Anno III – Numero 536
AVVISO
Ordine
1. Campagna
antinfluenzale 20142015
2. Crisi occupazionale:
Istituito un fondo di
solidarietà per i colleghi
iscritti all’ albo in stato
di disoccupazione
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
3. I dolcificanti fanno
ingrassare?
4. L'ora migliore per bere
il caffè?
Te lo dice la scienza
5. Microtumori della
tiroide sempre più
diffusi: cambiano le
cure
6. Gb, in commercio il
test della saliva che ti
dice di che malattie
soffrirai
Prevenzione e
Salute
7. Come proteggere la
nostra pelle dagli
attacchi del freddo
Martedì 09 Dicembre 2014, S. Cesare, Siro
Proverbio di oggi………..
O saluto è 'e ll'AngeloIl (il saluto è degli Angeli)
ORDINE/UCFI: serata di BENEFICENZA
“UN REGALO PER UN REGALOâ€
Venerdì 12 Dicembre, ore 21.00, sede Ordine, via Toledo 156, Na
In occasione del Santo Natale l’Ordine in collaborazione con l’Associazione
Farmacisti Cattolici di Napoli ha organizzato una serata di beneficenza.
La serata rappresenta anche un’occasione di incontro e un modo per poter
manifestare la Nostra solidarietà a chi è meno fortunato e in questo momento
vive
una
situazione
di
disagio.
Durante la serata
ci
sarÃ
una
divertente
TOMBOLATA ed il
ricavato
sarÃ
consegnato
a
Padre Tommaso
della Chiesa di
Santa Brigida in occasione della santa messa di Natale che sarà celebrata
Domenica 14 Dicembre ore 18.30.
Nel corso della serata sarà organizzato un bouffet.
I DOLCIFICANTI FANNO INGRASSARE?
La risposta è sorprendente, per chi li sceglie per la linea.
Sembra proprio di sì, perché a differenza del normale zucchero da cucina i
dolcificanti non scatenano la produzione di insulina e grelina,
due ormoni che concorrono a determinare la sensazione di
sazietà . Se consumati abitualmente, i sostituti del saccarosio
fanno quindi sì che il cervello smetta di associare il gusto
dolce all’ingresso di calorie e inizi invece a collegarlo a una sensazione
inappagata di appetito, che spinge a mangiare di più. (Focus)
SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it
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PAGINA 2
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 536
PREVENZIONE E SALUTE
L'ORA MIGLIORE PER BERE IL CAFFÈ?
TE LO DICE LA SCIENZA
L'ultimo macchiato che avete bevuto non vi ha svegliato? Forse avete sbagliato
orario. Il momento ideale per assumere caffeina è al mattino, ma in un arco
temporale preciso, dalle 9.30 alle 11.30.
Quasi tutti sappiamo che concedersi un espresso nel tardo pomeriggio può tenerci con gli occhi
sbarrati al momento di prendere sonno.
Ma nel resto della giornata, qual è l'orario ideale per assumere caffeina?
Dalle 9:30 alle 11:30 del mattino ogni istante è
quello giusto, secondo le neuroscienze e la
crono-farmacologia, un ramo della medicina che
mette in relazione l'assunzione di farmaci o
sostanze psicoattive con l'andamento del nostro
naturale orologio biologico.
UNA QUESTIONE CEREBRALE. La risposta a
una domanda che affligge milioni di caffeinomani
nel
mondo
arriva
da Steven
Miller,
neuroscienziato e ricercatore dell'University of
the Health Sciences di Bethesda, Maryland (USA).
In un post del suo blog ripreso dal sito di Popular Science, Miller spiega che un'attenta scelta del
momento del giorno in cui bere caffè ci tutela dallo sviluppare assuefazione - e dipendenza - dalla
caffeina (così come evitare di assumere antibiotici per un banale raffreddore ci permetterà di
combattere con armi più potenti la prossima seria infezione).
Il nostro ritmo circadiano - il complesso orologio interno che mantiene l'organismo sincronizzato con i
ritmi naturali come il susseguirsi del giorno e della notte - è regolato da gruppi di neuroni specializzati
nella struttura cerebrale dell'ipotalamo.
Queste cellule nervose controllano funzioni basilari come l'alternanza di sonno e veglia e il rilascio di
cortisolo, un ormone che attiva il nostro sistema di allerta (in altre parole, ci "tiene svegli").
E SE PROPRIO FATICATE... Questo meccanismo neurale lavora in stretta comunicazione con le
cellule fotosensibili della retina.
Tra le 8:00 e le 9:00 del mattino, quando siamo investiti dalla prima luce del giorno, il livello di
cortisolo nel sangue raggiunge un picco:
è il momento in cui siamo (o almeno dovremmo essere) naturalmente più svegli e assumere caffè a
quell'ora rischia di sortire un effetto minore e, anzi, di creare assuefazione.
Meglio farlo nella fascia oraria tra le 9:30 e le 11:30 quando il livello di questo ormone cala
fisiologicamente, per prepararsi al picco successivo (che avverrà tra le 12:00 e le 13:00).
Se proprio faticate a svegliarvi prima dell'orario ideale - suggerisce il ricercatore - provate ad esporvi il
più possibile alla luce naturale mentre vi recate al lavoro (per es., togliendo gli occhiali da sole).
Attraverso i segnali luminosi captati dalla retina stimolerete un più rapido rilascio di cortisolo che, da
solo, potrebbe funzionare, in attesa dell'agognata tazzina.
(Focus)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 536
SCIENZA E SALUTE
MICROTUMORI DELLA TIROIDE SEMPRE PIÙ DIFFUSI:
CAMBIANO LE CURE
Gli esperti: «Dal 2015 saranno la seconda forma di cancro più frequente nelle
donne, ma molto spesso vanno solo tenuti sotto osservazione, senza intervenire»
Secondo dati epidemiologici recenti, dal 2015 il carcinoma alla tiroide diventerà , nei Paesi
economicamente più sviluppati, il secondo tumore più frequente nelle donne dopo quello del seno.
Fortunatamente si tratta, nella stragrande maggioranza di
casi, di «microcarcinomi» assai poco pericolosi che vanno
molto spesso tenuti sotto osservazione senza intervenire,
per non sottoporre inutilmente le pazienti alle
conseguenze indesiderate delle terapie.
«Ecco perché, stando alle nuove linee guida sulla diagnosi
e la terapia del nodulo tiroideo, che verranno pubblicate
nei primi mesi del 2015, dovrebbero essere limitate le
indicazioni all’ecografia di massa e ripetuta nel tempo, così
come andrebbe ridotto il numero di biopsie e di operazioni.
Mentre andrebbe incentivata la diffusione della chirurgia
conservativa e la possibilità di seguire i tumori tiroidei di piccole dimensioni senza intervenire».
16mila nuovi casi ogni anno in Italia
Già negli ultimi anni gli esperti hanno registrato anche in Italia un «boom» di casi con oltre 16mila
nuove diagnosi nel 2013, all’incirca 4.100 tra gli uomini e 12.200 tra le donne.
E attualmente questo tumore è al quinto posto in ordine di incidenza tra le italiane (dopo, nell’ordine,
seno, colon, polmone e utero), ma balza al secondo posto sotto i 50 anni di età .
«Non bisogna allarmarsi - chiarisce ha sottolineato Paolo Beck-Peccoz, professore Ordinario di
Endocrinologia all’Università degli Studi di Milano e presidente AIT -.
L’aumento di carcinomi tiroidei è dovuto a più frequenti screening nella popolazione. In pratica, grazie
a controlli eseguiti spesso per altre patologie, come l’ecocolordoppler per la valutazione dei vasi
sanguigni sovra-aortici, ci si imbatte incidentalmente in piccoli tumori a uno stadio molto precoce che
necessitano, nella maggior parte dei casi, di trattamenti meno radicali rispetto alle neoplasie tiroidee
diagnosticate qualche decennio fa.
Infatti, queste neoplasie hanno spesso un grado di malignità basso».
Guarisce il 95 % pei pazienti : Si tratta insomma, nella grande maggioranza dei casi, di noduli
scarsamente aggressivi e facilmente curabili, tanto che si può parlare di completa guarigione in quasi il
95% dei pazienti.
«Sono principalmente di microcarcinomi con diametro inferiore a un centimetro, mentre il numero di
neoplasie sopra i due millimetri è rimasto per lo più stabile.
In pratica oggi scopriamo moltissimi noduli maligni che nei decenni precedenti non venivano
individuati, restavano indolenti, non davano sintomi e dunque non si curavano».
Proprio perché non pericolosi e ininfluenti per la salute delle persone, la cui vita non viene messa in
pericolo, è bene che non si proceda con terapie che sarebbero di fatto inutili e costose, sia per il SSN
che le paga, che per la qualità di vita dei pazienti, che può venire comunque alterata dalle conseguenze
dei trattamenti subiti.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 536
Evitare i trattamenti in eccesso e risparmiare il più possibile la ghiandola
«E’ in quest’ottica che vanno lette le nuove linee guida americane 2015, che prevedono un’attenta
valutazione del da farsi fin dalla diagnosi, limitando l’esecuzione biopsie con ago aspirato in maniera
indiscriminata, indipendentemente dalle caratteristiche e dalle dimensioni del nodulo.
Per quanto riguarda la terapia, poi, recenti dati scientifici hanno dimostrato che i tumori tiroidei di
dimensioni inferiori al centimetro e senza estensione extratiroidea, crescono molto lentamente e solo in
una bassissima percentuale di casi danno luogo a metastasi linfonodali.
Nelle nuove indicazioni verrà pertanto anche prevista la possibilità di seguire nel tempo tali tumori,
senza eseguire alcun intervento.
Verrà inoltre contemplata la possibilità d’esecuzione (quando indicato, sempre per neoplasie
localizzate, piccole e poco aggressive) d’interventi più conservativi».
Tenere i microtumori sotto controllo: Se la diagnosi precoce resta importante per scoprire la
malattia quando è possibile rimuoverla chirurgicamente e guarire, le microforme tumorali tiroidee non
dovrebbero essere immediatamente trattate, quanto piuttosto seguite e monitorate in centri
specializzati: per molti pazienti può essere sufficiente un controllo annuale con visita ed ecografia.
E solo se ci sono sospetti di un’evoluzione della malattia si procede con agobiopsia e intervento.
E se in caso di neoplasie ben differenziate resta consigliata la tiroidectomia totale (cioè l’asportazione
di tutta la ghiandola), in presenza di microcarcinomi papilliferi, e in generale in caso di presenza di
fattori prognostici favorevoli, è possibile proporre un intervento meno demolitivo, che consente di
conservare una parte della ghiandola con notevole vantaggio per i pazienti.
Infine, per quanto riguarda la terapia radiometabolica, fino ad ora utilizzata dopo l’intervento di
tiroidectomia totale in tutti i casi di tumori tiroidei superiori al centimetro o con estensione
extratiroidea, verrà riservata esclusivamente ai tumori particolarmente avanzati o aggressivi, che non
costituiscono più del 10-20% dei casi. (salute, Corriere)
GB, IN COMMERCIO IL TEST DELLA SALIVA CHE TI DICE
DI CHE MALATTIE SOFFRIRAI
Rintraccia la tendenza ad avere decine di patologie tra cui tumori e calvizie
E' stato messo in commercio nel Regno Unito un test in grado di rilevare se si è a rischio di Alzheimer o
di altre decine di patologie. Costa 125 sterline, circa 160 euro, e si serve di un
campione di saliva per rintracciare cento informazioni genetiche che
includono la possibilità di vedere se si ha una predisposizione genetica a
soffrire di Parkinson, alcuni tipi di cancro o ad avere la calvizie.
Dettagli specifici - La capacità del test si spinge oltre. L'analisi può perfino
azzeccare se chi si sottopone al test ha una preferenza per il caffè o odia i
cavoletti di Bruxelles, in che tipo di attività fisica può riuscire meglio e dare
informazioni sui suoi antenati.
Come funziona - Chi si sottopone all'esame sputa in un tubo, lo sigilla e lo invia ai laboratori della
società per le analisi. Dopo quattro o sei settimane, il cliente si vedrà recapitare via posta un report
dettagliato
scritto
in
un
linguaggio
semplice.
La 23andMe - guidata da Anne Wojcicki, moglie del cofondatore di Google Sergey Brin - fa sapere che
"il suo obiettivo è assicurarsi che gli individui possano accedere personalmente capire il genoma umano
e trarne beneficio". L'intento dell'azienda è che le persone, equipaggiate con le informazioni, possano
prendersi cura in maniera migliore della propria salute. Per esempio, la lettera potrebbe dare l'impulso
a qualcuno di smettere di fumare o spingere a controlli più frequenti, che possano consentire
l'individuazione precoce di una malattia. I test genetici che erano disponibili in precedenza nel Regno
Unito fornivano meno informazioni ed erano più costosi. ( Salute, Adnkronos)
PAGINA 5
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 536
COME PROTEGGERE LA NOSTRA PELLE
DAGLI ATTACCHI DEL FREDDO
Nella stagione invernale la pelle tende a seccare a causa
della vasocostrizione ma anche di cosmetici spesso troppo
aggressivi. Per proteggerla, soprattutto quella più esposta
di viso e mani, occorre limitare le esposizioni al gelo e allo
smog ma anche idratarla utilizzando creme adatte
La pelle è la parte di noi più esposta e più sensibile ai cambiamenti climatici e stagionali. Nella
stagione invernale la pelle tende a seccarsi per il processo di vasocostrizione, sia per l’uso di cosmetici
aggressivi. Per proteggerla occorre limitare le esposizioni al freddo e agli elementi inquinanti dell’aria.
Qual è la situazione della nostra pelle nel periodo dell’anno in cui il freddo comincia a
farsi sentire? «Durante i mesi freddi la pelle è più secca perché rallenta le proprie attività e riduce la
produzione di grassi. Una produzione ridotta dovuta alla vasocostrizione, meccanismo attraverso il quale il
nostro organismo riduce lo spessore dei vasi sanguigni della pelle per non disperdere calore. Un fenomeno
che, però, rallenta anche i processi di produzione di lipidi che normalmente proteggono la pelle dagli
agenti esterni. Oltre alla vasocostrizione, all’origine della pelle secca possono esserci anche i lavaggi
frequenti, idratanti soprattutto quando si utilizzano saponi troppo aggressivi. Inoltre non sono da
sottovalutare fenomeni atmosferici e ambientali come il vento, un’umidità relativa bassa, la permanenza a
lungo in ambienti condizionati, l’uso di profumi alcolici, la frequentazione di piscine. Va poi aggiunto che la
secchezza della pelle può essere dovuta anche ad alcune malattie (tiroide) e all’uso di farmaci come il
cortisone o di chemioterapici».
Ci sono orticarie o eczemi che si sviluppano nella stagione autunnale? Se sì, da quali
fattori vengono causate? «In autunno e in inverno, l'aria fredda e l’inquinamento atmosferico possono
causare problemi alla pelle che per questo appare arrossata, secca e pruriginosa. Smog e polveri si
depositano sulla cute rendendola sensibile e irritabile ostacolandone la rigenerazione».
Come possono essere prevenute o, se ormai sviluppate, curate queste irritazioni della
pelle? «Bisogna limitare le esposizioni al freddo e coprirsi bene: indossare indumenti adeguati, calze
pesanti, guanti per proteggere le mani. E poi va fatta attenzione a quali prodotti usiamo per lavarci. È
importante utilizzare un detergente diverso da quello usato durante l’estate perché i cosiddetti
tensioattivi, cioè i saponi che producono schiuma, sottraggono i lipidi alla pelle».
Ci descrive un caso per la cui soluzione è meglio rivolgersi a uno specialista? «Tra i problemi
di pelle più insidiosi c’è l'eczema, disturbo che aumenta con la stagione fredda e che colpisce circa il 30%
dei bambini e il 10% degli adulti. Tra i bambini si riscontra di frequente la dermatite atopica, detta anche
eczema costituzionale, che rende la cute secca, eritematosa e pruriginosa. Compare più o meno all'ottavo
mese di vita ma spesso anche a partire dal terzo, quarto mese. Una delle caratteristiche tipiche della
dermatite atopica è l'evoluzione stagionale che vuole un peggioramento invernale e un miglioramento
estivo. I trattamenti per curare la dermatite atopica sono locali (creme) o sistemici (farmaci)».
Come facciamo ad evitare gli eczemi? «Le malattie più diffuse della pelle possono essere prevenute
con comportamenti sani, che vanno dalla buona alimentazione alla cura dell’igiene personale, dal modo in
cui ci vestiamo agli ambienti che frequentiamo. Non bisogna eccedere nei lavaggi, non più di una doccia o
un bagno al giorno, ed è meglio utilizzare saponi che rispettano il pH della pelle. Non frequentare poi
ambienti troppo riscaldati e poco umidi ed evitare la lana e le fibre sintetiche a contatto con la pelle».
Come idratare la pelle? «Bisogna sopperire alla minore produzione di lipidi idratando la pelle con
creme di varia natura. Devono essere grasse e molto cremose in presenza di pelli secche, fluide per le pelli
normali e senza l’aggiunta di oli per le pelli grasse». (Marzia Baldi, dermatologa di Humanitas Gavazzeni)