Anno II – Numero 245 AVVISO 1. Corsi Ecm sessione autunnale: prenotabili sul sito dell’Ordine Lunedì 16 Settembre 2013, SS. Cornelio e Cipriano, Edoardo Il Proverbio di Oggi ‘Ogne cosa capo ha, chì non accomensa non secoteia Ogni cosa ha un inizio, chi non comincia non continua Notizie in Rilievo Domande e Risposta 2. Perché gli uomini vivono meno delle donne? 3. Se scappa la pipì si decide meglio? Alimenti e salute 4. Il caffè, un prezioso alleato 5. Gli champignon sono alleati delle ossa Scienza e salute 6. Asimmetrico o irregolare: le anomalie del seno. Il seno tuberoso. 7. Prostata, un test per capire se il tumore è aggressivo 8. La carie protegge da alcuni tipi di cancro 9. Termoplastica efficace contro asma grave PERCHÉ GLI UOMINI VIVONO MENO DELLE DONNE? Gli ormoni sessuali, gli stili di vita meno salutari e i lavori più rischiosi fanno sì che il sesso forte sia più vulnerabile alle malattie. Secondo uno studio condotto sui membri della corte imperiale di Chosun, che regnò in Corea dal 1392 al 1910, ad accorciare la vita sono gli ormoni sessuali maschili. Dall'analisi dei registri di corte si è infatti visto che gli eunuchi vivevano dai 14 ai 19 anni di più degli uomini non castrati, pur conducendo una vita simile. Stili di vita: Oggi, all'origine della diversa aspettativa di vita contribuiscono però senz'altro anche gli stili di vita. Gli uomini infatti fumano generalmente di più, mangiano peggio, vanno meno dal medico e svolgono lavori più pericolosi. Secondo stime Istat del 2010, la vita media degli italiani è di 84,4 anni per le donne e di 79,2 anni per gli uomini. (Focus) SE SCAPPA LA PIPÌ SI DECIDE MEGLIO? La condizione ideale per prendere decisioni è... avere la vescica piena! Lo sostiene uno studio dell’Università olandese di Twente che ha indagato la relazione fra l’autocontrollo necessario a trattenere stimoli primari (fame, sete, pipì...) e la capacità decisionale: trattenere lo stimolo aiuta a controllare anche l’impulso a ottenere gratificazioni immediate e permette di scegliere opzioni più convenienti a lungo termine. (Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 245 SCIENZA E SALUTE ASIMMETRICO O IRREGOLARE: LE ANOMALIE DEL SENO Dalla politelia al capezzolo introflesso, dalla mammella tuberosa alla sindrome di Poland: ecco quali sono i problemi, di varia entità, che possono modificare l'aspetto della mammella. Oggi trattiamo la mammella tuberosa. IL SENO TUBEROSO:Cause e terapie La snoopy dog deformity è una malformazione che colpisce la ghiandola mammaria e causa asimmetria Il seno tuberoso o tubulare (snoopy dog deformity), è una malformazione che colpisce la ghiandola mammaria. Quest'ultima, concentrata innaturalmente dietro all'areola, è allungata e a forma di tubo, con il polo inferiore poco sviluppato, in direzione sia verticale che orizzontale. L'anomalia colpisce di solito una sola mammella, mentre l'altra risulta normale. In genere, maggiore è l'asimmetria tra i due seni, più grave è la malformazione. CAUSE. Si tratta di una malformazione evolutiva, cioè non presente dalla nascita, che compare durante la pubertà, quando il seno comincia a crescere. In pratica, la ghiandola si sviluppa solo in parte, rimanendo ridotta. Come conseguenza, la parte superiore del seno, fino all'areola, risulta più sviluppata rispetto a quella sottostante, che va dall'areola fino alla piega toracica. TRATTAMENTI. Non è possibile correggere il seno tuberoso con un approccio soft: serve la chirurgia. Per risolvere il problema, si ricorre all'intervento di mastopessi, che consiste nel rimodellare la ghiandola mammaria, conferendole forma conica o rotondeggiante. L'intervento viene eseguito in anestesia generale con una notte di ricovero e lascia una cicatrice periareolare (intorno all'areola) in genere poco visibile. Se necessario, contemporaneamente alla mastopessi si può ricorrere anche alla mastoplastica additiva, per ingrandire il volume del seno, e alla riduzione del diametro dell'areola, per ottenere un risultato il più possibile armonico e naturale. Il dolore è limitato a un senso di indolenzimento e può essere facilmente alleviato da comuni analgesici. L'operazione avviene in anestesia generale e si utilizzano punti riassorbibili, che quindi non è necessario togliere. È consigliabile indossare un reggiseno contenitivo nei 30 giorni successivi all'intervento, tenendo il décolleté protetto dai raggi solari per circa due mesi. L'operazione non compromette la possibilità di allattare. L'iter per avere le corrette indicazioni prevede una visita dal medico di base che, constatato il problema, prescriverà una visita specialistica dal chirurgo plastico. A questo punto, sarà quest'ultimo a programmare, nell'ambito dell'attività ospedaliera, l'intervento. Quando le condizioni anatomiche lo consentono, si usa il lipofilling, autotrapianto di grasso autologo (cioè dello stesso paziente) che viene prelevato da addome, fianchi e cosce. Con questa tecnica si rimodella la mammella, conferendole la corretta forma conica. (OK, Salute e Benessere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 245 SCIENZA E SALUTE PROSTATA, UN TEST PER CAPIRE SE IL TUMORE È AGGRESSIVO Identificati tre geni che potrebbero aiutare a individuare i pazienti che hanno bisogno di terapie e quelli che possono fare solo controlli (risparmiandosi gli effetti collaterali) Il livello di espressione di tre geni associati con l’invecchiamento potrebbe essere di aiuto per capire quali tumori della prostata apparentemente a basso rischio lo siano davvero. Lo spiegano, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine i ricercatori dell’Herbert Irving Comprehensive Cancer Center alla Columbia University, che portano un nuovo contributo a una delle maggiori sfide aperte quando si parla di carcinoma prostatico: cercare di identificare, con parametri più attendibili degli attuali, la minoranza di forme aggressive dalla maggioranza di quelle indolenti. Un passaggio fondamentale per stabilire se e come trattare ogni singolo paziente. GATTO O PANTERA? - «Sta diventando sempre più evidente che, nonostante sia la neoplasia più frequente nel maschio e costituisca la seconda causa di morte per tumore, non sono ancora del tutto chiari i criteri con i quali identificare l’aggressività biologica di questa malattia - spiega Pierpaolo Graziotti, responsabile dell’urologia all’Istituto Humanitas di Milano e presidente dell’Associazione Urologi Italiani -. Per intenderci, oggi dire a un uomo che ha un cancro della prostata è come dirgli che ha un felino in casa: una cosa è avere un gatto, magari piccolo, un’altra una pantera nera. A noi serve, e ancora non l’abbiamo ma molti sono gli studi in corso, uno strumento che ci aiuti a capire al meglio con che tipo di tumore abbiamo a che fare per decidere se intervenire subito con le terapie efficaci di cui disponiamo o se tenere il paziente semplicemente sotto osservazione, evitandogli così i possibili effetti collaterali delle cure (quali impotenza e incontinenza urinaria)». LO STUDIO - «La maggior parte dei carcinomi prostatici diagnosticati ogni anno è indolente e resta tale - , ma un biomarker basato sui tre geni che abbiamo identificato potrebbe aiutare a risolvere il dilemma diagnostico e assicurarci che i pazienti non vengano trattati né troppo né troppo poco». Nella loro ricerca gli studiosi hanno individuato tre geni (FGFR1, PMP22 e CDKN1A) che paiono indicare accuratamente la presenza di un tumore a basso rischio. Hanno poi monitorato per 10 anni 43 pazienti con un carcinoma della prostata poco aggressivo (definito tale secondo i parametri attualmente in uso, tra cui il livello di Gleason inferiore a 6, e anche per la presenza dei tre geni marcatori): alla fine dell’osservazione soltanto 14 partecipanti al trial hanno visto progredire la malattia e il nuovo test li ha correttamente individuati. LA GIUSTA DIREZIONE - Ad oggi, i medici utilizzano diversi test per diagnosticare la presenza e lo stadio di un carcinoma prostatico e poi la sua aggressività. Si inizia con il test del Psa e un esame rettale, si procede poi con biopsia e , se si riscontra la presenza di cellule maligne, si valuta il livello di Gleason. In base ai dati raccolti di decide se intervenire con chirurgia, radioterapia, brachiterapia o se proporre all’interessato il programma di sorveglianza attiva, che prevede soltanto controlli regolari per intervenire con una terapia solo se e quando la malattia evolve. «È evidente che i risultati di questo nuovo studio sono tutti da confermare, perché i pazienti studiati sono solo 43, ma resta il fatto che questa è la strada giusta da seguire per la ricerca futura: identificare nuovi e accurati valori predittivi allo scopo di selezionare, in modo certo, i pazienti che possono essere soltanto tenuti sotto osservazione rispetto a quelli che vanno trattati». (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 245 SCIENZA E SALUTE LA CARIE PROTEGGE DA ALCUNI TIPI DI CANCRO L'azione dei batteri che trasformano gli zuccheri in acido demineralizzando i denti potrebbe avere un positivo rovescio della medaglia Siete costretti a frequenti e costose visite dal dentista perché andate soggetti alle carie dentali? Per fastidioso che il problema possa essere forse non è privo di un lato positivo. Lo suggerisce uno studio che ha messo in relazione per la prima volta la carie con i carcinomi a cellule squamose della testa e del collo (HNSCC), portando alla luce un'azione protettiva. "La carie è una malattia legata alla placca dentale", spiegano gli autori dello studio pubblicato su JAMA Otolaryngology–Head & Neck Surgery. "I batteri lattici causano demineralizzazione (carie) solo quando sono nella placca dentale in immediato contatto con la superficie del dente. La presenza di questi batteri, altrimenti benefici, nella saliva o sulle mucose può proteggere l'ospite dalle malattie infiammatorie croniche e da questi tumori". STUDIO: Mine Tezal dell'Università di Buffalo e della State University di New York hanno condotto lo studio in un centro per la cura dei tumori, coinvolgendo 399 pazienti che avevano ricevuto una diagnosi di cancro del tipo HNSCC tra il 1999 e il 2007, e 221 partecipanti in un gruppo di controllo. RISULTATI: I loro risultati dicono che i pazienti che avevano un numero di carie più elevato all'interno della popolazione dello studio avevano meno probabilità di contrarre un carcinoma a cellule squamose della testa e del collo rispetto a coloro che appartenevano al gruppo con meno carie. I batteri che causano la carie sono associati a una risposta immunitaria che alcuni studi hanno dimostrato essere protettiva contro il cancro. "Potremmo pensare alla carie dentale", concludono gli autori, "come una forma di danno collaterale e sviluppare strategie per ridurre il suo rischio, preservando gli effetti benefici dei batteri lattici". (Salute, Panorama) TERMOPLASTICA EFFICACE CONTRO ASMA GRAVE Per gli esperti, risultati sicuri anche distanza di cinque anni L'asma grave si cura con la termoplastica bronchiale. La tecnologia "si è dimostrata sicura ed efficace a distanza di almeno cinque anni". La conferma sulle colonne del Journal of Allergy and Clinical Immunology. Meno crisi e ricoveri - In particolare, l'uso di questa tecnica permette, nell'arco di cinque anni, "una riduzione media del 48% del tasso di esacerbazioni gravi", ovvero del peggioramento dei sintomi, ma anche una "riduzione media dell'88% del tasso di visite in Pronto soccorso per sintomi respiratori". Si cura col calore - La procedura consiste nell'usare del calore controllato sulle pareti delle vie aeree per ridurre l'eccesso di muscolatura liscia: è proprio quest'ultima a restringersi durante un attacco di asma, impedendo quindi alla persona di respirare correttamente. "Una riduzione degli attacchi di asma - dicono gli esperti - significa minore necessità di un trattamento a base di steroidi per via orale e degli effetti indesiderati correlati". In Italia ci sono 2,7 milioni di persone con asma, pari al 4,5% della popolazione. A soffrire della forma grave sono circa 500mila pazienti. "La prevalenza della patologia negli italiani raggiunge il 13% negli ultrasessantenni - ed è stato dimostrato che ogni 100mila pazienti asmatici si verificano quattro eventi mortali". (Salute, Tgcom24) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 245 ALIMENTI E SALUTE IL CAFFÈ, UN PREZIOSO ALLEATO Ne conosciamo davvero tutte le proprietà? Cosa c'è di meglio, al mattino, di una bella tazzina di caffè fumante? Sulle origini di questa bevanda, circolano diversi racconti, ma tutti sono concordi nell'attribuirne l'origine in Arabia. Allo stato naturale, il seme non possiede alcun aroma. Questo, infatti, viene acquisito solo in seguito alle lavorazioni di tostatura o torrefazione (a 200-220°C) che inducono trasformazioni chimiche e la formazione di composti volatili, responsabili del caratteristico aroma. A seconda della varietà di caffè utilizzato, troviamo una diversa quantità di caffeina, il noto principio attivo presente nel caffè che agisce prevenendo la fatica, facilitando il lavoro mentale ed aiutando la digestione. Oltre a queste proprietà ben note, il caffè ne possiede altre, meno conosciute ma molto preziose, come quella di provocare l'attivazione della termo dispersione e di avere un effetto frenante sull’appetito. Inoltre, sui soggetti metabolizzatori rapidi di tale sostanza, è stata riscontrata una diminuzione del rischio d'infarto del 25%. STUDIO: secondo uno studio dell'Ist. Mario Negri, il consumo di caffè, grazie alle sostanze antiossidanti in esso contenute, permetterebbe di proteggere il fegato da patologie come la cirrosi ed il tumore. In particolari soggetti, inoltre, sembra che possa prevenire la gotta e i calcoli alla cistifellea. Pare, poi, che il caffè sia indicato per le persone affette da diabete di tipo 2, poiché il suo consumo ha dimostrato una diminuzione del rischio di contrarre tale patologia. Le sostanze implicate in questa funzione sarebbero l'acido clorogenico e le melanoidine, composti formatisi con la reazione di Maillaed tra gli zuccheri e le proteine, durante la tostatura del chicco. Infine, una notizia molto recente, proveniente da uno studio condotto in Giappone su 83mila individui e pubb. sulla rivista Stroke: Journal of the American Heart Association, indica che il consumo di una tazza di caffè al giorno riduce il rischio di ictus di circa il 20% e di ictus emorragico di oltre il 30%. In conclusione, tenendo presente che è sempre bene evitare gli eccessi, da oggi in poi, quando ci troveremo a sorseggiare la nostra consueta tazzina di caffè giornaliera, il nostro pensiero non potrà che andare a tutti i possibili benefici che esso può dare. (Salute, Tgcom24) GLI CHAMPIGNON SONO ALLEATI DELLE OSSA Quattro funghi coprono il fabbisogno giornaliero medio di vitamina D ma bisogna esporli al sole Tre o quattro funghi prataioli o champignon (Agaricus bisporus) al giorno possono produrre una quantità sufficiente di vitamina D per il fabbisogno quotidiano medio. Ma a una condizione: come gli esseri umani, anche i funghetti hanno bisogno di esposizione al sole per avviare la produzione fotochimica. Funghi al sole - In particolare, bisogna far "abbronzare" i prataioli per 2 ore su un piatto esposto al sole estivo. La durata della "tintarella" dei funghi deve aumentare in inverno. Grazie al sole, infatti, si caricano di vitamina D. Lasciando poi i funghi per un paio d'ore all'ombra, spiega R. Mason, primaria di fisiologia nella Sydney Medical School, si dà tempo per completare la reazione chimica. Bastano pochi funghi - Nessun altro cibo allo stato naturale fornisce altrettanta vitamina D. La vitamina D svolge un ruolo essenziale nella salute ossea, ma molte persone ne sono carenti, specie nei mesi invernali. Le ricerche confermano che 3 o 4 funghi forniscono circa 10 microgrammi della vitamina, il fabbisogno quotidiano per un adulto attivo. Per chi rimane al coperto o è malato, la dose di funghi dovrebbe aumentare.