Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno III – Numero 537 AVVISO Ordine 1. Campagna antinfluenzale 20142015 2. Crisi occupazionale: Istituito un fondo di solidarietà per i colleghi iscritti all’ albo in stato di disoccupazione Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Articolazioni: da che cosa è provocato il «dito a scatto»? 4. Perché stiamo male se cambia il tempo: ora è dimostrato 5. Il contraccettivo telecomandato che dura 16 anni 6. Tumori del sangue, un prelievo del sangue predirà chi si ammala Prevenzione e Salute 7. Perché è meglio non bere il tè con il latte? Mercoledì 10 Dicembre 2014, S. Beata Vergine Maria di Loreto, Loredana Proverbio di oggi……….. Si 'o 'mpriesteto fosse buono, ognuno se 'mprestasse 'a mugliera Se il prestito fosse buono, ognuno presterebbe la moglie (il saluto è degli ORDINE/UCFI: serata di BENEFICENZA Angeli) “UN REGALO PER UN REGALO” Venerdì 12 Dicembre, ore 21.00, sede Ordine, via Toledo 156, Na In occasione del Santo Natale l’Ordine in collaborazione con l’Associazione Farmacisti Cattolici di Napoli ha organizzato una serata di beneficenza. La serata rappresenta anche un’occasione di incontro e un modo per poter manifestare la Nostra solidarietà a chi è meno fortunato e in questo momento vive una situazione di disagio. Durante la serata ci sarà una divertente TOMBOLATA ed il ricavato sarà consegnato a Padre Tommaso della Chiesa di Santa Brigida in occasione della santa messa di Natale che sarà celebrata Domenica 14 Dicembre ore 18.30. Nel corso della serata sarà organizzato un bouffet. E’ MORTO L’UOMO PIÙ GRASSO AL MONDO, ERA ARRIVATO A 450 KG E’ morto a 44 anni di età Keith Martin, considerato l’uomo più grasso al mondo. Era arrivato a pesare 450 kg e si è spento per una polmonite a pochi mesi dall’intervento chirurgico che aveva sostenuto con successo per la riduzione dello stomaco. (Salute, Corriere) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 537 PERCHÉ STIAMO MALE SE CAMBIA IL TEMPO: ORA È DIMOSTRATO Per sapere come staremo domani non dobbiamo certo credere all’oroscopo, ma alle previsioni del tempo sì. Il clima può influire sia sul fisico che sull’umore Tutti sbirciamo le previsioni del tempo in vista di una vacanza o di una passeggiata. Forse dovremmo dar loro un’occhiata anche per sapere se quel mal di testa tornerà o se saremo un po’ tristi, se i dolori alla schiena si faranno sentire, o se dovremo misurare la pressione una volta di più. Perché il clima influenza la salute e di recente, proprio in Italia, è stato messo a punto il questionario METEO-Q per capire se e quanto le variazioni di temperatura, umidità, pressione e vento incidano sul nostro benessere. I meteoropatici sono circa il 5% della popolazione Realizzato da Luigi Janiri, Marianna Mazza e Marco Di Nicola dell’Istituto di Psichiatria del Policlinico Gemelli di Roma, è un test che chiunque può fare in pochi minuti per scoprire se è meteorosensibile o meteoropatico. «Nel primo caso, quando cambia il tempo si è soltanto più vulnerabili a disturbi; il vero meteoropatico invece ha un calo sostanziale della qualità di vita — spiega Mazza. Il reale discrimine è quanto il malessere comprometta la quotidianità: sentirsi un po’ più giù o assonnati quando il tempo volge al brutto è normale, non riuscire ad alzarsi dal letto o avere una ricaduta dell’artrosi che impone un’assenza dal lavoro è patologia». Secondo le stime i meteoropatici sono circa il 5% della popolazione, i meteorosensibili il 30-40%; tutti però “sentiamo” il tempo, anche se non ce ne accorgiamo e non abbiamo veri e propri sintomi. «Quando le condizioni meteorologiche cambiano, l’organismo deve adattarsi e subisce perciò uno “stress”. Chi è sano non ne risente, chi è più vulnerabile non riesce a compensare l’alterazione e manifesta disagi. Le donne e gli anziani sono più sensibili, così come chi soffre di qualche patologia: gli ipertesi, ad es., quando la temperatura cambia bruscamente hanno un rischio maggiore di palpitazioni, tachicardia e crisi ipertensive; chi ha una cefalea cronica o sindromi osteoarticolari vede acuirsi i fastidi, perché al variare dei parametri meteorologici si riduce la soglia del dolore». I mutamenti climatici improvvisi peggiorano i disturbi: «Con i mutamenti climatici in atto sta aumentando la quota di meteorosensibili. A creare problemi è la brusca variazione dei parametri, e oggi i passaggi dal caldo al freddo, dal sereno alla pioggia sono sempre più improvvisi». «Tutti viviamo con un livello di stress piuttosto elevato, che già mette alla prova le nostre capacità di compensazione; inoltre, passiamo la maggior parte delle giornate in ambienti condizionati, perdendo un po’, così, le capacità naturali di adattamento. Ciò spiega perché sono sempre di più coloro che accusano disagi anche 2-3 giorni prima di una perturbazione: minime differenze di pressione, elettricità e parametri chimici dell’aria iniziano 72 ore prima di un mutamento del tempo e l’organismo le avverte. Chi compensa non ha problemi, chi è fragile avverte un malessere». Che fare se si è meteorosensibili o meteoropatici? «Guardare le previsioni per sapere in anticipo ciò a cui si va incontro. Poi sarebbe buona abitudine fare la doccia alternando acqua calda e fredda: allena il sistema di termoregolazione dell’organismo, spesso “pigro” perché viviamo sempre a temperatura controllata. Utile anche l’idroterapia con essenze stimolanti o calmanti, e integratori fitoterapici a base di ginseng, eleuterococco, passiflora, da scegliere in base alla propria reazione, di eccitazione o depressione, al mutamento climatico; può servire infine l’agopuntura, che aumenta la produzione di endorfine e serotonina».(Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 537 SCIENZA E SALUTE IL CONTRACCETTIVO TELECOMANDATO CHE DURA 16 ANNI Un impianto da inserire sotto la pelle rilascerà un farmaco anticoncezionale. E potrà essere disattivato dalla donna, quando desidera un figlio. Una volta inserito nel corpo, non ci si pensa più per 16 anni. È un nuovo contraccettivo “telecomandato” sviluppato dalla MicroCHIPS: un impianto che rilascia un farmaco anticoncezionale e viene inserito sotto la pelle della natiche, delle braccia o dell’addome. Quando la donna vuole avere un bambino, le basta disattivarlo con il telecomando in dotazione; in seguito, potrà essere riattivato. CORRENTE. «Le dimensioni dell’impianto sono 20 x 20 x 7 mm; al suo interno ha un microchip che contiene il progestinico levonorgestrel, un principio attivo usato negli anticoncezionali» spiega Rober Farra, presidente di MicroCHIPS. «Il progestinico è racchiuso in miniserbatoi; ogni mese se ne apre uno e il farmaco viene rilasciato in modo costante. L’apertura avviene quando una corrente elettrica passa attraverso le membrane di metallo che chiudono ogni serbatoio e le “fonde”. Così il farmaco si diffonde. Il meccanismo è regolato da un microcontroller che si può disattivare con un segnale wireless dall’esterno: la donna lo può inviare quando vuole un figlio». FAI DA TE. Rispetto ad altri impianti contraccettivi esistenti, questo promette di durare più a lungo e di non richiedere un ritorno in clinica se si desidera disattivarlo. I test preclinici inizieranno il prossimo anno; bisognerà verificare anche la sicurezza dal punto di vista del controllo wireless. La compagnia punta alla messa in commercio per il 2018. E questa tecnologia può essere applicata per il rilascio di diversi farmaci. «L’impianto è una nuova versione di quello che avevamo in precedenza testato sull’uomo per il rilascio di un farmaco per trattare l’osteoporosi» conclude Farra. (Focus) PREVENZIONE E SALUTE PERCHÉ È MEGLIO NON BERE IL TÈ CON IL LATTE? Nel mondo il tè, come bevanda, è secondo solo all’acqua. Gli studiosi confermano che ci protegge dalle malattie cardiovascolari perché contiene le catechine, sostanze che favoriscono la produzione di ossido nitrico, un composto capace di migliorare l’elasticità delle arterie. Se si aggiunge latte, però, i benefici del tè vengono annullati. Alcune proteine presenti nel latte, le caseine, contrastano infatti l’azione delle catechine. Contro il cancro: Gli esperti ritengono poi che il latte possa far diminuire anche le capacità anticancerogene del tè. (Focus) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 537 SCIENZA E SALUTE TUMORI DEL SANGUE, UN PRELIEVO DEL SANGUE PREDIRÀ CHI SI AMMALA Due studi, indipendenti fra loro, su 30mila persone sane hanno cercato mutazioni che predisponessero allo sviluppo di ammalarsi. E sono arrivati allo stesso risultato Predire il rischio di ammalarsi di un tumore del sangue con un semplice prelievo. Se svilupperemo una neoplasia ematologica o meno potrebbe essere già scritto nel nostro Dna alcuni anni prima della diagnosi e, in un futuro non troppo lontano, basterà un test del sangue per scoprirlo. E’ la conclusione a cui giungono due studi diversi, che hanno coinvolto quasi 30mila persone sane, presentati a San Francisco in apertura del convegno della Società americana di Ematologia (American Society of Hematology) e pubblicati sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine. «Sono studi molto interessanti perché aprono una finestra sulle possibilità che avremo nei prossimi anni, grazie anche a un nuovo modo di usare il sequenziamento del genoma. L’importanza della scoperta è accresciuta dal fatto che due studi indipendenti e condotti con metodologie diverse sono giunti alle medesime conclusioni». Tre mutazioni genetiche più «incriminate» Il primo studio ha analizzato i campioni di sangue di oltre 17mila persone con diabete (raccolti inizialmente per valutarne il rischio di malattie cardiovascolari) e ha individuato la frequenza con cui ricorrevano, in una popolazione sana dal punto di vista oncologico, le mutazioni di 160 geni noti per giocare un ruolo nello sviluppo di tumori del sangue, quali linfomi, leucemie e mielomi. L’altro studio ha esaminato l’intero genoma contenuto in più di 12mila campioni di Dna di persone svedesi, sempre alla ricerca di mutazioni genetiche pre-cancro in individui sani. Risultati: stando ai risultati esiste uno stato pre-maligno (o pre-malattia) nel sangue di individui sani, caratterizzato dalla presenza nel Dna delle cellule raccolte col prelievo di una serie di difetti genetici (mutazioni) accumulati principalmente su tre geni: ASXL1, DNMT3A e TET2. «In entrambi i lavori è emerso che chi ha queste mutazioni corre un rischio fino a 10 volte maggiore di ammalarsi di un tumore ematologico negli anni a venire» chiarisce Corradini. Informazioni utili per chi è più a rischio di ammalarsi «E’ un’osservazione di grande interesse, su vasti numeri, che conferma dati sperimentali : chi accumula diverse mutazioni (specie se già note perché legate a differenti tipi di tumori ematologici) è più a rischio di ammalarsi. Si ha anche un’ulteriore dimostrazione che con l’avanzare dell’età aumentano le mutazioni genetiche, che si accumulano per varie ragioni con il tempo, e sale il rischio di cancro». Informazione, spiegano gli esperti, che possono servire non certo per fare test a tappeto su tutta la popolazione sana, ma per seguire dei controlli mirati o più ravvicinati nel tempo in persone che già si suppone possano essere più a rischio di tumore del sangue. Come ad esempio i parenti stretti di malati di una neoplasia ematologica (per verificare se le mutazioni sono ereditarie) o i pazienti sottoposti per altri tipi di tumori a trattamenti anticancro che hanno tra i loro effetti collaterali un’accresciuta possibilità di tumore del sangue. (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 537 ARTICOLAZIONI: DA CHE COSA È PROVOCATO IL «DITO A SCATTO»? I tendini non riescono a scorrere bene nella loro guaina a causa di un’infiammazione Inizialmente si avverte un lieve dolore alla radice di un dito, ma con il tempo spesso le cose peggiorano tanto che il dito interessato - più spesso il pollice, il medio o l’anulare - rimane bloccato in posizione piegata, per poi raddrizzarsi con un brusco scatto e un dolore intenso. Stiamo parlando del «dito a scatto», condizione diffusa soprattutto in alcune categorie di lavoratori e nelle donne dopo la menopausa, ma che può colpire anche i bambini. «I tendini flessori, che fanno piegare le dita, scorrono nella guaina sinoviale , una sorta di canale protettivo. Il dito a scatto si presenta quando questa guaina si infiamma e si restringe, ostacolando il normale scorrimento dei tendini - spiega Michele D’Arienzo, dir. Clinica ortopedica e traumatologica dell’Univ. di Palermo e segretario della Società italiana di chirurgia della mano Quando si vuole piegare il dito, il tendine è costretto a forzare la parte più ristretta della guaina ( puleggia) e ciò causa uno scatto doloroso. Il dito può restare bloccato in posizione piegata e per raddrizzarlo occorre un ulteriore sforzo che può provocare un altro scatto, anch’esso doloroso». Quali fattori provocano l’infiammazione? «Entrano in gioco più elementi. Il dito a scatto è più comune in chi pratica attività lavorative che comportano gesti manuali frequenti e ripetitivi, come maneggiare forbici, cesoie, cacciaviti. Tra i fattori predisponenti ci sono le malattie reumatiche e il diabete. Spesso sono colpite le donne dopo la menopausa: probabilmen te per il ristagno di liquidi, che favorisce l’infiammazione dei tendini. Può capitare, infine, che il dito a scatto interessi i bambini che succhiano il pollice, ma può essere anche congenito». Come si pone la diagnosi? «Ci si basa essenzialmente sui sintomi. I più tipici sono il dolore sul palmo della mano alla base del dito interessato (specie quando si esercita una pressione e che peggiora con l’estensione del dito stesso), nonché il tipico scatto doloroso al compiment o del movimento di estensione. I disturbi sono in genere più intensi dopo il riposo, per es . al risveglio al mattino, e tendono a diminuire utilizzando la mano». Come si cura il dito a scatto? «Per alleviare i sintomi alcuni propongono di steccare il dito, facendo indossare un tutore, per tenerlo in posizione estesa. Si tratta di una terapia sintomatica che consente di mettere a riposo l’articolazione coinvolta, impedendo di flettere il dito durante la notte. In questo modo si attenua il dolore associato ai movimenti della mano al mattino. Ma in generale è meglio non temporeggiare troppo e intervenire alla radice del problema, sop rattutto se i sintomi sono importanti. In prima battuta si opta per l’infiltrazione di cortisonici per alleviare l’infiammazione, eventualmente associata a laserterapia o tecarterapia. Se non si ottengono miglioramenti bisogna prendere in considerazione il trattamento chirurgico». Che cosa prevede la chirurgia? «Lo scopo è aprire la prima puleggia in modo che il tendine possa scorrere liberamente. L’intervento viene eseguito in day surgery e i punti si tolgono dopo una decina di giorni. Nella maggior parte dei casi il recupero dell’uso della mano è veloce. Nel caso in cui il dito a scatto riguardi un bambino, lo si incoraggia a non mettere più il dito in bocca. Se le cose non migliorano, si interviene chirurgicamente, di solito entro i tre ann i». (Corriere)

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