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FARMADAY
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ILNOTIZIARIO INTEMPOREALEPER ILFARMACISTA
Anno III
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Numero
414
PREVENZIONEESALUTE
Tutto il buonodel caffèperproteggersi dal diabete
Èprobabile che il ruoloprotettivo siadaattribuireai composti fenolici. Inquantità
moderata ridurrebbe il rischiodi diabete
Lungo o ristretto il caffè è un rito a cui pochi italiani si sottraggono
.
Ora una ricerca statunitense, pubblicata su
Diabetologia
, suggerisce
che si tratti di
un’abitudine salutare, perché chi beve caffè
risulterebbe maggiormente protetto dal diabete
: lo dicono dati
ottenuti seguendoper otto anni oltre 100mila persone, per le quali si
sono registrati i cambiamenti nel tempo delle abitudini nel consumo
di caffèe l’eventuale comparsadi
diabetedi tipo2
.
Ebbene, chi negli anni ha pian piano iniziato a bere un po’ più di caffè, aumentando di circa una tazza
l’introito quotidiano, ha visto scendere il pericolo di diabete dell’11%;
chi al contrario ha ridotto il
consumohavisto crescere laprobabilitàdi diabete
.
C’è di più: il rischio di malattia in chi beveva oltre tre tazze di caffè al giorno è risultato del 37%più
basso rispettoaquellodi chi si attestava suuna tazzagiornalierao suquantitàancora inferiori.
Effetto protettivo
: L’effetto protettivo del caffè contro il diabete è emerso anche da ricerche
precedenti, condotte utilizzando la bevanda “vera” e non la sola caffeina. Il caffè, infatti, è unmix di
sostanze e pare che i
composti fenolici antiossidanti che contiene abbiano un ruolo protettivo non
secondario
. I composti presenti della tazzina, peraltro, varianoa secondadelmetododi preparazione: i
dati dello studio statunitense, ad esempio, sono stati ottenuti considerando tazze di caffè americano,
che contengono quantità di caffeina maggiori rispetto alla tazzina “all’italiana” (intorno ai 120mg in
media, contro i 50-80 mg dell’espresso). Le tre tazze “protettive” contro il diabete corrispondono
perciò a circa 4-5 tazzine del caffè cui siamo abituati in Italia, una “dose” che la maggioranza degli
esperti ritienenoneccessiva.
Effetti collaterali del caffè
:
Va ricordato, infatti, che la caffeina è, comunque, una sostanza chepuò
dare “effetti collaterali”, fra cui il “
disturbo da uso di caffeina
” che da poco è stato riconosciuto
dall’American Psychiatric Association e descritto nelle sue caratteristiche da uno studio sulle pagine
del Journal of Caffeine Research. Si tratta di una dipendenza che riguarderebbe dal 10 al 30% della
popolazione generale. «
Le azioni della caffeina dipendono dalla sua capacità di stimolare recettori che
si trovano sianel cervello sianel sistema cardiovascolare
. Le conseguenzedel consumodi caffèe simili
sono una sensazione di maggiore “allerta” ed energia, ma il caffè favorisce anche le capacità
mnemoniche e di concentrazione. La caffeina, inoltre, aiuta la digestione e la funzione di pompa del
cuore».
Il 90% delle persone introduce la caffeina principalmente con il caffè, ma
la caffeina è presente in
molti altri prodotti, come tè, cioccolato, energydrinkealcunebevande gassate
: il rischiodi eccedere
con ledosi, quindi, aumenta. «
Accantoauna larghissimapartedi consumatori che faunusomoderato
di caffeina
-
esisteunaquotadi soggetti per cui si instauraunadipendenza fisica
».
Tre i campanelli d’allarme:
¾
desideraredi tenere sotto controllo il consumodi caffè,manon riuscirci;
¾
nervosismo, insonniao tachicardia;
¾
sindromedaastinenza: rinunciandoal caffè ci si ritrova conmal di testa, sensodi affaticamento,
umore “ballerino” edifficoltàdi concentrazione che si risolvonoal primoespresso
.
Un’altra spia del disturbo è la
tolleranza
: in chi fa largo uso di caffeina, con l’andare del tempo per
avere lo stesso grado di allerta post-caffè occorre berne due tazzine anziché una. Tutti problemi che
comunque possono essere evitati con un uso “ragionevole” di caffè, non superando quelle 4-5 tazzine
al giorno. (
Salute, Corriere
)