Anno II – Numero 95 Giovedì 15 Gennaio 2013, S. Marcello Notizie in Rilievo A QUALE ETÀ IMPARIAMO A RICONOSCERCI ALLO SPECCHIO? • Prevenzione e Salute 1. Gli alimenti integrali Bimba allo specchio nascondono un eccesso di zuccheri 2. La carne rossa fa meno male con le verdure 3. Grassi saturi: un pericolo per la fertilità maschile Farmaci 4. Gli Italiani sono ancora diffidenti verso i farmaci generici Stili di vita e Salute 5. Come si trasmette la mononucleosi: non solo baci, ma anche posate e bicchieri Ambiente e Salute 6. Nuove malattie: la sensibilità chimica multipla Curiosità A quale età impariamo a riconoscerci allo specchio? Che cosa sono i dolori intercostali? Già tra i 18 e i 24 mesi di vita i bambini si riconoscono allo specchio. Per dimostrarlo viene generalmente impiegato il test della macchia rossa: si disegna un pallino colorato sulla fronte del bambino e lo si mette davanti a uno specchio. Se il piccolo si tocca la fronte alla ricerca del segno colorato significa che si riconosce: questo è uno stadio fondamentale dello sviluppo psichico. Secondo gli psicologi il riconoscimento di sé nell'immagine riflessa richiede abilità specifiche che non hanno nulla a che vedere con la capacità di riconoscersi in filmati o fotografie. Sottoponendo al test un gran numero di bambini di due anni, ricercatori dell'Università del Queensland (Usa) hanno infatti rilevato che il 90% dei soggetti si riconosce senza problemi quando è davanti a uno specchio, mentre solo il 35% mostra la stessa consapevolezza osservando se stesso in un filmato. CHE COSA SONO I DOLORI INTERCOSTALI? Provare una fitta al costato è dovuto spesso a un piccolo stiramento delle fasce muscolari che si trovano tra le costole, la cui funzione principale è quella di consentire l’allargamento e il restringimento della cassa toracica nei meccanismi della respirazione. La contrattura temporanea del muscolo può essere causata da un movimento brusco o dal sollevamento di un peso, ma anche semplicemente dai movimenti involontari della muscolatura stessa. Il metodo per smascherarli. I medici definiscono questo tipo di dolore “puntorio”, ossia acuto e localizzato come quello di una puntura, e per riconoscerne l’origine muscolare chiedono al paziente di respirare profondamente: con l’inspirazione e l’espirazione la muscolatura intercostale si rilascia e il dolore diminuisce o scompare del tutto. Preoccupazione costante del medico è quella di non confondere un dolore comune e del tutto innocuo come quello intercostale con altri dolori di tipo puntorio che si presentano alla percezione del paziente in modo simile e che possono essere causati, invece, da una sofferenza cardiaca. PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 95 PREVENZIONE E SALUTE Gli ALIMENTI INTEGRALI NASCONDONO UN ECCESSO DI ZUCCHERI Spesso indicati come preferibili dai nutrizionisti, a causa dell'altro contenuto di fibre, gli alimenti integrali, o fatti con farine integrali, possono celare un'incognita. Uno studio coordinato alla Harvard Medical School di Boston e pubblicato dalla rivista Public Health Nutrition evidenzia che alcuni di questi prodotti contengono zuccheri aggiunti che ne farebbero lievitare l'apporto calorico. STUDIO: Dall'indagine, effettuata su 545 prodotti alimentari tra cui vari tipi di pane, cracker e cereali per la prima colazione o barrette, è emerso che gli standard per classificare un cibo come integrale sono incoerenti e spesso portano a scelte alimentari sbagliate. RISULTATI:Gli esperti hanno controllato le etichette dei cibi segnalati come integrali e i loro ingredienti e hanno constatato che, nonostante siano caratterizzati da un alto contenuto di fibre, in molti di essi contengono una maggior quota di zuccheri aggiunti. Gli zuccheri nei cibi sono impiegati come conservanti, per migliorare il sapore e per renderne più appetibile l'aspetto, per esempio la doratura del pane e dei dolci. (Sn) FARMACI GLI ITALIANI SONO ANCORA DIFFIDENTI VERSO I FARMACI GENERICI La diffidenza dei medici che tendono a non prescriverli e il timore dei pazienti a sostituire farmaci ''brandizzati'' con pillole di colore e forme diverse, fino al punto di interrompere la cura. Sono le motivazioni principali che portano a non scegliere i farmaci generici identificate in due recenti ricerche americane. Problemi identici a quelli che si riscontrano anche in Italia, come spiega Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici, ma con uno scenario diverso: nel nostro Paese infatti la quota di mercato dei farmaci equivalenti si attesta intorno al 17% mentre negli Usa tocca punte dell'80%. ''Occorre vincere la diffidenza- spiega Foresti- quella dei pazienti ma sopratutto dei medici, che devono prescrivere sin da subito il farmaco generico''. I medici, in particolare quelli di medicina generale, con Giacomo Milillo della Fimmg lamentano una scarsa conoscenza dei prodotti dovuta al fatto che le case farmaceutiche dei generici informano poco. ''Siamo comunque responsabili di cio' che accade al paziente, quindi se non siamo informati a fondo sul farmaco preferiamo non prescriverlo'' spiega Milillo, mentre Assogenerici replica che quella di fare poca informazione medico scientifica e' una scelta: se i prezzi devono essere tenuti bassi non si puo' andare a discapito della qualita' dei prodotti e allora si sceglie di non pubblicizzarli troppo presso gli studi medici. (Sn) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 95 STILI DI VITA E SALUTE COME SI TRASMETTE LA MONONUCLEOSI: NON SOLO BACI, MA ANCHE CON POSATE E BICCHIERI Febbre alta e stanchezza i sintomi anche se è spesso asintomatica. La complicanza grave è la rottura della milza Nota anche come «malattia del bacio» la mononucleosi è un'infezione virale che di solito si trasmette con la saliva e meno spesso per condivisione di oggetti (posate, bicchieri) entrati in contatto con la saliva di una persona infetta. «Oltre il 90% della popolazione ha nel sangue anticorpi contro il virus di Epstein-Barr (responsabile della malattia), perché si tratta di un'infezione molto diffusa, che gran parte delle persone ha sviluppato nella propria vita spesso senza saperlo - spiega Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive all'Università Cattolica di Roma -. Il motivo è che quando contratta nei primi anni di vita la malattia ha spesso un decorso senza sintomi, mentre nelle altre fasce età non di rado viene scambiata per influenza». QUALI SONO I SINTOMI CARATTERISTICI? «I sintomi che, se presenti contemporaneamente, devono indurre a sospettare la mononucleosi sono: mal di gola importante, con tonsille coperte da una patina biancastra molto avvolgente, febbre alta, ingrossamento dei linfonodi superficiali, malessere generale nonché, spesso, aumento delle dimensioni della milza. Meno di frequente, a distanza di alcuni giorni dai primi sintomi, può apparire sulla cute un esantema simile al morbillo, che può anche essere conseguente all'uso improprio di antibiotici della famiglia della penicillina. DIAGNOSI: per confermare il sospetto di malattia, che deriva anche dall'aumento dei globuli bianchi, in particolare quelli mononucleati (da qui il nome della malattia), si ricercano gli anticorpi anti-VCA (viral capsid antigen) sia di classe IgG, sia IgM. Le immunoglobuline IgM indicano uno stato di attività del virus: quando calano e restano solo le IgG significa che l'infezione è superata. Le IgG si possono trovare anche dopo anni nel sangue, e indicano che l’infezione è stata contratta in passato». QUAL È IL DECORSO DELLA MALATTIA? «Negli adolescenti la malattia si manifesta 3-6 settimane dopo il contagio, mentre nei bambini il periodo di incubazione è di 2-3 settimane. Se l'infezione nei piccoli è spesso asintomatica, negli adolescenti e negli adulti i sintomi tendono a scomparire in alcune settimane. L'unico disturbo che tende a persistere, anche per mesi, è una stanchezza generalizzata, mentre la complicanza più temibile è la rottura della milza ingrossata in seguito a un trauma o a uno sforzo. Si tratta di un'emergenza da gestire in ambiente ospedaliero». COME SI CURA LA MONONUCLEOSI? «Esistono solo terapie sintomatiche. Per abbassare la febbre si usano i classici antipiretici, mentre gli antibiotici sono indicati solo nei casi in cui si sospetti una sovrainfezione batterica (gli antibiotici non agiscono sui virus). Se il mal di gola provoca difficoltà a respirare si può ricorrere ai cortisonici, ma solo per pochi giorni e sotto stretto controllo medico. Chi ha sviluppato un ingrossamento della milza farebbe inoltre bene a evitare sforzi e attività pesanti per alcuni mesi per scongiurare una possibile rottura». (Salute Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 95 PREVENZIONE E SALUTE LA CARNE ROSSA FA MENO MALE CON LE VERDURE Una dieta che prevede il consumo di carne rossa può essere a rischio malattie, ma se consumata insieme alle verdure diviene più digeribile e si riduce il rischio La carne rossa è stata messa sotto accusa da diversi studi: favorirebbe l’insorgere di malattie, tra cui il cancro al colon – in particolare se consumata spesso. Tuttavia, secondo un nuovo studio, esiste la possibilità di limitare i danni, prevenire le malattie e renderla al contempo più digeribile. Per dunque rendere meno dannosa l’assunzione continuata di carne rossa, basta accompagnarla con delle verdure, suggeriscono gli scienziati neozelandesi del Plant and Food Research Institute, i quali hanno condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Food Science. STUDIO: I ricercatori hanno sperimentato gli effetti di una dieta ricca di carne rossa, consumata da sola o in combinazione a vegetali ricchi di fibra fermentabile. Lo studio, condotto su modello animale, ha permesso di valutare l’impatto sull’intestino dei topi da parte della carne, mostrando come l’azione della fibra alimentare – come per esempio quella che si trova nelle patate e in molte altre verdure e tipi di frutta – riducesse la produzione di sottoprodotti nocivi del metabolismo intestinale, causata dalla carne rossa. «Le proteine che mangiamo possono influenzare il metabolismo del microbiota nel nostro intestino e quindi la nostra salute intestinale – spiega nel comunicato PFRI la dottoressa Chrissie Butts – Mentre la maggior parte delle proteine vengono digeriti e assorbite dall’intestino tenue, le proteine non digerite raggiungono il grosso intestino, e fermentando possono produrre composti potenzialmente tossici». Si tratta quindi di abbinare in modo sapiente alimenti vegetali con animali e, soprattutto, sfruttare la capacità della fibra alimentare di favorire l’azione dei batteri buoni e inibire quella dei batteri nocivi, nonché lo smaltimento delle proteine potenzialmente tossiche. «La nostra ricerca ha dimostrato che fornendo componenti dietetici che sostenevano batteri benefici, e limitando la crescita di batteri patogeni nel grosso intestino, siamo stati in grado di ottenere un effetto positivo sulla salute dell’ospite», conclude Butts. Portiamo allora più verde, e magari meno rosso, sulla nostra tavola. (Stampa) Grassi saturi: un pericolo per la fertilità maschile? La dieta può influenzare la fertilità maschile. infatti un'alimentazione troppo ricca di grassi saturi sembra addirittura capace di danneggiare la qualità del seme, sia la concentrazione spermatica (numero di spermatozoi presenti in un millilitro di eiaculato) sia la conta degli spermatozoi che considera oltre che il loro numero anche la loro morfologia e motilità. Lo dimostra uno studio danese pubblicato sul American Journal of Clinical Nutrition. PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 95 AMBIENTE E SALUTE Nuove malattie: la Sensibilità Chimica Multipla C’è una patologia “ambientale” emergente e poco conosciuta: è la Sensibilità Chimica Multipla, caratterizzata da sintomi eclatanti e che, tuttavia, fino qualche tempo fa non era riconosciuta come tale. Oggi, inizia a emergere in tutta la sua evidenza e impatto sulla vita delle persone colpite Spesso ci sono malattie che passano nell’ombra. Un po’ perché se ne parla poco – o non se ne parla proprio – o perché non si sono ancora guadagnate l’onore di essere classificate come vere e proprie patologie. Poi, accade che a seguito di casi eclatanti, emergano improvvisamente e s’inizia a parlarne. E’ il caso di Daniela Vitolo, 29 anni, che ottiene l’attenzione dei media perché soffre di Sensibilità Chimica Multipla (SCM), una sindrome infiammatoria tossica somigliante a un’allergia, ma che può rendere la vita di tutti i giorni un inferno. Per Daniela, e quelli come lei, svolgere le più banali attività quotidiane diventa un calvario: si debbono limitare i contatti persino con parenti e amici. E l’ambiente in cui si vive – quello in cui vive la maggior parte delle persone – è per loro altamente nocivo. La SCM può essere definita una malattia “ambientale”, caratterizzata da quella che è stata la tendenza negli ultimi 40-50 anni di utilizzare in modo esagerato e spesso sconsiderato sostanze potenzialmente nocive quali insetticidi, pesticidi, conservanti, coloranti, ftalati, solventi, metalli pesanti… solo per citarne alcune. Come se non bastasse, a minare la salute di tutti noi, ci sono anche il particolato (o polveri sottili), le muffe, gli OGM, l’elettrosmog e via dicendo. SINTOMI: queste sostanze, spesso mascherate nelle nostre case o nei prodotti che quotidianamente usiamo, causano diversi problemi in che ne viene a contatto: tra questi allergie, dermatiti, asma e problemi respiratori o gastroenterologici – accompagnati anche da una facilità all’affaticamento, una tendenza alle infezioni, alle cefalee, alle vertigini. Sintomi ai quali spesso non si riesce a dare un nome, perché la Sensibilità Chimica Multipla, come la maggior parte delle patologie di origine ambientale, non è riconosciuta dal SSN come vera e propria malattia invalidante. Purtroppo, di pari passo con la scarsa attitudine al riconoscimento della patologia, si associa una mancata preparazione rispetto a questo tipo di problematiche da parte degli specialisti e i medici di base i quali, loro malgrado, non riescono a reperire le necessarie informazioni affinché si possa riconoscere dai sintomi la presenza di questa malattia: quando infatti i sintomi sono così vari e molteplici, il medico (in mancanza di una formazione specifica) non riesce più a inquadrare il paziente e in molti casi tende a classificarlo come “stressato”, “isterico” o addirittura “psichiatrico”. In verità, quando ci si trovi di fronte a una realtà multifattoriale e in cui i vari cofattori cambiano da paziente a paziente, si dovrebbe avviare una ricerca approfondita per andare a scoprire tutte le possibili cause ed eliminarle, per quanto possibile, dall’ambiente in cui il paziente si muove e vive ogni giorno. Altra azione fondamentale consiste nel rinforzare i meccanismi di difesa: lavorare in direzione di un aumento di attività del sistema immunitario, in modo che possa reagire adeguatamente; favorendo inoltre l’attività degli emuntori (fegato, rene) in maniera da smaltire meglio le sostanze di scarto: a volte anche mediante una corretta alimentazione, stili di vita appropriati, attività fisica idonea ecc. Oggi sono disponibili molti test di laboratorio per verificare se nell’organismo siano presenti sostanze nocive, tossiche o cancerogene; per vedere se queste innescano anche reazioni di tipo allergico; per stabilire se ci sono muffe e per misurare la presenza di elettrosmog. Si possono inoltre analizzare gli ambienti indoor per verificare la presenza di sostanze volatili nocive (PCP, PCB, formaldeide, solventi ecc.), ma la vera sfida è riuscire a dare un nome a patologie spesso difficili da individuare a causa di una mancanza di informazione e formazione specifica da parte degli operatori sanitari. (Stampa)