Anno III – Numero 415 AVVISO Ordine: 9 Giugno p.v. Serata di Burraco: Beneficenza Notizie in Rilievo Scienza e Salute 1. Un test sul respiro dice se non digerisci i latticini Prevenzione e Salute Giovedì 22 Maggio 2014, S. Rita da Cascia, Valente Proverbio di oggi…….. 'O barbiere te fa bello, 'o vino te fa guappo e 'a femmena te fa fesso FARMACI RUBATI, ORDINE DI NAPOLI: RESPONSABILITÀ OPERATORI ITALIANI VA ACCERTATA Se la Procura di Napoli dovesse accertare le responsabilità di 6, dei 12 operatori indicati dall’Aifa come coinvolti nell’acquisto di farmaci da distributori esteri non autorizzati, che si trovano nella provincia partenopea, l’Ordine non esiterà ad avviare l’istruttoria per aprire un provvedimento disciplinare sui suoi iscritti. A dirlo è Vincenzo Santagada, presidente dell’Ordine di Napoli, al termine del Consiglio convocato d’urgenza ieri per informare i 2. Se il cuore funziona colleghi su quanto accaduto e sulla richiesta inviata alla Procura meglio è anche questione di dieta per avere chiarimenti e maggiori informazioni sul coinvolgimento dei colleghi. «Aspettiamo ancora qualche giorno» spiega a farmacista33 il Farmaci e Salute presidente dei farmacisti di Napoli «ma se dovessero essere 3. Farmaci rubati, Ordine accertate responsabilità dei colleghi che operano nella provincia, di Napoli: responsabilità l’Ordine applicherà ciò che è di sua competenza, dunque sarà avviata un’istruttoria per il operatori italiani va accertata procedimento disciplinare e i colleghi coinvolti saranno convocati in audizione. 4. Nuovo farmaco contro Per ora ci atteniamo all’unica fonte ufficiale disponibile che è il comunicato dell’Aifa, in l’epatite C cui però non c’è chiarezza in merito alla posizione dei 12 operatori italiani, se sono Lorenzin: «Non compratelo sul web» parte lesa o se sono all’interno di una struttura non virtuosa». Nella filiera, spiega Santagada, «virtuosismo vuole che quando si viene contattati da grossisti con proposte sulla disponibilità di farmaci, i numeri dei lotti indicati vadano controllati sul sito dell’Aifa per verificare che non corrispondano a lotti rubati». E conclude: «Al momento non sappiamo se gli operatori hanno agito legalmente e nel rispetto delle norme, certo è che a noi come Ordine preme in primo luogo la salute dei cittadini, cosa che dimostriamo quotidianamente e con progetti di prevenzione, quindi sarà fatto tutto quanto di nostra competenza affinché la cittadinanza non corra alcun rischio». (Farmacista 33) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 415 SCIENZA E SALUTE UN TEST SUL RESPIRO DICE SE NON DIGERISCI I LATTICINI Ecco come si scopre l’intolleranza al lattosio. I disturbi tipici sono flatulenza, gonfiore, dolore addominale e irregolarità intestinale C’è chi ci nasce intollerante al lattosio e chi lo diventa. L’intolleranza al lattosio infatti può essere primaria , e manifestarsi già nell’infanzia, o secondaria e transitoria , e insorgere in seguito, per esempio, a infezioni oppure a malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Esiste poi una rara forma congenita, con gravi manifestazioni sin dalla prima assunzione di latte da parte del neonato, che persiste tutta la vita. «Il problema nasce dalla mancata o ridotta produzione di lattasi , enzima che scinde il lattosio (lo zucchero contenuto principalmente nel latte e nei suoi derivati), in galattosio e glucosio - spiega Edoardo Savarino, ricercatore al Dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell’Università di Padova -. La peculiarità della lattasi è di essere un enzima inducibile, capace cioè di aumentare in rapporto alla stimolazione del suo substrato, cioè del lattosio. Quindi, se la dieta è povera di latte e latticini, può capitare che la lattasi prodotta non basti per le temporanee necessità. Ciò spiega perché, oltre all’intolleranza primaria, legata a fattori genetici, si possano sviluppare forme secondarie, in genere transitorie». Come si manifesta l’intolleranza al lattosio? «Con disturbi gastrointestinali più o meno intensi. Il lattosio non digerito si accumula nell’intestino, dove richiama acqua e viene fermentato dai microrganismi della flora batterica intestinale, causando fastidi come diarrea, flatulenza, gonfiore e dolore addominale». Come si può diagnosticare con certezza? «Il sospetto si pone quando è chiaro il rapporto causaeffetto tra assunzione di lattosio e comparsa dei sintomi. Per una diagnosi certa c’è il breath test o test del respiro, che consiste nel far soffiare il paziente dentro un speciale palloncino, prima e dopo avergli somministrato lattosio. L’aria espirata viene raccolta ogni mezz’ora per le successive quattro ore e se ne misura il contenuto di idrogeno, che proviene dalla fermentazione del lattosio non digerito rimasto nell’intestino. Se il contenuto di idrogeno è molto superiore a quello presente nel respiro raccolto prima della somministrazione del lattosio vuol dire che c’è intolleranza. Questo test può, talvolta, risultare poco agevole, soprattutto nei bambini, per i quali si può ricorrere a un più semplice test genetico, da poco disponibile nelle farmacie, che si esegue con un tampone buccale e la successiva analisi genetica». Che cosa si può fare se si è intolleranti? «Escludere dalla dieta i cibi contenenti lattosio, cioè latte vaccino, latte di capra, latticini freschi, gelati, panna e molti dolci. Bisogna stare attenti anche alle fonti “nascoste” di lattosio, perché la sostanza può essere presente in molti cibi precotti, in farmaci e integratori. Una volta scomparsi i disturbi con l’eliminazione del lattosio dalla dieta, si può provare ad assumere dosi crescenti di lattosio fino al limite della propria tolleranza. Se non si vuole rinunciare al latte e ai suoi derivati o comunque avere un limite al loro consumo, si può ricorrere anche a un’altra strategia, cioè l’assunzione prima dei pasti di integratori di lattasi». (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 415 PREVENZIONE E SALUTE SE IL CUORE FUNZIONA MEGLIO È ANCHE QUESTIONE DI DIETA Un’alimentazione con un limitato apporto aiuterebbe a rendere meno rigido e più efficiente di sale La funzionalità del cuore potrebbe migliorare anche grazie a quello che si mette nel piatto. La dieta DASH, acronimo di Dietary Approaches to Stop Hypertension, un regime alimentare appositamente studiato dall’Istituto di Sanità statunitense per contrastare l’ipertensione, non sarebbe utile solo a chi ha la pressione alta, ma anche a chi soffre di insufficienza cardiaca. Lo hanno affermato alcuni ricercatori statunitensi in uno studio pubblicato sulla rivista Circulation: Heart Failure. Lo studio. Un’equipe di cardiologi dell’Università del Michigan, ha sperimentato la dieta DASH in 13 pazienti tra i 60 e i 70 anni di età con insufficienza cardiaca diastolica, condizione in cui il cuore diventa rigido e non è più in grado di pompare abbastanza sangue. Per tre settimane i partecipanti allo studio hanno consumato solo pasti preparati secondo i dettami della dieta DASH. Risultati: I ricercatori hanno poi controllato la loro pressione arteriosa nell’arco delle 24 ore e, tramite ecocardiografia, la funzionalità del loro cuore. «Grazie al cambio di alimentazione - spiega Hummel -, abbiamo riscontrato nei pazienti una riduzione della pressione paragonabile a quella che si sarebbe potuta ottenere con una terapia farmacologica e abbiamo anche rilevato un miglioramento nel rilassamento del ventricolo». Il tutto si traduceva poi in una camera cardiaca meno rigida e quindi più efficiente nel pompare il sangue in circolo. Meno sale: In cosa consiste però la dieta in questione? Si tratta di un tipo di alimentazione che predilige alimenti ricchi in potassio, magnesio, calcio e in cibi con caratteristiche antiossidanti, ma soprattutto la dieta DASH limita l’apporto di sale, e quindi di sodio, che viene assunto durante i pasti. In particolare Hummel e colleghi hanno fatto preparare, per i loro pazienti, pasti che non contenessero più di 1.150 mg di sodio come totale giornaliero, una quantità decisamente inferiore a quella che un americano medio assume quotidianamente che si aggira intorno ai 3.300-4.200 mg. «Diminuire la dose di sodio - permette di limitare l’accumulo di liquidi che costringerebbe il cuore a lavorare di più, rendendolo più rigido e meno efficiente nel trasferire il sangue al sistema vascolare, disturbo tipico di chi soffre di insufficienza cardiaca diastolica». Vivamente raccomandato è il consumo di frutta e verdura, meglio se fresche, latticini magri, riso e cereali, mentre andrebbe limitato quello dei grassi, prediligendo comunque quelli insaturi rispetto a quelli saturi. Cuore insufficiente: «Il nostro studio - conclude il cardiologo - mostra come la dieta possa avere un ruolo importante nel contrastare il progredire dell’insufficienza cardiaca, ruolo che andrà confermato in altre ricerche con più pazienti seguiti per un periodo di tempo più lungo». Nel frattempo un’alimentazione che eviti al muscolo cardiaco un sovraccarico di lavoro, secondo gli esperti, non può che far bene a un cuore già in affanno. I pazienti con insufficienza cardiaca diastolica rappresentano circa la metà di quanti soffrono di un insufficienza del muscolo cardiaco. A parte l’uso di diuretici per eliminare l’accumulo di liquidi e di qualche altro farmaco, non esiste una terapia standard per curare il disturbo. Un aiuto in più per migliorare la capacità di contrazione del cuore e la sua efficienza nell’immettere sangue nel sistema vascolare potrebbe dunque arrivare da una giusta dieta, a patto però di decidere sempre con un medico qualsiasi cambiamento del proprio regime alimentare. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 415 FARMACI E SALUTE NUOVO FARMACO CONTRO L’EPATITE C LORENZIN: «NON COMPRATELO SUL WEB» Il ministro: stiamo trattando il prezzo. Sempre più pazienti vanno a San Marino o ricorrono a farmacie virtuali. Il costo del trattamento è di 60mila euro Sessantamila euro: è il costo della nuova cura contro l’epatite C, che colpisce un milione di italiani. Una cura innovativa che promette di eradicare il virus Hcv una volta per tutte con tre cicli di trattamento, ma dal costo proibitivo: circa 20mila euro l’uno. Si tratta del farmaco sofosbuvir, un antivirale inibitore dell’RNA polimerasi che agisce bloccando la replicazione del virus. Promosso a metà dicembre negli Stati Uniti dalla FDA e a metà gennaio dall’European Medicines Agency (Ema), l’analogo ente europeo, è ora in fase di approvazione da parte dell’Aifa, che ha promesso di arrivare al “via libera” entro giugno, ovvero i cento giorni previsti per legge, definendone prezzo e rimborsabilità. «Sono ottimista sul rispetto dei tempi perché è una questione troppo importante per la salute dei pazienti - dice il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani». Dopo l’approvazione dell’Ema, il farmaco è stato autorizzato in Germania al prezzo di 40mila euro per 12 settimane e questo sarà probabilmente il riferimento per agli Paesi dell’Unione Europea. A San Marino o su internet: Ma non tutti sono disposti ad autorizzare l’immissione del sofosbuvir nelle farmacie italiane. Chi accetta di rischiare di più si avventura sul web, fra le tante farmacie virtuali (alcune con base in India) che promettono di poterlo consegnare in Italia entro un paio di settimane. Chi è più organizzato lo ordina in una delle sei farmacie di San Marino, fa un bonifico a mo’ di caparra e lo va a ritirare direttamente nella Città Stato, dove è possibile ottenere farmaci che non sono in commercio in Italia, ma già registrati dalle autorità europee o americane. In Italia il farmaco non è in vendita: l’Aifa ha sospeso l’inserimento di questa terapia nella fascia “Cnn”, che raccoglie i prodotti ancora non rimborsabili dallo Stato, ma comunque acquistabili dalle Regioni o dai pazienti stessi. La decisione è stata presa «per garantire l’unitarietà dell’accesso ai farmaci su tutto il territorio nazionale e la conseguente tutela di una parità di accesso alle cure da parte di tutti i pazienti». Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sottolineato che l’acquisto di farmaci sul web è da evitare: «I farmaci vanno acquistati attraverso canali sicuri per evitare il rischio di contraffazione: i prodotti comprati online potrebbero non essere efficaci o addirittura pericolosi. L’Italia sta trattando il prezzo del farmaco anti-epatite C in modo molto più forte rispetto ad altri Paesi europei - continua Lorenzin - e quello che cercherò di fare è di garantirlo a tutti, non basandoci solo, come stanno facendo altri Stati, sull’aspettativa di vita dei pazienti». Rimborsabilità immediata: Dei rischi corsi dai pazienti che si avventurano sul web parla anche Ivan Gardini, presidente dell’Associazione dei pazienti con epatite (Epac): «Alcuni pazienti ci hanno confessato di avere già proceduto all’acquisto del farmaco poiché hanno la malattia in fase molto avanzata e attendere può essere fatale. Per alcuni non è un problema, sono persone facoltose che se lo possono permettere. Altri invece hanno assicurazioni sanitarie che coprono anche questo genere di necessità. Altri, purtroppo, ci hanno comunicato che hanno dovuto racimolare il denaro attraverso collette familiari o indebitandosi. Altri ancora ci hanno segnalato la possibilità di acquistare questi nuovi farmaci a costi inferiori, ma attraverso siti internet negli angoli del pianeta più improbabili. E questo è molto pericoloso». PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 415 «Ai nostri centralini arrivano quotidianamente numerose chiamate di malati e familiari in cerca di informazioni utili per accedere al sofosbuvir e, ultimamente, anche al simeprevir (altro farmaco per il trattamento dell’epatite C). Nella maggior parte dei casi, sono persone che possono attendere ancora qualche mese. Considerato che l’approvazione di sofosbuvir ci è stata garantita per fine giugno, noi scoraggiamo l’acquisto, considerati i costi elevatissimi». «Accertata la reale efficacia e innovatività dei farmaci, che in questo caso è fuori discussione, dovremmo adottare un sistema che preveda la rimborsabilità immediata per le categorie di pazienti più a rischio di vita all’indomani dell’approvazione europea. Ma per fare questo è necessario dotare l’Aifa di un sistema organizzativo e di strumenti adeguati. Probabilmente il ministro della Salute Lorenzin ha intuito che sono necessari interventi in questo senso, in cui il fattore tempo è determinante proprio per salvare vite umane». Un leasing per i 10mila casi più gravi Una proposta per superare lo stallo arriva dal presidente della Fondazione italiana per la ricerca in epatologia (Fire), Ferruccio Bonino: avviare una sperimentazione con acquisizione diretta del super farmaco anti-epatite C da parte dello Stato per i 10mila casi più gravi in Italia. Il tutto attraverso un finanziamento con mutuo/leasing ventennale su fondi strutturali europei, senza incidere sulla spesa farmaceutica pubblica. «La cura completa dell’epatite C con il nuovo farmaco costa 84mila dollari (circa 60mila euro) negli Stati Uniti, 48mila euro in Germania. L’Italia ha oltre la metà dei portatori di infezione da virus dell’epatite C dell’intera Unione europea: il 70% dei pazienti Ue con epatite cronica C candidati alla terapia antivirale è italiano». Nel nostro Paese, aggiunge, questa malattia comporta «costi altissimi per il sistema sanitario: nei prossimi dieci anni saranno pari a circa 2-3,5 miliardi di euro. Un intervento terapeutico curativo ora possibile per la maggioranza determinerebbe la più efficiente spending review possibile per il Servizio sanitario». Anche l’Italia dovrebbe dunque «autorizzare tramite Aifa la prescrizione di Sovaldi da subito, per i soli pazienti in cui è considerato salvavita, ovvero i pazienti in lista per il trapianto o trapiantati di fegato e rene; avviare parallelamente una contrattazione con Gilead e altre ditte mettendole in competizione da subito per uno studio di coorte di 10mila pazienti, acquistando il farmaco direttamente dalle aziende al prezzo ragionevole di circa 5-8mila euro. I 50-60 milioni di euro necessari a finanziare lo studio possono essere ottenuti subito con un mutuo/leasing con una compagnia di assicurazione internazionale». Il progetto permetterebbe, secondo Bonino, di «superare la fase “ponte” dell’unico farmaco ora disponibile e poter arrivare al 2016-2017 quando arriveranno nuovi farmaci con le stesse caratteristiche e la competizione di mercato porterà il prezzo a circa 6-7.000 euro a ciclo di cura». I rischi della terapia fai-da-te Antonio Gasbarrini, direttore dell’Unità operativa complessa di Medicina interna e gastroenterologia del policlinico Gemelli di Roma, mette in guardia anche sui rischi della cura fai-da-te: «non tutti rispondono a questa nuova terapia e che, comunque, questa va assunta insieme ad altri due farmaci, interferone e ribavirina. E se il sofosbuvir è un prodotto relativamente sicuro, sono proprio interferone e ribavirina a poter creare problemi. Appena l’Aifa avrà trovato l’accordo con l’azienda - conclude Gasbarrini -, il farmaco dovrà essere acquistato dalle Regioni e sarà cruciale avere un Piano epatiti con regole nazionali, che poi le Regioni applichino. Perché se poi il farmaco non lo comprano, il problema rimane». (Salute, Corriere)