Anno II – Numero 310 Martedì 17 Dicembre 2013, S. Lazzaro, Olimpia Proverbi Napoletani Napoletani…….. apoletani…….. Notizie in Rilievo Domande e risposta 1. Come reagisce il cuore quando ci innamoriamo? 2. Perché gli odori non sono uguali per tutti Scienza e Salute 3. Durante il sonno ci facciamo il lavaggio del cervello 4. La scienza del raffreddore Prevenzione e Salute 5. Quali esami sono necessari per avere una diagnosi certa di sarcoma all’utero? 6. Alcol: chi beve energy drink ha piu' probabilita' di ubriacarsi 7. Terza età, il consumo moderato di alcol migliora la memoria Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa nu buono Natale e mala Pasca (I debiti risolvono le cose solo temporaneamente). COME REAGISCE IL CUORE QUANDO CI INNAMORIAMO? Il cuore detta legge al cervello. Infatti, anche se la vera cabina di regia dei nostri stati d'animo è il cervello, nella fase dell'innamoramento c'è una strettissima correlazione tra ciò che avviene a livello neuronale e il nostro muscolo cardiaco. Chimica d'amore. Alle emozioni degli innamorati, dunque, corrisponde un'attività particolare di specifiche aree del cervello, che poi muta e si evolve nel tempo. Se la storia d'amore prosegue, le reazioni neurologiche cambiano. Per es., nella fase iniziale dell'infatuazione, il forte coinvolgimento emotivo fa scattare nel sistema nervoso centrale un segnale di allerta che attiva le ghiandole surrenali e innesca il rilascio di sostanze chiamate catecolamine (adrenalina, noradrenalina e cortisolo). Una vera e propria tempesta ormonale che alza la pressione arteriosa e aumenta la pressione cardiaca. In alcuni casi, anche di 10 battiti al minuto. E allora: sudorazione, palpitazioni, bocca secca, rossore alle guance e vampate di calore? Niente di grave: vi state innamorando. Tutta colpa del cuore. (Focus) Perché gli odori non sono uguali per tutti Sentite una puzza che gli altri non riescono ad avvertire? È perfettamente normale: quasi due terzi dei recettori olfattivi differiscono da una persona all'altra. Chiunque abbia mai regalato un profumo alla partner lo sa: la percezione degli odori è altamente soggettiva, e ciò che a noi sembra profumatissimo potrebbe far storcere il naso a un'altra persona. Il naso dell'uomo contiene circa 400 diversi recettori olfattivi, che collaborano per captare l'intero bouquet di odori che ci circonda. Ora questo fenomeno ha una spiegazione scientifica: il 30% dei recettori olfattivi umani differisce tra un individuo e l'altro (Nature Neuroscience, Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 310 PREVENZIONE E SALUTE QUALI ESAMI SONO NECESSARI PER AVERE UNA DIAGNOSI CERTA DI SARCOMA ALL’UTERO? È estremamente importante avere un responso precisa prima di affrontare un intervento chirurgico Domanda: A mia moglie, che ha 63 anni, hanno diagnosticato un sospetto leiomiosarcoma all’utero. Vorrei sapere con quali esami si può fare una diagnosi certa? Quali sono le cure più innovative ed efficaci? E la prognosi? Risponde Vittorio Quagliolo, resp. Unità Operativa Chirurgia Generale Oncologica e Chirurgia dei Sarcomi; Istituto Humanitas IRCCS, Rozzano Il leiomiosarcoma è di una neoplasia rara (i sarcomi infatti rappresentano solo il quattro per cento di tutti i tumori maligni dell’utero) la cui diagnosi va, prima di tutto, verificata con esami adeguati, come TAC e risonanza magnetica, all’addome e al torace. È estremamente importante avere una diagnosi precisa prima di affrontare un intervento chirurgico, perché l’asportazione di un leiomiosarcoma è completamente diversa da quella dei più comuni fibromi uterini che vengono operati con una procedura che, in pratica, li frantuma. Questa procedura, se si è in presenza di un sarcoma, porta però a una grave contaminazione della cavità addominale e quindi a una rapida crescita di recidive o metastasi. La cura migliore per un leiomiosarcoma è comunque sempre la chirurgia, che però prevede l’asportazione dell’utero ed eventualmente delle ovaie in blocco, anche in laparoscopia. Le cure postoperatorie (chemioterapia, terapie ormonali , radioterapia) vengono poi decise in base al tipo istologico di tumore, all’estensione e al grado di aggressività. Quando vengono diagnosticati in fase iniziale, la sopravvivenza per i leiomiosarcomi a basso grado è intorno al 90%. (Salute, Corriere) ALCOL: CHI BEVE ENERGY DRINK HA PIU' PROBABILITA' DI UBRIACARSI I giovani che consumano energy drink hanno anche una probabilità maggiore di bere alcolici, e di mixare le due bevande in una stessa sera, una pratica che può portare a danni gravi alla salute. Lo afferma uno studio dell'università del Michigan pubblicato dal Journal of Adolescent Health. Lo studio è stato fatto su 779 studenti universitari che sono stati sottoposti a questionari periodici per tre anni e mezzo sulle loro abitudini e sulle conseguenze degli eventuali eccessi nel bere, corredati dai dati su altezza e peso usati per calcolare il tasso di alcol raggiunto nel sangue. L'80 % dei soggetti studiati ha dichiarato di bere alcol, e il 51% aveva consumato almeno un energy drink durante lo studio. Il 30% ha ammesso di aver usato insieme le due bevande almeno una volta. Gli studenti che consumavano più energy drink erano anche quelli con un maggiore consumo di alcolici, raggiungevano picchi di alcol nel sangue e avevano una probabilità maggiore di ubriacarsi di avere conseguenze negative delle bevute. "Abbiamo scoperto che gli studenti tendono a bere di più e a intossicarsi maggiormente nei giorni in cui usano energy drink e alcol rispetto a quelli in cui bevono alcol da solo. Questo probabilmente è dovuto al fatto che le bibite alla caffeina diminuiscono la sensazione di ebbrezza, spingendo quindi i soggetti a bere di più. E' importante che le persone sappiano che mescolare questi due ingredienti può essere molto pericoloso". (Agi) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 310 DURANTE IL SONNO CI FACCIAMO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO Alcune cellule nervose si rimpiccioliscono per lasciare passare i liquidi che drenano le sostanze tossiche La notte per l’uomo è un periodo in cui nell’organismo tutto cambia rispetto al giorno, dal metabolismo all’attività del cervello, con modifiche necessarie per la nostra sopravvivenza. Anche quando la notte non c’è, o dura pochissimo, come nelle estati polari, abbiamo comunque bisogno di buio, riposo, sonno: un tempo per ricaricare le batterie, in cui però non siamo affatto inattivi, anzi. LA FASE DEL DORMIVEGLIA - Tutto inizia quando il sole tramonta: è allora che la ghiandola pineale nel cervello comincia a produrre la melatonina. «È un «ormone del riposo», che segnala al corpo di mettersi nella modalità di risparmio energetico: la temperatura interna si abbassa, l’attività degli enzimi si riduce, il metabolismo rallenta. Così ci prepariamo al sonno» chiarisce Roberto Manfredini, dell’Università di Ferrara. «Addormentarsi però non è come schiacciare un bottone: è difficile crollare appena si mette la testa sul cuscino. Se ci impieghiamo 15-20 min. da quando spegniamo la luce è normale. Peraltro la primissima fase di dormiveglia è molto interessante: si perde il contatto con la razionalità, le percezioni sono distorte e il cervello fa associazioni bizzarre. È un momento di estrema creatività: moltissime intuizioni geniali possono arrivare in questa fase. Niels Bohr ipotizzò la struttura dell’atomo proprio nel dormiveglia». COSA SUCCEDE QUANDO CI ADDORMENTIAMO - Quando finalmente ci addormentiamo, la temperatura corporea si abbassa ancora, così come la frequenza cardiaca e la pressione, per mettere a riposo l’organismo. Nel cervello però ferve l’attività: un recente studio pubblicato su Science dimostra che proprio di notte è 10 volte più efficiente il sistema linfatico, che smaltisce i rifiuti metabolici del cervello, ripulendolo dalle tossine accumulate di giorno. Alcune cellule cerebrali, probabilmente quelle gliali che servono a mantenere vitali i neuroni, si rimpiccioliscono durante il sonno: lo spazio fra queste cellule aumenta del 60% e ciò consente l’ingresso di una maggiore quantità di fluidi, che aiutano a drenare sostanze tossiche e scorie. I CICLI DEL SONNO - Il sonno, indispensabile per tutti gli esseri viventi forse proprio per questo effetto di “pulizia” cerebrale, è scandito da cicli di circa 60-90 min. in cui si alternano tre fasi: nelle prime due il sonno è man mano più profondo, la terza è la fase REM (da rapid eye movements) in cui si sogna. Una volta completato il ciclo si ricomincia daccapo, per circa 4-5 volte. «La durata delle diverse fasi non è omogenea nel corso della notte. All’inizio infatti le fasi non-REM, di sonno profondo, in cui complessivamente passiamo il 65% del tempo di sonno, sono molto più lunghe. Questo accade perché durante il giorno accumuliamo via via la necessità di sonno e all’inizio del riposo è quindi massimo il carico di stanchezza del nostro organismo: abbiamo estremo bisogno di recuperare energia e per questo passiamo più tempo nel sonno maggiormente ristoratore. Non solo: si è anche appurato che le aree cerebrali usate maggiormente durante il giorno e quindi più “stanche” (ad esempio, le aree motorie se si è fatta attività fisica) si addormentano prima e più profondamente, proprio perché devono recuperare molto. Dalle 3 di notte in poi si allungano invece le fasi REM, dalle quali è più facile svegliarsi: sono quelle in cui si sogna e verso le 6 arrivano a durare anche 50 minuti. Per questo è più probabile ricordare i “lunghi” sogni del mattino che quelli fatti a notte fonda». PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 310 LE ORE DI SONNO - Il numero di ore di sonno necessarie per ciascuno di noi è variabile: esistono i «brevi dormitori», vispi e arzilli dopo 4 ore di riposo, ma anche chi sta bene solo se dorme almeno 9 ore. Ci accorgiamo di dormire a sufficienza se poi, durante il giorno, «funzioniamo» bene; l’importante è che il sonno non sia frammentario, perché ogni volta che ci svegliamo dobbiamo ricominciare daccapo il “viaggio” nelle diverse fasi del sonno e inevitabilmente passiamo meno tempo nel sonno profondo e ristoratore. «Non sappiamo invece con precisione perché si sogna, ma è un’attività indispensabile e lo fa anche chi pensa di non sognare» dice la neurologa. LE REAZIONI DEL CORPO -E mentre il cervello dorme e sogna, neppure il corpo riposa: nelle prime ore del mattino nell’uomo inizia ad aumentare la produzione di testosterone, che ha poi un picco 3-4 ore dopo, al risveglio, e sembra connesso alla comparsa delle erezioni notturne, così come a un incremento del desiderio sessuale nel primo mattino. «Anche il cortisolo viene prodotto a partire dalle ore 2-3 di notte e ha un picco intorno alle 8: ha un effetto immunosoppressivo e questo spiega perché malattie come l’artrite reumatoide siano fastidiose al risveglio, tanto che oggi si usano formulazioni di farmaci che consentono il rilascio dei principi antinfiammatori durante la notte. In prossimità del risveglio e in concomitanza con la fase REM si incrementa anche l’attività del sistema nervoso autonomo: crescono pressione arteriosa e frequenza cardiaca, il tono dei vasi aumenta e le arterie, soprattutto le coronarie, riducono il loro lume dal 4% in chi è sano, fino all’8% in pazienti con disfunzioni dell’endotelio, il tessuto che ricopre internamente i vasi. A questo si aggiungono la tendenza a una maggiore aggregazione delle piastrine, ancora più probabile in presenza di placche di aterosclerosi, e la riduzione dell’attività di enzimi che “sciolgono” gli eventuali trombi. Al mattino perciò abbiamo la convergenza di almeno 10 elementi negativi: in chi è sano non è un problema, ma in soggetti più a rischio ciò può innescare infarti e ictus, più frequenti nelle prime ore del giorno». SE FOSSE SEMPRE NOTTE - Ma che cosa accadrebbe se fosse sempre notte? «Sono stati condotti molti esperimenti anche in Italia, nelle grotte di Frasassi, per capire che cosa accade ai ritmi circadiani se manca il sincronizzatore principale, la luce. Di certo ci “sfasiamo” e percepiamo il tempo diversamente, come fosse più lento, perché il ciclo «naturale» dell’uomo in una notte perenne si manterrebbe, così come la necessità di riposo, ma sarebbe un po’ più lungo: avremmo cioè un giorno fra le 24 e le 25 ore. Ciò spiega perché tolleriamo meglio viaggiare attraversando i fusi orari verso Ovest: di fatto allunghiamo la giornata, assecondando il nostro orologio biologico». E, forse, spiega anche perché le giornate ci sembrano sempre troppo corte. (Corriere) TERZA ETÀ, IL CONSUMO MODERATO DI ALCOL MIGLIORA LA MEMORIA L'effetto benefico riguarda però solo chi non è a rischio Alzheimer Bere uno i due bicchieri di vino al giorno può aiutare a mantenere il cervello attivo. Per poter beneficiare di questo effetto bisogna però rispondere ad un particolare requisito: non essere portatori del gene Apoe e4 associato al rischio di Alzheimer. I ricercatori delle Univ. del Kentucky hanno infatti scoperto che mentre negli anziani portatori del gene il consumo moderato di alcol è associato ad un maggior declino delle capacità cognitive e della memoria, in chi non presenta il gene Apoe e4 gli alcolici, se consumati in quantità limitate, aumentano sia le capacità di apprendimento che la memoria. I meccanismi alla base di questo effetto non sono stati ancora chiariti. Secondo gli autori dello studio potrebbero giocare un ruolo fondamentale le proprietà antinfiammatorie dell'alcol, già in passato associate a una riduzione del rischio di demenza, ictus, malattie coronariche e diabete di tipo 2. Nonostante questi benefici, gli esperti ricordano che un consumo eccessivo di alcolici ha effetti negativi sulla salute e che limitare la quantità di alcol assunto quotidianamente è fondamentale non solo per evitare l'insorgenza di nuove patologie, ma anche per evitare un aggravamento di malattie già conclamate. (Salute, Sole24 ore) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 310 LA SCIENZA DEL RAFFREDDORE Tredici consigli e curiosità sul raffreddore per conoscere e combattere il più fastidioso mal di stagione. Arriva poco dopo l’inizio della scuola e ci accompagna fino alle vacanze estive. C’è chi non abbandonerà mai la convinzione che un colpo di freddo faccia venire il raffreddore e chi è sicuro di prenderlo quando ha il sistema immunitario indebolito. Nonostante decenni di ricerche, alcune veramente curiose, anche la scienza è ancora perplessa di fronte al raffreddore. Ecco che cosa ad oggi può dire in materia. Con un’avvertenza: non è detto che le risposte siano definitive. 1. Quanti sono i raffreddori? Anche se perfino gli scienziati parlano del «virus del raffreddore», a causare il malanno sono cinque famiglie di virus. I più comuni, responsabili del 30-40% dei raffreddori, sono i Rhinovirus, di cui esistono circa 200 varietà geneticamente distinte. 2. Quante volte si prende? In media gli adulti prendono tra due e quattro raffreddori l’anno, i bambini tra sei e otto. Considerando solo i Rhinovirus, e calcolando per ogni raffreddore una durata di una settimana, sono in totale almeno cinque anni di moccio e starnuti in una vita. I virus del raffreddore vivono solo nel naso degli esseri umani, non negli animali, a parte gli scimpanzè e altri primati. 3. Si può prendere in estate? I virus del raffreddore sono diffusi a ogni latitudine e longitudine, ma sono stagionali. La stagione del raffreddore parte con un’escalation all’inizio dell’autunno, va avanti per tutto l’inverno fino a un nuovo picco a metà primavera. In estate, che sia gennaio in Australia o luglio in Siberia, il raffreddore quasi scompare. 4. Prendere freddo fa venire il raffreddore? È un’idea antica e intramontabile. In molte lingue la parola che indica la malattia ha qualche riferimento alle basse temperature: oltre all’italiano «raffreddore, lo spagnolo «resfriado», l’inglese «cold», il termine hindi «sardi». La scienza per ora non ha però trovato prove in supporto di questa convinzione. Anzi, prendere freddo non sembra aumentare il rischio di beccarlo, e neppure avere influenza sulla gravità della malattia. Uno dei primi studi in materia risale a sessant’anni fa: ricercatori che oggi probabilmente verrebbero giudicati sadici lasciarono un gruppo di volontari al calduccio, mentre lasciarono altri, dopo un bagno, nudi per un’ora e mezza in un corridoio pieno di correnti. Poi li fecero rivestire, indossando però calzini umidi per diverse ore. A tutti fu inoculato un virus del raffreddore. La percentuale di quelli che lo presero fu la stessa nel gruppo rimasto al caldo e in quello al freddo. 5. Come si trasmette? Ai tempi della prima guerra mondiale, i ricercatori dimostrarono quello che oggi pare ovvio: se si prende un concentrato di secrezioni nasali da una persona col raffreddore e si mettono nel naso o negli occhi di un’altra, anche alla seconda viene il raffreddore. Capire come avviene il contagio nel mondo reale è molto più complicato. 6. Il virus circola nell’aria? Forse. Anche se uno starnuto lancia particelle di saliva, e i germi eventualmente contenuti, alla velocità di un centinaio di chilometri l’ora nel raggio di metri, non sembra provato che il contagio possa avvenire attraverso l’aria. Negli anni ’50 si provò a dimostrarlo ma senza risultato. Perfino un bacio non sembra un modo di trasmissione efficace. Tosse e starnuti sono mezzi di trasmissione teoricamente possibili, ma non sembrano il modo privilegiato con cui il virus si diffonde. (Focus)