Anno I – Numero 15 Venerdì 21 Settembre 2012, S. Matteo Apostolo ed Evangelista ALIMENTAZIONE E BENESSERE SULLE TAVOLE ITALIANE TROPPO SALE Notizie in Rilievo • Alimentazione e Benessere 1. Sulle tavole italiane troppo sale • L’angolo dello Specialista 2. Psoriasi: consigli per una migliore gestione della malattia • Farmaci e Salute 3. Tubercolosi: ormai un paziente su due resiste alla terapia antibiotica • Prevenzione e Salute 4. Controllare la tiroide prima durante e dopo la gravidanza Lo mettono su ogni pietanza: sull'insalata, nell'acqua per cucinare la pasta, per insaporire la carne, ma anche sui pomodori crudi, nonostante siano già naturalmente saporiti. Gli italiani mangiano troppo sale, praticamente il doppio di quello che dovrebbero secondo le raccomandazioni dell'Oms. A sostenerlo sono i risultati - ancora preliminari - del progetto Minisal-Gircsi (Gruppo di lavoro intersocietario per la riduzione del consumo di sale in Italia). STUDIO: condotto su 1519 uomini e 1450 donne di età compresa tra i 35 e i 79 anni di 15 Regioni italiane, ha portato i ricercatori a calcolare che tra gli adulti italiani il consumo medio di sale al giorno è pari negli uomini a 10,9 grammi e nelle donne a 8,6 grammi: valori oltre l’apporto di sodio raccomandato dall’Oms, che esorta a non consumare quotidianamente più di 5 grammi di sale. Il progetto Minisal-Gircsi, parte del programma nazionale Guadagnare salute, è coordinato dal dipartimento di Medicina clinica e sperimentale della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Federico II di Napoli, in collaboraz. con l’Istituto superiore di sanità (Iss), l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), la Clinica pediatrica dell’Univ. di Foggia. (Fonte: Salute 24) PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 15 L’ANGOLO DELLO SPECIALISTA PSORIASI, CONSIGLI PER UNA MIGLIORE GESTIONE DELLA MALATTIA Un sito e video-spot per fornire informazioni e combattere i pregiudizi su una malattia ritenuta ancora contagiosa Antiestetiche chiazze rossastre ricoperte da squame, pruriginose ma anche motivo di pregiudizi e disagi soprattutto in estate, quando s’indossano vestiti più scollati. Può bastare uno sguardo che si sofferma, per sentirsi “diversi”. Nel nostro Paese circa due milioni di italiani soffrono di psoriasi lieve o moderata. Spesso la sottovalutano o preferiscono il «fai da te», trattandola con prodotti non adeguati, come le creme cosmetiche. Per favorire l’informazione e combattere gli stereotipi su una malattia che, a torto, a volte viene ancora considerata contagiosa, l’Associazione per la Difesa degli Psoriasici ha promosso una campagna di sensibilizzazione: un sito web, due video. QUELLO SGUARDO CHE FERISCE - « Siamo condizionati anche nelle semplici scelte di ogni giorno, dagli abiti da indossare alla rinuncia al bagno in piscina per evitare di mostrare la nostra pelle - spiega Mara Maccarone -. Gli sguardi degli altri ti fanno sentire poco gradevole o “contagiosa”. E poi, anche la scarsa informazione aggrava le condizioni dei pazienti. Con questa campagna – prosegue Maccarone - vogliamo lanciare il messaggio che la normalità è possibile, le manifestazioni cutanee possono essere ridotte con terapie adatte. Per questo bisogna rivolgersi ai dermatologi o ai centri di riferimento istituiti in ogni regione». MALATTIA NON CONTAGIOSA - «Chi soffre di forme lievi di questa malattia, non infettiva ma di origine genetica, spesso non va dal dermatologo ma preferisce il “fai da te”, utilizzando creme idratanti ed emollienti che però non hanno un ruolo nel trattamento della psoriasi - sottolinea G. Altomare, responsabile dell’Unità di dermatologia dell’IRCCS - Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano - . Oggi, però, esistono cure efficaci, purché siano osservate le indicazioni dello specialista». TRATTAMENTI EFFICACI - «Spesso i pazienti non utilizzano il trattamento topico prescritto perché impiegano troppo tempo per applicare la crema, o perché ha un odore sgradevole e macchia i vestiti. Esistono ormai gel di facile somministrazione da usare una sola volta al giorno, in grado di mantenere i risultati a lungo termine». DECALOGO PER LA BELLA STAGIONE - Ma come affrontare la psoriasi d'estate, approfittando anche dei benefici del sole? «Il sole in genere fa bene ma occorre evitare ustioni, un trauma che può far peggiorare la malattia. Bisogna esporsi gradualmente, nelle ore meno calde della giornata, proteggendosi con filtri solari medio-alti. L'esposizione al sole va evitata in caso di psoriasi molto infiammata». Tra gli altri consigli degli esperti: non sospendere le cure in corso anche in caso di miglioramento; scegliere detergenti neutri per lavarsi e usare creme idratanti per viso e corpo, altrimenti i raggi del sole rischiano di seccare eccessivamente la pelle; preferire abiti comodi e in fibra naturale in modo che la pelle possa traspirare e rimanga asciutta; bere molto, in particolare succhi vitaminici, evitando gli alcolici; cercare di ridurre i motivi di stress, uno dei fattori che scatenano la psoriasi. assumere un integratore alimentare, almeno un mese prima dall’esposizione al sole. (Fonte: Sn) FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 15 FARMACI E SALUTE TUBERCOLOSI. ORMAI UN PAZIENTE SU DUE RESISTE AGLI ANTIBIOTICI. L'ALLARME SU THE LANCET La resistenza agli antibiotici che curano la patologia si sta facendo dilagante: quasi la metà dei pazienti non risponde alla terapia standard e ad almeno uno dei trattamenti di seconda linea, e il 6,7% presenta forme ancora più resistenti. “Urge correre ai ripari”, dicono gli esperti. I casi di tubercolosi resistente a più di uno dei farmaci oggi a disposizione stanno crescendo in maniera preoccupante. A dirlo uno studio apparso su The Lancet: questa forma di patologia, siglata come MDR (multi-drug resistent) colpisce addirittura il 47% delle persone affette da Tbc, le quali non rispondono ai due antibiotici di base che sono lo standard terapeutico per la patologia, né ad almeno un altro dei farmaci di seconda linea che vengono usati quando i primi non funzionano. Il picco in Lettonia, dove la tubercolosi MDR rappresenta il 62% dei casi. Come se non bastasse, gli scienziati hanno visto un aumento dei casi di malattia ampiamente farmaco resistente (XDR, extensively drug resistent), ovvero di quelli che non reagiscono all’intera classe dei fluorochinoloni, un tipo di antibiotici orali sempre di seconda linea, e ad almeno uno di quelli iniettabili: il 6,7% dei pazienti infettati (15,2% in Corea del Sud, 11,3% in Russia) presentano forme di questo tipo, più difficili e costose da trattare nei paesi più ricchi e impossibili da curare in quelli poveri. STUDIO: questa forma di tubercolosi si presenta più facilmente nel caso in cui il trattamento per la tubercolosi MDR non viene completato a dovere. Un precedente trattamento di seconda linea, infatti, risulta essere un forte fattore di rischio, quasi quadruplicando la possibilità di sviluppare Tbc XDR. “Questa scoperta è molto preoccupante, soprattutto se si pensa alle aree con risorse economiche limitate”. “Più persone verranno curate ‘male’ per tubercolosi MDR in queste zone, più possibilità ci saranno che si sviluppino ulteriori forme resistenti. E questo pone un problema sociale molto importante, visto che la maggior parte delle persone che sviluppano le tipologie di Tbc più resistenti sono disoccupati, o persone che hanno riportato problemi con la legge o di abuso di alcool”. Ecco perché bisogna agire al più presto. “Se non ci occupiamo delle forme multi resistenti al più presto ci ritroveremo a dover fronteggiare sempre più casi di tubercolosi XDR”. RISULTATI: dimostrano due cose: 1. per primo che i trattamenti per la tubercolosi disponibili oggi sono assolutamente inadeguati 2. per secondo che l’abilità delle forme resistenti di diffondersi è maggiore di quanto pensassimo”, “Dobbiamo sviluppare terapie più efficaci, semplici, economiche, sia per le forme resistenti che per quelle che ancora rispondono ai farmaci. E in più bisogna migliorare l’aderenza alla terapia”, ha detto, concludendo poi con una nota amara, alla luce dei tagli del 2011 al fondo globale: “Avevamo nuovi farmaci in cantiere, ma per realizzarli ci vogliono la volontà politica e i fondi necessari”. (Fonte:QS) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 15 PREVENZIONE E SALUTE Controllare la tiroide prima, durante e dopo la gravidanza come garanzia di buona salute per il nascituro e per la mamma Un recente studio italiano dell’Università Cattolica di Roma dimostra l’esistenza di un passaggio diretto degli ormoni tiroidei dalla mamma al feto, di qui l’importanza di uno stretto controllo della ghiandola tiroidea in gravidanza. La gravidanza è un periodo nel quale è bene prestare attenzione alle condizioni della ghiandola tiroidea, in quanto un suo cattivo funzionamento (possibile anche in casi di donne che non ne abbiano mai sofferto) può portare danni anche importanti al feto. Un recente studio coordinato dal prof. Pontecorvi (Endocrinologia dell’Università Cattolica di Roma) pubblicato sul Journal of Cellular and Molecular Medicine , ha dimostrato evidenze dirette del passaggio degli ormoni tiroidei dalla mamma al feto, che ne permettono il corretto sviluppo. In caso di patologie tiroidee materne come l’ipotiroidismo, si hanno riflessi diretti sul nascituro con riduzione anche significativa del suo quoziente intellettivo. PRIMO TRIMESTRE DI GRAVIDANZA: gli ormoni tiroidei risultano importanti anche durante il primo trimestre di gravidanza, quando la ghiandola tiroidea del feto non è ancora attiva e dipende esclusivamente dalla madre. E’ questo il periodo in cui i neuroni si riproducono, formando il patrimonio cerebrale dell’individuo (circa 100 miliardi di neuroni): essi migrano nelle loro sedi definitive e vanno a costituire le varie strutture cerebrali. Da quel momento in poi queste cellule smetteranno di riprodursi, mentre a partire dai 20 anni inizieranno un naturale processo involutivo, che le conduce alla morte (100 mila al giorno). Si capisce dunque quanto sia importante l’ apporto corretto di ormoni tiroidei nel periodo embrionale del feto. Bambini nati da madri che durante la gravidanza hanno sofferto di ipotiroidismo nascono con un QI significativamente inferiore rispetto a figli nati da madri con funzione tiroidea normale. Poiché, in alcuni casi, la gravidanza stessa può essere causa di disfunzioni tiroidee, è molto importante che, fin dall’inizio della gestazione si effettuino controlli adeguati. Uno screening per la funzionalità della ghiandola quando si inizia a pensare di voler avere un bambino e uno agli inizi della gravidanza sono indispensabili per gestanti e aspiranti mamme. Esami del sangue (ATPO e TSH) più un’ecografia tiroidea sono il modo migliore per stabilire una diagnosi precisa e intervenire in caso di necessità. Anche dopo il puerperio è bene effettuare dei controlli, in quanto circa il 30% delle neo mamme soffre di tiroidite post-partum, che nella maggior parte dei casi rappresenta un’infiammazione della ghiandola che si risolve spontaneamente entro i 12 mesi dalla nascita del bambino. Diagnosticarla è importante in quanto il mal funzionamento della tiroide sembra risultare all’origine del 5-10% dei casi di depressione post partum. E’ importante che durante la gravidanza, se si manifesta il cattivo funzionamento tiroideo, si crei un pool di specialisti che seguono la donna, formato dal ginecologo, endocrinologo e neonatologo. (Fonti:Linee guida SIEOG).