Anno III – Numero 330 Notizie in Rilievo Campagna Informativa 1. Sesso, all'Italia l'oro della "6 nazioni" A letto siamo noi i più soddisfatti Martedì 21 Gennaio 2014, S. Agnese Proverbio di oggi……. oggi…….. Tutto arriva a chi sape aspettà. Tutto arriva a chi sa aspettare. SESSO, ALL'ITALIA L'ORO della "6 NAZIONI" A LETTO SIAMO NOI I PIÙ SODDISFATTI Una ricerca medica sul disturbo della eiaculazione precoce rivela che i nostri connazionali "lo fanno meglio" di francesi, irlandesi e inglesi Scienza e Salute 2. Contrordine, il cioccolato riduce il rischio del diabete alimentare 3. Benefici del sole: abbassa la pressione Prevenzione e Salute 4. La pressione alta va abbassata. Ma di quanto dipende da caso a caso 5. Pancia in giù, pancia in su, così la schiena riposa Domande e Risposta 6. I pesci artici e antartici hanno l’antigelo? Dalla "sei nazioni" di rugby a quella... del sesso. Dove la nazione vincitrice è l'Italia. Da una ricerca medica fatta su Italia, Francia, Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda, è il nostro Paese a vincere la medaglia d'oro per soddisfazione nella vita sessuale. L'indagine ha messo sotto la lente 6mila persone dei Paesi considerati, a partire dall'esame del fenomeno dell'eiaculazione precoce. Risultati: sono gli italiani a vivere meglio la dimensione di coppia. Circa il 64% dei nostri connazionali si è dichiarato pienamente soddisfatto, mentre tra gli inglesi la percentuali scende intorno al 54%. Gli scozzesi hanno le più basse aspettative sul fronte del sesso, visto che circa uno su dieci si attende che l'erezione duri meno di due minuti. Al contrario, più di un terzo degli italiani pensa che i 10 min. siano la normalità. La ricerca, commissionata per aiutare proprio la lotta all'eiaculazione precoce, ha anche scoperto che più di uno quinto della popolazione vorrebbe che l'atto sessuale durasse più a lungo di quanto accade in realtà. Comunque, i medici che hanno eseguito le indagini dicono che a chiedere aiuto per migliorare la loro vita sessuale dovrebbero essere, visti i risultati, soprattutto inglesi, scozzesi e gallesi. "L'eiaculazione precoce può portare a frustrazione. Può avere un serio impatto negativo sulla qualità della vita degli uomini e delle loro partner. Il fenomeno è più diffuso di quanto si creda e gli uomini non devono sentirsi in imbarazzo nel rivolgersi al medico. Non c'è bisogno di soffrire in silenzio". L'indagine è stata realizzata per l'azienda farmaceutica Menarini, e sponsorizzata da alcuni giocatori di rugby, proprio per sensibilizzare tutti a non trascurare i propri problemi sessuali. (Salute, Tgcom24) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 330 PREVENZIONE E SALUTE LA PRESSIONE ALTA VA ABBASSATA MA DI QUANTO DIPENDE DA CASO A CASO Gli obiettivi variano a seconda della presenza di altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e anche dall’età. Interventi troppo drastici possono essere perfino danno La chiamano «killer silenzioso»: è infatti la responsabile principale di infarti e ictus. Eppure la pressione alta spesso non dà sintomi, se non nei casi gravi, in cui ha già fatto danni ad arterie e organi interni. Riconoscerla e combatterla è una priorità e quindi non stupisce che nel giro di soli sei mesi in Europa e negli Usa siano state pubblicate linee guida sull’ipertensione: due vademecum diversi che danno indicazioni pratiche su quali valori non oltrepassare, quando iniziare la cura con i farmaci e quali principi attivi scegliere. Il documento europeo, approvato dall’European Society of Hypertension e dall’European Society of Cardiology, è un lungo compendio preciso e articolato, che considera tutti i temi legati all’ipertensione (diagnosi, monitoraggio, strategie di trattamento per i pazienti complessi); quello Usa, pubblicato a inizio anno sul Journal of the American Medical Association, riflette il pragmatismo americano e contiene appena nove raccomandazioni, ma ha già sollevato polemiche, da entrambi i lati dell’Atlantico, perché si basa solo sul valore numerico di pressione, senza considerare troppo le caratteristiche del paziente a parte l’età. RISCHIO GLOBALE - «La valutazione di un paziente non può prescindere dal suo rischio cardiovascolare globale: un numero, da solo, non può giustificare un intervento terapeutico e focalizzare una cura solo sulla riduzione di un parametro non dà buoni frutti. Lo stesso valore di pressione può richiedere approcci diversi: un 60enne o un 70enne sano possono sopportare una riduzione della pressione ai classici 140/90; se però hanno già danni d’organo, ad es. arterie molto rigide o un infarto pregresso, è possibile che non tollerino più valori simili e scendere troppo potrebbe essere perfino controproducente». «Fattori di rischio come colesterolo alto, diabete, fumo, familiarità cambiano il quadro: se non teniamo conto della situazione nel complesso sarà difficile controllare l’ipertensione e ridurre davvero i pericoli per il paziente. In passato le soglie erano molto più rigide e prevedevano valori più bassi di pressione nei pazienti a rischio: gli studi e l’esperienza ci hanno insegnato che fino a 65-70 anni il limite oltre cui intervenire è 140/90 per tutti, mentre ad età superiori il limite a cui iniziare il trattamento è una pressione sistolica di 160 mmHg. Negli anziani sotto gli 80 anni se in buone condizioni generali tuttavia si può considerare una terapia farmacologica anche per pressioni sistoliche sopra i 140 mmHg se il trattamento è ben tollerato. Messaggio comunque importante che emerge dalle Linee Guida Europee è che le linee guida non sono un Vangelo e vanno adattate al singolo caso, tenendo conto del rischio cardiovascolare globale. In un giovane sano con un po’ di pressione alta si può intervenire solo sullo stile di vita, ma in un coetaneo diabetico uno “sforamento” anche minimo della soglia rende opportuno l’uso dei farmaci; anche in un ottantenne in salute si possono avere come obiettivo valori inferiori ai 140/90 come nei meno anziani, ma in un soggetto di questa età, fragile con altre malattie occorre essere meno aggressivi e accontentarsi di valori più alti, perché ridurre troppo la pressione potrebbe perfino danneggiare gli organi non facendo arrivare loro sangue a sufficienza». PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 330 STILE DI VITA - «Quando si trova la pressione alta, poiché è un parametro molto variabile, per un paio di settimane occorre misurarla in diversi momenti, per confermare innanzitutto la diagnosi -. Quindi si stabilisce il rischio cardiovascolare globale: bastano una chiacchierata con il medico e fare esami come ECG e analisi del sangue, in cui valutare profilo lipidico, glicemia e funzione renale. Solo dopo si decide come intervenire». Solleva, peraltro, scoprire che la corsa a renderci tutti “un po’ ipertesi”, abbassando continuamente le soglie di normalità, si è fermata: oggi non si punta più il dito su chi ha una pressione a 130/90 ipotizzando la necessità di pillole come in passato. Al di sotto dei 140/90 mmHg non c’è indicazione a dare farmaci, ma solo a cambiare lo stile di vita. «Le nuove linee guida ci danno il tempo di aspettare e decidere se e quando dare i medicinali: i primi tre-sei mesi dalla scoperta di un valore elevato di pressione servono per confermare la diagnosi e modificare le abitudini, ad es. smettendo di fumare e riducendo il consumo di sale e calorie. Va detto che gli interventi sullo stile di vita hanno molto margine di riuscita in soggetti sedentari, sovrappeso, fumatori; in altri casi non sono semplici né risolutivi; peraltro spesso la riduzione della pressione non è enorme. Questo significa che se la pressione è molto alta si passa ai medicinali abbastanza in fretta». QUALI FARMACI? - Le linee guida europee indicano quali sono i più adatti a seconda delle situazioni fra le cinque classi di farmaci a disposizione (diuretici, beta-bloccanti, calcio-antagonisti, ACE-inibitori, inibitori della renina), lasciando comunque molta libertà di manovra ai medici, come spiega Parati: «In teoria i farmaci di queste cinque classi sono tutti adeguati, in pratica occorre valutare le caratteristiche del paziente prima della prescrizione. Esistono controindicazioni e scelte preferenziali: i beta-bloccanti ad es. sono sconsigliati in caso di asma, ma da preferire in presenza di cardiopatia ischemica, sopratutto dopo un infarto miocardico in presenza di un’aneurisma dell’aorta; gli ACE-inibitori sono ottimi se c’è una disfunzione renale ma da non usare in donne in gravidanza. Le linee guida forniscono anche indicazioni sulla scelta se iniziare la terapia con un solo medicinale o affidarsi da subito ad una combinazione, suggerendo che, in pazienti ad alto rischio o con valori pressori molto elevati, si può optare subito per più di un farmaco, ma anche sottolineando come le associazioni non siano tutte uguali». «In chi ha un’alta probabilità di eventi cardiovascolari o la pressione superiore alla soglia di circa 20mmHg non vale la pena aspettare per capire se un medicinale solo basti a ridurre i valori, meglio prescrivere subito la combinazione più adatta. Detto ciò, l’ampia elasticità e le numerose possibilità di scelta indicate dalle linee guida europee sottolineano quanto sia importante mettere al centro di tutto il percorso l’iperteso, e non il “numero” con cui identifichiamo la sua ipertensione. Ostinarsi a inseguire un valore di pressione senza guardare al resto sarebbe come pretendere di curare i pazienti al telefono: inutile, oltre che sbagliato». (Salute, Corriere) CONTRORDINE, IL CIOCCOLATO RIDUCE il RISCHIO del DIABETE ALIMENTARE A sorpresa la cioccolata potrebbe ridurre il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2, quello alimentare, perché ricca di flavonoidi. Lo sostengono i ricercatori in uno studio pubb. sul Journal of Nutrition della Univ. che hanno controllato le abitudini alimentari e monitorato l'insulino-resistenza e i livelli di glucosio nel sangue di oltre duemila donne. Il cioccolato non è il solo cibo incluso nella ricerca. Anche grandi quantità di frutti di bosco, tè, uva rossa, prezzemolo, timo e sedano, tutti ricchi di flavonoidi svolgono un'azione protettiva. «Abbiamo scoperto che coloro che consumavano grandi quantità di cibi contenenti flavonoidi e antocianine avevano livelli di insulino resistenza molto più bassi rispetto a chi, invece, non li assumeva - spiega Aedin Cassidy. Chi mangiava molte antocianine era anche meno esposta all'infiammazione cronica, stato che si associa a malattie croniche molto frequenti come diabete, obesità, patologie cardiovascolari e cancro». (Salute, Il mattino) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 330 PREVENZIONE E SALUTE PANCIA IN GIÙ, PANCIA IN SU, COSÌ LA SCHIENA RIPOSA Dormire? Non per tutti è la stessa cosa. Così, l’associazione italiana Fisioterapisti ha elaborato una serie di accorgimenti per riposare meglio. Le posizioni del riposo consigliate riprese dall’azienda “Dorsal” vengono analizzate una per una. Ecco, di seguito, l’analisi dei fisioterapisti. Alcuni hanno la loro posizione preferita altri invece assumono posture diverse nel corso della notte, ma indipendentemente dalla posizione,è importante che la colonna vertebrale rimanga in posizione neutra. Questo significa che la schiena, quando è distesa a letto, deve mantenere le sue curve naturali, al fine di minimizzare gli stress meccanici che potrebbero favorire l’insorgenza del dolore. In fine va detto che per avere un riposo ideale è indispensabile affidarsi ad un adeguato sistema Letto:supporto anatomico, materasso e cuscino. Le posizioni del riposo: Distesi sulla propria schiena. Per dormire a pancia in su è sufficiente avere un cuscino dell’altezza giusta che mantenga la testa in posizione neutra (né troppo piegata in avanti né troppo indietro). Il supporto anatomico e il materasso ovviamente offriranno il giusto sostegno per garantire il mantenimento delle curve fisiologiche della colonna. Distesi sul fianco. Quando si dorme di fianco è opportuno mantenere la schiena in posizione neutra e le gambe piuttosto allungate. Vanno evitate le posizioni che mettono in stiramento i muscoli, i legamenti e i dischi. Il sistema letto idoneo non dovrà essere troppo rigido, ma al contrario,assecondare forma e peso del corpo, permettendo alla zona del fianco di scendere e trovare alloggio nel materasso. Dormire a pancia in giù. E’ potenzialmente pericoloso per la colonna vertebrale. In questa posizione infatti la testa viene ruotata da un lato e questo crea tensione ai muscoli ed ai legamenti del collo. Non solo, se il letto è troppo morbido questo provoca un eccessivo inarcamento e quindi stiramento della zona lombare. Se questa è comunque l’unica posizione in cui riuscite a dormire,va verificato che la testa, pur rimanendo ruotata, non sia troppo flessa o estesa. Come alzarsi dal letto. Il mattino è sempre un momento delicato per la schiena in quanto con il riposo notturno i dischi si riempiono di liquido. É buona abitudine quindi cominciare a mettere in movimento la schiena con esercizi leggeri, evitando movimenti bruschi ed estremi. Il modo per migliore per scendere dal letto è di girarsi sul fianco, piegare le ginocchia e portarle fuori dalletto, quindi spingersi con le mani per sollevarsi dal letto. Posizioni sconsigliate. Dormire a pancia in giù con un’anca flessa oltre i 90° crea una torsione del bacino che stira i tessuti lombari. Dormire a pancia in su con le mani dietro la testa mette in stiramento i nervi del plesso brachiale. Per evitare di far sorgere formicolio alle mani e altre sensazioni spiacevoli è meglio evitare questa postura. (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 330 SCIENZA E SALUTE BENEFICI DEL SOLE: ABBASSA LA PRESSIONE Ipertensione e malattie cardiache hanno un impatto maggiore nei mesi invernali e ad alte latitudini, dove c'è meno luce Sui danni che un'esposizione eccessiva ai raggi UV può fare alla pelle si è scritto molto. Ma questo noto effetto negativo del sole, che nella migliore delle ipotesi velocizza l'invecchiamento dell'epidermide e nella peggiore può causare tumori della pelle, rischia di oscurare altri suoi effetti molto positivi. Il suo ruolo protettivo per le ossa, per es., la sua preziosa funzione di antidepressivo e, a quanto pare, anche la sua efficacia nel tenere a bada la pressione sanguigna. Lo sostiene uno studio pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology secondo il quale l'esposizione al sole ridurrebbe la pressione alterando i livelli di monossido di azoto nella pelle e nel sangue. Quindi se limitare l'esposizione al sole è importante per prevenire il cancro alla pelle, eccedere del privarsi dei suoi raggi potrebbe risultare pericoloso soprattutto per quanti sono a maggior rischio di malattie cardiovascolari, che nel mondo causano circa il 30% delle morti. Si sa che la pressione sanguigna e la prevalenza delle malattie cardiache tendono a variare sia con la stagione sia in base alla latitudine: i livelli più alti si osservano d'inverno e nei paesi più distanti dall'equatore, dove le radiazioni ultraviolette sono più basse. Secondo Richard Weller, dell'Università di Edimburgo in Scozia, i metaboliti del monossido di azoto, che abbondano nella pelle, potrebbero essere coinvolti nella regolazione della pressione sanguigna. Per provarlo hanno esposto la pelle di 24 adulti sani a una dose di raggi UVA equivalente a mezz'ora di luce solare naturale. I loro risultati dicono che l'esposizione ai raggi UVA dilata i vasi sanguigni, abbassa notevolmente la pressione e altera i livelli dei metaboliti del monossido di azoto nella circolazione. I dati raccolti dai due studiosi sono coerenti con la variazione stagionale della pressione sanguigna e del rischio cardiovascolare a latitudini temperate. Per questo gli autori suggeriscono sottolineano le implicazioni che i loro risultati possono avere per la salute pubblica e propongono di rivalutare il rapporto rischi-benefici dell'esposizione alla luce del sole. (Salute, Panorama) I PESCI ARTICI E ANTARTICI HANNO L’ANTIGELO? Sì: per sopravvivere al freddo dei poli, i pesci hanno sviluppato proteine speciali che impediscono alle cellule di congelare. Per scoprirlo, all’Università dell’Illinois hanno codificato tutti i geni “attivi” di Pagothenia borchgrevinki, un pesce che vive sotto il ghiaccio del Polo Sud. Confrontati con quelli di un pesce tropicale, i geni di Pagothenia codificano quasi 60 adattamenti legati alla vita al gelo: tra questi, una proteina legata a uno zucchero che funge da antigelo. (Focus)