Anno III – Numero 360 Lunedì 03 Marzo 2014, S. Viola, Tiziano AVVISO Ordine 1. In riscossione la quota sociale 2014. 2. Ordine:attestatoBLS-D Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. L'insonnia è una patologia h24, il cervello non si "spegne" mai 4. Usa, crescono gli interventi per rimanere belle e giovani anche sotto gli slip 5. Facebook, un “ansiolitico” per le coppie in crisi 6. Cervello, per annusare servono anche gli occhi Prevenzione e Salute 7. Cellulite, fanghi d'alga sconsigliati a chi ha problemi di tiroide Farmaci e Salute 8. Adesso si può dare scacco all’epatite C Domande e Risposta 9. Come si utilizzavano i piccioni viaggiatori? Proverbio di oggi… oggi…….. Chi primma nun pensa, aroppe suspira Chi prima non pensa dopo sospira ORDINE: RITIRO ATTESTATO PARTECIPAZIONE AL CORSO (BLS-D) I colleghi che hanno partecipato al corso teorico – pratico di Rianimazione Cardio-Polmonare e Defibrillazione Cardiaca Precoce Semiautomatica (BLS-D) possono ritirare presso gli uffici dell’Ordine l’attestato di partecipazione. Come si utilizzavano i piccioni viaggiatori? I piccioni viaggiatori erano utilizzati per la loro abilità nel trovare la via di ritorno al nido I piccioni viaggiatori, razze domestiche del colombo selvatico Columba livia, sono stati per molto tempo il più veloce mezzo di comunicazione disponibile, grazie alla loro eccellente abilità nel trovare la via del ritorno al nido. La comunicazione via piccione può funzionare solo in un senso: si trasporta il piccione in un luogo e quando è liberato ritorna alla propria colombaia d’origine. Non è possibile, invece, istruire un piccione per indicargli una destinazione diversa dalla propria colombaia. L’utilizzo dei piccioni viaggiatori risale agli Egizi e ai Persiani, 3 mila anni fa, e rimase un efficiente mezzo di comunicazione fino all’avvento del telegrafo, del telefono e della radio nel XIX secolo. L’importanza dei piccioni in ambito militare invece si estese anche al XX secolo: in entrambe le guerre mondiali furono utilizzate migliaia di piccioni per spedire messaggi strategici, scritti su carta o in microfilm e inseriti in un tubicino legato a una zampa. Bussole e mappe: Si ritiene che i piccioni per trovare la via di casa sfruttino varie strategie: una “bussola” interna che percepisce il campo magnetico terrestre, un sistema di orientamento basato sulla posizione del sole, un meccanismo olfattivo che riconosce gli odori del proprio nido d’origine e la capacità di individuare caratteristiche visive del paesaggio. (Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 360 SCIENZA E SALUTE L'INSONNIA È UNA PATOLOGIA H24, IL CERVELLO NON SI "SPEGNE" MAI I pazienti cronici hanno una maggiore attività neuronale Anche se è fastidiosa nelle ore notturne, l'insonnia è una condizione che dura 24 ore. Chi soffre della forma cronica della patologia ha un cervello che resta sempre "acceso". Secondo gli esperti, però, ci sarebbe anche il vantaggio di maggiore flessibilità e adattamento ai cambiamenti rispetto a chi dorme senza problemi. Lo rivela uno studio realizzato dall'Università Johns Hopkins e pubblicato su Sleep. Disturbo h24 - Rachel Salas, responsabile dello studio, ha spiegato: "L'insonnia non è un problema "notturno" ma una condizione cerebrale che dura 24 ore su 24, come una luce sempre accesa". Analizzando l'attività cerebrale di 28 soggetti adulti volontari, di cui 18 con insonnia cronica, i ricercatori hanno scoperto inoltre che la corteccia motoria - la parte del cervello coinvolta nel controllo dei movimenti volontari - dei soggetti insonni risulta più plastica, ossia più adatta ai cambiamenti. Questi pazienti hanno evidenziato anche una maggiore eccitabilità dei neuroni. Tali dati, secondo gli esperti, aggiungerebbero nuove conferme al fatto che gli insonni siano in costante stato di sovraccarico nell'elaborazione delle informazioni. Maggiore attività neuronale - l'origine dell'aumento della plasticità cerebrale negli insonni resta poco chiara. Non si riesce ancora a stabilire se sia proprio questa maggiore attività neuronale la causa del disturbo. La scoperta potrebbe suggerire nuovi approcci per sviluppare trattamenti per un disturbo che colpisce, in forme più o meno gravi, circa il 10-15% della popolazione. (Salute, Tgcom24) USA, CRESCONO GLI INTERVENTI PER RIMANERE BELLE E GIOVANI ANCHE SOTTO GLI SLIP Aumentate le richieste di labioplastica, più 54% per il lifting al lato B Giovani per sempre e... ovunque, anche sotto gli slip. Negli Stati Uniti è aumentata del 44% la richiesta di ringiovanimento dell'area pubica femminile. Sempre più donne sono disposte ad andare sotto i ferri per rincorrere il mito dell'estetica anche nelle parti intime. A segnalarlo è l'American society of aesthetic plastic surgery. In aumento anche il lifting per il lato B. Crescita vertiginosa - L'intervento di labioplastica è ancora di nicchia ma le richieste crescono a un ritmo vertiginoso. In aumento anche il numero di specialisti che si dedicano a tali operazioni. Fino a un anno fa, era difficile trovarli, ora quelli specializzati in labioplastica sono passati dal 21 al 29%. "Le donne hanno abitudini molto diverse rispetto a dieci anni fa, soprattutto perché spesso adottano la depilazione totale del pube e notano difetti di forme e pelle, oltre ad avere problemi anatomici. Chiedono quindi una zona liscia e attraente, quanto quella del viso o delle braccia". "Voglio il lato B della Kardashian" - Crescono anche le richieste per modificare il lato B, con un aumento del 54%. Di conseguenza gli specialisti del lifting ai glutei sono passati dal 19 al 30%. La tendenza è il lifting brasiliano: "La metodica si basa sull'uso del proprio grasso iniettato in alcuni punti delle natiche. Permette di modellare e ringiovanire i glutei emulando quelli di Kim Kardashian e Jennifer Lopez, come mi chiedono sempre più spesso le pazienti".(Salute, Tgcom24) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 360 SCIENZA E SALUTE FACEBOOK, UN “ANSIOLITICO” PER LE COPPIE IN CRISI Facebook come un farmaco che placa l'ansia. Non merita la fama di “rovina famiglie”: per le coppie che sono in crisi e non vanno d'accordo è solo un «ansiolitico un medicinale per il quale si tenta di alleviare un sintomo ma che, ovviamente, non cura la malattia né la provoca». Spiega così, Vito Frugis, sessuologo clinico esperto di coppia, il prepotente ingresso nelle cause di divorzio delle liti e dei tradimenti legati alla Rete, come denunciano gli avvocati. «I legali - dal loro punto di vista, vedono le contestazioni dei clienti. Sentono le lamentele del marito o della moglie che accusa il partner di stare ore di fronte allo schermo, o di aver conosciuto altre persone on line». Sui social network, si cerca un modo per risolvere il disagio o per trovare una via d'uscita. Facebook, secondo il sessuologo, è un terapeuta dimezzato che fa il lavoro a metà. Le conversazioni virtuali rappresentano il luogo dove si proiettano le proprie ansie, i propri bisogni e le proprie paure. «Ma mentre il compito del terapeuta è quello di aiutare a rielaborare il tutto e a trovare un riscontro nel reale, con il social ci si ferma ad una proiezione virtuale. Tutto resta come era» Non a caso le coppie che si formano on line raramente funzionano: si ripropongono gli stessi problemi che si avevano con i partner precedenti perché, tendenzialmente, non si sono risolte le proprie difficoltà. «Tra i miei pazienti con età tra i 30 e i 45 anni il 25% delle coppie si sono formate proprio in Rete. Una soluzione facile che consente di cercare conforto senza mettere in discussione se stessi, senza dover necessariamente fare sforzi per costruire relazioni vere. L'altro è idealizzato. La nascita dei rapporti tra le persone è più complesso, carico di sfumature e di tanti elementi che non si posso controllare on line. Come l'attrazione, gli sguardi o l'odore». (salute, II mattino) CELLULITE, FANGHI D'ALGA SCONSIGLIATI A CHI HA PROBLEMI DI TIROIDE Osannati come la soluzione miracolosa agli inestetismi della cellulite i fanghi d'alga sono sconsigliati alle donne che hanno problemi di tiroide e pelle sensibile, per quelle in gravidanza e in allattamento. «E' necessario abbandonare l'idea che facciano miracoli, benché possano avere qualche efficacia a livello superficiale». Questo il monito di Maria Grazia Caputo, medico estetico dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma. «Purtroppo esiste un'informazione distorta - spiega la dottoressa - perché questi prodotti vengono propagandati come la panacea del trattamento della cellulite. In realtà non è assolutamente così. Sono tutti trattamenti che possono avere una qualche efficacia ma soltanto a livello superficiale». Possono essere di aiuto, nel migliorare la compattezza della pelle, un po' il tono, nel renderla più levigata «ma non solo un reale trattamento terapeutico». «I fanghi d'alga devono essere utilizzati con precauzioni - vanno applicati su persone che hanno una cute integra in buono stato. Inoltre non esistono pareri univoci sulla loro possibile interferenza con la funzionalità tiroidea, il dosaggio degli ormoni ed un eventuale aumento dei livelli di iodio all'interno dell'organismo». (Salute, Il mattino) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 360 FARMACI E SALUTE ADESSO SI PUÒ DARE SCACCO ALL’EPATITE C Notevoli risultati da un nuovo trattamento. Associando il preparato a un antivirale, si è giunti al 90-100% di successi Non accade spesso di sentire tanti specialisti, poco avvezzi a gridare al miracolo, parlare dei risultati straordinari di una nuova terapia, definirla un “gigantesco passo avanti” o un “punto di svolta”. È quanto sta accadendo nel campo della cura dell’epatite C, un milione e mezzo di infettati in Italia, 170 milioni nel mondo. La nuova terapia in questione è basata soprattutto su un farmaco, che si chiama sofosbuvir ed è un antivirale inibitore dell’RNA polimerasi, il che significa che agisce bloccando la replicazione di un virus. Non è certo il primo farmaco che utilizza tale meccanismo, ma questo sembra funzionare meglio nel fermare il virus dell’epatite C. Approvato a metà dicembre negli Usa dalla FDA, sulla base di quattro trial clinici, e a metà gennaio dall’Ema, l’analogo ente europeo, sarà a breve autorizzato anche sul mercato italiano. «Associato ad altri farmaci, a seconda dei casi, sta dando risultati impensabili fino a pochi mesi fa: è una vera rivoluzione» dice Gaetano Ideo, già direttore di epatologia all’ospedale Niguarda di Milano. «Per la prima volta possiamo pensare a una eradicazione totale di questa malattia, come è avvenuto per il vaiolo» azzarda Massimo Puoti, dir. del reparto Malattie Infettive dello stesso ospedale. Quando il virus fu scoperto nel 1989 (prima la malattia veniva definita non A-non B) già esistevano i vaccini per l’epatite B e l’interferone, che sarebbe diventato il protagonista della terapia, e già erano allo studio i primi antivirali che negli anni successivi avrebbero dato buoni risultati nell’epatite B. C’erano quindi molte fondate speranze di sconfiggere il nuovo virus. Ma subito questi si rivelò essere una “brutta bestia”: ancora oggi non esiste un vaccino e la miglior terapia messa a punto negli anni si basa su due farmaci, l’interferone pegilato e la ribavirina , che hanno efficacia diversa a seconda del genotipo del virus. Esistono infatti sei varianti (e diversi sottotipi) del virus: dei quattro genotipi presenti in Italia, il tipo 1 è il più diffuso (più del 50%), seguito dal 2 (30%). «In un anno di trattamento con questi due farmaci - la probabilità di eliminare il virus è del 45% nel genotipo 1 e del 70% nei genotipi 2 e 3. Questi sono i dati delle sperimentazioni, ma nella realtà abbiamo constatato che i risultati sono molto minori: sia perché i pazienti veri sono diversi da quelli dei trial clinici (più anziani, magari con altre malattie) sia perché gli effetti collaterali dell’interferone sono molto importanti e rendono difficoltosa la terapia». Negli anni 2000, con l’obbiettivo soprattutto di evitare l’uso dell’interferone, si sono sperimentati diversi antivirali, farmaci cioè che attraverso vari meccanismi aggrediscono direttamente il virus, provandoli da soli o in combinazioni con altri antivirali o con i farmaci tradizionali, con qualche buon risultato, ma scontrandosi con la resistenza del virus e, comunque, sempre con gravi effetti collaterali. Poi la svolta del sofosbuvir, antivirale di nuova generazione. «Nel genotipo 2 si sono ottenute dapprima guarigioni nel 93% dei casi usandolo con la “vecchia” ribavirina. Nel genotipo 1 con lo stesso schema terapeutico i risultati sono discreti, ma associandolo con un altro nuovo antivirale (daclatasvir o ledipasvir ) si è arrivati al 90-100% di successi in 8-12 settimane di trattamento. In pratica significa la vittoria sulla malattia». «Ho partecipato a diversi trial con questi nuovi farmaci, con risultati impressionanti. Vedere i pazienti guarire in così breve tempo ci è sembrato un sogno. Per i pazienti di genotipo 1 ormai la terapia è a punto. Negli altri casi i risultati sono per ora minori, ma si stanno studiando nuove associazioni di farmaci. E stanno arrivando anche nuove molecole della stessa classe: è molto probabile che nel giro di un anno le guarigione di tutti i tipi, senza interferone, saranno oltre il 90%». (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 360 SCIENZA E SALUTE CERVELLO, PER ANNUSARE SERVONO ANCHE GLI OCCHI L'olfatto non è oggettivo: il giudizio del naso dipende da ciò che vedono gli occhi Per annusare non si usa solo il naso: la percezione degli odori dipende anche dalla loro descrizione e se ad una fragranza viene associata ad un'immagine negativa è probabile che venga percepita come una “puzza” piuttosto che come un “profumo”. A svelarlo è uno studio pubblicato su Chemical Senses da un gruppo di ricercatori canadesi che hanno chiesto a 50 individui di valutare l'odore percepito annusando quattro sostanze sconosciute, ciascuna delle quali è stata presentata accompagnata in un'occasione da una descrizione positiva e in un'altra da una descrizione negativa. I risultati non lasciano adito a dubbi: tutti i partecipanti hanno giudicato i 4 odori più gradevoli quando sono stati presentati accompagnati da una descrizione positiva. Le 4 fragranze scelte erano molto diverse fra loro: olio essenziale di pino, geraniolo, cumino formaggio parmigiano – in nessun caso ai partecipanti è stato fatto vedere cosa stessero annusando. Questo dettaglio dell'esperimento ha permesso di dimostrare che la percezione degli odori non è oggettiva. Piuttosto, spiega Simona Manescu, “è influenzata dall'interpretazione cognitiva scatenata dalla lettura della descrizione”. Un esempio? L'olio essenziale di pino è stato giudicato piacevole quando descritto come “aghi di pino” e negativamente quando presentato come “solvente vecchio”. I ricercatori hanno poi analizzato un altro aspetto: quanto tempo è necessario per poter esprime un giudizio su una fragranza. In passato diversi studi hanno suggerito che gli odori sgradevoli e il profumo del cibo scatenano reazioni rapide, mentre la velocità di reazione diminuisce quando si percepiscono fragranze piacevoli. Tuttavia, in questi esperimenti solo l'odore di parmigiano associato a una descrizione positiva ha ridotto il tempo di reazione. “Siamo rimasti sorpresi da questo risultato perché ci aspettavamo che i tempi di reazione sarebbero aumentati quando tutti e 4 gli odori erano associati a descrizioni positive” ha spiegato Manescu, giungendo alla conclusione che “anche se le descrizioni sembrano influenzare il tempo di reazione, quest’ultimo può variare a seconda di quanto la descrizione sia opportuna e da quanto l’odore o la descrizione vengano associati a qualcosa di commestibile”. Anche la vista, insomma, contribuisce a determinare il gusto in fatto di odori e sapere o meno cosa si sta annusando fa molta differenza in termini di oggettività. (salute, Sole 24ore)