Anno I – Numero 26 Lunedì 08 Ottobre 2012, S. Pelagia, Brigida, Ivano CERIMONIA CELEBRATIVA Notizie in Rilievo • Cerimonia Celebrativa 1. La Federazione degli Ordini dei Farmacisti italiani: cento anni di storia iniziati a Napoli il 4 Ottobre 1912. “_t _t YxwxÜté|ÉÇx wxzÄ| bÜw|Ç| wx| YtÜÅtv|áà| àtÄ|tÇ|M vxÇàÉ tÇÇ| w| áàÉÜ|t |Ç|é|tà| t atÑÉÄ| |Ä G bààÉuÜx DLDE ” Si terrà il prossimo 22 Ottobre con inizio alle ore 20.00, presso il Teatro di San Carlo di Napoli. • Cardiologia 2. Quando l’allarme per il cuore arriva da sotto le lenzuola • Salute e Stili di vita 3. Mal di schiena: molti ancora prescrivono il riposo • Domande e Risposta 4. Perché alcuni cibi ci piacciono e altri no? 5. Che cosa era il siero del Dottor Bonifacio? Il Consiglio dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli ha proposto tale iniziativa affinchè tale ricorrenza non passi inosservata, dispersa nella più anonima consuetudine quotidiana, consentendo con la Vostra attiva partecipazione di ricordare che il compimento di cent’anni di vita professionale della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, nata a Napoli il 4 ottobre 1912, costituisca un evento di indubbia rilevanza. E’ un orgoglio riscoprire che il primo Ordine dei Farmacisti a costituirsi è stato quello della provincia di Napoli e solo successivamente sono nati gli altri Ordini assumendo il numero progressivo, in ordine di anzianità di iscrizione, incominciando dal N. 1 con l’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli. E’ partendo da queste considerazioni che il Consiglio ha organizzato l’evento andando a riscoprire le nostre radici e la storia professionale dei Farmacisti . Siamo certi che vorrete comprendere ed apprezzare l’impegnativo compito che questo Consiglio dell’Ordine ha assunto per l’organizzazione della manifestazione, pur non perdendo di vista le sofferenze di alcuni Colleghi che in questo particolare momento stentano a trovare una collocazione professionale stabile. Pertanto, la partecipazione delle massime Autorità di Categoria avrà non solo una funzione celebrativa ma anche di analisi sulle varie problematiche, compresa quella occupazionale. Nell’organizzazione, pur assicurando una cornice altamente prestigiosa alla manifestazione, come il Teatro di San Carlo, abbiamo fruito per la realizzazione di contributi provenienti da Enti diversi, pertanto senza particolare onerosità a carico degli Enti di Categoria. COME PARTECIPARE: gli Iscritti che vogliono partecipare possono prenotarsi on-line sul sito dell’Ordine o direttamente presso gli Uffici dell’Ordine entro e non oltre le ore 14,00 del 12/10/2012. Gli interessati, subito dopo aver effettuato la prenotazione dovranno ritirare l'invito personale gratuito, presso la sede dell'Ordine, entro e non oltre il 16 Ottobre. PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 26 CARDIOLOGIA QUANDO L’ALLARME PER IL CUORE ARRIVA DA SOTTO LE LENZUOLA Evidenziato il legame tra disfunzione erettile e un più alto rischio cardiovascolare. Consigliati più controlli tra i giovani Livello di colesterolo, pressione sanguigna e peso sono tra i principali parametri da controllare se si desidera avere un cuore forte e in salute, ma tra i cosiddetti fattori di rischio cardiovascolare ne andrebbe introdotto un altro tutto maschile: la presenza di disfunzione erettile. Gli uomini che hanno qualche difficoltà nella loro attività sessuale, specialmente se giovani, dovrebbero sottoporsi a controlli per valutare la salute di cuore e arterie poiché la presenza di disfunzione erettile sarebbe correlata a una max probabilità di andare incontro a patologie cardiovascolari. FATTORE DI RISCHIO–La raccomandazione arriva da un gruppo di esperti internazionali, che si occupa di come mantenere una buona attività sessuale e preservare la salute del cuore. Il team di studiosi, guidato da Ajay Nehra, urologo (Rush Univ. Medical Center di Chicago), è arrivato ad affermare che occorre considerare la disfunzione erettile come un vero e proprio fattore di rischio cardiovascolare nei maschi con meno di 55 anni. «In alcuni uomini», afferma Nehra, «il lasso di tempo che intercorre tra la comparsa di questo disturbo sessuale e il sopraggiungere di una patologia cardiaca è solo di pochi anni: dai due ai cinque. Ecco perché vorremmo che si considerasse la disfunzione erettile come un campanello d’allarme da non sottovalutare». GIOVANI E ASINTOMATICI–Sarebbero i più giovani, ben sotto la cinquantina e che presentano tale disturbo, a correre il rischio maggiore, almeno il doppio rispetto ai loro coetanei che non hanno intoppi tra le lenzuola e più si abbassa l’età, più il rischio cresce. «Chi ha più di trenta anni e ha difficoltà di erezione, dovrebbe fare dei controlli per verificare la sua salute cardiovascolare, anche se non avverte alcun sintomo sospetto». Si tratta naturalmente di effettuare semplici indagini preliminari, come un elettrocardiogramma a riposo, il controllo di glicemia e profilo lipidico; esami in base ai quali si può avere un’idea della reale pericolosità della situazione e decidere eventualmente di approfondire la questione. Proprio l’assenza di sintomi legati a patologie cardiovascolari permetterebbe di giocare d’anticipo, intervenendo prima che la malattia si manifesti e facendo così un’autentica prevenzione in chi non viene considerato normalmente a rischio. Inoltre un altro parametro da controllare, secondo gli esperti, è il livello di testosterone. Diversi studi hanno correlato basse quantità di questo ormone nel sangue di chi ha disturbi di erezione a una maggiore probabilità di sviluppare malattie cardiache. DIVERSI SPECIALISTI-l’American Heart Association, non inserisce la disfunzione erettile tra i fattori rischio cardiovascolare per chi non manifesta ancora una patologia di questo tipo. Ma se in passato i dati sull’argomento, specialmente riguardanti uomini sotto i 40 anni, erano scarsi, oggi le prove scientifiche del legame tra disfunzione erettile e rischio cardiovascolare sono più numerose e convincenti. Il paziente che presenta tale disturbo dovrebbe quindi essere seguito, secondo gli esperti, da diversi specialisti: endocrinologi, urologi, cardiologi. Una collaboraz. tra queste figure mediche porterebbe non solo a identificare la causa della disfunzione erettile nel paziente, ma anche a rilevare eventuali pericoli per il suo cuore e a scegliere il trattamento più efficace e privo di rischi per migliorare la sua salute sessuale. (Fonte: Salute-Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 26 SALUTE E STILI DI VITA MAL DI SCHIENA, MOLTI (sbagliando) PRESCRIVONO ANCORA IL RIPOSO È provato che restare attivi riduce il mal di schiena, ma il riposo assoluto è raccomandato ancora a molti pazienti Tutte le linee guida in tema di mal di schiena parlano chiaro: chi si ferma è perduto. Il riposo assoluto non fa bene, anzi: bisogna restare attivi e anche andare al lavoro, appena è possibile farlo. Invece, in barba a tutte le indicazioni, molti specialisti continuano a prescrivere «una piccola pausa dal lavoro» convinti che l'attività possa peggiorare i sintomi e ritardare la guarigione. Succede in Inghilterra, stando ai dati pubblicati sulla rivista Pain e raccolti da ricercatori dell'università di Londra su osteopati, fisioterapisti e chiropratici, ovvero i professionisti a cui più spesso si rivolgono i pazienti con mal di schiena dopo il medico di base. STUDIO – Gli autori hanno chiesto ai partecipanti: se e quante volte avessero visitato il luogo di lavoro dei loro pazienti con mal di schiena, se avessero consigliato il riposo se avessero indicato ai pazienti esercizi da poter fare durante l'orario di lavoro. Hanno inoltre valutato se i professionisti ritenessero un obiettivo del trattamento il ritorno a una piena mobilità e anche le loro convinzioni circa il lavoro, se e quando lo ritenessero dannoso per i pazienti e quali consigli dessero in merito ai loro assistiti. l'80 per cento ammette di aver consigliato l'astensione dal lavoro ai pazienti con mal di schiena qualche volta, il 13 per cento addirittura l'ha fatto spesso o sempre; per fortuna l'83 per cento ha prescritto esercizi specifici da poter fare sul luogo di lavoro per ridurre il dolore, ma c'è un 70 per cento che non ha suggerito ai pazienti modifiche ergonomiche per ridurre i fastidi alla schiena. FISIOTERAPISTI – I fisioterapisti sono risultati i professionisti meglio documentati sul tema, e in percentuali più basse consigliano il riposo; rispetto a chiropratici e osteopati, sono più di rado convinti che il lavoro possa provocare o peggiorare il dolore e tendono a limitare la durata dei cicli di trattamento, consigliando ai pazienti un rapido ritorno alle normali attività. «Il mal di schiena è la seconda causa di assenteismo nel nostro Paese – spiega Tamar Pincus dell'università di Londra. Questi dati indicano che molto potrebbe dipendere dalle false credenze dei professionisti a cui si rivolgono i pazienti. Abbiamo notato che pochissimi visitano il luogo di lavoro dei pazienti, e questo è molto negativo: sappiamo infatti che è assai utile intervenire in ufficio per modificare parametri che possono incidere sul mal di schiena, come l'ergonomia di sedie e scrivanie. Per ridurre i costi delle assenze dal lavoro e consentire ai pazienti di non “immobilizzarsi”, è opportuno che i professionisti si informino bene sul tipo di impiego dei pazienti e offrano consigli adeguati a garantire una buona permanenza in ufficio nonostante il mal di schiena». (Fonte: Salute-Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno I – Numero 26 DOMANDE E RISPOSTA PERCHÉ ALCUNI CIBI CI PIACCIONO E ALTRI NO? Molto dipende dai condizionamenti che riceviamo da piccoli. Infatti, più la dieta è variata fin da bambini, più si sapranno apprezzare cibi con caratteristiche organolettiche diverse da adulti. L’influenza inizia già fra i 2 e i 5 mesi di vita: il latte materno, infatti, cambia sapore a seconda di ciò che mangia la mamma. Ed è stato dimostrato che i gusti che si imparano ad apprezzare da lattanti saranno poi ricercati da grandi. (Meno tempo sul divano, meno cibo spazzatura - Perché ci piacciono tanto patatine fritte e gelati?) Lo zampino dei geni: Nei nostri gusti personali c’è però anche una componente genetica. La stanno studiando, a Trieste, i genetisti dell’Istituto Burlo Garofolo, che nel 2010 hanno compiuto un viaggio di 14.000 chilometri lungo la Via della Seta, per cercare, nelle popolazioni locali, caratteristiche genetiche legate al gusto degli alimenti tipici. Raccogliendo il Dna di 700 rappresentanti di 22 comunità, hanno così scoperto che i geni che aumentano la percezione del gusto amaro sono distribuiti in modo diverso. In Pamir, per esempio, il 37% delle persone non tollera l’amaro, una quota molto superiore a quella europea, che è del 7-15%. (Fonte: Focus) DOMANDE E RISPOSTA CHE COSA ERA IL SIERO DEL DOTTOR BONIFACIO? La considerazione che le capre sono immuni da tumori, e che quindi potrebbero possedere capacità immunitarie teoricamente trasferibili all’uomo, fu alla base delle ricerche condotte in forma in forma privata da Liborio Bonifacio, veterinario di Agropoli (Sa). APPRENDISTI STREGONI: nei primi anni Cinquanta, Bonifacio iniziò a produrre e distribuire gratuitamente un preparato tratto dalle feci delle capre. L’inventore chiamò il siero Oncoclasina. In realtà c’erano due sieri estratti da animali maschi e femmine per diversi tipi di tumori. PREPARAZIONE: Venivano preparati estraendo dalla capra macellata le feci e mescolandole con urina prelevata dallo stesso animale e aggiungendo un terzo di acqua bidistillata. Il tutto veniva amalgamato per 48 ore, filtrato e sterilizzato. La sostanza liquida ottenuta andava iniettata al malato ogni 48 ore. LE PRIME SPERIMENTAZIONI: nei primi anni Settanta la popolarità raggiunta dal “siero” costrinse le autorità mediche a pronunciarsi sulla sua efficacia. Una sperimentazione condotta dal ministero della Sanità decretò la sua inutilità, ma Bonifacio continuò a produrre e distribuire gratuitamente il siero fino al 1982. In quell’anno, il ministero della Sanità dichiarò insufficiente la prima sperimentazione e decise di eseguirne un’altra. La morte di Liborio Bonifacio, il 17 marzo 1983, pose però fine di fatto al riesame della sua ricerca. (Fonte: Focus)