Anno III – Numero 454 AVVISO Ordine 1. UCFI: nasce la sezione di Napoli dei Farmacisti cattolici Italiani Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Un piatto di pesce può aiutare a dormire meglio 3. La dermatite atopica dei bambini cambia nome (e terapie) Prevenzione e Salute 4. Malattie veneree in aumento tra giovani e adulti 5. Con lo stile di vita si può prevenire l'Alzheimer 6. 10 pessime abitudini igieniche da cambiare Giovedì 17 Luglio 2014, S. Alessio di Roma, Tiziano Proverbio di oggi…….. E’ mort’ a creatura, nun simm’ chiù cumpar UN PIATTO DI PESCE PUÒ AIUTARE A DORMIRE MEGLIO Benefico il contenuto di vitamina D e omega 3 non solo per la prevenzione cardiovascolare ma anche per prevenire l’insonnia Problemi di sonno? Mangiare pesce potrebbe essere d’aiuto. A suggerirlo è uno studio pubb. sul Journal of Clinical Sleep Medicine. Alcuni ricercatori hanno testato gli effetti del consumo di pesce grasso sul sonno, nonché su alcuni parametri legati alla vitamina D e agli omega 3, di cui questo alimento è la principale fonte alimentare. STUDIO: A 95 uomini arruolati per lo studio sono stati dati, per 6 mesi, pasti comprendenti salmone tre volte alla settimana; per gli altri la dieta prevedeva pollo, maiale e manzo. RISULTATI: è stato osservato che i consumatori di pesce avevano, rispetto ai non consumatori, maggiori concentrazioni di omega 3 nei globuli rossi e che i loro livelli ematici di vitamina D erano più vicini a quelli considerati ottimali. Inoltre, i buoni livelli di vitamina D erano correlati con una migliore qualità del sonno e con la capacità di svolgere le attività giornaliere in modo adeguato. Gli altri studi: «Questi nutrienti sono stati inizialmente studiati per la prevenzione cardiovascolare, i primi, e per gli effetti positivi sull’osso, la seconda. Poi, sono state documentate altre interessanti funzioni benefiche e questi possibili effetti positivi sul sonno sono fra i più recenti. Alcuni studi hanno dimostrato che adulti e bambini con bassi livelli ematici di omega 3 e di vitamina D presentano un maggior rischio di disturbi del sonno e gli studi clinici, che hanno valutato l’efficacia di una supplementazione di questi nutrienti, hanno dimostrato un miglioramento nella qualità del sonno». Pesce azzurro: «Vari studi - hanno dimostrato che una dieta che comprenda adeguate quantità di pesce aiuta a prevenire il rischio di sviluppare obesità e anche a perdere più peso. Il pesce migliore è quello azzurro: alici, sardine, sgombro. Sono ricchi in omega 3 e vitamina D, meno esposti al rischio di contaminanti (mercurio e diossine) rispetto ai grandi predatori». (Corriere) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 454 SCIENZA E SALUTE LA DERMATITE ATOPICA DEI BAMBINI CAMBIA NOME (E TERAPIE) Si chiamerà «eczema costituzionale» perché dipende da un’alterazione della funzione di barriera della cute e non dalle allergie, che ne sono una conseguenza Negli ultimi anni la dermatite atopica nei bambini è letteralmente “esplosa”: secondo le stime la frequenza è più che raddoppiata in trent’anni, addirittura triplicata nelle aeree maggiormente industrializzate. Così oggi sono circa un milione i bimbi italiani alle prese con la pelle che si arrossa e prude: il 20-30 % delle visite dal pediatra è dovuto a problemi cutanei, per lo più proprio per una dermatite atopica. Che però sembra destinata a cambiare nome divenendo “eczema costituzionale”, come hanno spiegato i pediatri riuniti per l’International Pediatric Workshop di San Pietroburgo. Il problema è genetico: «Negli ultimi tempi, anche rianalizzando i dati degli studi scientifici più recenti, abbiamo capito che il fulcro del problema è la pelle stessa e non l’allergia, che finora abbiamo sempre ritenuto al centro del processo che porta alla dermatite atopica spiega Giuseppe Mele. Non a caso spesso, quando si vanno a fare le prove allergiche agli allergeni più comuni, dal latte al pelo di animale, dai pollini alla polvere, nei piccoli con dermatite non si trova niente. Il disturbo, infatti, è “costituzionale”, ereditario: è la cute a essere al centro di un processo infiammatorio, per una predisposizione insita nei geni che poi porta a rispondere ad agenti fisici irritativi». Infatti se un genitore ha una manifestazione atopica nel 60% dei casi potrà esserne affetto anche il figlio, percentuale che aumenta fino all’80% se entrambi i genitori hanno la patologia, mentre in una famiglia non atopica la probabilità che ne venga colpito il bambino è di circa il 20%. Serve un approccio diverso: Questa diversa prospettiva cambia non poco le carte in tavola: per molto tempo, credendo che alla base della dermatite vi fossero allergie che non si riuscivano a riconoscere, i bambini con questo disturbo sono stati messi a dieta eliminando latte, uova o altri cibi spesso allergizzanti senza però ottenere risultati. La pelle atopica invece “nasce” così, con una funzione di barriera alterata che lascia passare gli allergeni favorendo così la comparsa di allergie che sono la conseguenza e non la causa del problema cutaneo: il contrario di quanto si pensava in passato, per cui i test allergici non servono, occorre piuttosto ripristinare e proteggere la funzione di barriera della cute. «No quindi a esclusioni alimentari, sì all’utilizzo di prodotti emollienti per uso locale non cortisonici, finora considerati solo complementari alla terapia», osserva Mele. A settembre, durante il primo Forum internazionale di Paidòss che si terrà a Napoli, saranno presentate le prime linee guida italiane sull’eczema costituzionale; nel frattempo le linee guida europee dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, oltre a raccomandare di: evitare ciò che può irritare la pelle (come detergenti forti, profumi e prodotti per l’igiene personale che contengono alcol, indumenti in lana o fibre sintetiche), sottolineano con forza che non esiste una dieta “approvata” per la dermatite atopica: le restrizioni dietetiche sono raccomandate se è solo se sia stata posta un’effettiva diagnosi di allergia alimentare. In tutti gli altri casi togliere cibi potenzialmente pericolosi non metterebbe al riparo dalla dermatite e potrebbe anzi esporre a carenze nutrizionali. La buona notizia? Spesso basta avere solo un po’ di pazienza: crescendo la maggioranza dei casi si risolve, tanto che la dermatite atopica riguarda solo l’1-3 % della popolazione adulta. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 454 MALATTIE VENEREE in AUMENTO TRA GIOVANI E ADULTI In pochi sono correttamente informati. Anche i casi di infezione da Hiv sono cresciuti negli ultimi quattro anni A volte tornano. O meglio, passano sotto silenzio per qualche tempo ma in realtà continuano a colpire. Parliamo delle infezioni sessualmente trasmesse (IST), ovvero le vecchie malattie veneree. Gli ultimi dati del Centro operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità rivelano che, nonostante le campagne di informazione e sensibilizzazione, si continuano a nutrire false credenze sulle modalità di trasmissione delle infezioni. E l’Hiv, la più temuta delle malattie sessualmente trasmesse, risulta 20 volte più frequente nei soggetti con una delle altre infezioni di questo tipo. Riemergono malattie come la Clamidia e i condilomi genitali anche tra i più giovani. I casi: Dal 1/01/1991 al 31/12/2012, il sistema di sorveglianza degli osp. pubblici (12 Dermatologie) ha segnalato un totale di 96.752 nuovi casi di IST. I 13 laboratori di Microbiologia, secondo anello della rete di sorveglianza, hanno segnalato 75.771 campioni (dal 1/04/ 2009 al 31 /12/ 2012). Così l’infezione da Chlamydia trachomatis, che dà perdite vaginali ma spesso non presenta sintomi e può provocare sterilità nelle donne, è in significativo aumento dal 2002 , come nel resto d’Europa. La Chlamydia è decisamente più frequente tra i giovani dai 15 ai 24 anni. I condilomi genitali (noti anche come “creste di gallo”) sono in costante aumento con un picco massimo nel 2012 ed un aumento più che doppio rispetto al 2004. Si è scoperto che tra il 2002 e il 2010 c’è stata un’epidemia di sifilide. I casi sono poi diminuiti e adesso il loro numero si è stabilizzato. L’infezione da Hiv: Il linfogranuloma venereo, che si manifesta con ulcerazioni e tumefazioni inguinali, è in aumento tra gli omosessuali maschi dal 2006. Un altro dato deve fare riflettere: nel 2012, il 20% delle persone con IST ha scoperto per la prima volta di essere Hiv positivo nel momento della diagnosi di infezione sessualmente trasmessa. L’infezione da Hiv negli ultimi 4 anni è aumentata soprattutto tra gli omosessuali maschi con un’altra infezione a trasmissione sessuale già in corso. «Ogni anno un numero altissimo di persone in Italia e in Europa acquisisce un’infezione sessualmente trasmessa. Si tratta di una realtà sottovalutata. I motivi? La gente non parla volentieri di questi problemi. Inoltre, spesso la tematica resta relegata ad alcuni specialisti di settore. Infine, si fa anche fatica a raccogliere le segnalazione». Rifocalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica: L’esperta insiste sulla necessità di rifocalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica, spesso poco o male informata nonostante l’enorme quantità di notizie a disposizione. «Ho l’impressione che ci sia ancora poca informazione su come prevenire le infezioni - e ciò vale sia per i più giovani che per gli adulti, uomini e donne. A volte l’informazione è troppo poco esplicita. Ad es., non si riesce a fare passare il messaggio che basta anche un unico rapporto sessuale non protetto per trasmettere le infezioni». Lo stesso vale per i sistemi di prevenzione: «L’utilizzo del preservativo - è un presidio estremamente semplice contro il rischio di infezione. Anche del preservativo si parla, ma sempre con molta difficoltà». In caso di dubbio, l’invito è ad affrontare comunque la situazione: «Queste sono infezioni - che nella stragrande maggioranza dei casi si possono diagnosticare bene, perché abbiamo test di laboratorio molto avanzati e precisi. Sono infezioni che si possono curare bene, perché abbiamo antibiotici o addirittura vaccini che prevengono la comparsa di malattie». (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 454 PREVENZIONE E SALUTE CON LO STILE DI VITA SI PUÒ PREVENIRE L'ALZHEIMER Esercizio fisico, alimentazione e sonno sono solo alcuni dei parametri che potrebbero incidere sull’insorgenza della malattia stando alle ultime ricerche presentate alla conferenza dell’Alzeheimer’s Association, in corso a Copenhagen. I potenziali fattori di rischio, di per sé, non sono sorprendenti: fumo, diabete, ipertensione, scarso esercizio fisico, depressione e sovrappeso di mezza età sono già nel mirino della prevenzione di patologie cardiovascolari e altri disturbi. La novità è, invece, che fare leva sullo stile di vita, tenendo controllati questi parametri, potrebbe prevenire un terzo dei casi di Alzheimer. E’ quanto emerge dall’annuale Alzheimer’s Association International Conference, in corso a Copenhagen fino al 17 luglio, che riunisce i maggiori esperti mondiali di demenze senili. Senza causa nota né cura, l’Alzheimer è una delle sfide sanitarie del millennio. Le attuali stime prevedono 106 milioni di persone colpite entro il 2050, quasi il triplo dei casi rispetto ad oggi. Poche le certezze sui meccanismi di insorgenza della malattia e fattori predisponenti, l’unico confermato è l’età avanzata. Da un lato lo sviluppo di molecole capaci di oltrepassare la barriera ematoencefalica, l’odierno ostacolo all’efficacia delle terapie non ha ancora dato risultati soddisfacenti, dall'altro si cercano altre vie per rallentarne l'avanzata nella popolazione mondiale, sempre più longeva. «Determinare i fattori che possono aumentare o diminuire il rischio di Alzheimer e altre demenze è invece un punto centrale della sfida a questa ‘epidemia’. Abbiamo ora un’idea più chiara delle possibilità con cui ridurre il rischio attraverso un cambiamento comportamentale e abbiamo imparato che questi fattori protettivi possono cambiare lungo il corso della vita. Gli studi presentati sottolineano il bisogno di finanziare studi più ampi e a lungo termine per poter sviluppare una sorta di ‘prescrizione’ dello stile di vita: ad esempio, quali cibi consumare e quali evitare oppure quanta attività fisica va fatta e di quale genere». Stando alle stime di un team dell’Univ. di Cambridge, pubb. su The Lancet Neurology, ridurre del 10 % i fattori di rischio come diabete, obesità o ipertensione, potrebbe prevenire un terzo dei casi di Alzheimer. Tra le ipotesi presentate nel corso nel congresso, molta attenzione sull’attività fisica. I ricercatori della Mayo Clinic, negli Stati Uniti, hanno osservato i benefici dell’esercizio fisico nella terza età: in uno studio, su 280 soggetti e durato tre anni, è emerso che un’attività regolare rallenta la progressione del deterioramento cognitivo lieve (MCI, mild cognitive impairment), considerato l’anticamera dell’Alzheimer. In un secondo studio, sempre triennale e su 1.830 anziani, una leggera e regolare attività fisica ha dimostrato di essere associata a una minore incidenza di MCI. Tra le ricerche presentate, anche quella della Università della California che mette in luce il possibile legame tra disturbi del sonno e demenza, condotta su 200 mila veterani di mezza età: insonnia o apnee notturne sono state correlate a un’incidenza aumentata del 30%. Infine, numerose le conferme sul legame con alimentazione, per cui da anni si pensa che la dieta mediterranea potrebbe essere una sorta di ‘medicina’ per l’Alzheimer, malattie cardiovascolari e ipertensione. (OK, Salute e Benessere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 454 PREVENZIONE E SALUTE 10 PESSIME ABITUDINI IGIENICHE DA CAMBIARE 10 pessime abitudini igieniche da dimenticare o, almeno, da cambiare in meglio. Perché tutti hanno alcuni comportamenti che, pur essendo corretti sulla carta, poi si rivelano delle pessime idee. Dal lavare le lenti a contatto solo con l’acqua del rubinetto fino all’utilizzo improprio del lavandino della cucina, ecco le 10 abitudini anti igieniche che andrebbero riconosciute ed evitate o almeno modificate con più attenzione. 1. L’ombelico è un covo di batteri: Forse non tutti sanno che l’ombelico può rivelarsi un covo di batteri e germi pericolosi. Complice la sua conformazione e anche la scarsa attenzione igienica, nell’ombelico rischiano di annidarsi più di duemila specie di batteri diversi. 2. Il water aperto? Meglio di no!: Lasciare il water aperto non è un’ottima idea, né per una questione estetica, ma, soprattutto, nemmeno per una questione igienica. In questo modo, si rischiano di disperdere in tutto il bagno, attraverso l’aria, micro particelle di feci, germi e batteri di vario genere. 3. Lo shampoo tutti i giorni. Lo shampoo tutti i giorni non serve e, inoltre, rischia di mettere a dura prova il cuoio capelluto, stimolando la produzione extra di sebo. Bastano due o tre lavaggi la settimana per garantire la giusta dose di igiene alla chioma. 4. Lavare le lenti a contatto con l’acqua: L’acqua del rubinetto non basta per lavare le lenti a contatto. Così facendo si espongono gli occhi a un elevato rischio di infezioni. 5. Mangiare il cibo caduto a terra: Una volta caduto a terra il cibo andrebbe gettato nell’immondizia. Perché, anche se molti pensano che raccogliendolo rapidamente si evitano rischi, è meglio sapere che appena tocca il suolo l’alimento in questione ne raccoglie il 99% di germi e sporcizia varia. 6. Gli asciugamani nei bagni pubblici: Asciugare le mani con l’aria calda nei bagni pubblici non è una buona soluzione a livello igienico. Meglio scegliere gli asciugamani di carta usa e getta. 7. L’utilizzo dei bagni pubblici: Sciacquoni, maniglie e rubinetti nei bagni pubblici potrebbero essere pericolosi ricettacoli di batteri fecali e germi di vario genere, quindi vanno toccati con cura. 8. Il lavandino della cucina: È, anche se molti non lo sanno, uno dei luoghi più sporchi della casa, quindi, meglio evitare di utilizzarlo come un contenitore di alimenti da consumare. Inoltre, il lavandino della cucina andrebbe lavato con cura, con un detergente specifico e antibatterico, tutti i giorni . 9. Lo spazzolino da denti: Lasciare lo spazzolino da denti in balia dei venti in bagno rischia di farlo diventare una calamita per germi e batteri. Allo stesso modo, però, potrebbe essere rischioso anche coprirlo completamente senza farlo asciugare prima. Quindi, meglio scegliere le coperture per gli spazzolini provviste di aperture. 10. Nessuna cura per la lavatrice. Per assicurare alla lavatrice la sua funzione in condizioni igieniche ottimali, meglio riservarle qualche attenzione extra, come lavaggi igienizzanti con aceto e ad altissime temperature o pulizie periodiche approfondite. (Salute, Pour Femme)