Tuttavia,
si
sa
che
è
probabilmente
una
malattia
autoimmune
–
in
cui
gioca
un
ruolo
il
sistema
immunitario
–
e
che
è
accompagnata
da
un’infiammazione
cronica,
sistemica
e
invalidante.
E’
altresì
una
patologia
anchilosante
e
progressiva,
che
si
presenta
con
evidenti
sintomi
dolorosi
e
una
difficoltà
nei
movimenti.
Nel
tentativo
di
dare
una
risposta
alla
domanda
su
come
e
quali
siano
le
cause
di
questa
invalidante
malattia,
i
ricercatori
dell’Università
di
Lund
e
l’Università
di
Göteborg
(Svezia),
hanno
condotto
uno
studio
i
cui
risultati
sono
stati
pubblicati
sulla
versione
online
dell’Annals
of
the
Rheumatic
Diseases
–
una
rivista
del
BMJ.
L’ipotesi
suggerita
dal
team
di
ricerca
guidato
dal
dottor
Mitra
Pikwer
è
che
bassi
livelli
di
testosterone
sia
in
uomini
che
donne
–
ma
in
particolare
nei
maschi
–
siano
indicativi
di
un
possibile
sviluppo
della
malattia.
Sebbene
questo
fattore
non
è
chiaro
se
contribuisca
all’esordio
della
patologia,
le
differenze
misurate
e
rilevate
tra
le
persone
sane
e
quelle
che
hanno
sviluppato
l’artrite
reumatoide
fanno
pensare
a
un
coinvolgimento
degli
ormoni.
Per
arrivare
a
queste
conclusioni,
i
ricercatori
hanno
preso
in
considerazione
i
partecipanti
allo
Swedish
Malmo
Preventive
Medicine
Program
(MPMP),
che
è
iniziato
nel
lontano
1974
e
ha
visto
il
coinvolgimento
di
oltre
33mila
persone
nate
tra
il
1921
e
il
1949.
I
soggetti
che
partecipavano
al
programma
sono
stati
sottoposti
a
una
serie
di
test,
alla
compilazione
di
un
questionario
che
verteva
sullo
stile
di
vita
seguito
e
la
salute.
Oltre
a
ciò,
sono
stati
prelevati
loro
dei
campioni
di
sangue
a
digiuno.
Il
team
di
ricerca
ha
svolto
un’indagine
per
identificare
i
pazienti
che
avevano
ricevuto
nel
tempo
–
e
fino
al
dicembre
2004
–
una
diagnosi
di
artrite
reumatoide.
Dopo
di
che,
ha
analizzato
i
campioni
di
sangue
prelevati
da
104
uomini
che
hanno
in
seguito
sviluppato
l’artrite
reumatoide,
e
di
altri
174
uomini
della
stessa
età
che
invece
non
hanno
sviluppato
la
malattia.
Gli
anni
che
sono
intercorsi
dal
prelievo
di
sangue
e
la
manifestazione
della
malattia
variavano
da
soggetto
a
soggetto,
ma
in
linea
generale
da
1
a
28
–
con
una
media
di
13
anni.
Il
cosiddetto
“Rheumatoid
factor”,
un
anticorpo
la
cui
presenza
che
indica
la
gravità
della
malattia
e
viene
utilizzato
per
classificare
la
condizione,
era
noto
al
momento
della
diagnosi
per
l’83
per
cento
degli
uomini.
Di
questi,
il
73
per
cento
è
risultato
positivo,
mentre
il
resto
dei
partecipanti
è
risultato
negativo.
Dopo
aver
preso
in
considerazione
quelli
che
allo
stato
attuale
sono
considerati
tra
i
fattori
di
rischio
per
l’artrite
reumatoide,
come
il
vizio
del
fumo
e
l’Indice
di
Massa
Corporea
(BMI),
i
ricercatori
hanno
concluso
che
gli
uomini
con
bassi
livelli
di
testosterone
nel
sangue
avevano
maggiori
probabilità
di
sviluppare
la
malattia.
(Fonte:
Salute,
La
Stampa)
PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 152 SCIENZA E SALUTE SCIENZIATI
GIAPPONESI:
RISCHIO
INFARTO
PER
I
CALVI
Trovata un'associazione tra alopecia e cardiopatia coronarica Gli
uomini
calvi
avrebbero
maggiori
possibilità
di
avere
problemi
cardiaci
rispetto
ai
coetanei
"capelloni".
Almeno
in
base
agli
esiti
di
una
ricerca
giapponese
condotta
dall'Università
di
Tokyo
e
pubblicata
sul
British
Medical
Journal
in
cui
si
afferma
che
gli
uomini
affetti
da
calvizie
avrebbero
il
32%
di
rischi
in
più
di
sviluppare
cardiopatia
coronarica.
Un
meta
studio
-‐
Il
team
di
ricerca
ha
setacciato
gli
studi
effettuati
negli
anni
precedenti
sul
legame
tra
la
perdita
dei
capelli
e
i
problemi
cardiaci.
Isolando
fattori
di
rischio
come
età
e
storia
clinica
familiare,
è
emerso
che
la
diradazione
dei
capelli
è
associata
a
patologie
cardiache.
Tomohide
Yamada,
autore
del
meta
studio,
ha
spiegato:
"Abbiamo
trovato
un
legame
significativo,
benché
modesto,
legame
tra
la
calvizie
e
la
cardiopatia
coronarica.
Pensiamo
che
ci
sia
un'associazione
ma
non
così
forte
come
altre
già
note
quali
fumo,
obesità,
elevati
livelli
di
colesterolo
e
pressione
sanguigna
alta".
Secondo
la
British
Heart
Foundation
gli
uomini
dovrebbero
concentrarsi
maggiormente
sul
punto
vita
che
su
quello
dove
iniziano
i
capelli.
Uno
stile
di
vita
salutare
-‐
Yamada
ha
affermato
che
gli
uomini
giovani
che
vedono
assistono
al
diradamento
dei
capelli
sulla
sommità
del
capo
dovrebbero
impegnarsi
a
migliorare
il
proprio
stile
di
vita
per
assicurarsi
di
mantenere
il
cuore
in
salute.
Il
ricercatore
precisa
che
non
ci
sono
abbastanza
prove
su
una
relazione
di
causa
effetto
tra
calvizie
e
problemi
al
cuore
e
che
sono
necessari
ulteriori
approfondimenti
scientifici.
(Fonte:
Salute,
TGCom)
CHE
FARE
SE
UN
NEO
DÀ
PRURITO?
DOMANDA:
Salve,
da
circa
tre
mesi
un
neo
che
ho
sulla
spalla
sinistra
(presente
da
almeno
una
decina
di
anni,
diametro
intorno
ai
7-‐8
mm,
peduncolato,
di
consistenza
molle,
bicolore,
ma
abbastanza
simmetrico
e
dai
margini
regolari)
è
diventato
più
ruvido
al
tatto
ed
ha
iniziato
a
prudermi
quasi
costantemente
in
maniera
piuttosto
fastidiosa.
Mi
sono
quindi
recato
da
un
dermatologo
che
osservandolo
col
dermatoscopio
lo
ha
definito
infiammato
ma
con
un
struttura
"tranquilla",
consigliandomi
di
applicare
una
semplice
crema
idratante
finchè
il
prurito
non
fosse
scomparso
e
di
tornare
con
tutta
tranquillità
tra
un
anno
per
il
consueto
controllo.
Dopo
quasi
due
mesi
però
il
fastidio
non
accenna
a
diminuire
e
mi
sto
un
po'
preoccupando.
E'
normale
che
un
neo
"sano"
continui
a
dare
questa
sintomatologia
per
così
lungo
tempo?
Se
resta
infiammato
molto
a
lungo
aumentano
le
probabilità
che
col
tempo
possa
degenerare?
Visto
il
persistere
del
prurito
è
il
caso
di
fissare
una
nuova
visita
più
a
breve
ed
eventualmente
asportare
il
neo
per
sicurezza?
RISPOSTA:
La
modificazione
delle
caratteristiche
del
nevo,
la
persistenza
della
sintomatologia
pruriginosa
tanto
da
definirla
'costante'
e
'fastidiosa'
rappresentano
elementi
da
non
sottovalutare.
L'asportazione
con
esame
istologico
è
il
mio
consiglio,
considerando
che
si
tratta
di
una
lesione
peduncolata.
Naturalmente
una
visita
dermatologica
sicuramente
a
breve
scadenza
che
consente
di
aggiungere
all'anamnesi
(le
informazioni
relative
al
suo
nevo)
di
obiettivarne
l'aspetto
può
meglio
sostanziare
questo
consiglio.
(Fonte:
OK
Salute
e
Benessere)
PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 152 ALIMENTAZIONE E SALUTE SCACCIA
IL
MAL
DI
PRIMAVERA
CON
LA
DIETA
ANTI-‐STANCHEZZA
Spossatezza, irritabilità e mancanza di concentrazione sono tipiche del cambio di stagione: puoi combatterle a tavola con piselli, fragole e tanta acqua
Soffri
di
mal
di
primavera,
quella
sensazione
di
stanchezza
e
irritabilità
che
accompagna
il
cambio
di
stagione?
Un
aiuto
per
combattere
la
fiacchezza
ti
arriva
dalla
dieta:
scegli
gli
alimenti
anti-‐fatica
come
piselli,
lenticchie,
kiwi,
fragole,
ricordati
di
bere
tanta
acqua
ed
evita
le
abbuffate
ipercaloriche.
Ma
a
cosa
sono
dovuti
spossatezza,
sonno
e
mancanza
di
concentrazione
primaverili?
Sono
legati
al
passaggio
all'ora
legale
e
all'allungarsi
delle
giornate:
l'esposizione
alla
luce
inibisce
la
produzione
di
melatonina,
l'ormone
che
regola
i
cicli
sonno-‐veglia.
E
così
ti
senti
più
stanco,
finché
il
tuo
corpo
non
si
abitua
ai
nuovi
ritmi.
•
Scegli
i
legumi
«Una
funzione
anti-‐fatica
è
svolta
dalla
vitamina
B1
(tiamina),
fondamentale
per
la
produzione
di
energia
e
per
la
salute
delle
cellule
nervose»,
dice
Hellas
Cena,
docente
di
nutrizione
umana
all'Università
di
Pavia.
«Inoltre,
la
vitamina
B1
regola
il
metabolismo
dei
carboidrati».
In
quali
cibi
si
trova
la
tiamina?
Soprattutto
nei
legumi
(piselli,
fagioli,
lenticchie...)
ma
anche
nei
cereali
integrali.
•
Punta
sulla
vitamina
C
«Ha
un'azione
anti-‐stanchezza
anche
la
vitamina
C,
che
migliora
le
difese
del
sistema
immunologico,
contrastando
l'ossidazione
dei
macrofagi
(cellule
immunitarie)
e
riducendo
la
concentrazione
nel
sangue
di
cortisolo,
l'ormone
dello
stress»,
aggiunge
Cena.
Fare
il
pieno
di
vitamina
C
non
è
difficile:
basta
mangiare
kiwi,
agrumi,
fragole,
peperoni
e
pomodori.
•
Evita
i
salumi
Cerchi
di
compensare
la
fiacchezza
primaverile
buttandoti
su
dolci
e
cibi
ipercalorici?
Niente
di
più
sbagliato,
secondo
la
nutrizionista:
«Appesantiscono
il
sistema
digestivo,
aumentando
la
sensazione
di
stanchezza».
Meglio
quindi
evitare
dolci,
insaccati,
salumi,
patatine,
snack
industriali...
•
Bevi
tanta
acqua
«Una
disidratazione
anche
lieve,
per
esempio
una
perdita
d'acqua
pari
all'1%
del
peso
corporeo,
ha
un
effetto
immediato
sull'organismo»,
spiega
Umberto
Solimene,
docente
di
medicina
termale
all'Università
degli
Studi
di
Milano.
«E
tra
i
sintomi
figurano
appunto
stanchezza,
ridotta
capacità
di
concentrazione
e
di
attenzione,
irritabilità,
vertigini,
mal
di
testa».
Bevi
1,5-‐2
litri
di
acqua
al
giorno,
anche
se
non
senti
lo
stimolo
della
sete.
Anche
il
tè
è
utile
per
battere
la
fiacchezza.
(Fonte:
OK
Salute
e
Benessere)