Anno III – Numero 520
Venerdì 14 Novembre 2014, S. Giocondo
AVVISO
Ordine
1. Campagna
antinfluenzale 20142015
2. Crisi occupazionale:
Istituito un fondo di
solidarietà per i colleghi
iscritti all’ albo in stato
di disoccupazione
3. Ordine: Corsi Ecm
gratuiti
Proverbio di oggi………..
'O saluto è 'e ll'Angelo
Il saluto è degli Angeli
ADDIO ALLE ABBUFFATE COMPULSIVE
GRAZIE A UN FARMACO STUDIATO PER
L'ALZHEIMER
Notizie in Rilievo Alla ricerca hanno contribuito due italiani che lavorano alla
Scienza e Salute
Boston University
4. Addio alle abbuffate
compulsive grazie a un
farmaco studiato per
l'Alzheimer
5. Arriva la "super
amniocentesi", permette
di individuare l'80%
delle malattie genetiche
ï‚·
Prevenzione e
Salute
6. Infarto di notte, più
rischio di morte?
7. Lo iodio che va messo
in tavolaper assicurare
benefici al cervello
8. Caduta dei capelli in
autunno: come
rimediare?
9. Tunnel carpale,
i sintomi che portano
all'intervento
E' già sugli scaffali delle farmacie per curare
l'Alzheimer ma gli scienziati hanno scoperto che il
medicinale potrebbe essere usato anche per
combattere le abbuffate compulsive, dette anche
binge eating.
Hanno contribuito alla ricerca due studiosi italiani,
Pietro Cottone e Valentina Sabino, che lavorano
alla Boston University.
I risultati sono stati pubblicati su Neuropsychopharmacology.
Dalla demenza all'abbuffata - La molecola che
potrebbe bloccare l'impulso è la memantina,
come spiega Cottone: "Abbiamo testato gli effetti
della memantina sulle abbuffate compulsive. Abbiamo anche trovato l'area del
cervello che rende possibile l'azione del farmaco".
Il test - Gli esperti hanno dapprima indotto topolini alle abbuffate compulsive
dando loro cibi molto dolci. Poi, somministrandogli il farmaco, hanno visto che
questo è in grado di bloccare le abbuffate.
Non solo, la memantina blocca il desiderio irrefrenabile di cibo e la
compulsività , cioè la perdita di controllo tipica di molte dipendenze.
L'area cerebrale - Cottone conclude: "Infine abbiamo scoperto che il farmaco
agisce nel nucleo accumbens", un'area neurale non a caso già associata alla
dipendenza da cibo e alle abbuffate compulsive. (Salute, TGcom24)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 520
PREVENZIONE E SALUTE
LO IODIO CHE VA MESSO IN TAVOLAPER ASSICURARE
BENEFICI AL CERVELLO
Un minerale che non deve mancare soprattutto in gravidanza e nei primi anni di
vita. Il sale iodato aiuta a coprire il fabbisogno, ma va usato con moderazione
Sullo iodio, il minerale indispensabile per far funzionare a dovere la tiroide in tutte le età della vita, le
leggende
metropolitane
si
sprecano.
Perché non è vero, ad es., che basti
qualche boccata di aria di mare per
averne a sufficienza, o che il sale
marino integrale metta al riparo da
carenze.
La strada per non correre il rischio
di un’insufficienza passa piuttosto
dalla dieta, assicurandosi di portare
in tavola spesso pesce di mare,
latte e uova e usando (poco) sale
iodato per condire le pietanze.
La campagna di informazione: È
il messaggio della nuova campagna
di informazione della SocietÃ
Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica: il Progetto Italiano Contro la Carenza di Iodio in
Pediatria. Obiettivo, scongiurare il deficit di iodio e le sue conseguenze, particolarmente gravi
durante la gravidanza e nell’infanzia.
Se la futura mamma ha una carenza consistente di iodio, ad es., aumenta il pericolo di aborto e morte
del neonato, inoltre il bimbo può andare incontro a malformazioni congenite, cretinismo, ritardi nel
linguaggio, deficit psico-motori, dislessia.
I test in gravidanza: «Molti organi fondamentali, come il cervelletto, si sviluppano nelle prime
settimane di gestazione. Chi vuole avere un figlio o scopre di essere incinta dovrebbe perciò sottoporsi
a un esame del sangue per scoprire eventuali disfunzioni tiroidee che possono essere il campanello
d’allarme di un’insufficienza di iodio: il deficit infatti non dà sintomi».
Peraltro, anche una carenza lieve durante l’attesa può mettere a rischio il miglior sviluppo intellettivo
del bambino.
Un deficit lieve o moderato di iodio nel primo trimestre di gravidanza, periodo “critico†dello sviluppo
fetale in cui si forma il sistema nervoso, si associa a un quoziente d’intelligenza più basso nei figli,
misurato a otto anni.
Se poi la lacuna nella futura mamma è ancora più marcata il quoziente intellettivo dei figli può
scendere addirittura di 12, 13 punti.
E se ci fossero ancora dubbi sull’importanza di questo minerale per la salute dei bimbi, uno studio
apparso sull’European Journal of Endocrinology ha indicato che una dieta ricca di iodio in gravidanza
sarebbe associata alla nascita di bimbi capaci di prestazioni cognitive migliori, in ultima analisi più
bravi a scuola.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 520
Consigli nutrizionali: Morale: le donne in età fertile, in gravidanza o che allattano, i neonati e i
bambini devono garantirsi un adeguato apporto di iodio ogni giorno, e l’unico modo efficace è
attraverso l’alimentazione. «I cibi di origine animale come pesce di mare, molluschi, crostacei, latticini
e uova ne sono ricchi e devono far parte della dieta delle future mamme e dei bambini - raccomanda
l’esperto -. Una tazza di latte al giorno (senza differenza fra intero o scremato, fresco o a lunga
conservazione, ndr ), ad es., contribuisce in maniera significativa al fabbisogno iodico quotidiano.
Altrettanto utile è il sale iodato soprattutto se “protettoâ€, ovvero in una formulazione tale da non
consentire una riduzione eccessiva dei contenuti di iodio durante la cottura».
Infatti, quando una pietanza viene cucinata la concentrazione del minerale scende:
con l’ebollizione cala del 58%, cuocendo sulla griglia del 23%, friggendo si abbassa del 20 %.
Il sale protetto resiste meglio, ma certo non si può esagerare, soprattutto nelle pappe dei più piccoli:
può essere aggiunto in moderata quantità solo a partire da un anno di vita. Moderazione serve anche
per bambini, adolescenti e adulti, pena un aumento considerevole del rischio di malattie
cardiovascolari.
Cinque grammi di sale iodato al giorno nell’adulto e due-tre grammi nel bambino sono sufficienti a
coprire il fabbisogno di iodio giornaliero senza superare i livelli di consumo di sale raccomandati
dall’Oms. «Inoltre, possono essere d’aiuto gli ortaggi arricchiti: oggi esistono patate e carote che
contengono da 0,25 a 0,5 microgrammi di iodio per grammo di prodotto e in futuro gli alimenti
“fortificati†saranno sempre di più - osserva Maghnie -.
Veri e propri supplementi vanno riservati eventualmente a condizioni in cui il fabbisogno è parecchio
aumentato, come in gravidanza o durante l’allattamento.
Il latte materno, infatti, che contiene più del doppio di iodio rispetto a quello vaccino, è l’unica fonte di
questo prezioso minerale per i neonati allattati al seno, perciò è indispensabile che la mamma
introduca sempre la giusta dose quotidiana di iodio.
Evitando, naturalmente, di fumare: le sigarette riducono infatti anche la quantità di iodio nel latte».
(Salute, Corriere)
ARRIVA LA "SUPER AMNIOCENTESI", PERMETTE DI
INDIVIDUARE L'80% DELLE MALATTIE GENETICHE
In grado di analizzare il Dna del feto non limitandosi a contare i cromosomi
Una nuova tecnica di amniocentesi è in grado di diagnosticare dal 60% all'80% delle malattie genetiche
da cui il feto potrebbe essere affetto basandosi sull'analisi del Dna fetale. Si
chiama Next generation prenatal diagnosis ed è stata ribattezzata come la
"super amniocentesi". E' stata messa a punto da un gruppo di ricercatori della
società scientifica Italian college of fetal maternal medicine e lo studio è pubb.
sulla rivista Journal of prenatal medicine.
Dal 7 all'80% di malattie diagnosticabili - Con la nuova amniocentesi
genomica è dunque possibile identificare centinaia di patologie del feto,
passando da circa il 7% di malattie diagnosticabili attualmente con la classica amniocentesi a circa
l'80%. La novità deriva dall'applicazione della tecnica del sequenziamento rapido del Dna - finora
utilizzata negli adulti - alla diagnosi prenatale.
Si può individuare anche l'autismo - "Un tempo le normali amniocentesi e villocentesi erano in
grado di analizzare solo il numero dei cromosomi, oggi con la nuova tecnica è possibile studiarne
l'intima struttura. Si possono così escludere, oltre alle anomalie cromosomiche più comuni, anche le
più gravi e rare patologie genetiche, dalle cardiopatie alle malattie cerebrali, ai nanismi, alle forme di
autismo, ai ritardi mentali". (Salute, Tgcom24)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 520
CADUTA DEI CAPELLI IN AUTUNNO: COME RIMEDIARE?
Quali sono i fattori responsabili della caduta dei capelli, come combatterla in modo
naturale e quando invece è il caso di seguire una cura.
La caduta dei capelli viene vissuta soprattutto dalle donne con
un’apprensione eccessiva, specialmente durante l’autunno, periodo in cui
tale caduta tende notevolmente a intensificarsi. In realtà la perdita dei
capelli stagionale è un fenomeno temporaneo, naturale e reversibile, che
andrebbe semplicemente affrontato senza troppi allarmismi. Per saperne
di più è stato interpellato il prof. Marcello Monti, resp. di Dermatologia
all’Istituto Clinico Humanitas e docente di dermatologia all’università di Milano.
Che cosa fare in caso di caduta dei capelli? «Per prima cosa suggerisco che cosa non bisogna
fare, e cioè farsi prendere dal ‘panico della caduta dei capelli’. Questa condizione, infatti, per via
psicosomatica, ne accentua la caduta. Se ci si accorge che i capelli stanno cadendo o diradandosi è
consigliabile recarsi da un dermatologo per approfondirne la causa. I rimedi, infatti, sono
strettamente legati alle cause.
Si deve tenere presente che i fattori responsabili della caduta dei capelli sono veramente tanti:
 la predisposizione genetica (che è quella più importante),
 gli ormoni o, meglio, la risposta dell’organismo agli ormoni,
 la nutrizione del sangue ai capelli,
 le diete drastiche che causano numerose carenze (soprattutto di ferro),
 lo stress prolungato e l’uso di alcuni farmaci.
Anche interventi chirurgici e traumi psichici o fisici inducono un periodo di caduta dei capelli così
come il periodo subito dopo il parto, con le sue improvvise variazioni ormonali».
Che cosa fare in caso di caduta stagionale? «Mediamente si stima che ciascuno arrivi a perdere
quotidianamente tra i 50 e i 70 capelli al giorno, ma nel periodo autunnale la caduta dei capelli tende
a intensificarsi, e nella maggior parte dei casi si tratta di un fenomeno fisiologico di ricambio naturale: i
capelli hanno un loro ciclo di crescita che durante l’autunno e la primavera, mesi in cui ci accorgiamo di
perderli, tende ad accelerare a causa del cambiamento climatico. In questi casi la perdita dei capelli è
dovuta al “rinnovamentoâ€.
Trattandosi quindi di una caduta fisiologica e naturale, tutto tende a tornare normale nel giro di poche
settimane. Shampoo medicati (e le lozioni) o gli integratori possono essere utilizzati sia quando la
perdita dei capelli è stagionale, sia quando è legata a fattori transitori come stress, stanchezza e
scompensi ormonali, per cui l’organismo ha bisogno di rimettersi in forma. In tutti gli altri casi, quelli in
cui la caduta del capello non è di natura provvisoria, bisogna seguire una cura tricologica».
Si può prevenire la caduta di capelli? «Purtroppo nella maggioranza dei casi la caduta dei capelli
non è prevenibile, anzi, spesso non è neanche prevedibile. Di solito i capelli iniziano a cadere senza un
preavviso e spesso senza una causa nota. Si può capire il panico che l’evento produce. In tali
circostanze, per rallentare e arrestarne la caduta, è consigliabile rivolgersi a uno specialista, affinché
possa individuare la causa specifica che comporta la perdita dei capelli».
Come si può combattere la caduta stagionale? «In fase acuta è possibile agire sul problema
assumendo integratori alimentari a base di vitamine dei gruppo B ed E, e Sali minerali, in modo da
accelerare la fase di ricrescita successiva alla caduta. Per quanto riguarda l’alimentazione, durante il
periodo della caduta, bisognerebbe privilegiare frutta e verdura di stagione, tutti i pesci ricchi di
Omega3, latticini, uova e legumi. I capelli, soprattutto in questa fase, non andrebbero mai lavati
troppo spesso, in media due lavaggi a settimana, usando prodotti delicati non aggressivi. È possibile
utilizzare anche uno shampoo anti-caduta. (Humanitas, Salute)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 520
PREVENZIONE E SALUTE
TUNNEL CARPALE,
I SINTOMI CHE PORTANO ALL'INTERVENTO
I sintomi della sindrome del tunnel carpale possono peggiorare fino a sfociare in
deficit motori. Ecco quando è il caso di intervenire chirurgicamente.
I sintomi della sindrome del tunnel carpale possono rendere difficoltose anche le più semplici attivitÃ
di tutti i giorni. Intorpidimenti e formicolii delle prime dita della
mano, che nelle fasi iniziali della patologia possono comparire a
intermittenza, possono trasformarsi in una costante quotidiana,
essere associati a dolori notturni e, nei casi più gravi, sfociare in
difficoltà di movimento.
Che cosa fare per contrastare il problema?
Tunnel carpale, solo l'intervento chirurgico è risolutivo
«L’assunzione di farmaci antinfiammatori e l’utilizzo di un tutore
notturno possono ridurre i disturbi», spiega Alberto Lazzerini,
ortopedico resp. dell'Unità Operativa di Chirurgia della Mano in Humanitas. Purtroppo, però, una
volta instaurata la compressione nervosa alla base della sindrome, non c'è farmaco o tutore in grado
di eliminarla e solo un intervento chirurgico può consentire di liberare il nervo mediano intrappolato
nel tunnel carpale. «L’intervento – viene indicato quando la sintomatologia è consistente e sulla base
di un riscontro diagnostico strumentale basato sulla elettromiografia».
Seguire il consiglio del medico che raccomanda di intervenire chirurgicamente è importante per
evitare gli effetti collaterali della compressione del nervo mediale.
«Se l’intervento non viene eseguito è possibile un progressivo peggioramento della degenerazione
nervosa», spiega l'ortopedico, ricordando le conseguenze debilitanti di questo peggioramento: deficit
sia sensitivi sia motori. (Humanitas, Salute)
INFARTO DI NOTTE, PIÙ RISCHIO DI MORTE?
Non sempre negli ospedali nelle ore notturne sono immediatamente disponibili le
strutture utili a curare un cuore che si ferma. Per questo è sempre bene rivolgersi
al 118, per dare il tempo ai sanitari di organizzare il soccorso.
Se il cuore decide di fermarsi in piena notte il rischio di morte sarebbe del
13% maggiore. Ad affermarlo uno studio pubblicato sulla rivista “Circulation:
Cardiovascular Quality and Outcomesâ€. Lo staff medico ridotto durante le ore
notturne non consentirebbe, infatti, soccorsi tempestivi in presenza di un
infarto. Il parere della dr.ssa Elena Corrada, resp. dell'Unità di Cura
coronarica di Humanitas. «Mantenere una piena copertura di emodinamisti
durante le ore notturne significherebbe ridisegnare l’intera struttura ospedaliera del territorio.
L’ostacolo, però, potrebbe essere parzialmente aggirato se i pazienti si rivolgessero direttamente al
118 piuttosto che accompagnare il proprio caro con i propri mezzi. Questo comporterebbe un notevole
risparmio di tempo che, nel caso dell’infarto, è fondamentale. Quando, infatti, il Pronto Soccorso
riceve una chiamata attiva la macchina organizzativa, in modo che tutti siano pronti a intervenire nel
minor tempo possibile e nel modo più efficace attraverso l’angioplastica che riapre i vasi bloccati e
fornisce ossigeno al cuore. Se il paziente, invece, arriva spontaneamente, la diagnosi viene fatta
direttamente in ospedale e i tempi si allungano anche di 30 minuti». (Humanitas, Salute)