Anno III – Numero 461 AVVISO Ordine 1. UCFI: nasce la sezione di Napoli dei Farmacisti cattolici Italiani Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Paralisi del nervo facciale, molto spesso è responsabile un’infezione 3. Ecco come vivere a lungo. Otto "trucchi" svelati dalla scienza Prevenzione e Salute 4. Davvero si può «prendere» una polmonite anche in estate? 5. Stanchezza d'estate: i consigli per fronteggiare i sintomi più semplici 6. Rosmarino e origano, due insoliti rimedi contro il diabete Domande e Risposte 7. Si può fare una frittata sott’acqua? Curiosità 8. L'albero che produce 40 diversi tipi di frutta Lunedì 28 Luglio 2014, S. Nazario, Innocenzo Proverbio di oggi…….. Meglio 'auciello 'e campagna ca chillo 'e cajola Meglio l'uccello di campagna che quello chiuso in gabbia. QUOTA SOCIALE ORDINE: 2014 E ANNI PRECEDENTI La quota annuale per l’iscrizione all’Ordine di Napoli è di 150 €. Si ricorda che è obbligo di ogni iscritto il versamento della quota d’iscrizione annuale e che un eventuale ritardo comporta l’aggravio delle spese di esazione. Il mancato adempimento, oltre a causare un’infrazione alla deontologia professionale, fa venir meno il requisito necessario per mantenere l’iscrizione all’Albo Professionale. Sulla base della rendicontazione, rimessa dall’Istituto di Credito per la riscossione, è opportuno che Tu verifichi presso gli Uffici dell’Ordine, tramite: Telefono (081-5510648); msg: 339 81 77933; 335 1822207; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; se il Tuo nominativo è in regola con le quote di iscrizione relative al 2014 e agli anni precedenti. SI PUÒ FARE UNA FRITTATA SOTT’ACQUA? Per cuocere un uovo, bisogna romperlo. Ma sott'acqua potrebbe essere molto più difficile di quanto si pensi. Tutta questione di fisica. Vuoi preparare un'ottima frittata? Meglio non farlo sotto i 20 metri. A questa profondità la pressione è pari a circa 3 volte quella atmosferica, mentre quella interna all’uovo è inferiore: questo fa sì che tuorlo e albume non si separino e, se il guscio restino uniti mezz’acqua. L’aspetto è quello di una pallina trasparente all’esterno, con una sfera più piccola gialla al centro. PRESSIONI DIVERSE: A profondità maggiori l’uovo verrebbe stritolato per l’aumento della pressione esterna. Quando siamo in cucina la pressione atmosferica è di poco inferiore a quella dell’uovo. Queste condizioni portano alla “rottura” di tuorlo e albume, permettendoci di preparare una frittata. (Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 461 SCIENZA E SALUTE PARALISI DEL NERVO FACCIALE, MOLTO SPESSO È RESPONSABILE UN’INFEZIONE Se dopo 7-8 mesi la faccia non si muove significa che i danni sono persistenti e si ricorre alla microchirurgia ricostruttiva Il primo pensiero corre all’ictus: ci si sveglia con la bocca piegata all’ingiù da un lato, incapaci di chiudere l’occhio dalla stessa parte e con una metà del viso inespressiva. Ma se non ci sono altri sintomi (ad es., incapacità di muovere gli arti, difficoltà di parola o di vista, confusione, vertigini) si tratta di paralisi del nervo facciale, il settimo paio di nervi cranici, che innerva il volto. «In 9 casi su 10 la causa è un’infezione virale (paralisi di Bell) che può essere favorita, ma non causata, dal freddo» spiega Federico Biglioli, dir. dell’unità di Chirurgia Maxillo-Facciale all’Ospedale San Paolo di Milano. «Il nervo percorre un lungo tratto in un canale osseo e, gonfiandosi, si schiaccia contro le pareti: ciò provoca una riduzione del flusso di sangue al nervo, che lo danneggia, causando la paralisi. In altri casi, più rari, il nervo è lesionato da un intervento chirurgico o un trauma, oppure viene compresso da una massa tumorale lungo il suo tragitto; c’è, infine, una piccola quota di casi congeniti. Non ci sono fattori di rischio riconosciuti, se non averne già sofferto: chi ha avuto una paralisi è leggermente più predisposto a nuovi episodi». Che cosa si può fare? «Occorre essere certi che il problema sia infettivo, per cui si esegue sempre una TAC di cervello, base cranica e parotidi (i tumori in questa sede possono provocare il disturbo anche se di solito con un’insorgenza lenta e progressiva). Quindi, si deve trattare subito con cortisonici ad alte dosi: l’obiettivo è sgonfiare il nervo per evitare lesioni permanenti. Dopo 20 giorni si esegue un’elettromiografia per capire se nervo e muscoli facciali siano in fase di ripresa; n media la mimica si riacquista in 2-3 mesi e nell’80% dei casi senza conseguenze permanenti». Come si interviene se il viso resta paralizzato?: «Se dopo 7-8 mesi la faccia ancora non si muove, anche se le elettromiografie sono incoraggianti, significa che ci sono danni permanenti al nervo. Le conseguenze più serie sono a carico dell’occhio: l’impossibilità a chiuderlo espone a lesioni oculari, fino ad arrivare a ulcere corneali e perdita della vista. In caso di danni persistenti l’unica possibilità di cura è la microchirurgia ricostruttiva: se l’episodio è relativamente recente si riattivano i muscoli collegando al nervo facciale danneggiato un nervo donatore a livello della faccia o del collo; se invece sono passati più di 18 mesi è improbabile che la muscolatura mimica possa essere ancora attivata da uno stimolo nervoso, per cui occorre fare anche trapianti di muscoli vitali presi da coscia, schiena o in altre sedi. In entrambi i tipi di chirurgia si fa poi un “ponte” nervoso fra il nervo facciale coinvolto nella paralisi e quello “sano” dell’altro lato del viso: dobbiamo infatti rendere ai muscoli la possibilità di contrarsi, ma devono poterlo fare al momento giusto, in sincrono con il resto del volto, per far sì che le espressioni siano più spontanee possibili. Si tratta di interventi complessi che pochi Centri affrontano». (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 461 PREVENZIONE E SALUTE DAVVERO SI PUÒ «PRENDERE» UNA POLMONITE ANCHE IN ESTATE? L’ozono è un potente irritante le cui concentrazioni nel nostro Paese sono in costante crescita e sono tra le più alte d’Europa Un mio familiare, un po’ avanti con gli anni, ha avuto nei giorni scorsi febbre, peraltro non molto alta, tosse e soprattutto lamentava di sentirsi stanco e debole. Pensavamo a una forma di tipo influenzale, ma il medico che l’ha visitato ha diagnosticato addirittura una polmonite. Ha prescritto, quindi, una cura di antibiotici e ha raccomandato vivamente anche un periodo adeguato di convalescenza, senza strapazzi e imprudenze, una volta terminata la terapia. Non starà esagerando a parlare di polmonite? Non è una malattia tipica delle stagioni fredde? Insomma, mi stupisce questa diagnosi in un periodo che, se pur di tempo variabile, è comunque caratterizzato da temperature elevate. Tutti siamo legati all’idea che i disturbi respiratori siano più frequenti nei mesi invernali, ma così non è. Polmoniti e broncopolmoniti imperversano anche d’estate, complici l’ozono e gli sbalzi di temperatura. L’ozono è un potente irritante le cui concentrazioni nel nostro Paese sono in costante crescita e sono tra le più alte d’Europa, data anche la posizione geografica dell’Italia. Questo inquinante ha un’azione irritante sulle mucose; le più frequentemente interessate sono le congiuntive e le superfici delle vie aeree superiori (naso-faringe) e inferiori (bronchi). L’esposizione a elevate concentrazioni di ozono può quindi causare congiuntiviti, riniti e favorire l’insorgenza di bronchiti e polmoniti, oltre a aggravare i casi di asma bronchiale. Ma anche in assenza di alte concentrazioni di questo gas le polmoniti d’estate sono molte. Si possono presentare con o senza febbre, talvolta l’unico sintomo può essere una stanchezza profonda, spesso è presente anche una tosse che può essere secca e irritativa o produttiva con catarro purulento. Lo sfebbramento avviene dopo 48-72 ore dall’inizio della terapia antibiotica, ma la tosse può persistere molto più a lungo e così anche la stanchezza, che richiede un certo periodo di convalescenza per scomparire del tutto. La stragrande maggioranza delle terapie antibiotiche sono empiriche, non basate su riscontri microbiologici, d’altra parte il riconoscimento dell’agente eziologico delle polmoniti avviene solo in una percentuale molto limitata di casi. Non infrequentemente, di questi tempi, si possono registrare casi di polmoniti da germi cosiddetti atipici, come la Chlamydia pneumoniae o il Mycoplasma, contro i quali sono efficaci solo alcune categorie di antibiotici, come i macrolidi, le tetracicline e i fluorchinolonici, e che possono determinare il fallimento di un primo ciclo di antibiotici di altro tipo. Febbre e temperature esterne elevate possono causare disidratazione e peggiorare le condizioni del paziente, soprattutto se anziano o se portatore anche di altri disturbi. Le terapie già in corso, come farmaci per la pressione o cardiologici, andranno rimodulate tenendo conto della nuova situazione clinica. Non sempre è necessario ricorrere a grandi accertamenti per curare una polmonite, soprattutto se è di limitata estensione e in un paziente altrimenti sano: la visita clinica e l’auscultazione sono infatti di grande importanza e possono in molti casi aiutare a evitare esposizioni radiologiche eccessive. La stragrande maggioranza delle polmoniti guariscono perfettamente e senza lasciare esiti, bisogna però non sottovalutare la situazione e concedersi un adeguato tempo di terapia e di convalescenza, anche se questo, in estate, rischia di rovinare i progetti di vacanza; ma prima viene la salute. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 461 ECCO COME VIVERE A LUNGO OTTO "TRUCCHI" SVELATI DALLA SCIENZA Dal tenersi per mano al mangiare più cioccolato A influire sulla lunghezza della vita possono essere piccoli accorgimenti. Alcuni possono apparire curiosi come masticare le chewing gum e guardare lo sport, ma la validità di questi suggerimenti è supportata da solide basi scientifiche. Ecco l'elenco completo. 1. Mangiare più nocciole: maggiore è la quantità di nocciole assunta, minori sono i rischi di mortalità per qualsiasi causa. Sette o più porzioni a settimana possono ridurre le probabilità del 20%. 2. Comprare un gatto. il semplice fatto di avere un gatto può ridurre il rischio di attacco cardiaco. 3. Masticare chewing gum. Lo stress è un noto assassino, gli scienziati pensano che masticare gomme regolarmente possa ridurre i livelli di ansia del 17%. 4. Ridurre il consumo di carni rosse. aumenta la presenza di batteri associati alla presenza di Lcarnitina. E' una scoperta significativa che aiuta a spiegare il rischio più alto di problemi cardiaci legati al consumo di questo alimento. 5. Guardare lo sport. L'esercizio fisico è associato a una maggiore durata della vita. Anche solo guardarlo dà una spinta al sistema nervoso, come se si stesse in campo. 6. Tenere la mano a qualcuno. stringere la mano di qualcuno per dieci minuti riduce i livelli di cortisolo nel cervello. Ciò abbassa i livelli di stress e consente di vivere più a lungo. 7. Smettere di gridare: urlare potrebbe aumentare le possibilità di patologie cardiache o di ictus. 8. Mangiare più cioccolato: dà molti benefici. Tra questi, una migliore salute vascolare, un maggiore afflusso sanguigno al cervello, una pressione più bassa. (Salute, Il Mattino) STANCHEZZA D'ESTATE: I CONSIGLI PER FRONTEGGIARE I SINTOMI PIÙ SEMPLICI Quasi sempre si dà la colpa al caldo, talvolta persino alla spiaggia. Quante volte, abbiamo sentito l’espressione «il mare stanca». In realtà, non è sempre detto che si tratti di un malessere naturale o passeggero. Stiamo parlando della stanchezza d’estate. Molte persone si sentono affaticate e svogliate e si rassegnano in attesa che le energie tornino, così come se ne sono andate. Ma non è sempre colpa del cambio delle temperature. A volte, la stanchezza ingiustificata può essere un campanello d’allarme dell’anemia, frequente tra le donne e segno da non sottovalutare. L’anemia è una diminuzione del numero di globuli rossi nell’organismo e a causarla, può essere un’eccessiva perdita di sangue, come un’emorragia improvvisa oppure un ciclo mestruale particolarmente abbondante. Ecco, perché a soffrirne sono di più le donne. Si calcola che il 5% della popolazione femminile sana sotto ogni altro punto di vista, sia in realtà anemica. Una regola che vale sempre è non curarsi da soli: deve essere il medico a valutare, dopo aver sottoposto la persona ad alcuni esami del sangue a decidere come procedere. Se la situazione non è preoccupante, per vincere la stanchezza spesso può essere sufficiente ricorrere a un’alimentazione mirata, ricca e varia, a base di cibi ad alto contenuto di ferro, vitamina B12 e acido folico come carne rossa, fegato, legumi e uova. Una discreta quantità di ferro è presente anche nel cacao e nel cioccolato fondente. Se, invece, l’anemia è più importante, il medico può prescrivere fiale o compresse di ferro e di vitamine. Le donne con mestruazioni molto abbondanti dovrebbero fare i controlli più spesso delle altre: le perdite mensili di sangue sono una delle cause più importanti di anemia causata dalla mancanza di ferro nell’organismo. (Salute, Il Mattino) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 461 ROSMARINO E ORIGANO, DUE INSOLITI RIMEDI CONTRO IL DIABETE Gli scienziati scoprono che due piante aromatiche come origano e rosmarino contengono composti attivi contro il diabete che possono essere utili al parti dei farmaci anti-diabete Ci sono erbe e piante d’uso comune che spesso rivelano di sé un volto ancora sconosciuto. E’ il caso di origano e rosmarino che, secondo un nuovo studio, potrebbero essere considerati come dei farmaci contro il diabete, in grado di abbassare i livelli di glucosio nel sangue. Con i milioni di persone che devono lottare contro questa seria malattia, l’aver trovato nuovi modi per migliorare le proprie condizioni – magari senza effetti collaterali – è sempre motivo di ottimismo. E lo studio pubb. sull’ACS Journal of Agricultural and Food Chemistry va proprio in questa direzione, mostrando che le sostanze attive contenute in queste due piante aromatiche possono agire più o meno allo stesso modo dei farmaci per il controllo del diabete. A scoprire queste proprietà sono stati i ricercatori dell’Univ. dell’Illinois, che hanno osservato come non tutte le persone possano beneficiare di trattamenti farmacologici e abbracciare stili di vita più sani; per cui trovare un rimedio utile che non comporti grandi spese e difficoltà nell’utilizzo sarebbe l’ideale. Spronati dai risultati di recenti ricerche, le quali hanno dimostrato che le erbe potrebbero fornire un modo naturale per aiutare ad abbassare il glucosio nel sangue i ricercatori hanno così testato 4 diverse erbe, sia nelle versioni fresche coltivate in serra che essiccate (come si trovano comunemente nei negozi), per verificare la loro capacità di interferire con un enzima collegato al diabete, che è anche l’obiettivo di un farmaco per la malattia. I risultati dell’analisi e dei test hanno mostrato che le erbe coltivate in vivaio contenevano più polifenoli e flavonoidi rispetto alle equivalenti erbe secche commerciali. Tuttavia, questo fattore non ha influenzato la concentrazione necessaria per inibire l’enzima. Tra i diversi tipi, gli estratti commerciali di origano greco, origano messicano e rosmarino si sono dimostrati i migliori inibitori dell’enzima, condizione necessaria per ridurre il rischio di diabete di tipo 2, rispetto alle piante di serra. Nonostante i promettenti risultati, come sempre i ricercatori ritengono siano necessari ulteriori studi per capire il ruolo di questi composti nel ridurre il rischio di diabete di tipo 2 negli esseri umani. Nel frattempo, noi possiamo favorire un maggiore consumo di queste erbe utilizzandole più spesso nella nostra cucina, sfruttando le loro proprietà antidiabete. (Salute, Stampa) L'ALBERO CHE PRODUCE 40 DIVERSI TIPI DI FRUTTA Sulla pianta creata da un mago degli innesti crescono albicocche, ciliegie, mandorle e prugne di decine di varietà: è nata per salvaguardare rare specie botaniche dalla scomparsa. Lo statunitense Sam Van Aken, è il padre di una pianta con i superpoteri: l'unico albero al mondo capace di produrre, da solo, 40 diverse varietà di frutti. FIORITURA A SORPRESA. Per gran parte dell'anno Tree of 40 Fruit, questo il nome del vegetale, sembra una pianta come tante. È a primavera che rivela la sua vera natura, con i rami che si caricano di fiori bianchi, rosa, rossi o viola a seconda del punto in cui si trovano. Nei mesi estivi inizia la raccolta, e qui c'è da sbizzarrirsi: su questa pianta maturano decine di varietà di prugne, pesche, pesche noci, albicocche, ciliegie, mandorle, ognuna secondo i suoi tempi, seguendo un'agenda sincronizzata. (Focus)