Anno II – Numero 222 AVVISO 1. Ordine: Viaggio a S. Pietroburgo. Notizie in Rilievo Psicologia e Salute 2. Parole, attenzioni e gesti Mercoledì 17 Luglio 2013, S.S. Alessio, Tiziano IL PROFUMO PRIMA DELLA TEMPESTA: ecco perché sentiamo l'odore della pioggia Il mix di aromi che percepiamo all'olfatto prima di un temporale è dovuto a cause scientifiche ben precise: ecco quali sono e quali effetti hanno sul mondo animale. per dare conforto all’amico malato Se siete tra quelli che prima di un acquazzone, percepiscono distintamente un odore di acqua imminente, niente paura: non soffrite di traveggole olfattive. Avvertire Patologie e Salute un profumo particolare quando il meteo ritorna a farsi 3. Diabete di tipo 2. Svelato uno dei umido, soprattutto dopo un periodo di siccità, è perfettamente normale e meccanismi di insorgenza spiegabile dal punto di vista scientifico. nelle persone obese Ecco quali sono le cause naturali di questo fenomeno olfattivo. Scienza e Salute 4. Il profumo prima della tempesta: ecco perché sentiamo l'odore della pioggia. Prevenzione e Salute 5. Cosa fare per le punture d'insetti? Alimenti e Salute 6. In spiaggia, pesche e albicocche per chi ha la pressione bassa Quando le prime gocce d'acqua iniziano a cadere, potreste avvertire un odore dolciastro e pungente: gli esperti lo riconducono all'ozono emanato dai campi fertilizzati, dagli agenti inquinanti e da fonti naturali. La ragione per cui, all'inizio di un temporale, questo profumo pervade l'aria è da ricercare nella chimica. Scariche elettriche - come quelle dei lampi - dividono le molecole di azoto e ossigeno presenti in atmosfera in singoli atomi. Alcuni di questi si ricombinano con il monossido d'azoto, che a sua volta reagisce con altre componenti atmosferiche formando molecole costituite da tre atomi di ossigeno: l'ozono, (O₃). Le correnti d'aria discensionali che si scatenano prima di un temporale portano le molecole di ozono dalle altitudini più alte al livello del nostro naso (ozono deriva dal greco òzein, "mandare odore"). Fragranza al petricor: Ma il potpourri di profumi (o puzze, a seconda dei casi) non finisce qui. La pioggia, cadendo, si deposita sulle superfici asciutte e "disturba" le molecole odorifere lì presenti. Se siete fortunati e vi trovate in mezzo alla natura, le molecole in questione proverranno da piante e foglie, e le vostre papille olfattive annuseranno profumo di vegetazione (o odore di letame, nei casi meno felici). Chi si trovasse in città, snifferà particelle di asfalto o cemento, un pò meno piacevoli e salutari. Questo odore ha un nome scientifico preciso:si chiama petricor, per descrivere la fragranza delle piante che si deposita nei terreni argillosi e rimessa in circolo nell'aria dalle precipitazioni. Terra bagnata: Un grande classico, e forse lo strascico più piacevole che ogni temporale lascia dopo di sé. Questo odore misto di terra, muffa, muschio e umidità è attribuibile alla geosmina, un composto organico responsabile, es., del gusto terroso delle barbabietole. È prodotta da diverse classi di microbi, e captata dai nasi umani, sensibili al suo aroma. (Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 222 PATOLOGIE E SALUTE DIABETE DI TIPO 2. SVELATO UNO DEI MECCANISMI DI INSORGENZA NELLE PERSONE OBESE La ricerca, pubblicata su Journal of Lipid Research è italiana: l'hanno condotta gli scienziati del Centro obesità dell’Università di Ancona, coordinati dal direttore Saverio Cinti. Alla base della infiammazione che accompagna l’obesità un particolare tipo di morte cellulare. La ricerca apre nuove prospettive terapeutiche. Il meccanismo che porta alla morte degli adipociti (le cellule del grasso corporeo) nella persona obesa è alla base dell'infiammazione che accompagna l'obesità e favorisce il diabete. Questo in sostanza quanto scoperto dal gruppo di Saverio Cinti, Direttore del Centro obesità dell’Università di Ancona, in una ricerca pubblicata su Journal of Lipid Research. Non è la semplice morte cellulare programmata, alla quale vanno incontro tutte le cellule:si tratta di un tipo particolare di morte che può essere indotta da diversi fattori, interni o esterni. Si chiama piroptosi (perché è associata ad una vivace reazione da parte dell’organismo, che spesso implica la presenza di febbre). “Infatti a differenza dell’apoptosi, modalità più nota di morte cellulare programmata, la piroptosi evoca una risposta infiammatoria indotta dall’attivazione di una reazione molecolare cellulare detta inflammosoma che implica l’attivazione di un enzima, la caspasi1”, ha spiegato Cinti. “Questo enzima, a sua volta, attiva e promuove la secrezione di citochine infiammatorie, che provocano una serie di danni che vanno dalla interferenza funzionale con il recettore insulinico, provocando quindi il diabete tipo 2, alla possibilità di attivazione di meccanismi di autoimmunità e, forse, anche di stimolo alla degenerazione neoplastica.” Un risultato che ha radici lontane nel tempo, racconta Cinti: “Nel 2005 abbiamo scoperto che l'infiammazione che caratterizza il tessuto adiposo, e che è fortemente implicata nella patogenesi del diabete di tipo 2, è dovuta alla morte degli adipociti obesi. Successivamente, nel 2008, abbiamo scoperto che gli adipociti viscerali sono più fragili e quindi più propensi alla morte di quelli del tessuto sottocutaneo, offrendo così una possibile spiegazione al fatto che l'accumulo di grasso viscerale (a mela, più frequente nel sesso maschile) è più pericoloso per le conseguenze metaboliche di quello sottocutaneo (a pera, più frequente nel sesso femminile). Ora abbiamo scoperto il meccanismo che porta alla morte gli adipociti obesi.” Questi dati aprono nuove prospettive per la prevenzione e il trattamento di importanti malattie.“Il diabete di tipo 2 è, infatti, la più diffusa complicanza dell’obesità, in quanto circa l’85% dei pazienti con diabete di tipo 2 è obesa, ed è noto che le persone obese hanno maggiore propensione, circa 2-3 volte rispetto ai magri, al carcinoma dell’esofago, della mammella e del colon”, ha chiarito Cinti. “Per esempio l’uso di antiinfiammatori specifici potrebbe a questo punto diventare una prospettiva terapeutica; inoltre, il riscontro di cristalli di colesterolo negli adipociti obesi e stressati, che di per sé può attivare il meccanismo dell’inflammosoma, potrebbe indicare che aspetti dietetici particolari potrebbero essere più predisponenti di altri per l’infiammazione del tessuto adiposo degli obesi e le conseguenti gravi complicanze”, ha concluso. “Un’altra importante tappa nella conoscenza del rapporto tra genesi dell’obesità e insorgenza del diabete; ancora una volta un frutto della ricerca italiana”, ha commentato Enzo Nisoli, Presidente della Società italiana dell’obesità (SIO). PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 222 PREVENZIONE E SALUTE COSA FARE PER LE PUNTURE D'INSETTI? Contro i pomfi «resistenti» ossido di zinco o creme lenitive. In rari casi la puntura può causare una reazione allergica grave Punture e morsi di insetti sono all'ordine del giorno in estate. «La maggior parte degli insetti, fatta eccezione per gli imenotteri (api, vespe e calabroni), ci pungono perché si nutrono di sangue e rilasciano allergeni che provocano una microreazione allergica oppure sostanze che creano infiammazione. Gli imenotteri pungono per difesa e anch'essi rilasciano sostanze allergizzanti, tanto che alcune persone possono addirittura sviluppare una reazione allergica grave e arrivare allo shock anafilattico» spiega Enzo Berardesca, direttore del Dipartimento di dermatologia infiammatoria e immunoinfettivologica dell'Istituto Dermatologico San Gallicano, IRCCS, Roma. CHE COSA SUCCEDE DOPO LA PUNTURA?: «In genere si forma di un pomfo arrossato e infiammato. Comuni sono il prurito, soprattutto nel caso di zanzare, e il dolore, associato in particolare alla puntura di imenotteri. Quando si viene morsi da una zecca, invece, spesso non si sente nulla e il tutto passa inosservato. Ancora alcuni insetti, come per esempio le cimici, quando pungono iniettano una sostanza anestetica per cui sul momento non ci si accorge di nulla, solo dopo un po' si nota la formazione di uno o più pomfi pruriginosi. Alcuni insetti, attraverso il morso o la puntura, possono trasmettere anche germi capaci di causare malattie importanti. È il caso, per esempio, della malattia di Lyme o della febbre bottonosa del Mediterraneo, trasmesse da alcune zecche o della malaria, dalla zanzara Anopheles, specie nelle aree tropicali di Africa, Asia e America centro-meridionale». CHE COSA SI PUÒ FARE?: «Alcuni accorgimenti possono dare sollievo e sono utili per soggetti sensibili o più suscettibili, come i bambini, oltre che nei casi di punture multiple. Impacchi con acqua fredda o ghiaccio possono aiutare a ridurre arrossamento, gonfiore e dolore, mentre quelli con acqua calda decongestionano. Utili anche le creme lenitive o all'ossido di zinco, mentre è meglio evitare intrugli strani e la troppo aggressiva ammoniaca. È sempre buona regola cercare di non grattare la lesione per non rischiare che si infetti. Nel caso in cui non ci si riesca a trattenere e si formino delle escoriazioni, meglio disinfettare la lesione ed eventualmente applicare una crema antibiotica. Se il pomfo è esteso e prude molto si può prendere in considerazione l'applicazione di una crema al cortisone. Se si viene morsi da una zecca bisogna toglierla molto delicatamente, possibilmente con delle pinzette». QUANDO UNA PUNTURA PUÒ ESSERE RISCHIOSA? «In rari casi la puntura di insetto può causare una reazione allergica grave e condurre allo shock anafilattico. Se poco dopo la puntura compaiono difficoltà respiratorie e sintomi che interessano più apparati via via crescenti bisogna cercare subito soccorso medico». (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 222 ALIMENTI E SALUTE IN SPIAGGIA, PESCHE E ALBICOCCHE PER CHI HA LA PRESSIONE BASSA È essenziale bere molto, perché sudando l'organismo si disidrata, il sangue diventa meno fluido e scorre peggio La montagna mette l'ansia agli anziani con il cuore non proprio in forma? Meglio allora optare per una vacanza in spiaggia: altitudine zero, ossigeno in abbondanza, nessun pericolo di picchi di pressione. Tutto vero, ma anche per godere appieno dei benefici del mare serve qualche precauzione. «Vale comunque la raccomandazione di non passare dalla sedentarietà assoluta a un esercizio fisico eccessivo per le proprie condizioni di salute - consiglia Niccolò Marchionni, presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica -. Bisogna poi proteggersi dal caldo, evitando di stare troppo a lungo sotto al sole nelle ore centrali della giornata e preferendo zone ventilate. In spiaggia, il pericolo maggiore può derivare da una riduzione eccessiva della pressione, per effetto dell'alta temperatura che dilata i vasi sanguigni: in estate fra gli anziani si registra un aumento delle fratture di femore, proprio perché molti cadono svenendo per colpa dell'ipotensione ortostatica, un brusco calo di pressione mentre ci si trova in posizione eretta». PRESSIONE - «Un rischio concreto, quello del brusco calo di pressione per colpa del caldo eccessivo, tanto che pure chi è iperteso potrebbe dover rivedere la terapia consueta, abbassando le dosi di farmaci. È quindi essenziale misurare regolarmente la pressione e confrontarsi con un medico in caso di variazioni consistenti rispetto ai valori abituali - spiega Gianfranco Parati, direttore della Divisione di Cardiologia all'Auxologico di Milano e docente di medicina interna all'Università di Milano-Bicocca -. Attenzione, però: quando si riducono le cure, occorre farlo con molto buonsenso. L'obiettivo è evitare l'ipotensione, certo, ma soprattutto bisogna mantenere il controllo della pressione durante le 24 ore, modulando tempi e dosi dei medicinali. Se non si usano farmaci a lunga durata d'azione o se si tolgono pillole senza essere certi di bilanciarne gli effetti nell'arco della giornata, si rischia di ritrovarsi con una "coperta corta", ovvero con la pressione che tende a salire di nuovo, e magari parecchio, durante la notte. Non a caso in estate c'è un incremento significativo degli ictus». BERE MOLTO - Essenziale bere molto, perché sudando l'organismo si disidrata, il sangue diventa meno fluido e scorre peggio. Un apporto adeguato di liquidi serve a mantenere idratati gli organi e a far funzionare al meglio i reni, che sono importanti proprio per il controllo della pressione sanguigna. Questo vale a maggior ragione per chi ha la pressione bassa: gli ipotesi al mare devono fare particolare attenzione, perché il rischio di svenimento è ancora più consistente e, oltre alle accortezze valide per tutti, è opportuno introdurre in abbondanza sali minerali come magnesio e potassio. Lo sui può fare garantendosi la presenza nella dieta di cibi che sono ricchi di questi minerali: per esempio, frutta secca, spinaci, sardine per il magnesio; albicocche, pesche e patate per l’apporto di potassio. (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 222 PAROLE, ATTENZIONI E GESTI PER DARE CONFORTO ALL’AMICO MALATO In un libro-inchiesta esperienze e testimonianze di ricoverati. La giornalista americana Letty Cottin Pogrebin, guarita dal cancro, ha raccolto istruzioni per evitare errori. Veronesi: "Essere se stessi, non alterare la relazione e inserirsi nell'alleanza medico-paziente". Mancano le parole. C’è chi a volte le trova e sono quelle sbagliate. Può essere difficile stare vicino a un parente o a un amico malato. Frasi che non riescono a nascondere l’ansia e il dispiacere. Sostenerlo giorno dopo giorno fra interventi e terapie. Nel libro Come essere amico di una persona malata (edizioni Corbaccio), la giornalista americana Pogrebin, ha raccolto testimonianze dei pazienti. Dall’inchiesta emerge un piccolo galateo della malattia. Fra le regole d’oro, c’è quella di fare attenzione a quello che si dice, di non far pesare le proprie preoccupazioni sullo stato di salute del congiunto e di ricordare che la disponibilità non deve mai trasformarsi in invadenza. Va sempre chiesto, ad es., se la persona vuole compagnia o se preferisce rimanere sola. «Bisogna saper individuare i bisogni del malato e cercare le risorse per rispondere. Stargli accanto, esprimendo affetto — spiega A. Tenore, psicoterapeuta, che si occupa di malati terminali — organizzarsi per non farlo sentire mai solo e mantenere viva la speranza per il futuro. È anche necessario ascoltare con interesse quanto la persona malata dice di sé». Nel gestire la situazione va evitata ogni forma di conflitto. «I familiari dovrebbero inserirsi nel rapporto di alleanza tra medico e paziente, senza alterarne gli equilibri, ma colmandolo con quel carico di amore che il medico non può dare — spiega Umberto Veronesi — Credo anche che il modo migliore per stare vicino a un malato sia continuare ad essere se stessi, e non permettere che la malattia alteri il modo di relazionarsi ai propri cari. Non ci dovrebbero essere argomenti tabù, bisognerebbe solo tenere presente le caratteristiche di chi ci sta di fronte. La gravità di ogni malattia, dipende anche dal vissuto del malato e dalle sue caratteristiche psicologiche: medici e familiari non dovrebbero mai dimenticarlo». Un problema quello “dell’empatia” con il paziente che riguarda anche il personale sanitario e che diventa ancora più difficile nel caso di fasi acute della malattia. Secondo un recente studio pubblicato sul British Medical Journal 73% dei malati terminali di tumore vorrebbe passare gli ultimi giorni a casa, ma solo il 29% riesce a farlo. Difficile per medici e infermieri gestire il quotidiano in momenti così delicati e dare spiegazioni ai diretti interessati. «Credo che debba essere detto tutto quello che il paziente vuole sapere ed è in grado di tollerare, quindi non dobbiamo chiederci solo cosa va detto, ma soprattutto come e quando — spiega G. BordinCiò si traduce nella necessità di dare un’informazione tempestiva, graduale e chiara, che lasci spazio alla comprensione, alle domande e alle emozioni». «Il comportamento è quello che cerca di indurre il migliore benessere del paziente stesso, soprattutto se non si può predisporre un ambiente a tutti i costi sereno. Bisogna essere pronti all’ascolto accettando i silenzi, incoraggiare il congiunto a guardare a quanto di positivo in quel momento c’è, di sollievo, di assenza di dolore, sospendendo considerazioni che riguardano il domani cercando di essere alleati dei medici e del personale socio- sanitario». Fra i momenti critici quello in cui si devono comunicare brutte notizie e spiegare che cosa sta succedendo al malato. Anche perché a volte le famiglie preferirebbero nascondere la verità al proprio caro. «Sono convinto che il paziente debba sempre sapere la verità: è un suo diritto fondamentale — conclude Veronesi — Il medico, nel comunicarla, dovrebbe cercare di ispirare fiducia nel malato e mantenere il giusto equilibrio tra obiettività della scienza ed empatia della cura, entrambe imprescindibili per ottenere la massima efficacia della terapia». PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 222 COME COMPORTARSI SE UN AMICO È MALATO Spontaneità, costanza, evasione e il rispetto della dignità del paziente. Sono tanti i consigli utili per aiutare chi soffre. Un piccolo decalogo.