Anno III – Numero 363 AVVISO Ordine 1. In riscossione la quota sociale 2014. 2. Corsi ECM: 2014 Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Luce verde al farmaco per i linfomi nonHodgkin 4. Rabbia e ira aumentano il rischio di infarti e ictus Alimenti e Salute 5. Cinquantenni attenti: carne e formaggi pericolosi come il fumo Prevenzione e Salute 6. Salute Mal di testa, lo stress rende cronico il dolore 7. Misurare la pressione, meglio farlo su entrambe le braccia Domande e Risposta 8. Si possono mangiare i vestiti? Giovedì 06 Marzo 2014, S. Giordano, Ezio Proverbio di oggi…….. oggi…….. Ntiempo ‘e tempesta…..ogne pertuso è puorto! SI POSSONO MANGIARE I VESTITI? In situazioni di emergenza qualcuno l’ha fatto. Ma così si può sopperire alla carenza di cibo solo per poco. Masticare e mandar giù, per es., un pezzo di una camicia di lino, oltre a essere una gran fatica sarebbe anche poco salutare, visto che la fibra ricavata dalla pianta di Linum usitatissimum è di cellulosa, sostanza che l’uomo non riesce a digerire. Stesso discorso per le magliette di cotone, tessuto con i batuffoli che avvolgono i semi delle (Sushi di pesce gomitolo. Riscaldano piante del genere Gossypium. durante l'inverno, pur essendo freddi) La borsa sì. Ma per sopravvivere in situazioni di emergenza anche il boccone più amaro può andar bene. Durante l’assedio di Leningrado, dal 1941 al 1944, la gente mangiò carta da parati e cuoio. Quest’ultimo, peraltro, è ricco di proteine e può sostituire per qualche tempo il normale cibo. (Focus) I farmacisti Napoletani incontrano i Farmacisti Europei: LISBONA Dopo S. Pietroburgo, prossima tappa LISBONA. MODALITÀ DI PRENOTAZIONE Si può prenotare contattando gli Uffici dell’Ordine o direttamente l’agenzia al n.: 0823 - 354433; cell. 342 544 2957; SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 363 SCIENZA E SALUTE LUCE VERDE al FARMACO per i LINFOMI NON-HODGKIN Presi singolarmente, sono rari o rarissimi. Messi insieme, sono il sesto tipo più diffuso di cancro, quello più frequente tra i tumori del sangue. Di linfomi non-Hodgkin si parla poco, ma in Italia le nuove diagnosi sono poco meno di 12 mila l'anno. Il nome raggruppa una trentina di diverse neoplasie, tumori che nascono nel sistema linfatico e colpiscono soprattutto due categorie: i giovani e gli anziani oltre i 70 anni. Con l'allungarsi della vita la loro incidenza è aumentata e oggi sono in crescita anche gli sforzi per contrastarli. L'ultimo tassello è recente: il 30 gennaio l'Aifa ha dato il via libera a un nuovo medicinale per la chemioterapia, la Bendamustina. «In base agli studi è risultato più efficace delle cure tradizionali e portatore di effetti collaterali meno pesanti». «Rispetto alla formula classica per la chemioterapia, la "Chop", la bendamustina è tollerata meglio ed è indicata specialmente per gli anziani: Per questo è raccomandata soprattutto per i linfomi nonHodgkin che assumono forma cronica». Non sempre questi tumori si presentano con sintomi violenti, infatti. In circa metà dei casi si tratta di linfomi «indolenti»: a basso grado di aggressività, più insidiosi e difficili da diagnosticare, spesso anche impossibili da eliminare. È per questo che il ricorso a Bendamustina associata a Rituximab (anticorpo monoclonale) è stato testato con successo. A documentarne l'efficacia è stato uno studio tedesco, condotto dal prof. Rummel dell'Univ. di Giessen e pubblicato nel 2013 su «Lancet». A un anno di distanza l'Aifa ha certificato la svolta con le nuove linee guida. Ma la ricerca non si ferma: «A un vaccino per i tumori non-Hodgkin rivela Levis si lavora da tanti anni: per ora si tratta di una frontiera affascinante, ma che difficilmente porterà risultati a breve termine. La linea più concreta resta quella sui farmaci citostatici, come, appunto, la bendamustina, e anche su anticorpi di nuova generazione da abbinare nel trattamento». (Salute, La Stampa) Rabbia e ira aumentano il rischio di infarti e ictus Il problema alla base potrebbe essere uno stress eccessivo La rabbia aumenta il rischio di avere un infarto o un ictus. A svelarlo è un'analisi pubblicata sull'European Heart Journal, anche se ad essere particolarmente in pericolo sono le persone che convivono con fattori di rischio come le malattie cardiovascolari, nelle due ore successive ad un attacco di rabbia tutti corrono un serio pericolo. Il rischio è infatti cumulativo. In altre parole, le persone che si arrabbiano spesso sono in pericolo anche se non convivono con molti fattori di rischio cardiovascolare. Mostofky e colleghi hanno calcolato che 5 arrabbiature al giorno corrispondo a 158 infarti in più ogni 10 mila persone con rischio cardiovascolare basso. Quando invece quest'ultimo è elevato l'aumento di infarti è stimato a 657 ogni 10 mila persone. In generale, nelle 2 ore successive a un attacco di rabbia il rischio di infarto e di ictus aumentano, rispettivamente, di circa 5 e 3 volte. La vera causa alla base del rischio potrebbe essere lo stress cronico, che oltre ad aumentare la pressione sanguigna può anche spingere ad adottare comportamenti poco salutari – come fumare o bere troppi alcolici – proprio nel tentativo di affrontare lo stress. Le soluzioni, in realtà, sono ben altre. Secondo gli esperti bisognerebbe verificare le potenzialità di strategie mirate alla riduzione dello stress come lo yoga, che potrebbero aiutare a evitare le gravi complicazioni associate ad una vita vissuta sotto pressione. In effetti alcune ricerche hanno dimostrato un'associazione tra la pratica della meditazione e la riduzione dell'incidenza di infarti e ictus. Che sia davvero questa la strada giusta? PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 363 PREVENZIONE E SALUTE CINQUANTENNI ATTENTI: CARNE E FORMAGGI PERICOLOSI COME IL FUMO I rischi legati all’eccessivo consumo di proteine, soprattutto animali, durante la mezza età. Dopo i 65 invece le cose cambiano Le ali di pollo? Possono essere letali come le sigarette. Dopo aver seguito per un ventennio una vasta popolazione di adulti, i ricercatori hanno emesso la loro sentenza: chi ha un’alimentazione ricca in proteine animali quadruplica, rispetto a chi segue una dieta a basso contenuto proteico, il proprio rischio di morire di tumore. Il pericolo, aumentato di quattro volte, appare così allo stesso livello di quello dei fumatori. ATTENTI A CARNE, LATTE E FORMAGGI - Secondo gli studiosi americani che hanno condotto la ricerca, appena pubblicata sulla rivista Cell Metabolism, l’eccessivo consumo di proteine non è soltanto collegato ad un importante aumento della mortalità per cancro, ma le persone di mezza età che si nutrono in abbondanza di carne, latte e formaggio (principali fonti di proteine animali) sono più in generale esposte a morte prematura. Tanto che gli amanti dell’alto contenuto proteico sono risultati esposti a ben il 74% in più delle probabilità di morte per varie patologie (fra cui il diabete) rispetto alla loro controparte più attenta al cibo che mette in tavola. I ricercatori guidati da Valter Longo, direttore dell’Istituto di Longevità alla University of Southern California, hanno analizzato i dati di oltre 6mila ultra 50enni e hanno catalogato come dieta a «elevato» contenuto proteico quella che ricava almeno il 20% delle calorie da proteine animali o vegetali (ma queste ultime, contenute ad esempio nei fagioli, appaiono comunque meno pericolose). Anche un consumo «moderato» (ovvero fra il 10 e il 19 %) è risultato sconsigliabile, visto che il rischio di morire di cancro appare comunque triplicato, mentre appaiono decisamente migliori le prospettive per chi tiene un profilo «basso» (ovvero con meno del 10 % di proteine). TROPPE PROTEINE NOCIVE FRA I 50 E I 65 ANNI - «Prima di questa indagine – dicono i ricercatori – non era mai stato messo in luce chiaramente un legame fra l’elevato consumo di proteine e il rischio di mortalità. Ma ciò che è importante considerare in particolare è come la nostra biologia cambia con l’invecchiamento e in che modo le abitudini alimentari della mezza età influiscono sulla possibile durata della vita». In altre parole, ciò che può far bene a un’età può essere dannoso ad un’altra. Nello specifico, le proteine controllano il fattore di crescita insulino-simile (più noto come IGF-I) che aiuta il nostro organismo a svilupparsi, ma a cui è anche stato riconosciuto un ruolo nell’insorgenza dei tumori. I livelli di IGF-I calano notevolmente dopo i 65 anni, portando a una potenziale fragilità e perdita di massa muscolare. Così gli esiti della ricerca mostrano come le troppe proteine possono essere molto nocive fra i 50 e i 65 anni, oltre questa soglia accade l’esatto contrario e chi segue una dieta ricca di carne e latticini è meno suscettibile di ammalarsi rispetto ad altri. «La maggior parte delle persone mangia consuma il doppio delle proteine necessarie – e pare ormai chiaro che è fondamentale, nella mezza età, ridurne la quantità. Senza esagerare, perché se si eccede all’opposto, eliminando il contenuto proteico dalla propria dieta, ci si ritrova in fretta denutriti e dunque più cagionevoli di salute». (salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 363 SALUTE MAL DI TESTA, LO STRESS RENDE CRONICO IL DOLORE Quando si è troppo sotto pressione anche la testa ne fa le spese. E non dipende dal tipo di impegno o di lavoro. Per studenti, mamme alle prese con i figli o dirigenti d'azienda il risultato non cambia. Più si è stressati e più si rischia di soffrire di cefalea, con una frequenza di attacchi che sale in maniera proporzionata. STUDIO: Lo afferma uno studio dell'univ. di Duisburg-Essen in Germania condotto su 5.159 persone tra i 21 e i 71 anni, ai quali è stato chiesto di stimare il proprio livello di stress su una scala da zero a cento in quattro occasioni all'anno per due anni di seguito. Al campione è stato chiesto inoltre di dire se soffrissero di cefalee e di che tipo. Risultati: E' emerso che: il 31% dei partecipanti soffriva di cefalea tensiva, il 14% di emicrania, l'11% di una combinazione tra le due il 17% di una forma non classificata. TRA I BANCHI: In generale un aumento dello stress percepito è risultato associato a un aumento degli attacchi avuti in un mese. Anche nei ragazzi in età scolare il fattore stress non può essere sottovalutato. Il 25% degli giovani alunni infatti soffre di mal di testa con ripercussioni importanti sul rendimento scolastico e sui rapporti in famiglia. Vivere ansie significative per l'andamento scolastico ma anche andare a dormire troppo tardi, abusare di alcolici e sostanze può, secondo gli esperti, portare a sviluppare crisi di cefalea (in particolare di emicrania) e soprattutto favorire la cronicizzazione della situazione. L'AUTOTUTELA «Spesso i ragazzi che ne sono colpiti, per lo più con sovraccarichi di impegni, sviluppano la cosiddetta "sindrome da evitamento", una sorta di "autotutela" rispetto al dolore, che li spinge a evitare di fare le attività quotidiane, come compiti considerati troppo difficili o sport. Primo Social Manifesto per i diritti della persona con cefalea, a difesa degli oltre sei milioni di italiani che ne soffrono. Gli obiettivi che il documento si prefigge, oltre al riconoscimento legislativo della cefalea primaria cronica come malattia sociale, sono la messa a punto di un sistema di cure più efficiente e modulabile sulle necessità del singolo paziente, differenziato per livelli di gravità e un'adeguata informazione all'interno dei servizi sanitari. TROPPE MEDICINE «Oggi in Italia chi soffre di cefalea, e si tratta in gran parte di donne, utilizza troppo spesso i farmaci in modo improprio e protratto, con rischi di tossicità e abuso o dipendenza da questi medicinali, che possono facilitare la cronicizzazione del disturbo - per questo è fondamentale arrivare a una chiara definizione legislativa della malattia come patologia sociale, offrendo a ogni paziente un percorso di informazione e cura personalizzato e consentendo l'accesso agli interventi terapeutici più innovativi che oggi, in un'Italia a macchia di leopardo, non sono assicurati allo stesso modo in tutte le regioni». Informazioni sul sito www. cefacela.it (salute, Il Messaggero) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 363 MISURARE LA PRESSIONE, MEGLIO FARLO SU ENTRAMBE LE BRACCIA Uno studio rivela che la differenza della massima predice malattie cardiovascolari Due braccia, due pressioni diverse. Soprattutto la massima. Secondo uno studio che sarà pubblicato a marzo sulla rivista American Journal of Medicine bisogna spendere qualche minuto in più quando si misura la pressione, per "prenderla" su entrambe le braccia. Infatti, secondo lo studio una differenza di 10 punti - 10 millimetri di mercurio - nella pressione sistolica (la "massima") tra un braccio e l'altro rivela un rischio più alto di problemi cardiovascolari, gli stessi che possono anticipare un infarto. Questo potrebbe permettere di impostare meglio la terapia medica. In particolare in uno studio secondo i ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston, i soggetti che mostrano la maggiore differenza tra una misurazione e l'altra sono anziani, diabetici, persone con una massima mediamente sopra la norma (la pressione normale è compresa tra 60/90-100/140 mmHg). Solitamente la pressione misurata tra le due braccia è sempre diversa. "In questo ampio studio – una differenza della pressione sistolica (la massima) tra le due braccia è risultata esserci in quasi il 10% degli individui ed è associata ad un incremento del rischio cardiovascolare”. La novità è che i partecipanti al momento della prima osservazione non avevamo malattie cardiovascolari, ma quelli con una differenza di 10 punti hanno avuto problemi cardiaci in seguito.“Anche differenze modeste nella pressione arteriosa sistolica negli arti superiori – riflette un aumento del rischio cardiovascolare”. Se non è possibile andare dal dottore o in farmacia, la pressione arteriosa può essere misurata anche in casa con l'aiuto del familiare. Ecco le regole per farlo bene. Misurare la pressione Tenere d`occhio la pressione arteriosa è importante, ma non sempre si ha il tempo di andare dal medico o dal farmacista. Va bene, quindi, anche la misurazione “fatta in casa”, a patto di osservare alcune regole: 1.Non bisogna assumere bevande contenenti caffeina nell`ora precedente la misurazione. 2.Smettere di fumare un quarto d`ora prima. 3.Almeno 5 min. prima della misurazione è necessario sedersi e rilassarsi in un posto comodo e tranquillo. 4.Occorre procurarsi uno sfigmomanometro e un fonendoscopio. 5. Appoggiare il braccio su un ripiano e infilare tra l’ascella e la piega del gomito il bracciale di gomma. 6.Le dimensioni del bracciale devono essere adeguate al braccio. Persone molto magre o molto robuste devono utilizzare bracciali più piccoli o più grandi dello standard. 7.Posizionare sotto il bracciale la “campana” del fonendoscopio, lo strumento che raccoglie e trasmette all`orecchio i rumori provenienti dal passaggio di sangue nell`arteria. 8.Pompare fino a che non si avverte più alcun rumore. Quindi gonfiare ancora un po`, superando di circa 20 mm il punto in cui la pulsazione è scomparsa. 9.A questo punto si deve svitare la piccola valvola presente sulla pompetta per far uscire lentamente l`aria dal bracciale. Il primo, chiaro suono che si sentirà equivale alla pressione “sistolica” o massima. 10.I rumori diventano inizialmente più intensi, poi man mano più deboli: la loro completa scomparsa corrisponde alla pressione “diastolica” o minima. 11.Per maggior sicurezza, è bene effettuare almeno due misurazioni successive. 12.Solitamente non importa quale braccio venga usato. A volte, però, si riscontrano differenze sensibili tra destro e sinistro. In tali casi, è consigliabile effettuare la misurazione sul braccio con la pressione più elevata. (Salute, sole24ore)