Anno III – Numero 366 AVVISO Ordine 1. In riscossione la quota sociale 2014. 2. Corsi ECM: 2014 Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Tumori: biomarker ossa predicono andamento cancro prostata 4. Ecco l’esame del sangue che ci dice se siamo a rischio demenza o Alzheimer Prevenzione e Salute 5. Inalare i vapori dell’alcol: la nuova pericolosa moda 6. Anche chi fuma da 20 anni se decide di smettere può ottenere benefici? 7. La corsa blocca l’invecchiamento del cervello e fa produrre staminali Governo e Professione 8. Via libera alla farmacia dei servizi Martedì 11 Marzo 2014, S. Costantino Proverbio di oggi…….. oggi…….. 'e figlie so’ ppiezz ‘ ‘e còre INALARE I VAPORI DELL’ALCOL: LA NUOVA PERICOLOSA MODA Sta prendendo sempre più piede, e non solo tra i giovani, la nuova mania di inalare i vapori dell’alcol che renderebbe gli stessi effetti inebrianti del bere, senza tuttavia bere. La moda, a detta degli esperti, può essere potenzialmente molto pericolosa. Non bastava la piaga del bere, ci mancava anche l’inalazione dei vapori dell’alcol. Una nuova moda che pare stia prendendo piede, e non solo tra i giovani – vittime predilette di tutte le pratiche di sballo o per anestetizzare la vita. La nuova mania si presenta bene all’apparenza: inalando i vapori infatti si possono ottenere praticamente gli stessi effetti euforizzanti o psicotropi dell’alcol senza assumerlo fisicamente, facendo dunque quasi a meno di calorie, carboidrati e altre sostanze. Vista così, sembrerebbe pertanto una soluzione quasi salutare ma, come sempre, c’è il risvolto della medaglia. Gli esperti infatti mettono sull’avviso dai rischi che questa pratica può portare con sé. Anche se al momento, per ovvi motivi, non vi sono ancora studi che abbiano valutato l’impatto a breve e lungo termine dell’inalazione dei vapori, è plausibile pensare che l’alcol possa essere dannoso per la salute, sia fisica che mentale. L’inalazione di alcol è una nuova tendenza, per cui non ci sono ancora dati scientifici sugli effetti, ma ha il potenziale per essere un fenomeno molto pericoloso e, come tale, si sente di consigliare alle persone di essere cauti se davvero si decide di provare. Il fatto di maggior preoccupazione è che l’inalazione bypassa i meccanismi di difesa naturali del corpo nei confronti dell’eccessivo consumo di alcol, il che significa che è pericoloso. (Salute, Stampa) AVVISO Pubb. sul BURC n 17 del 10/03/2014 l’avviso pubblico rivolto a Laureati residenti e/o nati in Campania per l’assegnazione di borse di studio per l’iscrizione a Master di II livello Per maggiori informazioni sul sito istituzionale dell’Ordine nella sezione concorsi. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 366 VIA LIBERA ALLA FARMACIA DEI SERVIZI Raggiunto l'Accordo tra Governo e Regioni che da il via libera al progetto di riorganizzazione delle cure primarie e di realizzazione della farmacia dei servizi Racca (Federfarma): la farmacia un tassello indispensabile nella presa in carico del paziente. Soddisfazione è stata espressa da Federfarma che afferma come "L'inserimento della farmacia dei servizi tra gli obiettivi prioritari cui destinare appositi finanziamenti nell'ambito del Fondo sanitario nazionale è un passo concreto in direzione di un maggior coinvolgimento della farmacia nella riorganizzazione delle cure primarie e della territorializzazione della sanità". «L'accordo concluso tra Governo e Regioni» osserva Annarosa Racca, presidente di Federfarma «conferma la necessità di accrescere l'offerta di servizi da parte delle farmacie nell'ambito del Ssn». «L'obiettivo cui punta l'intesa è quello di fare della farmacia un tassello indispensabile nella presa in carico del paziente, un centro socio-sanitario polifunzionale, in grado anche di partecipare all'assistenza domiciliare integrata e di avere un ruolo centrale nella gestione del paziente cronico e nel monitoraggio delle terapie. Tutto ciò con vantaggi per i cittadini e per il SSN che utilizzerà le risorse in modo più razionale». Mandelli (Fofi): Ora la Farmacia dei servizi è più vicina «L'inserimento della farmacia dei servizi nell'ambito della riorganizzazione della sanità territoriale è un riconoscimento che chiedevamo da tempo alle Regioni e che quindi giudichiamo come un fatto importante e positivo» dice il presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, Senatore Andrea Mandelli. La dichiarazione viene a commento degli Interventi per il riassetto organizzativo e strutturale della rete dei servizi di assistenza ospedaliera e territoriale deliberati dalla Conferenza Stato-Regioni. «Ma nell'attesa di questo riconoscimento» prosegue Mandelli «non siamo certo rimasti inerti ma, anzi, abbiamo avviato una riflessione importante sull'evoluzione del servizio farmaceutico, nonché una sperimentazione scientifica, sul campo, dei servizi cognitivi che in tutti i paesi avanzati sono alla base di un reale coinvolgimento del farmacista di comunità nel processo di cura. Siamo quindi in grado di proporre alle Regioni una metodica, quella dell'I-Mur, di cui è già stata dimostrata la praticabilità in Italia e di cui stiamo sperimentando anche le ricadute cliniche e farmaco-economiche. Cosa fondamentale, è una modalità di intervento che ha già riscosso l'interesse dei medici di medicina generale». È evidente che dall'implementazione del nuovo modello di farmacia ci si attende, come è successo in Gran Bretagna e in Canada, anche un contributo alla stabilità economica delle farmacie e, quindi, conclude il presidente della Fofi, «la possibilità di invertire la tendenza attuale in fatto di livelli occupazionali: la farmacia dei servizi può vivere soltanto se al suo interno operano professionisti competenti, aggiornati e in numero adeguato». (Panorama della Sanità) TUMORI: BIOMARKER OSSA PREDICONO ANDAMENTO CANCRO PROSTATA I biomarker legati alla velocità di formazione delle ossa possono aiutare a predire l'aggressività del tumore alla prostata resistente alla castrazione, e anche l'eventuale sensibilità a un nuovo farmaco. Lo afferma uno studio pubb. dal Journal of the National Cancer Institute. "Il tumore resistente alla castrazione spesso da' metastasi alle ossa - spiegano gli autori della ricerca - questo ci ha portato a pensare che i biomarker della formazione delle ossa potessero essere predittivi". Secondo lo studio piu' alto e' il livello del sangue di questi biomarker minore e' l'aspettativa di vita dei pazienti. Sempre l'alto livello pero' potrebbe indicare una maggiore risposta all'Atrasentan, un farmaco la cui sperimentazione e' stata abbandonata proprio perchè efficace solo in un numero troppo basso di pazienti". (Agi) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 366 PREVENZIONE E SALUTE ANCHE CHI FUMA DA 20 ANNI SE DECIDE DI SMETTERE PUÒ OTTENERE BENEFICI? Il rischio di ammalarsi di tumore al polmone è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate e al tempo per cui si è fumato Mio marito fuma, sono preoccupata per la sua salute e mi chiedo anche se la sua cattiva abitudine possa avere conseguenze negative pure per me. Se lo convincessi a smettere, considerando che fuma da vent’anni e che di anni ne ha quaranta, ci sarebbero comunque dei vantaggi? Ad esempio, rischierebbe meno di ammalarsi di cancro, oppure ormai il danno è fatto? Forse questo è il momento giusto per provare a convincerlo: è spaventato, infatti, perché suo padre è stato operato di cancro ai polmoni. Per chi ha un tumore ai polmoni oggi, esistono nuove cure efficaci? Sembra che il cancro di mio suocero fosse piccolo e i medici appaiono fiduciosi. Risponde Andrea Ardizzoni, Dir. Oncologia Medica Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che il fumo passivo (sia in ambito familiare, sia in ambito lavorativo) è associato a un incremento del rischio di ammalarsi di tumore al polmone. L’aumento del pericolo è comunque relativamente modesto (circa 20-30 per cento in più) se confrontato con quello nei fumatori attivi (100 volte inferiore nei fumatori passivi rispetto a quelli attivi). Il rischio di ammalarsi di tumore al polmone è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate e al tempo per cui si è fumato: per quantificare il rischio, infatti, si usa moltiplicare il numero di sigarette fumate al giorno per il numero di anni per i quali si è fumato. Ne deriva che prima si smette di fumare meglio è, perché così si riduce l’accumulo complessivo di sostanze nocive per la salute. E non solo per il pericolo di cancro, ma anche per i legami tra fumo e varie altre malattie che colpiscono soprattutto l’apparato respiratorio e cardiovascolare. Ma dopo 15-20 anni di sospensione dell’uso di tabacco, il rischio di ammalarsi si riduce moltissimo, avvicinandosi a quello dei non fumatori. Quindi non è mai troppo tardi. Quanto al cancro del polmone, rimane ancora oggi una neoplasia con prognosi molto severa se diagnosticato in fase avanzata, come accade purtroppo nella maggior parte dei casi. D’altra parte, se la diagnosi è precoce, e il tumore è ancora di piccole dimensioni e senza metastasi, l’intervento chirurgico può essere spesso risolutivo e il paziente, dopo alcuni anni di controlli, può considerarsi guarito. Per i tumori in fase metastatica, invece, chemioterapia e nuovi farmaci sono in grado di allungare i tempi di sopravvivenza e migliorare la qualità di vita ma, purtroppo, non siamo ancora in grado di parlare di guarigione. Negli ultimi anni si sono comunque fatti passi avanti significativi in termini sia di efficacia che di tollerabilità delle cure. Inoltre, le terapie più innovative consentono una maggiore personalizzazione dei trattamenti, intesa come la possibilità di dare a ogni paziente la cura più adatta per le specifiche caratteristiche cliniche del soggetto e quelle biologiche del suo tipo di cancro. In particolare, è stato recentemente scoperto che alcuni tumori al polmone sono determinati da mutazioni genetiche specifiche per le quali disponiamo già di farmaci creati appositamente per riparare il «guasto» molecolare. Tra questi, gli inibitori di Egfr e Alk (proteine anomale prodotte da geni «danneggiati») sono già parte dell’armamentario terapeutico dell’oncologo, con risultati molto superiori a quelli della chemioterapia nel rallentare la progressione della malattia e con molti meno effetti collaterali. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 366 PREVENZIONE E SALUTE LA CORSA BLOCCA L’INVECCHIAMENTO DEL CERVELLO E FA PRODURRE STAMINALI L’esercizio fisico aerobico migliora le prestazioni mnemoniche. Nuovi scenari per la medicina rigenerativa del sistema nervoso centrale Che l’esercizio fisico giovi non solo al corpo ma anche al cervello, grazie alla produzione di nuovi neuroni, è cosa nota. Ora uno studio italiano dimostra che la corsa, in particolare, può perfino di bloccare il processo di invecchiamento cerebrale stimolando la produzione di nuove cellule staminali che migliorano le capacità mnemoniche. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma. Lo studio è pubblicato sulla rivista Stem Cells. «Questa ricerca ha scardinato un dogma della neurobiologia: finora si pensava che il declino della neurogenesi nell’età adulta fosse irreversibile - spiega Stefano Farioli-Vecchioli dell’Ibcn-Cnr, coordinatore del lavoro. Con il nostro esperimento, lavorando su un modello murino con deficit neuronali e comportamentali, causati dalla mancanza di un freno proliferativo delle cellule staminali (il gene Btg1), abbiamo invece constatato che nel cervello adulto un esercizio fisico aerobico come la corsa blocca il processo di invecchiamento e stimola una massiccia produzione di nuove cellule staminali nervose nell’ippocampo, aumentando le prestazioni mnemoniche. In sostanza la neurogenesi deficitaria riparte quando, in assenza di questo gene, si compie un’attività fisica che non solo inverte totalmente il processo di perdita di staminali ma scatena un’iper-proliferazione cellulare con un effetto duraturo». RICERCHE SU ALTRE MALATTIE: Lo studio, realizzato nel laboratorio diretto da Felice Tirone che da anni studia alcuni meccanismi molecolari che regolano i processi di proliferazione e differenziamento nella neurogenesi adulta, apre nuovi scenari nella medicina rigenerativa del sistema nervoso centrale. «La scoperta pone le basi per ulteriori ricerche mirate ad aumentare la proliferazione delle staminali adulte nell’ippocampo e nella zona sub ventricolare - spiega Farioli-Vecchioli -. I risultati avranno delle implicazioni molto importanti per la prevenzione dell’invecchiamento e della perdita di memorie ippocampo-dipendenti». Per quanto riguarda le patologie neurodegenerative, «le potenzialità terapeutiche di queste cellule sono davvero ampie, anche se a breve termine non possono scaturire terapie mirate. Il prossimo passo sarà validare la scoperta su altri modelli murini con malattie quali Alzheimer, Parkinson oppure in cui un evento ischemico abbia provocato un’elevata mortalità neuronale, isolando e trapiantando le cellule staminali iper-attivate». (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 366 SCIENZA E SALUTE ECCO L’ESAME DEL SANGUE CHE CI DICE SE SIAMO A RISCHIO DEMENZA O ALZHEIMER Scienziati hanno creato e convalidato un nuovo esame del sangue capace di predire con una precisione superiore al 90 per cento se una persona sana svilupperà entro tre anni la demenza, un declino cognitivo o la malattia di Alzheimer La medicina che va in direzione della prevenzione compie ogni giorno nuovi passi di fondamentale importanza. Tra i diversi metodi preventivi vi sono anche gli esami del sangue che, in questo caso, possono essere indicativi della possibilità (o rischio) di sviluppare la demenza, il declino cognitivo nei diversi gradi e anche la malattia di Alzheimer nei tre anni successivi l’esame. Ad aver scoperto e convalidato questo nuovo test sono stati i ricercatori della Georgetown Univ. Medical Center, che hanno pubb. i risultati del loro studio sulla rivista scientifica Nature Medicine. Una ricerca, questa, che si pone come obiettivo quello di sviluppare strategie efficaci per il trattamento della demenza e l’Alzheimer nella fase addirittura precedente, in modo che si possa combattere la malattia rallentando o prevenendo l’insorgenza dei sintomi. TEST: Il test si presenta come il primo a rendere noti i biomarcatori nel sangue che possono indicare la presenza di Alzheimer preclinico. Nello specifico, il test identifica 10 tipi di lipidi, o grassi, nel sangue che possono predire l’insorgenza della malattia. Secondo i ricercatori, l’esame potrebbe essere pronto per l’utilizzo in studi clinici in soli due anni e sono possibili altri usi diagnostici. «Il nostro nuovo test del sangue offre la possibilità di identificare le persone a rischio di declino cognitivo progressivo e può cambiare il modo in cui i pazienti, le loro famiglie e i medici curanti possono pianificare e gestire il disturbo», spiega il dott. Howard J. Federoff, autore dello studio. La possibilità di individuare il rischio di demenza in fase precedente all’esordio della malattia stessa è un grande passo avanti, poiché allo stato attuale non esiste una cura o un trattamento efficace per l’Alzheimer. In tutto il mondo sono circa 35,6 milioni gli individui che devono fare i conti con la malattia. Secondo l’OMS, poi, il numero raddoppierà ogni 20 anni, arrivando a 115,4 milioni di persone con Alzheimer entro il 2050. Tutti i grandi sforzi compiuti fino a oggi per sviluppare farmaci efficaci nel rallentare o invertire la progressione della malattia di Alzheimer hanno fallito, sottolineano i ricercatori. Secondo Federoff, uno dei motivi potrebbe essere che i farmaci siano stati valutati troppo tardi nel processo della malattia. «Lo stato preclinico della malattia offre una finestra di opportunità per un intervento modificante la malattia attuale – I biomarcatori come i nostri, che definiscono questo periodo asintomatico, sono fondamentali per il successo nello sviluppo e applicazione di queste terapie». I test hanno permesso ai ricercatori di individuare un gruppo di 10 lipidi, che i ricercatori ritengono possano rivelare la composizione delle membrane cellulari neuronali nei partecipanti che sviluppano sintomi di deficit cognitivo o l’Alzheimer. «Consideriamo i nostri risultati un passo importante verso la commercializzazione di un test a biomarcatori preclinico della malattia, che potrebbe essere utile per lo screening su larga scala per identificare i soggetti a rischio. Stiamo progettando uno studio clinico in cui useremo questo pannello per identificare le persone ad alto rischio di Alzheimer e per testare un agente terapeutico che potrebbe ritardare o prevenire l’insorgere della malattia», conclude Federoff. (Salute, Stampa)