Anno VII – Numero 1400
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Farmaco per tutti†“Una Visita
per Tuttiâ€
2. ORDINE: eventi Luglio
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
3. Perché in MENOPAUSA
la
pressione
spesso
aumenta?
4. Il perverso legame tra
Colesterolo e Alzheimer
Prevenzione e Salute
5. Stringere troppo la cravatta
può provocare problemi
6. Cosa bisogna fare per
fermare il sangue dal naso
7. Perdite
bianche:
cosa sono e quando ci
dobbiamo preoccupare
Meteo Napoli
Martedì 24 Luglio
ï‚· Sereno
Minima: 20° C
Massima: 29 °C
Umidità :
Mattina = 50%
Pomeriggio = 52%
Martedì 24 Luglio 2018 – S. Cristina
Proverbio di oggi………
"nun vò correre e nun vò cammenà (non vuole far nulla)
STRINGERE TROPPO LA CRAVATTA PUÃ’
PROVOCARE PROBLEMI
La ricerca degli scienziati tedeschi: il nodo troppo stretto della
cravatta provoca una riduzione dell'afflusso di sangue al
cervello
Meglio non stringere troppo
la cravatta. E non solo
perché d'estate può davvero
dar fastidio, ma anche per
motivi di salute.
Portare il nodo (sbagliato) al collo può infatti provocare problemi al cervello.
A dirlo sono gli scienzati della Universitätsklinikum Schleswig-Holstein di Kiel, in
Germania.
La ricerca degli studiosi tedeschi si è fondata su una platea di 30 giovani, cui è
stato chiesto di indossare la cravatta per poi sottoporsi ad alcune risonanze
magnetiche di 15 minuti.
I ragazzi, tutti di età intorno ai 24 anni e dichiarati sani, sono stati divisi in due
gruppi distinti. A 15 di loro è stato chiesto di portare la camicia slacciata, agli
altri 15 invece la cravatta ben stretta attorno al collo con il nodo Windsor.
Ebbene, le persone con la cravatta - spiega Libero - registrano un calo
dell'afflusso di sangue al cervello del 7,5% in media. Il risultato potrà forse
essere atteso e di certo non sarà molto significativo, visto il numero di individui
coinvolti nel test.
Ma può comunque far riflettere. Portare la cravatta troppo stretta, sopratutto
in estate e in ufficio, può stringere le vene del collo, soffocando così l'afflusso
di sangue al cervello e provocando una riduzione (sebbene non grave) delle
attività del cervello. Lo studio pubblicato sulla rivista Neuroradiology, spiega il
quotidiano, precisa anche che - sebbene con effetti minori - anche stringendo
di meno la cravatta la riduzione di afflusso di sangue si riduce del 5,7%.
(Salute, Il Giornale)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
PREVENZIONE E SALUTE
Perché in MENOPAUSA la PRESSIONE spesso AUMENTA?
Non esistono dati univoci sulla capacità della terapia sostitutiva di ridurre il rischio
cardiovascolare. Attenzione all’aspirina: non sempre va usata
Mi sto avvicinando alla menopausa e anche se fino a ora ho avuto valori
pressori assolutamente nella norma, temo che, come mia madre a suo tempo,
e come molte amiche già in menopausa, andrò incontro a ipertensione.
Ma come si spiega questo cambiamento, insomma a che cosa è dovuto?
Forse l’insorgere dell’ipertensione è collegato al fatto che spesso in
menopausa si tende a ingrassare?
E, soprattutto questo è un «destino» inevitabile?
Oppure si possono prendere delle «contromisure» per prevenirla o limitare i anni?
Ultima domanda: la terapia ormonale sostitutiva aumenta il rischio di ipertensione o lo riduce?
Risponde Filippo Crea, direttore del dipartimento di scienze cardiovascolari del policlinico Gemelli di Roma
Innanzitutto facciamo una premessa spiegando che cos’è l’ipertensione arteriosa.
Si tratta di una condizione caratterizzata dall’aumento stabile dei valori di pressione arteriosa sistolica e
diastolica al di sopra di 140 mmHg e 90 mmHg, rispettivamente. L’ipertensione è un potente fattore di
rischio per infarto e ictus. Poiché non dà sintomi il modo più efficace per identificarla, e di conseguenza,
trattarla in maniera opportuna è controllarla periodicamente. In età giovanile le donne hanno valori
pressori più bassi rispetto agli uomini; con l’avanzare dell’età questi valori tendono a diventare simili tra i
due sessi. In particolare, con la menopausa si osserva spesso un rapido incremento dei valori di pressione
arteriosa e conseguentemente del rischio cardiovascolare.
Pertanto, in questa fase è opportuno monitorare «minima e massima» con molta attenzione. Le cause di
questo incremento, di cui lei mi chiede conto, non sono però ancora del tutto chiare.
Alcuni ricercatori pensano che l’aumento sia direttamente causato dal nuovo assetto ormonale che
caratterizza la menopausa, altri, come lei stessa sembra pensare, ritengono invece che sia soprattutto
dovuto all’accumulo di peso che spesso si associa alla menopausa.
I dubbi sulla terapia sostitutiva: Da notare che la terapia sostitutiva ormonale, determina un
miglioramento del profilo pressorio. Tuttavia, non vi sono dati univoci in merito alla capacità della terapia
sostitutiva di ridurre il rischio cardiovascolare, e alcuni studi suggeriscono che potrebbe addirittura
aumentarlo. Pertanto, è bene usarla con «parsimonia» e solo quando è resa necessaria dall’intensità dei
sintomi da menopausa. Ne consegue che la cura dell’ipertensione che può insorgere durante questo
periodo della vita femminile è identica a quella che si utilizza negli uomini della stessa età .
Stile di vita: È basata innanzitutto su uno stile di vita che preveda il controllo del peso corporeo.
A questo scopo è utile valutare l’Indice di massa corporea (per farlo si divide il peso, in chilogrammi, per
l’altezza in metri al quadrato, il risultato è ottimale se resta fra 20 e 25), seguire una dieta sana (basata sul
consumo di verdura e pesce), praticare un’attività fisica regolare e abolire il fumo. Se lo stile di vita non è
sufficiente a controllare i valori della pressione diventa necessario utilizzare i farmaci anti-ipertensivi.
Medicinali: La scelta, fatta dal medico, consiste nell’identificare i medicinali, o la loro combinazione, in
grado di ridurre in misura soddisfacente la pressione arteriosa senza effetti collaterali fastidiosi.
No all’aspirina se non si ha una storia ci malattie cardiovascolari
Quando una donna in menopausa presenta ipertensione è una buona occasione per verificare anche la
presenza di altri due importanti fattori di rischio cardiovascolare: Ipercolesterolemia e Iperglicemia.
Infatti, la prevenzione è tanto più efficace quanto più completo è il controllo globale dei fattori di rischio.
Infine è utile ricordare che nelle donne che sviluppano ipertensione durante la menopausa, ma non
hanno una storia clinica di malattie cardiovascolari, non deve essere utilizzata l’aspirina. (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
PREVENZIONE E SALUTE
COSA BISOGNA FARE per FERMARE il SANGUE dal NASO
Per arrestare l’emorragia basta eseguire le manovre corrette. Imparale subito
Capita soprattutto a bambini e anziani e, anche se il più delle volte si
tratta di un episodio “banaleâ€, l’abbondante flusso di sangue che
cola dalle narici può spaventare.
«Le mucose del naso sono percorse da una fitta rete di piccoli vasi
sanguigni molto superficiali, che possono rompersi con facilità . Le
cause? Un trauma (come una pallonata o un colpo), oppure il
semplice fatto di essere raffreddati e soggiornare in un ambiente
dove l’aria è molto secca», spiega il dottor Paolo Pizzinelli,
specialista in medicina interna e cardiologia a Milano.
«Quando le mucose “si asciugano†basta uno starnuto, o soffiarsi il naso con troppo vigore, perché le
venuzze si rompano. Si corrono rischi analoghi anche se si è fatto un eccessivo consumo di
antinfiammatori o si segue una terapia antiaggregante (per esempio con l’aspirinetta), farmaci che
impediscono alle piastrine di bloccare il sanguinamento delle microlesioni».
In caso di sangue dal naso, comunque, niente panico: il nostro esperto ti suggerisce le manovre più
efficaci per arrestare velocemente la piccola emorragia.
Cosa bisogna fare
«Innanzitutto bisogna tenere la testa piegata in avanti, respirando con la bocca, in modo da far colare il
sangue all’esterno», suggerisce il nostro esperto. «Per bloccare la piccola emorragia è
necessario stringere la parte soffice del naso, appena sopra alle narici, con l’indice e il pollice,
esercitando un’intensa pressione da mantenere per 10-15 minuti. In questo modo si dà il tempo
ai naturali meccanismi della coagulazione dell’organismo di entrare in azione», specifica il dr P. Pizzinelli.
È anche utile applicare delle compresse di acqua fredda sulla radice del naso: «Inducono una
vasocostrizione riflessa e quindi un restringimento dei piccoli vasi delle mucose che contribuisce a
fermare il sangue. Se la causa del sanguinamento è una mucosa troppo asciutta, per evitare nuovi
episodi, una volta che l’epistassi si è risolta, si possono applicare creme emollienti sulle pareti interne
delle narici o ricorrere a un umidificatore per l’ambiente», consiglia l’internista.
Gli errori da evitare
Spesso, in caso di epistassi, si tende a spostare la testa all’indietro: «Un errore, perché il sangue può
scivolare in gola e, da lì, finire nelle prime vie aeree, innescando delle crisi di tosse che peggiorano la
situazione», spiega il dottor Paolo Pizzinelli.
Inoltre, meglio evitare di deglutire il sangue, che andrebbe sempre sputato: «Se ingerito, può innescare
reazioni come nausea e mal di stomaco. No all’inserimento di garze, pezzi di fazzoletti di carta o batuffoli
di cotone nelle narici nel tentativo di bloccare l’emorragia: anche se in un primo tempo può sembrare
che funzionino, si “incollano†con il sangue e, quando si rimuovono, portano con sé i piccoli coaguli con
cui l’organismo ha tamponato l’epistassi, facendo riprendere il sanguinamento», conclude l’esperto.
Quando andare dal medico
Se la perdita di sangue non si arresta nel giro di 20 minuti è sempre meglio andare al pronto soccorso. È
importante rivolgersi al proprio medico, inoltre, se si hanno più di 3 episodi di epistassi al mese, anche se
risolti con l’automedicazione: all’origine del disturbo potrebbe esserci una piccola varice della mucosa
nasale, che va cauterizzata dall’otorino. Inoltre, il problema potrebbe indicare una vasculopatia dovuta
all’ipertensione o un disturbo della coagulazione che prevede cure su misura. (Salute e Benessere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
SCIENZA E SALUTE
Il perverso legame tra COLESTEROLO e ALZHEIMER
Il colesterolo avrebbe un ruolo nell’insorgenza e nella progressione dalla malattia
neurologica. La scoperta da una ricerca apparsa su Nature Chemistry.
Il colesterolo potrebbe non risultare “nemico†soltanto del cuore e delle arterie, ma agire addirittura
come facilitatore della malattia di Alzheimer. Come? In un modo
estremamente sofisticato. Stando ad una ricerca coordinata
dell’Università di Cambridge, infatti, il lipide potrebbe agire agevolando
la formazione della proteina beta-amiloide, quella che si “deposita†nel
cervello delle persone colpite dalla malattia di Alzheimer fino ad
avvolgerlo come una nebbia sottile ed impalpabile. La ricerca, apparsa
su Nature Chemistry, apre interessanti prospettive per approccio futuri
alla patologia, quanto meno nelle persone ad elevato rischio genetico. Al
momento sono numerosi i dubbi legati a questa scoperta, anche perché
sul fronte biochimico si sa che il colesterolo assunto con gli alimenti non è in grado di attraversare da solo
la barriera emato-encefalica, ovvero quella sorta di “dogana†che
impedisce il passaggio di numerose sostanze dal sangue al sistema
nervoso. In ogni caso lo studio dimostra che il colesterolo, almeno
in laboratorio, sarebbe in grado di mettere in moto i meccanismi
che portano alla formazione della proteina beta-amiloide,
facilitandone l’aggregazione.
Come si verifica il possibile danno?
Normalmente la proteina beta-amiloide è presente nel cervello, ma in quantità estremamente limitate.
Per dare il via al processo che può condurre alla malattia di Alzheimer occorre quindi che il composto
riesca ad avvicinarsi ed a legarsi, fino a formare catene più complesse. Il colesterolo in questo senso
avrebbe un ruolo. Tra le sue funzioni fondamentali (e positive), per l’organismo c’è infatti la sua presenza
fondamentale nella struttura della parete delle cellule nervose. Proprio la presenza dei lipidi sarebbe alla
base dell’adesione delle molecole della proteina “nociva†sulla parete dei neuroni, con conseguente
aumento delle probabilità che la beta-amiloide si strutturi e riesca quindi ad aggregarsi. Per scoprire il
meccanismo di “facilitazione†del colesterolo nei confronti della malattia neurologica gli scienziati,
insieme con i colleghi dell’Università di Lund in Svezia, hanno studiato le membrane cellulari scoprendo
questa azione di “collante†del colesterolo per la beta-amiloide. Conclusione: il grasso potrebbe essere
uno degli elementi che agevolano l’aggregazione della proteina tossica per il cervello. Sul fronte pratico,
l’obiettivo che la ricerca apre è quello di trovare composti in grado di agire sul mantenimento di valori
normali di colesterolo nel cervello, visto che col tempo e con l’aumentare dell’età i sistemi di controllo
tendono a farsi sempre meno efficaci. In questo senso potrebbe avere significato agire sui “vagoncini†che
trasportano il colesterolo nel sangue ed anche nel cervello, visto che il grasso non può viaggiare
liberamente. Per quanto riguarda le arterie, questi sono ben definibili: esistono le LDL che tendono a far
rimanere il grasso nei vasi (quindi trasportano il colesterolo “cattivoâ€) e le HDL, che invece lo portano via
dal liquido biologico. Per il cervello dovrebbero entrare in gioco altri trasportatori, come le ApoE o
Apolipoproteina E, l’unico forte fattore genetico di rischio dell’Alzheimer ad esordio tardivo, correlato
all’invecchiamento. La sfida è quindi lanciata: occorre capire al meglio come viene mantenuto l'equilibrio
del colesterolo nel cervello per individuare cure che possano far sì che il grasso non diventi, in modo del
tutto silente, una sorta di attivatore per la proteina beta-amiloide.
(Salute, La Repubblica)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
PREVENZIONE E SALUTE
PERDITE BIANCHE:
COSA SONO E QUANDO CI DOBBIAMO PREOCCUPARE
Spesso creano imbarazzo e preoccupazione, ma raramente se ne parla: le perdite
bianche vaginali.
Sono secrezioni, nella maggior parte dei casi, assolutamente
fisiologiche, più o meno dense, che si verificano soprattutto prima del
ciclo mestruale, durante il periodo dell’ovulazione o se si è incinta,
quando c’è una gravidanza in corso.
Se solitamente è un’eventualità che non deve spaventare, in alcuni casi
le perdite bianche continue sono il sintomo di un’infezione
vaginale che è meglio non sottovalutare, la candida.
Fisiologiche, spesso, preoccupanti, in alcuni casi,
COSA SONO
ma le perdite biancastre con cui le donne, prima o poi si trovano a dover fare i conti,
cosa sono esattamente? Non è altro che muco, prodotto dal canale cervicale con
uno scopo preciso quanto nobile: proteggere le zone genitali, ripulendole da eventuali “aggressoriâ€, come
batteri, funghi o germi, per impedire loro di risalire indisturbati fino all’utero. Da ricordare che le perdite
bianche, più o meno gelatinose e dense, in molti casi si presentano in pessima compagnia, cioè sono
accompagnate da fastidi più o meno accentuati,prurito e cattivo odore.
Soprattutto quando sono poco dense, sottili, quasi trasparenti e collose, le perdite
LE CAUSE
bianche sono da attribuire a un fenomeno fisiologico. Sono le secrezioni tipiche
dell’ovulazione e dei giorni prima del ciclo mestruale, sintomo di fertilità . Spesso e
volentieri, le perdite biancastre si verificano quando c’è il pancione, come uno dei sintomi dei primi mesi
di gestazione.
Anche in questo caso, è tutto normale, perché il canale cervicale, all’inizio e durante la gravidanza,
aumenta la produzione di muco per proteggere l’utero e soprattutto il feto da pericolose incursioni di
germi & co.
E’ possibile, però, che queste perdite siano una vera e propria anomalia causata
SE È COLPA
dalla presenza di una malattia sessualmente trasmissibile o di un’infezione. Un
DELLA CANDIDA
esempio su tutti, la candida. Si tratta di una micosi, cioè un’infezione scatenata
da un fungo (Candida albicans).
Tutta colpa dello squilibrio della flora vaginale, legata a numerosi fattori, dalla scarsa igiene intima, fino
allo stress e alla stanchezza, con conseguente abbassamento delle difese immunitarie, fino alle cure
antibiotiche.
Oltre alle perdite biancastre, dall’aspetto poco invitante simile a quello del latte cagliato, si verificano
anche prurito ai genitali, dolore durante i rapporti e bruciore alla minzione.
Per diagnosticare la presenza di questa micosi, oltre alla visita specialistica può essere necessario
un tampone vaginale.
La candida si cura con i prodotti dall’azione antifungina, da applicare localmente o da assumere per via
orale; allo scopo possono essere utili anche alcuni rimedi naturali. (Salute, Pour Femme)
PAGINA 6
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli
La Bacheca
ORDINE: GLI EVENTI DEL MESE DI LUGLIO
Progetto “Una Visita per Tuttiâ€
Mese di Luglio
dedicato
alla prevenzione
dell’Insufficienza
Venosa
Mercoledì 04 Luglio
(dalle 10.00 alle 18.00)
Martedì 10 Luglio
(dalle 15.30 alle 18.30)
Giovedì 12 Luglio
(dalle 10.00 alle 18.30)
Mercoledì 25 Luglio
(dalle 9.30 alle 18.00)
Giovedì 26 Luglio
(dalle 9.30 alle 18.00)
Lunedì 30 Luglio
(dalle 9.30 alle 18.00)
PORTICI (NA); Via Libertà , n. 244
FRATTAMINORE (NA): Piazza Crispo
PALMA CAMPANIA (NA); Piazza A. De Martino
NAPOLI ; Via Emanuele Gianturco,n. 247
FORIO ISCHIA (NA); Via Francesco Regine, 61
PROCIDA (NA); Via Roma, 42
PAGINA 7
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
Delegazione di FARMACISTI CINESI si confrontano a
NAPOLI sul ruolo del farmacista Pubblico e di ComunitÃ
Ieri 19 luglio al workshop su “One – Belt One – Road Italy – China – Advanced
Pharmacist Development Projectâ€
PAGINA 8
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno VII – Numero 1400
Progetto “Un FARMACO per TUTTI†E
“UNA VISITA PER TUTTIâ€:
I farmacisti in piazza per il benessere sociale. La Repubblica Ediz. del 22 Luglio 2018.