Anno II – Numero 307 Giovedì 12 Dicembre 2013, S . Giovanna Francesca Frémyot di Chantal Proverbi Napoletani… Napoletani…. Notizie in Rilievo Meglio pane e cepolle ‘a casa soja, ca galline e cunfiette ‘a casa ‘e ll’ate Meglio essere padrone povero piuttosto che servitore ricco. Farmacia e salute ORDINE: Stasera, 12 Dicembre CORSO ECM 1. Vitamine: con uso antiacidi a lungo termine possibile deficit Scienza e Salute 2. Aria troppo inquinata negli uffici, Il Cnr lancia l’allarme Alimenti e Salute 3. Buffaloberry, il licopene nascosto dagli Indiani d'America Prevenzione e Salute 4. Stitichezza nei neonati: quali sono i rimedi? 5. È allarme in Francia sulla moda dei tatuaggi 6. Calli, i modi per risolverli 7. Alito cattivo, ecco cosa puoi fare Stasera presso la sede dell’Ordine un corso su:“Un nuovo punto di “Vista” sulla gestione del paziente in farmacia”. Alle ore 20.30-20.45 Welcome Coffee e Registrazione Partecipanti. STITICHEZZA NEI NEONATI: QUALI SONO I RIMEDI? Per stitichezza si intende l’emissione di feci formate, dure, che spesso si associa a diminuita frequenza nell’emissione delle stesse. Nel neonato questo evento è davvero molto raro, specialmente se è allattato al seno. Se tuttavia si verifica nei primi mesi di vita è necessario accertarsi che il neonato cresca normalmente (indice di assunzione di quantità di latte idonea) e che abbia una diuresi normale (indice di un adeguato apporto di liquidi). Nel caso il neonato cresca molto poco e non emetta urine regolarmente va verificata l’adeguatezza dell’allattamento. Normalmente se il neonato è allattato al seno si consiglia alla madre una dieta ricca di fibre (frutta, verdura) anche se è difficile prevederne l’effetto sul neonato. E’ difficile pensare di arricchire di fibre il latte materno, ma anche nei bambini alimentati con le formule l’aggiunta di fibre non è sempre efficace. In questi ultimi si potrebbe pensare a somministrare qualche cucchiaino di frutta dopo il pasto. Dall’Oriente arrivano indicazioni sul massaggio corporeo e la frequenza delle evacuazioni: un massaggio che parta dal capo e scenda al tronco e all’addome per finire agli arti sembra essere efficace in alcuni casi (cinesi docent!). Solo in caso che il bambino abbia dolori, mangi poco e sia molto infastidito può essere utile ricorrere al sondaggio rettale e ai microclismi, che vanno considerati un intervento di emergenza e non di routine. (Salute, Corriere) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 307 FARMACI E SALUTE È ALLARME IN FRANCIA SULLA MODA DEI TATUAGGI Molti inchiostri sono nocivi e vari colori saranno vietati Ormai in Francia è partito il conto alla rovescia: dal 1° gennaio farsi un tatuaggio colorato sarà un affare complicato. Il divieto scatterà in seguito alla richiesta inoltrata dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del farmaco. In realtà c'è stato un rinvio dell'entrata in vigore del provvedimento a causa delle proteste della categoria professionale dei tatuatori, che teme un crollo degli affari. A essere tollerati saranno unicamente il nero, il bianco, il grigio, il verde e il blu (in tinte limitate per gli ultimi due). Per tutti gli altri colori è stato stabilito che si corrono rischi per la salute: il giallo, il rosso, alcuni blu e verdi contengono additivi di cui non si conosce l'origine e che, iniettati nella pelle, passano nel sangue. In Francia, stando a un sondaggio realizzato tre anni fa dall'Ifop, l'istituto di statistica, a ospitare sulla propria pelle un tatuaggio è il 10% delle persone. Tra chi non è tatuato, un francese su sei sta pensando di fare questo passo. Si tratta di una moda diffusa in tutte le classi sociali. E, se originariamente i disegni erano spesso piccoli, ora si è diffusa l'usanza di ricoprire ampie porzioni di pelle, compreso il viso. Intanto sta prendendo piede anche il procedimento contrario, cioè l'eliminazione dei tatuaggi. Questo avviene soprattutto negli Stati Uniti, dove un quarto degli studenti ha uno o più tatuaggi, ma dove metà di loro vuole eliminarli dopo qualche anno. Ci si può anche pentire di scelte fatte in gioventù. Mentre in precedenza era quasi impossibile rimuovere i tatuaggi, perché bisognava ricorrere alla chirurgia, che però lasciava vistose cicatrici, adesso il procedimento è più semplice grazie alla tecnologia laser. A seconda della grandezza dei disegni, della loro posizione e soprattutto della qualità dell'inchiostro utilizzato, una decina di sedute può bastare per rimuovere i tatuaggi. Il risultato è più difficile da ottenere per le pelli chiare e quelle nere. (Italia Oggi) VITAMINE: CON USO ANTIACIDI A LUNGO TERMINE POSSIBILE DEFICIT Usare per oltre due anni inibitori della pompa protonica e antagonisti dei recettori H2 dell'istamina, due tipi di farmaci anti-acido, può causare una deficienza dei livelli di vitamina B12. A rivelarlo uno studio che compare sulla rivista Jama. Si tratta di due farmaci che sopprimono la produzione dell'acido gastrico, che può portare a sua volta al malassorbimento della vitamina B12. Gli inibitori della pompa protonica e gli antagonisti dei recettori dell'istamina sono fra gli anti-acidi più comunemente diffusi negli Stati Uniti. Eppure, esistono pochi dati sull'associazione fra l'esposizione a lungo termine a questi prodotti e la deficienza di vitamina B12. Studio: seguiti 25.956 pazienti con una nuova diagnosi di deficit di B12 fra gennaio 1997 e giugno 2011 e 184.199 pazienti senza deficit di B12 e confrontato le loro esposizioni agli inibitori dell'acido gastrico. Risultati: hanno mostrato che assumere quei farmaci aumentava il rischio di deficit di vitamina B12 e questo incremento era più sensibile nelle donne. (Agi) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 307 ARIA TROPPO INQUINATA NEGLI UFFICI, IL CNR LANCIA L’ALLARME Dal benzene alla formaldeide, 30 sostanze inquinanti “indoor”. Al lavoro meglio andarci con la mascherina In ufficio, meglio andarci con la mascherina. Sembra un’esagerazione, ma non lo è, visto che un vasto progetto europeo di ricerca che ha preso in esame circa 200 edifici moderni adibiti a ufficio, almeno 20 per ognuno degli otto Paesi coinvolti (Italia, Francia, Finlandia, Olanda, Ungheria, Grecia, Spagna e Portogallo), ha riscontrato livelli di inquinati “indoor” addirittura superiori rispetto a quelli dell’aria esterna. In particolare, per la maggior parte degli edifici adibiti ad ufficio esaminati, sono stati riscontrati livelli di inquinamento da formaldeide, benzene e terpeni anche di gran lunga superiori ai livelli di soglia. Colpa delle pavimentazioni (come il linoleum), degli arredi in legno, di colle, vernici e prodotti di pulizia, dai detergenti ai deodoranti, delle fotocopiatrici e delle stampanti. A lanciare l’allarme sull’inquinamento dell’aria negli ambienti confinati è il Cnr che ha analizzato 1.500 campioni nell’ambito della ricerca europea «OfficAir Project», dedicata alla riduzione degli effetti sulla salute dall’esposizione agli inquinanti dell’aria nei moderni uffici. TRENTA INQUINANTI - Il Cnr ha identificato e valutato più di 30 inquinanti presenti in ambiente indoor studiando banche, call center, centri di ricerca e uffici vari. Qualche es. per rendersi conto della qualità dell’aria che respiriamo in ufficio? «Negli uffici esaminati in Italia, in inverno, abbiamo rilevato una concentrazione “indoor” di formaldeide, riconosciuto come cancerogeno, di circa 15 microgrammi per metro cubo, all’esterno si ferma a 4 microgrammi. In estate le concentrazioni aumentano e si passa a 18 microgrammi in interno e 9 in esterno. La soglia oltre la quale la formaldeide desta preoccupazione è 10 microgrammi per metro cubo», spiega Rosanna Mabilia, del dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr. LA SCELTA DEGLI SPAZI - I Paesi selezionati per la ricerca sono rappresentativi delle diverse condizioni geografiche e meteorologiche e sono stati scelti gli spazi più standardizzati, cioè quelli con le stesse caratteristiche in tutto il mondo (dai sistemi di climatizzazione alla ventilazione meccanica dell’aria e l’illuminazione artificiale) per avere maggiore uniformità. Le analisi sono state condotte sia in estate che in inverno e le rilevazioni interne sono state effettuate contemporaneamente a quelle esterne. Nessuno degli edifici esaminati ha più di 10 anni di età. Dopo una prima indagine generica sui 200 edifici, sono stati condotti studi di dettaglio su un numero compreso tra 3 e 8 edifici per ciascuno degli otto Paesi coinvolti e su un numero esteso di inquinanti, in particolare composti organici volatili e aldeidi, in particolare la formaldeide, il più presente negli ambienti confinati. «In tutti i Paesi abbiamo sempre riscontrato che le concentrazioni di inquinanti indoor sono più alte di quelle outdoor». LA SELEZIONE DEI COMPOSTI - Ma come sono stati selezionati i composti da analizzare? «L’Oms ha individuato 10 composti che devono essere monitorati per il loro potere cancerogeno e per gli effetti negativi che questi hanno sulla salute, tra cui benzene, naftalene, formaldeide. Oltre a questi, noi abbiamo esteso l’indagine ad un numero superiore di composti, ben trenta, per considerare sia gli inquinanti emessi direttamente da materiali e sorgenti vari, sia quei composti che pur non essendo di per sé dannosi sono particolarmente reattivi e reagiscono all’ozono dando vita a inquinanti dannosi» RISULTATI ALLARMANTI - I risultati della ricerca sono particolarmente allarmanti «se si considera che passiamo la maggior parte della nostra giornata in ufficio e che una percentuale significativa della popolazione degli Stati membri dell’Ue lavora quotidianamente negli uffici, percentuale destinata ad aumentare in futuro». (Fonte: Adn-Kronos) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 307 ALIMENTI E SALUTE BUFFALOBERRY, IL LICOPENE NASCOSTO DAGLI INDIANI D'AMERICA I frutti di Shepherdia canadensis sono preziose fonti di antiossidanti Il suo nome comune, buffaloberry, potrebbe dire ben poco alla maggior parte delle persone. Eppure il frutto della Shepherdia canadensis nasconde grandi quantità di composti antiossidanti preziosi per la salute. A svelarlo è uno studio pubblicato sul Journal of Food Science, secondo cui all'interno di questo frutto di bosco, tipico dei territori nord-occidentali del continente americano, sono presenti dosi elevate di licopene e di un composto ad esso correlato, il metil-licopenoato, dalle proprietà antiossidanti e nutrienti. “Queste specie sono adattate ai suoli aridi e possono tollerare i climi più aridi – spiegano i ricercatori – Il buffaloberry prospera nelle riserve delle tribù degli Indiani d'America, dove produce quantità copiose di frutti benefici per la salute per il mercato dei prodotti freschi o dell'industria alimentare, fatto che lo rende una nuova potenziale coltivazione per i territori di confine”. Già diversi produttori del settore vinicolo hanno manifestato interesse nei confronti di questa nuova bacca, che entra di diritto fra le specie amiche della salute insieme a molti altri frutti di bosco dalle già comprovate proprietà benefiche per la salute. (Salute, Sole 24ore) CALLI, I MODI PER RISOLVERLI Fai-da-te inutile e pericoloso. Ecco come regolarsi Per risolvere il problema dei calli esistono ufficialmente tante strade. Ricorrere a un cerotto callifugo, a un preparato da banco o addirittura a un rimedio della nonna come incisioni in punti strategici della callosità del piede. Ma la verità è una sola: in poche altre situazioni, come davanti a un callo, il fai-da-te è inutile o addirittura dannoso (nel caso dei taglietti, per es., si rischiano infiammazioni o infezioni). L´unico davvero in grado di risolvere il problema è lo specialista: il podologo. Cosa sono i calli e perché vengono: I calli sono una difesa dell´organismo a un´aggressione esterna, a un trauma meccanico: eccessivo attrito delle scarpe oppure squilibrio del peso nell´appoggio a terra durante la camminata, dovuto a calzature sbagliate o a un passo non regolare. L´epidermide risponde all´"insulto" ispessendosi: si genera un eccesso di cellule morte, i cheratociti, che creano la callosità. In gergo medico si definisce ipercheratosi e può diventare patologica: callo da una parte, osso dall´altra e i tessuti molli che sono in mezzo compressi e doloranti. A volte c´è la comparsa di ematomi, dovuti alla rottura dei capillari, con l´aggiunta di sofferenza a sofferenza. (Salute, Libero) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 307 ALITO CATTIVO, ECCO COSA PUOI FARE Sembra un ostacolo impossibile. Invece si può vincere... Sgradevole come una vessazione. Odioso come il mobbing. In ufficio, l’alito pesante è visto come la più antipatica delle imposizioni da parte del vicino di scrivania o del capo. Un fenomeno sottovalutato: “L’alitosi riguarda il 50% della popolazione mondiale, connazionali compresi e senza distinzioni di sesso”, spiega A. Pilloni, presidente dell´Associazione italiana di ricerca per l´alitosi. “Nel 90% dei casi questo disturbo nasce nella bocca. Dipende cioè dalla cattiva qualità dell’igiene orale, e basterebbero un’adeguata prevenzione e pochi accorgimenti facili ed economici per risolvere il problema alla radice”. Invece il fenomeno viene troppo spesso sottovalutato o affrontato male. “Ci arrivano anche storie davvero tragiche”, di persone che, per colpa dell’alitosi, per anni non hanno avuto nessun partner”. A causa dell’alitosi, insomma, la coppia può anche “scoppiare”. O addirittura non formarsi proprio. Per non parlare delle relazioni sociali e del portafoglio. “Convinti che il problema dipenda dal fegato o dalla cattiva digestione”, riferisce infatti lo specialista, “moltissime persone sprecano tempo e denaro per recarsi da medici internisti o da tutta un’ampia gamma di altri esperti”. Quando invece la soluzione è a portata di mano: dal dentista e dall’igienista dentale, che possono insegnare l’"Abc" della prevenzione orale. Il nemico? La placca: Contrariamente a quanto si pensa, l’alitosi dipende dall´igiene della bocca. A scatenarla sono particolari batteri che trasformano altre sostanze presenti nel cavo orale, tra cui le proteine, nei pestilenziali composti volatili dello zolfo (Vsc), emessi poi con l´espirazione”. La chiave consiste quindi nel rimuovere al meglio la placca batterica. Non solo dai denti, ma anche dalle gengive. “Già nel 400 a.C. Ippocrate teorizzava che se le gengive sono sane l’alito migliora”,fa notare il numero uno dell’Aira, “ma nei secoli l´attenzione dei medici si è rivolta ad altri problemi e ha un po´ messo da parte questi insegnamenti lontani”. Pulizia più frequente: Anche i pazienti, però, hanno la loro fetta di responsabilità. “Si calcola che il 50% degli italiani frequenti regolarmente gli ambulatori odontoiatrici”, spiega Marialice Boldi, presidente dell´Associazione igienisti dentali italiani (Aidi). Ma di questi, aggiunge, “solo il 30% si sottopone periodicamente alla cosiddetta pulizia dei denti”. Una buona abitudine che tuttavia è in crescita, specie tra i ventenni e in generale fra i giovani ai primi approcci con l’altro sesso, che più degli altri curano l´immagine e desiderano presentarsi al meglio. (Salute, Libero) Perché la carta igienica è fatta da due veli? Se la carta igienica fosse fatta di un unico velo più spesso perderebbe in morbidezza e in leggerezza, e sarebbe anche più difficile farla sciogliere nel wc: tutti svantaggi per l’uso cui è destinata. La lavorazione a due veli della carta, ma anche a tre, a quattro e a cinque – come se ne trovano ora – permette invece ai vari fogli sovrapposti di trattenere un po’ d’aria tra l’uno e l’altro. Questo effetto “materasso” rende la carta stessa più soffice e allo stesso tempo più resistente. Prima? Un po’ di tutto La prima carta igienica industriale fu prodotta nel 1857 dall’americano Joseph Cayetty ed era in fogli separati. I rotoli fecero la loro comparsa nel 1879, grazie alla Scott Paper Company. La carta a due veli comparve invece nel 1942. Prima che arrivasse la carta igienica erano stati usati erba, foglie, spugne, muschio, stracci e fogli di giornale. (Focus)