Anno III – Numero 462 AVVISO Ordine 1. UCFI: nasce la sezione di Napoli dei Farmacisti cattolici Italiani 2. Quota sociale Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Colesterolo alto, HDL meno buono di quanto si pensi? Prevenzione e Salute 4. Lasciate che i bambini giochino al sole: così crescono meglio 5. Piombo nel latte artificiale e arsenico nel riso: introdotti limiti più rigidi 6. Micosi vaginale, sintomi e cure Proverbio di oggi…….. Tenè ‘o core ’int’ ‘o zucchero. (Avere il cuore nello zucchero) QUOTA SOCIALE ORDINE: 2014 E ANNI PRECEDENTI Quota annuale per l’iscrizione all’Ordine di Napoli è di 150 Euro Si ricorda che è obbligo di ogni iscritto il versamento della quota d’iscrizione annuale e che un eventuale ritardo comporta l’aggravio delle spese di esazione. Il mancato adempimento, oltre a causare un’infrazione alla deontologia professionale, fa venir meno il requisito necessario per mantenere l’iscrizione all’Albo Professionale. Sulla base della rendicontazione, rimessa dall’Istituto di Credito per la riscossione, è opportuno che Tu verifichi presso gli Uffici dell’Ordine, tramite: Martedì 29 Luglio 2014, S. Marta, Beatrice, Lucilla Domande e Risposte 7. Sì, si può morire di crepacuore Telefono (081-5510648); msg: 339 81 77933; 335 1822207; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; se il Tuo nominativo è in regola con le quote di iscrizione relative al 2014 e agli anni precedenti. SÌ, SI PUÒ MORIRE DI CREPACUORE È proprio vero: la perdita della persona amata mette a rischio la vita di chi sopravvive. Colpa dello stress, ma non solo. Succede, soprattutto nelle coppie di lunga data, che la morte di uno dei partner sia seguita, nel giro di pochi giorni o settimane, da quella dell'altro. Il senso comune ha sempre attribuito questi decessi al dolore causato dal lutto: nei 6 mesi successivi alla perdita, per il coniuge sopravvissuto, indipendentemente dalla sua età ma in misura maggiore se è maschio, il rischio di morte aumenta del 41%. Studio: Nel mese successivo alla morte del partner, il rischio di infarto e di ictus, per chi rimane solo, raddoppia. La “sindrome del cuore spezzato”, deriva dallo stress emotivo provocato dal lutto (causa un picco nel rilascio di adrenalina). Non è però solo il sistema circolatorio a sopportare i colpi e la fatica della sofferenza, anche il sistema immunitario si indebolisce, esponendo a un maggiore rischio di infezioni. Sono da studiare anche gli effetti negativi sull'organismo del brusco stop nel rilascio nel cervello delle sostanze legate alle relazioni felici, quelle che si aumentano con le carezze e la vicinanza emotiva, dopamina (neurotrasmettitore) e ossitocina (ormone). (Focus) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 462 PREVENZIONE E SALUTE LASCIATE CHE I BAMBINI GIOCHINO AL SOLE: COSÌ CRESCONO MEGLIO La vitamina D è un fattore fondamentale per il corretto sviluppo di ossa e denti ed è necessaria per l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo (ioni essenziali per la formazione delle ossa del bambino). Diversi sono gli alimenti in cui la vitamina D è presente. Il bambino, infatti, mangiando pesce d’acqua salata e bevendo latte assume la vitamina D che poi, per essere utilizzata all’interno del corpo, deve essere attivata, ovvero trasformata nella forma utilizzabile dal nostro organismo. Proprio la luce del sole e i raggi UVB giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo di questa vitamina tanto importante per i bambini: esporre quindi il bambino al sole permette alla vitamina D di aumentare la sua efficacia. La carenza di vitamina D può essere la causa di rachitismo, patologia caratterizzata da deformità delle ossa lunghe e dalla crescita ridotta dovute a un difetto di ossificazione delle cartilagini di accrescimento. Diversi sono tipi di rachitismo conosciuti; il più diffuso è proprio quello causato da una carenza alimentare di vitamina D o da una ridotta attivazione della stessa anche per insufficiente esposizione ai raggi del sole. Il rachitismo si presenta generalmente con forma alterata del cranio, deformità delle ossa lunghe (ginocchio varo o valgo, deformità del polso) e della gabbia toracica, ritardo nella formazione e alterata conformazione dei denti, dolori ossei e muscolari. Le ossa dei bambini affetti da rachitismo sono più deboli e fragili, e quindi più facilmente soggette a fratture. La diagnosi di rachitismo avviene generalmente dopo una visita in cui, tra i vari approfondimenti, sono indagate anche le abitudini alimentari di madre e figlio. Il sospetto di rachitismo viene poi confermato mediante l’esecuzione di esami radiografici che presenteranno segni caratteristici ed esami del sangue che evidenzieranno la carenza di vitamina D, calcio e fosfato. Il trattamento del rachitismo da carenza alimentare si basa sull’assunzione di integratori di vitamina D e calcio. Le deformità scheletriche andranno valutate da un ortopedico e, qualora ce ne fosse la necessità, trattate. Cosa si può fare quindi per evitare questa patologia? La prevenzione rimane sempre il miglior trattamento e si basa su un’adeguata informazione delle mamme sull’importanza dell’assunzione di un’adeguata quantità di vitamina D durante la gravidanza e per tutto il periodo dell’allattamento che, con i giusti tempi, andrà integrato con altri alimenti oltre al latte materno. Altrettanto importante sarà una giusta esposizione ai raggi del sole, che, con le dovute precauzioni e protezioni, consentirà ai bambini di crescere sani. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 462 PREVENZIONE E SALUTE PIOMBO NEL LATTE ARTIFICIALE E ARSENICO NEL RISO: INTRODOTTI LIMITI PIÙ RIGIDI Le indicazioni del Codex Alimentarius, commissione Fao-Oms che gestisce gli standard alimentari. Ma i singoli Stati possono anche scegliere di non applicarle Piombo e arsenico si trovano nell’ambiente e finiscono nella catena alimentare. I farmaci entrano negli allevamenti e poi terminano nei piatti. Ma se il piombo si trova nel latte in polvere per i neonati e l’arsenico nel riso (alimento base per buona parte della popolazione mondiale), le norme vanno subito riviste e rese ancora più rigide. Così il Codex Alimentarius, la Commissione mista della Fao e dell’Oms che gestisce gli standard alimentari, ha adottato limiti più rigidi nei livelli massimi di questi veleni che possono essere presenti senza minare la salute dei consumatori. Il Codex fissa dei paletti, ma poi gli Stati devono applicarli perché siano efficaci le precauzioni. Il problema è che possono anche non farlo. Ecco allora i nuovi limiti: non più di 0,01 milligrammi di piombo per chilo di prodotto negli alimenti per lattanti; 0,2 milligrammi di arsenico per chilo di riso. I rischi per lo sviluppo: I neonati e i bambini piccoli sono particolarmente vulnerabili agli effetti tossici del piombo, che possono causare conseguenze negative permanenti a livello cerebrale e minare le capacità cognitive. Ma come mai c’è questo piombo? Spiega la Fao: «Esiste nell’ambiente e tracce possono finire negli ingredienti che sono utilizzati nella produzione di latte artificiale. Occorrerebbe utilizzare solo materie prime provenienti da zone in cui il piombo è meno presente». O del tutto assente. E l’arsenico nel riso? Questo elemento si trova a livelli elevati nelle acque sotterranee. Passa nel terreno e finisce nelle colture del riso che ne assorbe più di altri prodotti. Un’esposizione prolungata del consumatore all’arsenico è sicuramente dannosa: può causare tumori e lesioni della pelle. È stato anche associato a problemi di sviluppo, a malattie cardiache, al diabete, a danni neurologici. Non va dimenticato che il riso è piatto base per milioni di persone. Entra nel merito la Fao: «La contaminazione da arsenico è particolarmente preoccupante in alcuni Paesi asiatici, dove le risaie sono irrigate con acque sotterranee contenenti sedimenti ricchi di arsenico, pompate da pozzi tubolari poco profondi. Migliori sistemi d’irrigazione e pratiche agricole più efficienti potrebbero contribuire a ridurre la contaminazione, per esempio coltivando il riso in letti rialzati piuttosto che in campi allagati». Paesi asiatici che esportano riso (meno costoso) anche in Italia, a discapito dei nostri coltivatori, ma anche (come si può intuire dalle raccomandazioni) dei consumatori. Farmaci negli allevamenti: Il Codex, infine, raccomanda una riduzione dell’uso dei farmaci veterinari negli animali destinati al consumo alimentare, per evitare che residui di medicinali rimangano nella carne, nel latte, nelle uova e nel miele. In particolare, indica otto farmaci (cloramfenicolo, malachite verde, carbadox, furazolidone, nitrofural, cloropromazina, stilbene e olaquindox), compresi gli antimicrobici e i fattori di crescita, come possibile causa di effetti negativi sulla salute umana. Anche perché contribuiscono allo sviluppo di ceppi batterici farmaco-resistenti. Vera futura piaga in assenza di nuove molecole antibiotiche. Le norme del Codex servono in molti casi come base per le legislazioni nazionali e forniscono i parametri di riferimento per la sicurezza del commercio alimentare internazionale. Ma non sempre è così, e questo è altamente rischioso in un’epoca di commercio senza confini. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 462 Colesterolo ALTO, HDL meno buono di quanto si PENSI? Il colesterolo è molto dannoso per l’organismo, seguite i nostri consigli per tenerlo a bada, gli alimenti giusti per controllarlo e farlo abbassare nel sangue ma anche i consigli per prevenirlo. L’ipercolesterolemia, infatti, è un importante fattore di rischio per l’insorgenza di patologie cardiovascolari, perché le molecole di grasso intasano le arterie provocando danni alla circolazione, alla salute del cuore e aprendo le porte a infarti, ictus e ischemie. Insomma, le prime cause di morte della popolazione adulta sono di fatto riconducibili in parte proprio a valori elevati di colesterolo. Il COLESTEROLO ALTO è sicuramente un problema per la nostra salute, specialmente quella del nostro cuore e dei nostri vasi sanguigni. Tenere sotto controllo i livelli di questi grassi nel sangue è una delle prime cose che sappiamo di dover fare, attraverso un’alimentazione sana ed equilibrata e uno stile di vita che sia quanto più possibile dinamico e libero da vizi nocivi come le sigarette o il troppo alcool. Quanto il nostro medico ci prescrive gli esami del sangue, che un individuo adulto e in buona salute dovrebbe comunque effettuare una volta all’anno, tra i valori da misurare c’è sempre anche il colesterolo totale. Per un quadro più preciso, però, è importante specificare di quale colesterolo stiamo parlando, “buono” e “cattivo” sono infatti le due elementari definizioni con cui indichiamo rispettivamente il colesterolo LDL e quello HDL. Qual è la differenza? Colesterolo “buono” o “cattivo”? Fino ad oggi abbiamo sempre sentito dire che avere un elevato livello di colesterolo HDL nel sangue sarebbe in grado di bilanciare un altrettanto alto livello di LDL. In pratica, mentre il “cattivo” ostruisce le arterie, esponendoci in questo modo al rischio di subire danni cardiaci, tra cui infarto e ictus, il “buono” funge da spazzino e libera i vasi sanguigni. Quindi, tutto a posto? In realtà le cose pare non stiano esattamente così. Le persone che sono geneticamente predisposte a produrre colesterolo e che hanno il cuore a rischio, infatti, non sono protette da alti livelli di HDL. Gli ultimi studi ci dicono che la probabilità di subire un infarto miocardico non è inferiore in chi abbia il colesterolo “buono” alto. In buona sostanza, il colesterolo alto, che sia LDL o HDL, espone comunque al rischio di attacchi cardiaci in chi sia già predisposto. Per questo si dovrebbe considerare la colesterolemia totale, e cercare di non superare la soglie-limite. Colesterolo “buono” HDL, crollo di un mito Lo studio che ha ribaltato una radicata credenza scientifica, quella sull’effetto protettivo del colesterolo HDL, è stato condotto dai ricercatori del Massachussets General Hospital di Boston in collaborazione con la Fondazione Policlinico di Milano, l’azienda ospedaliero-universitaria di Parma e l’Università di Milano e pubblicato sulla rivista Lancet. STUDIO: La ricerca si è basata sulle analisi dei campioni di DNA provenienti da 120mila persone, nei quali si è cercata la cosiddetta variante del gene Lipg, associata alla produzione di colesterolo HDL. In un sottogruppo di 53mila persone si sono valutate anche altre varianti genetiche sempre collegate con una maggiore produzione di colesterolo “buono”. RISULTATI: “Certi meccanismi genetici che aumentano i livelli di colesterolo Hdl nel sangue non sembrano abbassare il rischio di infarto miocardico”, hanno sentenziato gli esperti. Un risultato talmente chiaro che uno degli autori dello studio, ha detto: “Forse, quindi, non vale la pena di sviluppare farmaci per cercare di aumentarlo. I dati della ricerca mettono a dura prova un dogma e cioè che alti livelli di colesterolo buono Hdl proteggano dai rischi dell’infarto. Questa scoperta conferma anche ciò che si è visto con altri studi, dove si sperimentavano farmaci capaci di aumentare i livelli di colesterolo Hdl, ma che non diminuivano affatto il rischio di infarti”. Rassegniamoci, se il nostro colesterolo totale supera i livelli di guardia, è necessario correre ai ripari. (salute, Pour Femme) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 462 PREVENZIONE E SALUTE MICOSI VAGINALE, SINTOMI E CURE La micosi vaginale altro non è che una fastidiosa infezione da funghi, quei microrganismi di diverso ceppo che in genere colonizzano senza dare problemi la mucosa della vagina. Diciamo che in condizioni normali non creano problemi, perché si verifica quel particolare fenomeno che i medici chiamano “commensalismo“, in cui il fungo in questione si adatta a vivere nel corpo femminile senza alterarne il naturale equilibrio. La mucosa vaginale, infatti, in condizioni ottimali, è sempre mantenuta umida e con un ph leggermente acido. In particolari condizioni, però, questo stato di simbiosi perfetta viene alterato, il che permette ai funghi di prendere il sopravvento cominciando a creare fastidi. Con quali sintomi? Micosi vaginale, sintomi: I sintomi di una micosi vaginale in atto sono caratteristici e, occorre affermarlo subito, è molto difficile che una donna, soprattutto in età fertile, non sperimenti almeno una volta nella vita questo fastidioso disturbo intimo. Prurito, arrossamento, perdite bianche o verde-giallastre, spesso maleodoranti, dolore durante i rapporti sessuali e anche durante la minzione sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare. Se, infatti, in linea generale queste infezioni micotiche non sono gravi, tuttavia ricordiamoci che trascurate possono degenerare, “migrare” verso altri organi della riproduzione e addirittura compromettere la fertilità. In ogni modo, non fosse altro che per il fastidio e l’imbarazzo che creano, le micosi vaginali vanno sempre trattate con cure mirate che sarà il proprio ginecologo a stabilire. I funghi che possono causare la micosi vaginale Quali sono i microrganismi in grado di alterare il naturale equilibrio della flora vaginale e creare infiammazioni? Il più noto, responsabile della maggior parte delle micosi, è certamente la Candida Albicans, micidiale e con il brutto vizio di ripresentarsi facilmente. Ma non è l’unica, la micosi vaginale può infatti essere causata da: Candida Glabrata, Krusei, Tropicalis. Ad aprire le porte all’azione infettiva di questi funghi sono condizioni quali cure antibiotiche, disturbi intestinali, diabete, menopausa, gravidanza, abuso di detergenti intimi molto aggressivi, dieta troppo ricca di zuccheri e lieviti (sostanze di cui i funghi si nutrono), ciclo mestruale irregolare. Micosi vaginale: cure e prevenzione: Le cure delle micosi vaginali sono in genere combinate: il ginecologo può prescrivere sia un antimicotico da assumere per via orale che candelette, creme o ovuli ad uso topico. L’essenziale, però, è evitare le recidive, che sono più difficili da combattere. Per prevenire le micosi vaginali una buona igiene intima, ad esempio, può aiutare, così come uno stile di vita attivo e una alimentazione salutare, molto ricca di frutta, verdure e fibre e meno di carboidrati raffinati. (Salute e Benessere, Pour Femme)