Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno III – Numero 543 AVVISO Ordine 1. Campagna antinfluenzale 20142015 2. Corso ECM: Low dose medicine omeopatia, omotossicologia e nutraceutica basate sull’evidenza Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Gli uomini che preferiscono il piccante hanno più testosterone 4. Perché gli antidepressivi all’inizio possono dare l’effetto contrario 5. Melanoma: un nuovo farmaco aumenta l’aspettativa di vita Giovedì 18 Dicembre 2014, S. Graziano Proverbio di oggi……….. Tutto ‘o lassato è perduto Tutto ciò che è lasciato è perso AVVISO Ordine: Disponibili sul sito dell’Ordine i Turni delle Farmacie della Città di Napoli 2015 GLI UOMINI CHE PREFERISCONO IL PICCANTE HANNO PIÙ TESTOSTERONE Ormoni e cibo si influenzano reciprocamente Prevenzione e Salute 6. Ridurre il sale fa diminuire il mal di testa 7. Più duro è il boccone, più dimagrisci Curiosità e Salute 8. Perché il pesce puzza? Capita a volte che gli amici si sfidino a mangiare la portata più piccante sul menu per dimostrare la propria virilità. Adesso sembra che questo rito di mascolinità si basi su un fatto scientifico. In particolare, gli uomini con un alto livello di testosterone preferiscono i cibi più speziati. A dirlo è una ricerca pubblicata su Physiology and Behavior. Un circolo che si autoalimenta - Il testosterone è noto per rendere gli uomini più avventurosi, aggressivi e attivi sessualmente. Coloro che ne hanno i livelli più alti tendono a essere i più dominanti, o i maschi alfa, del gruppo. I ricercatori credono che i cibi piccanti vengono privilegiati da chi ne ha di più e, al contempo, che mangiare alimenti riccamente speziati possa aumentare i livelli di testosterone. Legame tra ormoni e alimentazione - "si aprono nuovi scenari nella biologia della preferenza del cibo espandendo la nostra comprensione del collegamento tra i processi ormonali e l'assunzione di cibo". (Salute, Tgcom24) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 543 SCIENZA E SALUTE PERCHÉ GLI ANTIDEPRESSIVI ALL’INIZIO POSSONO DARE L’EFFETTO CONTRARIO La stimolazione e l’inibizione contemporanea di serotonina e glutammato spiega il possibile preoccupante esito dei farmaci nei primi giorni di terapia Il trattamento farmacologico della depressione con gli Inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) i farmaci attualmente più utilizzati a questo scopo, ha una strana, e finora non del tutto compresa, caratteristica: durante la prima o le prime due settimane di trattamento, a seconda dei casi, non solo non si manifesta l’effetto antidepressivo, ma si può avere un peggioramento dei sintomi con un incremento del rischio di gesti autolesivi, specie nelle persone più giovani. Rischio aumentato di compiere gesti autolesivi Ora un articolo pubblicato sulla rivista Trends in Cognitive Sciences fa chiarezza su questo fenomeno, spiegando che probabilmente è dovuto a una loro doppia azione finora non del tutto conosciuta. La serotonina libera la motivazione prima che il glutammato stimoli l’umore. «Dopo l’assunzione di SSRI si ha un’immediata amplificazione della componente di neurotrasmissione legata alla serotonina, mentre si realizza una soppressione acuta della neurotrasmissione legata al glutammato, che si normalizza solo dopo diversi giorni di trattamento farmacologico. La serotonina è responsabile soprattutto della motivazione ad agire, a prendere iniziativa, mentre il glutammato è responsabile in gran parte della percezione del piacere e dell’attività di tipo cognitivo, quindi dell’umore. Così, la persona affetta da depressione, nei primi dieci giorni circa di trattamento con SSRI si trova ad avere lo stato affettivo tipico del depresso, mentre il suo livello di iniziativa precedentemente inibito dalla depressione stessa si disinibisce. Da qui il rischio aumentato di compiere gesti autolesivi». Uno studio che aiuterà meglio a calibrare le terapie Il modello dei neuro mediatori: La stimolazione farmacologica dei sistemi di neurotrasmissione basati sulla serotonina e sul glutammato è un meccanismo abbastanza complesso che coinvolge non solo la liberazione di questi neuromediatori a livello della sinapsi (il punto di giunzione e comunicazione tra i neuroni), ma anche la regolazione dei recettori che da tali neuromediatori sono stimolati. Si tratta di un modello di funzionamento che oggi gli specialisti del settore accettano pur nella convinzione che nella realtà biologica probabilmente le cose sono molto più complicate. Trattamento farmacologico o psicoterapia: Riuscire a capire meglio il meccanismo d’azione degli SSRI è importante visto il loro uso molto diffuso, e la cui reale efficacia nelle varie forme di depressione è oggetto di discussione tra gli specialisti. Si sa, ad es. che questi farmaci mostrano una discreta e rilevabile efficacia nelle depressioni di livello medio grave, mentre è ancora dibattuta la loro reale utilità nel trattamento delle forme lievi di depressione, nelle quali la loro azione sarebbe pressoché indistinguibile da quella del placebo, ossia di un farmaco chimicamente inerte. Per queste ultime forme oggi l’indicazione prevalente è quella della psicoterapia, soprattutto psicoterapia cognitivo-comportamentale o interpersonale. (Salute, Il Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 543 PREVENZIONE E SALUTE RIDURRE IL SALE FA DIMINUIRE IL MAL DI TESTA Per gli esperti bisogna abbassare la quantità a tre grammi al dì Gli episodi di mal di testa possono diminuire anche di un terzo riducendo l'apporto di sale. In particolare, occorre ridurre l'apporto a tre grammi al giorno, circa la metà di un cucchiaino da tè. A rilevarlo è uno studio della John Hopkins University. Semplice ed efficace - Per gli esperti, tagliare la quantità di sale riduce i mal di testa perché abbassa la pressione sanguigna e differenziale. Ma anche le persone senza problemi di pressione hanno osservato una riduzione degli episodi nel momento in cui hanno ridotto la quantità di sale assunta. In ogni caso, passare da una dieta sana a una non sana non ha alcun effetto sul dolore specifico, secondo gli esperti. La ricerca - Nello studio sono state coinvolte 400 persone a cui è stata assegnata casualmente  una dieta con pochi grassi e ricca di frutta e ortaggi  una tipica dieta occidentale. I partecipanti hanno mangiato il cibo con circa 9 grammi di sale al giorno, nella media del consumo di sale degli Stati Uniti. In seguito, l'apporto è stato ridotto a 6 grammi, fino ad approdare a una dose quotidiana di 3 grammi. Ai volontari è stato chiesto di riportare gli effetti collaterali come mal di testa, gonfiori, secchezza delle fauci, sete eccessiva, stanchezza o calo di energia, nausea e cambiamento nei gusti. Risultati: Gli esperti hanno scoperto, così, che ridurre l'apporto di sale a tre grammi al giorno riduce i mal di testa del 31%. "Il ridotto apporto di sale è riuscito ad arginare il problema mentre i regimi alimentari non hanno avuto alcun effetto. Ridurre il sale può essere un nuovo approccio per ridurre il mal di testa". (Salute, Tgcom24) PERCHÉ IL PESCE PUZZA? Colpa dei batteri, che producono quell'odore caratteristico e sgradevole. Ma esistono degli "antidoti". L'odore intenso di cui il pesce, soprattutto di mare, si impregna dopo la cattura deriva dalla trimetilammina, un composto organico altamente volatile contenente azoto. Questa molecola si forma per l'azione di microrganismi presenti su pelle e squame, che col passare del tempo degradano le cellule. Per averne abbastanza da dar fastidio bastano anche meno dei fatidici tre giorni. ANTIDOTI: Per limitare l'impatto sgradevole di queste molecole, la gastronomia ha da sempre fatto uso di preparazioni a base di sostanze acide. Come la lessatura del pesce in court bouillon, un brodo ristretto preparato con acqua salata, sedano, carota, cipolla e vino, aceto o succo di limone; oppure la cottura in umido al pomodoro, tipica della tradizione mediterranea, le preparazioni in carpione o più semplicemente il limone come condimento. Infatti, la trimetilammina diventa solubile in presenza di acidi, perdendo la volatilità che la fa giungere fino ai nostri recettori olfattivi. (Focus) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 543 SCIENZA E SALUTE MELANOMA: UN NUOVO FARMACO AUMENTA L’ASPETTATIVA DI VITA Nei pazienti con tumore maligno riduce il tempo di progressione della malattia del 50% rispetto alla chemioterapia Sono stati presentati al congresso internazionale Melanoma Bridge 2014 tenutosi a Napoli il 5 dicembre i risultati dello studio clinico Keynote-002 condotto su pazienti affetti da melanoma in fase avanzata, cioè con metastasi e inoperabile. Scopo dello studio è stata la valutazione di un nuovo trattamento sviluppato dalla farmaceutica Msd a base di pembrolizumab, un anticorpo che agisce regolando il sistema immunitario contro le cellule tumorali (la definizione medica è immunomodulante) e già in sperimentazione avanzata per oltre trenta tipo di cancro. Il melanoma è uno dei tumori della pelle con prognosi infausta più diffuso e colpisce ogni anno trecentomila persone nel mondo. Solo nel nostro Paese nel 2014 ci sono stati undicimila nuovi casi. Il nuovo farmaco è stato somministrato a soggetti refrattari o non che rispondevano alle cure con i medicinali che solitamente si usano per migliorare la qualità e allungare il tempo di vita nello stadio inoltrato della malattia, con risultati decisamente positivi: la riduzione del rischio di progressione o morte è aumentata in tutti i pazienti in percentuali comprese tra il 43-50 %. “È un ulteriore progresso nel trattamento dei pazienti affetti da melanoma” ha commentato Paolo Ascierto, oncologo della Fondazione Pascale Istituto Nazionale Tumori di Napoli. “Lo studio ha mostrato che nei pazienti in terapia con pembrolizumab, la sopravvivenza libera da progressione (cioè il periodo di tempo dall’inizio della terapia durante il quale il tumore non progredisce), è risultata essere tra 5,4 e 5,8 mesi, notevolmente superiore a quella del gruppo sottoposto a chemioterapia che è stata di 3.6 mesi” continua l’oncologo. “Il pembrolizumab sembra avere una maggior efficacia e minori effetti collaterali rispetto agli altri immunomodulanti e ha quindi un impatto sulla malattia più rapido e percentuali di risposta più elevate” spiega Ascierto. La molecola alla base del farmaco è infatti in grado di ripristinare la naturale capacità del sistema immunitario di riconoscere e colpire le cellule tumorali, perché blocca in modo selettivo un particolare recettore (PD-1) del nostro apparato di difesa attivando così le cellule che attaccano il cancro. In altre parole “toglie un freno” al sistema immunitario. È quindi più efficace rispetto ad altri trattamenti chimici che rischiano di colpire e distruggere anche cellule sane. Obiettivo dello studio Keynote-002 era infatti anche la valutazione del migliore effetto terapeutico del pembrolizumab rispetto alla chemioterapia, che si è rivelato sei volte superiore. “Il profilo di efficacia e di tollerabilità di pembrolizumab rispetto alla chemioterapia non lascia dubbi sui vantaggi del primo rispetto a quest'ultima. L'analisi della qualità della vita ha dimostrato indiscutibilmente un miglioramento dello stato generale di salute e dei sintomi rispetto alla chemioterapia” riferisce Paolo Ascierto. “Questo farmaco potrà inoltre essere utilizzato per la cura di altri tumori come il carcinoma del polmone non a piccole cellule, tumore al rene, tumore della testa e del collo, tumore gastrico”. Già da settembre il farmaco è disponibile per il commercio negli Stati Uniti.(Salute, Panorama) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 543 PREVENZIONE E SALUTE PIÙ DURO È IL BOCCONE, PIÙ DIMAGRISCI I cibi più difficili da masticare, come la verdura cruda (o una bistecca venuta male) stimolano il senso di sazietà e contribuiscono a ridurre l'apporto calorico di ogni pasto. Una fettina "tenera" come una suola di scarpa potrà non ispirare appetito, ma almeno non graverà sulla linea. Secondo una ricerca appena pubblicata su Plos One, la consistenza dei cibi giocherebbe un ruolo chiave nel regolare l'assunzione giornaliera di calorie: consumare alimenti meno teneri potrebbe contribuire a tenere alla larga la ciccia. Una piaga dilagante Lo studio svizzero-olandese è stato ispirato da un problema reale e in continuo aumento: la diffusione dell'obesità che dagli anni '80, secondo l'OMS, sarebbe quasi raddoppiata a causa dell'aumento di vendite di cibi processati e bevande zuccherine, complice la diffusione dei fast food. Per capire come la componente tattile del cibo influisca sul nostro modo di mangiare i ricercatori hanno sottoposto 50 volontari sui 20 anni a due giorni di pasti "monitorati" in laboratorio:  a pranzo, un hamburger con un contorno di riso e verdure,  a cena un piatto di noodles con pollo e verdure. ï‚· In uno dei due pranzi sono stati serviti un hamburger morbido con ortaggi bolliti; ï‚· nell'altro un hamburger più duro con verdure crude. Sazietà precoce. I volontari potevano consumare quantità di cibo a piacere ad ogni pasto. Nel giorno in cui le pietanze del pranzo erano più dure e difficili da mangiare, i bocconi si sono fatti più piccoli e la masticazione più laboriosa, e i soggetti hanno ingerito in media 90 calorie in meno rispetto ai pranzi più "soffici". Un apporto energetico inferiore del 13%, che non ha però modificato la quantità di cibo assunta a cena: il pranzo meno calorico non ha portato i volontari ad abbuffarsi di noodles al pasto successivo. Il minore bisogno di cibo potrebbe essere collegato al fatto che una masticazione prolungata sembra stimolare gli ormoni coinvolti nella regolazione dell'appetito (e dal senso comune). Intervenendo sulla consistenza delle pietanze, sembra suggerire lo studio, è possibile indurre chi è già in sovrappeso a mangiare meno. Senza contare che consumare alimenti - in particolare ortaggi - crudi significa assumerne gli elementi nutritivi in forma inalterata, e senza grassi aggiunti. (Salute e Benessere)

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