Anno II – Numero 291 AVVISO 1. Presentato il testo: PHT, uno strumento utile per l’esercizio della professione del farmacista 2. Ordine: attestato corso formazione lavoratori Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Disabilità, solo il mal di schiena batte la depressione 4. Un bambino vaccinato contro una malattia può contrarla ugualmente? Alimenti e Salute 5. Frutta secca e cancro al pancreas, benefici per le donne 6. Contro la sindrome metabolica un aiuto arriva dai mirtilli 7. La pipì ha un cattivo odore? Scopri le possibili cause Prevenzione e Salute 8. Sangue dal naso frequente? Occhio alla pressione Mercoledì 20 Novembre 2013, S.Benigno Totò disse…….. Il coraggio ce l’ho. E la paura che mi frega. AVVISO Il testo sul PHT si può ritirare presso la sede dell’Ordine e Federfarma DISABILITÀ, SOLO IL MAL DI SCHIENA BATTE LA DEPRESSIONE A svelarlo sono i dati dell'Oms I dati raccolti dall'OMS non lasciano spazio a dubbi: solo il mal di schiena batte la depressione come causa di disabilità. Le analisi condotte da un gruppo di ricercatori guidati dalla ricercatrice dell'Università del Queensland di Herston (Australia) Alize Ferrari e pubblicate sulla rivista PLoS Medicine hanno infatti dimostrato che la depressione è una causa di disabilità in tutto il mondo, soprattutto nelle nazioni a reddito medio-basso. Nemmeno l'Italia resta esclusa dal problema, collocandosi, in termini di impatto della malattia, nella media rilevata a livello mondiale. “La depressione è un grande problema e dobbiamo senz'altro prestargli più attenzione rispetto a quanto non facciamo ora” ha commentato Ferrari, secondo cui le strade da percorrere per migliorare la situazione sono essenzialmente due: aumentare la consapevolezza della malattia e trovare nuovi metodi efficaci per trattarla. “Ci sono ancora molti pregiudizi associati alla salute mentale – ha aggiunto la ricercatrice – Ciò che una persona riconosce come disabilitante può essere diverso da ciò che viene riconosciuto da un'altra persona e può essere differente anche a seconda della nazione, ci sono molte implicazioni culturali e interpretazioni che entrano in gioco, tutti aspetti che rendono ancora più importante aumentare la consapevolezza della portata del problema, dei suoi sintomi e di come riconoscerlo”. (Salute, Sole 24Ore) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 SANGUE DAL NASO FREQUENTE? OCCHIO ALLA PRESSIONE Ma il fenomeno può essere legato anche a riniti o a troppo sole. In nove casi su dieci basta tamponare con ghiaccio Il «sangue dal naso» (epistassi) in più di 9 casi su 10 si risolve in pochi minuti senza strascichi, ma per alcuni può essere così intenso o frequente da richiedere l'intervento dei medici. Che cosa fare in questi casi? Quali i trattamenti più adeguati? Alla domanda hanno cercato di rispondere due diversi studi Usa, che indicano anche i rimedi per il problema quando è lieve. Una prima ricerca, pubblicata su Otolaryngology - Head and Neck Surgery, ha preso in esame 147 pazienti arrivati dall'otorinolaringoiatra per epistassi fra il 2005 e il 2011: tutti erano casi abbastanza complessi, non risolti con il "fai da te" casalingo. Gli autori hanno cercato di capire gli effetti a breve e lungo termine dell'intervento scelto dal medico, ad esempio se e come veniva risolto il problema o se vi fossero conseguenze sul numero di recidive. NO AI TAMPONI DI GARZE - un primo dato certo è la poca opportunità di piazzare nel naso tamponi di garze assorbenti: in quasi 2 casi su 3 non funzionano e per di più favoriscono le ricadute. Il motivo è che il tampone aderisce ai coaguli di sangue e basta toglierlo per veder spesso ricominciare daccapo il sanguinamento. Efficaci invece la cauterizzazione (con agenti chimici o una piccola corrente elettrica) dei vasi che si sono lesionati, così come la loro embolizzazione o il "legamento". Misure però "estreme" queste due ultime, come conferma l'ampia analisi condotta su oltre 57mila pazienti. TAMPONARE COL GHIACCIO - In un paziente su due, invece, il medico opta per la cauterizzazione dei vasi coinvolti, mentre nel 38% anche il medico non fa molto di più di quello che potremmo fare noi a casa: evitare che il sangue venga inghiottito, facendo stare la persona con la testa dritta o piegata in avanti (mai testa all'indietro, perché il sangue continua a uscire e si finisce per deglutirlo), comprimere le narici tenendole fra pollice e indice per qualche minuto, applicare un po' di ghiaccio alla radice del naso per favorire il blocco del sanguinamento grazie alla vasocostrizione da freddo. Questi - sottolineano le due esperte - sono i rimedi che risolvono la maggioranza degli episodi: per fortuna, infatti, l'epistassi di solito non è grave né richiede particolari accorgimenti. Bisogna, però, chiedere aiuto se dopo 20-30 minuti il sangue non accenna a fermarsi. CAUTERIZZAZIONE - E proprio queste sono le situazioni, assieme ai casi in cui gli episodi diventano molto frequenti, in cui la cauterizzazione è più indicata: è un metodo semplice e senza grossi effetti collaterali per risolvere il problema se è quantitativamente consistente o ricorrente. Quando non è così, bisogna più che altro stare calmi e armarsi di pazienza, senza neppure farsi impressionare: nei bambini spesso e volentieri l'epistassi dipende dalla cattiva abitudine di mettere le dita nel naso provocando piccoli traumi; negli adulti può essere dovuta a banali riniti o anche alla vasodilatazione indotta dal troppo sole. «I nostri dati indicano, tuttavia, che alcuni adulti sono più a rischio di epistassi. L'ipertensione, infatti, può facilitare il sanguinamento dal naso, così come le malattie della coagulazione; un aumento della probabilità si vede anche in pazienti con malattie cardiache, come la fibrillazione atriale, perché sono in cura con anticoagulanti, oppure in chi segue una terapia a base di antinfiammatori non steroidei, perché anche questi farmaci rendono il sangue meno capace di coagulare bene e le piccole emorragie quindi si bloccano con più difficoltà da sole». MISURARE LA PRESSIONE - Il consiglio da seguire se il sangue dal naso diventa una consuetudine? Prima ancora di cauterizzare i vasi, provarsi la pressione: se è alta, curarsi farà spesso scomparire i sanguinamenti oltre a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, come infarti o ictus. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 SCIENZA E SALUTE UN BAMBINO VACCINATO CONTRO UNA MALATTIA PUÒ CONTRARLA UGUALMENTE? Quando si viene a contatto con un agente infettivo perché contagiati da un soggetto infetto o perché vaccinati con un preparato contenente virus, batteri o loro costituenti, il nostro sistema di difesa (sistema immunitario) si allerta ed elabora una risposta che, pur lievemente diversa da caso a caso, tende sempre ad eliminare ciò che viene considerato estraneo e, quindi, potenzialmente dannoso. Due sono gli aspetti più evidenti di questa risposta. Il primo è la produzione di anticorpi, cioè di sostanze capaci di neutralizzare alcune componenti dell’agente infettivo, inattivandolo, il secondo è la costituzione di un gruppo di cellule cosiddette di memoria che hanno la funzione di mantenere attive le difese nel senso che, essendo capaci di riconoscere gli agenti infettivi che ne hanno indotto la produzione, possono nel caso di una seconda infezione attivare una risposta protettiva. Ambedue questi meccanismo sono sfruttati dai vaccini così che, come avviene dopo la malattia, un vaccino è in grado di far produrre anticorpi e di costituite una memoria immunologica per la protezione a lungo termine. Ma non tutti gli organismi sono eguali e la risposta indotta da un vaccino, così come quella determinata da una infezione, può essere più o meno rilevante. In certi casi può essere relativamente bassa o nulla e questo rendere inutile la somministrazione del vaccino o, se era in gioco una infezione, impedire una adeguata difesa. In genere, le dosi delle componenti dei vaccini che debbono evocare la risposta immunitaria protettiva sono calcolate in modo da ottenere la risposta voluta nella totalità dei vaccinati. In realtà, situazioni diverse, di solito condizioni che comportano una minore efficienza del sistema immunitario (stati di malattia, malnutrizione, disturbi congeniti delle difese) possono determinare una minore risposta e far sì che il vaccino non dia la protezione sperata. Ciò si verifica, fortunatamente in non più del 5%-10% dei casi, un numero estremamente ridotto che non inficia l’elevata efficacia delle vaccinazioni. La presenza di questa piccola quota di soggetti che non rispondono rende, tuttavia, ragione del fatto che, talora, anche se raramente, bambini vaccinati contraggano egualmente la malattia da cui avrebbero dovuto essere protetti. Attenzione, però, che questo può avvenire tranquillamente anche per le malattie che, lasciando una immunità permanente, non dovrebbero ripetersi. Tipico è il caso del morbillo e della parotite, due malattie che, fatte una volta, non dovrebbero più preoccupare. Ciò è vero per la stragrande maggioranza dei soggetti ma vi sono segnalazioni di persone che hanno fatto 2 volte il morbillo o la parotite. Ciò è legato al fatto che la prima volta, probabilmente perché presente una delle condizioni che favoriscono una ridotta risposta immune, l’organismo non è stato capace di proteggersi ed è, quindi, rimasto esposto ad una seconda possibilità di infezione. Infine non si deve dimenticare che la protezione indotta dai vaccini, così come quella determinata da una malattia dovuta a un ben preciso agente infettivo, può avere una durata diversa da preparato a preparato o da malattia a malattia. Ciò dipende proprio dalle interazioni che si vengono a creare tra agente infettivo e sistema immunitario e giustifica pienamente perché – per certe vaccinazioni – è necessario fare di tanto in tanto un richiamo che serve a rinforzare l’immunità che, nel tempo, si riduce, sfruttando quelle cellule della memoria che erano state indotte dal primo contatto con l’agente infettivo. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 ALIMENTI E SALUTE FRUTTA SECCA E CANCRO AL PANCREAS, BENEFICI PER LE DONNE Le buone notizie arrivano da Harvard Frutta secca contro il cancro al pancreas. E' questa la ricetta suggerita alle donne dai ricercatori dell'Università di Harvard, autori di uno studio pubblicato sul British Journal of Cancer che ha dimostrato che consumare almeno 2 volte alla settimana 28 grammi di noci, nocciole, pistacchi ed altra frutta secca riduce la probabilità di sviluppare questa forma tumorale indipendentemente da altri noti o ipotetici fattori di rischio, come l'età, l'altezza, il peso e l'attività fisica, il fumo, il diabete e abitudini alimentari scorrette. La ricerca ha inizialmente coinvolto più di 75 mila donne. Gli autori hanno però escluso dalle analisi chi aveva già avuto a che fare con un tumore. In tutti gli altri casi il consumo di frutta secca è stato valutato all'inizio dello studio e ogni 2 o 4 anni. L'analisi dei dati raccolti ha svelato l'effetto protettivo di questi alimenti, il cui consumo, ricordano i ricercatori, “è stato associato a un rischio ridotto di diabete mellito, che è un fattore di rischio per il cancro al pancreas”. Non solo, le donne che consumano regolarmente quantità significative di frutta secca sono più magre rispetto a quelle che non la amano. Gli effetti protettivi svelati dai ricercatori di Harvard si uniscono a quelli portati alla luce da altre ricerche scientifiche, che includono la riduzione del rischio di malattie cardiache, di sindrome metabolica e di diabete di tipo 2 e, nel caso degli uomini, una migliore qualità dello sperma. (Salute, Sole24ore) CONTRO LA SINDROME METABOLICA UN AIUTO ARRIVA DAI MIRTILLI Secondo un nuovo studio i loro polifenoli hanno un effetto allo stesso tempo preventivo e terapeutico I polifenoli dei mirtilli neri proteggono l'organismo dalla sindrome metabolica e posso addirittura aiutare a ridurne i sintomi. A dimostrarlo è uno studio pubblicato da un gruppo di ricercatori dell'Università del Maine (Usa), sulla rivista Applied Physiology, Nutrition, and Metabolism. Gli scienziati hanno scoperto che nutrire ratti obesi con quantità di mirtilli corrispondenti al consumo quotidiano di due tazze di questi frutti di bosco permette di migliorare le capacità di contrazione e rilassamento dei vasi sanguigni, compromesse dall'obesità. Questo effetto, riscontrabile dopo 8 settimane di consumo regolare di mirtilli, contribuisce a migliorare il flusso sanguigno e a ridurre la pressione sanguigna. Ciò significa che i mirtilli possono aiutare a limitare i danni alle pareti dei vasi sanguigni e a contrastare l'intolleranza al glucosio che può portare al diabete. Molte sostanze presenti nel cibo possono aiutare a prevenire la sindrome metabolica, condizione in cui sono presenti contemporaneamente diabete, pressione alta e obesità. Nel caso specifico dei mirtilli i loro polifenoli contribuiscono a normalizzare i livelli di infiammazione e a migliorare la funzionalità dei vasi sanguigni. Attenzione, però: la cottura può ridurre significativamente le quantità di queste molecole. Il consiglio degli esperti è quindi di mangiarli crudi, prestando però attenzione alla loro provenienza. (Salute, Sole 24ore) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 SCIENZA E SALUTE LA PIPÌ HA UN CATTIVO ODORE? SCOPRI LE POSSIBILI CAUSE Infezioni, alimentazione, malattie... Ecco come interpretare le più comuni anomalie nelle urine. Di norma dovrebbe essere limpida, di colore giallo paglierino, inodore. Ma può capitare che la pipì, il liquido prodotto dai reni durante il processo di filtraggio del sangue, abbia un odore sgradevole. Si tratta di un sintomo che può dipendere da numerosi fattori, molto diversi tra loro: alcuni del tutto innocui, come l'assunzione di alcuni cibi o di alcune medicine, altri che dovrebbero suonare come un campanello d'allarme. Ecco le cause più frequenti. Alimentazione: In molti casi, l'odore sgradevole della pipì può semplicemente dipendere dall'alimentazione. Se i liquidi introdotti sono troppo scarsi (scopri quanta acqua bere alla tua età), la pipì ha infatti un odore più intenso, a causa della maggiore concentrazione di metaboliti (le scorie). Anche alcuni cibi, tra cui asparagi, cavolfiori, aglio, possono conferire alla pipì un odore molto forte e sgradevole. Nel caso degli asparagi, in particolare, l'odore è determinato dall'acido aspartico e da alcuni gruppi sulfurei contenuti nell'ortaggio. Infine, un eccessivo consumo di integratori a base di vitamina B6 e di acido lipoico (una vitamina non essenziale), così come l'assunzione di alcuni antibiotici, come per esempio amoxicillina, ampicillina, ciprofloxacina, possono essere causa di urine maleodoranti. In tutti questi casi, l'odore sgradevole delle urine non è correlato a patologie. Infezioni: Nel caso di cistiti, pielonefriti (infezioni renali), uretriti (infezioni dell'uretra, il piccolo canale che consente all'urina di fuoriuscire), l'odore è causato da alcuni batteri, come Proteus, Pseudomonas, Providencia, Morganella, che trasformano l'urea (una componente dell'urina) in ammoniaca. Ecco perché, in questi casi, l'odore caratteristico è quello di ammoniaca o di candeggina. Soprattutto negli anziani, si può anche avvertire un odore di birra fermentata. Malattie: L'odore delle urine può anche essere associato a insufficienza epatica, determinata da varie patologie croniche del fegato, o a fistola retto-vaginale (una connessione tra la parte inferiore dell'intestino e la vagina). Tra le cause c'è anche la chetoacidosi diabetica, una complicanza del diabete provocata da carenza di insulina: in questo caso, le urine hanno un odore dolciastro, simile all'acetone. Più rare, ma assai caratteristiche, sono la leucinosi, la trimetilaminuria, la fenilchetonuria. Si tratta di tre patologie metaboliche, in cui alcuni aminoacidi non vengono assimilati dal corpo e perciò si accumulano. Le urine, in cui convogliano le sostanze di scarto, odorano rispettivamente di sciroppo d'acero, di pesce, di topo (quest'ultimo è un odore sgradevole e caratteristico, pungente e muschiato). Cosa fare: se l'odore sgradevole si manifesta saltuariamente e scompare nell'arco di 48 ore non c'è da preoccuparsi. Se invece persiste per tre o quattro giorni è opportuno rivolgersi al medico di famiglia, che prescriverà l'esame completo delle urine e l'urinocoltura. Il primo riguarda la parte chimico-fisica delle urine (colore, volume, aspetto, pH…), la seconda consente invece di individuare un'eventuale infezione batterica o fungina. Se quest'ultimo esame risulta positivo, si effettua l'antibiogramma, un test che permette di valutare la sensibilità di un batterio a un determinato antibiotico, in modo da prescrivere il farmaco appropriato a contrastare la specifica infezione. Per indagini più approfondite, il consiglio è quello di rivolgersi allo specialista urologo. (Ok, Salute e Benessere) PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 7 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 8 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 9 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 10 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 11 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA 12 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291 PAGINA10 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 291