Anno VI – Numero 1251
AVVISO
Ordine
1. Caduceo
d’Oro 2017 e
Giuramento di Galeno
2. Da UN FARMACO PER
TUTTI a UNA VISITA PER
TUTTI
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
3. Ictus, anche l’arteriopatia
periferica tra i fattori di
rischio
4. Spezzare i farmaci, quali
rischi?
Giovedì 21 Dicembre 2017 – S. Pietro Canisio
Proverbio di oggi………
'E cchiacchiere s''e pporta 'o viento; '
e maccarune jèncheno 'a panza.
Perché l’ATTIVITÀ FISICA protegge da
ICTUS e INFARTO?
Avere una vita attiva e praticare sport in maniera regolare può
ridurre indirettamente il rischio di malattie del sistema
cardiovascolare come ictus, trombosi, angina e infarto
– spiega il dottor Giulio Stefanini, ricercatore
universitario in Cardiologia di Humanitas
University. –
Questo accade perché le persone che
praticano attività fisica, oltre ad evitare il
rischio di obesità , tendono a scegliere anche
Prevenzione e Salute
5. Perché
l’attivitÃ
fisica un’alimentazione più sana e non avere
protegge da ictus e infarto? dipendenza dal fumo di sigaretta: così facendo,
6. tumore dell’endometrio: allontanano quelli che sono alcuni dei fattori di
sapreste
riconoscere
i
rischio per la salute del cervello, del cuore e del sistema cardiovascolare.
sintomi?
Infatti, una dieta che includa un eccessivo consumo di carboidrati, molto ricca
di grassi saturi e trans, cioè idrogenati, insieme a sovrappeso e l’obesità , sono
tutti fattori di rischio dell’ipertrigliceridemia.
Lo stile di vita scelto dalle persone attive, invece, prevede generalmente un tipo
di alimentazione che fa bene al sistema cardiocerebrovascolare, è ricca di
cereali integrali, frutta, verdura, carni bianche e pesce, specialmente quello che
Meteo Napoli
contiene più omega3, come salmone, tonno, sgombro ricchi di questi grassi
Giovedì 21 Dicembre
polinsaturi che riducono il livello dei trigliceridi.
ï‚· Nuvoloso
In questo modo, i livelli nel sangue dei lipidi quali il colesterolo “cattivo†(LDL) e
Minima: 3° C
i trigliceridi non saranno elevati, mentre quelli di colesterolo “buono†(HDL),
Massima: 9 °C
che non devono mai essere bassi, rimarranno nei valori normali.
Umidità :
L’accumulo nel sangue dei primi due lipidi, infatti, può impedire il regolare
Mattina = 52%
flusso del sangue perchè promuove la formazione di placche aterosclerotiche
Pomeriggio = 53%
lungo le pareti delle arterie che ostacolano il passaggio del sangue e causare
danni a cervello e sistema cardiovascolare. (Salute, Humanitas)
SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
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Anno VI – Numero 1251
PREVENZIONE E SALUTE
ICTUS, ANCHE L’ARTERIOPATIA PERIFERICA TRA
I FATTORI DI RISCHIO
Tra le patologie che possono aumentare il rischio di ictus c’è anche l’arteriopatia periferica,
caratterizzata dal restringimento delle arterie periferiche, più spesso di quelle degli arti
inferiori:
«Per la natura stessa della patologia, in cui tutte le arterie possono
essere interessate dal processo aterosclerotico, anche quelle
vertebrali cerebrali o la carotide, l’arteriopatia periferica incrementa
le probabilità di ictus», aggiunge la dottoressa Simona Marcheselli,
Responsabile dell’Unità operativa di Neurologia d’urgenza e Stroke
Unit di Humanitas.
L’ATEROSCLEROSI
L’accumulo di sostanze, tra cui il colesterolo, lungo le pareti di
un’arteria determina una riduzione del lume di questo vaso sanguigno.
Le placche aterosclerotiche, quando hanno dimensioni ragguardevoli, possono pertanto ostacolare e
ridurre la circolazione del sangue.
Queste placche possono anche infiammarsi e rompersi.
Alla base dell’arteriopatia periferica c’è dunque l’aterosclerosi.
L’arteriopatia è una patologia simile alla malattia coronarica solo che i depositi di grasso, colesterolo e altre
sostanze si formano in altri vasi sanguigni, tendenzialmente in quelli che scorrono negli arti inferiori.
Se l’ostruzione delle arterie interessa le gambe può causare dolore, difficoltà a camminare (la cosiddetta
Claudicatio) fino all’ulcerazione.
Se invece l’ostruzione si verifica in un’arteria che porta il sangue ossigenato al collo e alla testa, ecco che
può verificarsi un ictus cerebrale:
«I pazienti con arteriopatia periferica hanno un aumentato rischio di infarto, ictus e altri eventi trombotici.
In particolare per l’ictus – spiega la dottoressa Marcheselli – il rischio riguarda quello ischemico e i
cosiddetti mini-ictus, ovvero gli attacchi ischemici transitori, che a loro volta aumentano il rischio di ictus».
L’ictus ischemico è caratterizzato da un’ostruzione delle arterie cerebrali per via di una placca
aterosclerotica o di un trombo che si forma in quella sede o che proviene da un altra area del corpo (in
questo caso si parla di ictus trombo-embolico).
Quelli ischemici rappresentano la quasi totalità dei casi di ictus.
CONTROLLARE IL RISCHIO
Un paziente con arteriopatia periferica ha un profilo di rischio paragonabile a quello di un paziente con
malattia coronarica «sebbene il meccanismo dell’aterosclerosi coronarica sia diverso», ricorda la
dottoressa Marcheselli.
«In ogni caso è importante prevenire l’insorgenza dell’arteriopatia o, in caso di diagnosi, procedere con il
trattamento più adeguato per la riduzione del rischio cardio-cerebrovascolare in generale.
È importante inoltre che il paziente con arteriopatia periferica sia sottoposto periodicamente a un esame
dei tronchi sovraortici delle carotidi e delle arterie vertebrali per il monitoraggio della circolazione del
sangue verso il cervello».
«Fondamentale, infine, è che questi pazienti smettano eventualmente di fumare e controllino gli altri
fattori di rischio come l’ipercolesterolemia e l’ipertensione», conclude la specialista.
(Salute, Humanitas)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VI – Numero 1251
SCIENZA E SALUTE
SPEZZARE I FARMACI, QUALI RISCHI?
Non tutti riescono a mandare giù una pillola con facilità , in particolare
quando le sue dimensioni sono rilevanti.
Per ovviare al problema in alcuni casi si adottano soluzioni alternative come spezzare o
triturare il farmaco, magari per assumerlo con un alimento che possa facilitare la
deglutizione, soprattutto per i pazienti anziani.
QUALI RISCHI SONO ASSOCIATI A QUESTA PRATICA?
Ne parliamo con la dottoressa Maria Fazio, Responsabile della Farmacia di Humanitas.
I farmaci in commercio sono disponibili in diverse forme ad esempio gocce, compresse, granulati fiale.
Le difficoltà ad ingerire un farmaco riguardano naturalmente le formulazioni solide come le compresse,
soprattutto se le dimensioni sono notevoli.
Ingerire una pasticca, anche di dimensioni più ridotte, può risultare ostico per chi è affetto da disfagia,
ovvero un persistente disturbo della deglutizione, oppure creare disagio a chi non riesce comunque a
mandarla giù agevolmente.
Il problema può riguardare anche gli anziani che presentano una patologia neurologica come la demenza
per cui potrebbe rendersi necessario “nascondere†il farmaco precedentemente triturato in un alimento
facile da ingerire.
Quando è possibile sostituire il farmaco preferendo formulazioni diverse da quelle solide il problema si
risolve alla radice.
FARMACI MENO EFFICACI
Ma cosa succede se si altera il farmaco?
Triturarlo, spezzarlo può modificare le sue caratteristiche fino anche a renderlo meno efficace? «Alterare
compresse o capsule gastroresistenti comporta la distruzione/rimozione del rivestimento, progettato per
mantenere il farmaco intatto, finché non passa attraverso lo stomaco e raggiunge l’intestino», risponde la
dottoressa Fazio.
«Il rivestimento – continua – serve a proteggere lo stomaco da effetti lesivi oppure evitare una
diminuzione dell’effetto o l’inattivazione da parte dei succhi gastrici.
La triturazione e la somministrazione di uno di questi farmaci per via orale o attraverso sonda gastrica può
aumentare il rischio di effetti avversi gastrointestinali o diminuire i benefici del farmaco».
Per alcuni farmaci i rischi associati sono maggiori:
«La triturazione non deve essere mai praticata per compresse gastroresistenti, a rilascio modificato,
sublinguali e in tutti quei casi in cui sia specificatamente vietata in scheda tecnica», risponde la specialista.
: «Spesso lo stesso farmaco è presente in diverse forme e, laddove
fosse disponibile una formulazione in sciroppo o in soluzione orale,
QUALI SONO LE
questa dovrebbe essere preferibile.
POSSIBILI SOLUZIONI?
Qualora non fosse possibile triturare le compresse è possibile veicolarle
in acqua gelificata che ne facilita l’assunzione facendo scorrere meglio la compressa favorendone
la deglutizione.
L’acqua gelificata è reperibile presso le farmacie o presso le parafarmacie».
(Salute, Humanitas)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VI – Numero 1251
PREVENZIONE E SALUTE
TUMORE DELL’ENDOMETRIO:
SAPRESTE RICONOSCERE I SINTOMI?
Se ne parla poco, ma il tumore dell’endometrio è quinto più diffuso fra le donne italiane e il
terzo se si considera solo la fascia d’età 50-69 anni.
«Fortunatamente più di 7 malate su 10 sono vive dieci anni dopo la diagnosi, ma scoprirlo per tempo,
quando è ancora confinato all’utero, è fondamentale per il successo delle cure» spiega Giovanni Scambia,
direttore del Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna al Policlinico Gemelli di Roma.
Ecco chi rischia di più d’ammalarsi, quali sono i campanelli d’allarme da non trascurare e quali le possibili
cure per chi si ammala.
Quali i sintomi a cui prestare attenzione?
«Nel 90 % dei casi l’esordio clinico del carcinoma endometriale è rappresentato da
metrorragia, ovvero dal sanguinamento uterino anomalo indipendentemente dal
ciclo mestruale.
Per tale motivo le perdite ematiche in donne in età post-menopausale dovrebbero essere segnale di
allarme e motivo di indagine celere e approfondita. Non sono da sottovalutare neppure i sanguinamenti
anomali in pre-menopausa e la perdita ricorrente intermestruale che risultano di più difficile
interpretazione. Perdite vaginali bianco-giallastre (leucoxantorrea), dolore addominale e gonfiore (edema)
agli arti inferiori sono invece più caratteristici di una neoplasia in stadio avanzato».
Quante persone colpisce?
Statistiche alla mano, il carcinoma dell’endometrio costituisce l’8-10% delle
neoplasie femminili nei Paesi industrializzati, rappresentando il tumore
ginecologico più frequente dopo cancro al seno. In Italia si registrano circa 8mila
nuove diagnosi ogni anno. «L’incidenza è maggiore in donne di età menopausale dice Scambia, che è anche autore, insieme a Rosa De Vincenzo, del volume La Salute della Donna (Erclues
Comunicazioni editore, una guida per capire il corpo femminile nelle varie fasi della vita e prevenire le
principali patologie ginecologiche) -. Si presenta soprattutto verso i 55-65 anni (età media 61 anni) e solo
nel 20 per cento dei casi prima che sia iniziata la menopausa: è infatti raro prima dei 40 anni».
Chi è più a rischio di ammalarsi?
Obesità , diabete, ipertensione, menopausa tardiva, assunzione di estrogeni
non bilanciati da progestinici fanno salire le probabilità d’ammalarsi.
«Il rischio è più elevato anche per le donne che assumono tamoxifene,
farmaco utilizzato nella terapia del cancro al seno.
Il motivo che sta alla base dell’aumentato pericolo per queste categorie di
persone risiede nell’aumentata quota di estrogeni che, in tutti questi casi,
stimola l’endometrio in modo improprio».
Esistono anche fattori ereditari e familiari che possono predisporre allo sviluppo di questa malattia: in
modo particolare la Sindrome di Lynch può comportare un aumento del rischio di carcinoma endometriale
anche del 40-60%, imponendo una sorveglianza maggiore a chi ne è affetto. Inoltre, la mutazione del gene
BRCA-2, indubbiamente associato ad un maggior rischio del carcinoma mammario, può anche essere
collegato, secondo alcuni studi, a una maggiore incidenza di sviluppo di neoplasia dell’endometrio.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VI – Numero 1251
Cosa si può fare per prevenirlo?
La prevenzione primaria, per limitare le probabilità di ammalarsi, si basa sullo
stile di vita: in particolare, meglio ridurre i chili di troppo, prediligere cibi ad
alto contenuto di fibre e scarso contenuto di grassi e zuccheri, praticare
regolarmente attività fisica, che ha sempre un effetto benefico sull’organismo.
L’abbondante tessuto adiposo, infatti, può portare a una maggiore produzione di estrogeni, che stimolano
l’endometrio in modo improprio.
«Dato che lo squilibrio di estrogeni e progesterone gioca un ruolo importante nello sviluppo di questo
tumore è poi importante che l’assunzione di tali ormoni sia sempre bilanciata sotto stretto controllo dello
specialista - sottolinea Scambia -.
Nei casi in cui si sospetta un’ereditarietà in famiglia, poi, previo accurato counselling ginecologico si può
pensare a un trattamento chirurgico preventivo».
Quali esami servono per diagnosticarlo?
Non esiste uno screening di massa sulla popolazione femminile, come accade
con la mammografia per il cancro al seno o il Pap test e il test Hpv per quello
dell’utero.
«Ciononostante - sottolinea Scambia -, la precocità del sintomi fa si che il 70 % dei tumori endometriali
siano diagnosticati quando la lesione è ancora confinata all’utero.
Pertanto, in caso di sanguinamenti atipici in epoca menopausale o in fase intermestruale in donne in premenopausa, l’ecografia costituisce la prima metodica di valutazione.
Qualora si ponga il sospetto ecografico di ispessimento o irregolarità dell’endometrio, coadiuvato dalla
sintomatologia clinica e della storia personale di ciascuna paziente, l’esame di prima scelta per eseguire
una corretta diagnosi è l’isteroscopia ambulatoriale diagnostica con biopsia.
Dopo acquisizione della conferma istologica, si procede ad una stadiazione clinica che comprende la TAC o
la risonanza magnetica, e alcuni esami ematochimici specifici come il dosaggio del CA 125.
Come si cura?
Il trattamento di elezione del carcinoma dell’endometrio in fase iniziale è la
chirurgia minimamente invasiva (laparoscopia) che prevede la rimozione
dell’utero (isterectomia totale), l’annessiectomia bilaterale (asportazione di
tube e ovaie), e la stadiazione linfonodale che prevede l’asportazione del
linfonodo sentinella o dei linfonodi pelvici e aortici.
In pazienti con fattori si rischio possono essere necessarie terapie adiuvanti che comprendono la
chemioterapia e/o la radioterapia.
Se diagnosticato e curato in stadio iniziale, la sopravvivenza giunge al 90-95% dei casi a 5 anni dalla
diagnosi.
(Salute, Corriere)
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Anno VI – Numero 1251
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli
La Bacheca
1800 VOLTE GRAZIE AD OGNUNO DI VOI:
“Concerto di Natale, Giuramento di Galeno e Medaglie alla
Professioneâ€
Una partecipazione delle grandi occasioni è stata quella dedicata a tutta la Categoria.
Ha inizio con un concerto di Natale tenuto dal Coro delle Voci Bianche del Teatro di
San Carlo e un ricordo per i Colleghi scomparsi nell’ultimo anno ed alle parole del
Presidente Santagada il teatro si è alzato in piedi tributando un caloroso applauso..
PAGINA 7
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CADUCEO D’ORO 2017 - ALCUNI dei MOMENTI:
CONCERTO DI NATALE E INAUGURAZIONE
Orchestra dei Coro delle Voci Bianche del Teatro di San Carlo; Sindaco di Napoli
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Anno VI – Numero 1251
CADUCEO D’ORO 2017 - ALCUNI dei MOMENTI:
PREMIO SOLIDARIETÀ
Premio solidarietà all’On. Mara Carfagna; Don Tonino Palmese
PAGINA 9
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Anno VI – Numero 1251
CADUCEO D’ORO 2017 - ALCUNI dei MOMENTI:
PREMIO CADUCEO, SANITÀ, 70 e 60 ANNI DI LAUREA
Premio Caduceo al dr. C. Boscia e per i 70 anni di laurea al Prof. Sinno
PAGINA 10
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Anno VI – Numero 1251
CADUCEO D’ORO 2017 - ALCUNI dei MOMENTI:
PREMIO AI 50, 40 e 25 ANNI DI LAUREA
Premio ai Colleghi con 50, 40 e 25 anni di laurea
PAGINA 11
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Anno VI – Numero 1251
CADUCEO D’ORO 2017 - ALCUNI dei MOMENTI:
GIURAMENTO DI GALENO
Giuramento di Galeno per i neolaureati
PAGINA 11
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Anno VI – Numero 1251