FarmaDay - Maggio 2014 - page 58

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FARMADAY
ILNOTIZIARIO INTEMPOREALEPER ILFARMACISTA
Anno III
Numero
410
PREVENZIONEESALUTE
TUBERCOLOSI, ECCOCHECOSA
SI PUÒFAREPERELIMINARLA
Programmi di controllo, diagnosi e terapie migliori
hanno ridotto l’avanzata della malattia, ma si può fare
ancoramoltoper limitarne l’impatto
La paura arriva di tanto in tanto anche nelle nostre città:
una nuova ondata di immigrazione e subito
c’è chi comincia a temere contagi e malattie portate da chi arriva da Paesi poveri e condizioni di
terribile indigenza
.
La tubercolosi è uno degli spauracchi che più preoccupano
: pareva un brutto
ricordo del passato, invece colpisce ancora e nel nostro Paese gli ultimi dati del Ministero della Salute
parlanodi oltrequattromila casi nel 2008. Così sembra indispensabilemettere in attonuove strategie
di lotta allamalattia, di cui si è discusso su
Lancet
in un articolo firmato da Giovanni BattistaMigliori,
resp. del CentroCollaborativodell’OMSper il controllodella tubercolosi e lemalattie respiratorie.
Casi soprattutto tra immigrati.
«Innanzitutto,
la tubercolosi è potenzialmente prevenibile e
curabile
: sono stati fondamentali gli sforzi messi in campo in questi anni a livellomondiale per offrire
terapie più efficaci, migliori diagnosi e soprattutto per attivare con regolarità programmi mirati di
controllodellamalattia - osservaMigliori -.
Gli obiettivi della World Health Assembly del 1991 sottolineavano l’importanza di riuscire ad
identificare il 70% dei pazienti contagiosi e curarne almeno l’85% per arrivare a una riduzione
significativa dell’epidemia. Ebbene, dopo 23 anni il problema che dobbiamo affrontare non è tanto
legatoalla capacitàdi curadei pazienti noti, bensì a individuare i nuovi casi e le infezioni latenti, azione
che richiede un’effettiva sorveglianza per misurare la reale situazione epidemiologica in un
determinato Paese». Riconoscere chi è malato presto e bene resta perciò una priorità. In Italia la
tubercolosi ha cominciato a essere sempremeno diffusa dallametà del ‘900 in poi, quindi negli ultimi
25 anni la frequenza èdiventata sostanzialmente stabile;
oggi èunamalattiadi fattopoco comune, e
i “focolai” si concentrano in gruppi a rischio come gli stranieri o gli anziani,
dove la malattia è
conseguenza della “riattivazione” di un’infezione latente contratta in passato. Purtroppo però stanno
emergendo ceppi di
tubercolosi multi-resistenti
, che non si riescono a curare con i farmaci standard
come
isoniazide e rifampicina
, o addirittura “estensivamente resistenti”, non aggrediti dalle principali
categoriedimedicinali disponibili.
Il buon esempio della Cina:
«I casi di tubercolosi estensivamente resistente sono una percentuale
minima rispettoal totale,maassorbonomolte risorse. InSudafricaper es. sono il 3%,madrenano il 35
% del budget per la lotta alla tubercolosi. Così, nonostantemolto sia già stato fatto, servemettere in
atto tutte le strategie globali possibili per ridurre la prevalenza dellamalattia: inCina, un Paese chiave
nella pandemia di tubercolosi (nel 2012 si sono registrati 900mila casi su unmiliardo e 400milioni di
abitanti, ndr), si è riusciti a intervenirepositivamentee il numerodi casi si è ridottoprogressivamente,
dal 1990 aoggi. Significa chepiani di controlloefficaci sonopossibili e anche applicabili su larga scala».
Nel 2015 dovranno essere stabiliti i nuovi obiettivi della World Health Assembly: la previsione è
arrivare in tempi relativamente brevi all’eliminazione della tubercolosi, ovvero ameno di un caso per
milione di abitanti (oggi in Italia si registranomeno di 100 casi ogni milione). L’esperienza in Cina fa
ben sperare: «
Quei dati ci dicono che è possibile raggiungere risultati e fare progressi congli strumenti
adisposizionegiàoggi. Certo, restaancoramoltodamigliorare: abbiamobisognodi nuovemodalitàdi
diagnosi, per esempio test molecolari rapidi per individuare le resistenze o la sensibilità ai farmaci; di
nuovi medicinali per le forme più resistenti; di protocolli sistematici per la diagnosi e il trattamento dei
pazienti noti o con infezione latente. Soprattutto, dobbiamo migliorare l’accesso alle cure della
popolazionea rischio
»
.
(Salute, Corriere)
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